Consuelo Buttigliero Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Oncologia, AOU San Luigi Gonzaga, Orbassano (TO)
Silvia Novello Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Oncologia, AOU San Luigi Gonzaga, Orbassano (TO)
Il carcinoma del polmone costituisce il tumore con il maggior tasso di incidenza e di mortalità a livello mondiale. Sebbene il fumo di sigaretta rappresenti la causa predominante (essendo responsabile dell’80-90% dei nuovi casi), molti altri agenti eziologici possono concorrere nella patogenesi del carcinoma polmonare: l’esposizione professionale a sostanze cancerogene (quali ad esempio l’asbesto ed i metalli pesanti), le radiazioni e l’inquinamento ambientale. Si definiscono tumori professionali quelle neoplasie nella cui genesi ha agito come causa o concausa un’attività lavorativa con esposizione ad agenti cancerogeni. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha proposto la suddivisione degli agenti chimici, fisici, biologici e professionali in 4 categorie a seconda del potenziale di cancerogenicità. I principali agenti chimici/fisici ed attività professionali per i quali sia stata dimostrata un’associazione ad aumentato rischio di neoplasia polmonare sono: esposizione ad amianto, arsenico, berillio, clorometiletere e bisclorometiletere, cadmio, nichel, cromo, idrocarburi aromatici policiclici, nebbie di acidi inorganici forti contenenti acido solforico, silice libera cristallina, radiazioni ionizzanti, radon, verniciatura ed esposizione a fumo di sigaretta passivo. Esiste una forte sottostima dell’incidenza di tumori professionali, che va ricondotta ad una serie di fattori: impossibilità a distinguere clinicamente i tumori professionali dalle altre neoplasie, lungo periodo di latenza tra esposizione e insorgenza della patologia, difficoltà a identificare tutte le sostanze con le quali il lavoratore è venuto a contatto e a definire l’intensità dell’esposizione, le interazioni fra esposizioni professionali, le abitudini di vita e la suscettibilità individuale. È pertanto fondamentale una maggior sensibilizzazione dei medici agli aspetti medico legali connessi al riconoscimento delle malattie professionali, nonché l’implementazione di programmi di controllo e di strategie di prevenzione che prevedano sistemi di sorveglianza epidemiologica per il monitoraggio dell’esposizione a cancerogeni già noti nei luoghi di lavoro, l’identificazione e l’approfondimento di possibili nuovi fattori cancerogeni e che permettano di migliorare la misurazione dei livelli di esposizione ai cancerogeni stessi.