L’esofago dal punto di vista dello pneumologo interventista: un’autostrada lungo il mediastino!
Abstract
Il cancro del polmone rappresenta una delle principali cause di morte per neoplasia in Europa. Sempre maggiori sforzi sono mirati alla ricerca di nuove metodiche diagnostiche e stadiative per tale patologia: tra queste l’utilizzo dell’approccio transesofageo per il campionamento dei linfonodi o di eventuali masse a livello mediastinico riveste un ruolo di primaria importanza. Vengono qui descritti due casi tratti dalla nostra esperienza
quotidiana in cui l’introduzione dello strumento ecobroncoscopico in esofago (EUS-B) è stata fondamentale per il corretto approccio bioptico alle lesioni di cui i pazienti erano portatori.
Introduzione
Il cancro del polmone è attualmente la principale causa di morte per patologia neoplastica in Europa sia nel sesso femminile che maschile 1 e rappresenta invece, in termini di incidenza, la seconda neoplasia dopo il cancro della prostata nell’uomo e la terza dopo quelli della mammella e del colon-retto nella donna. Nella stadiazione clinica della neoplasia e nella pianificazione dell’intervento chirurgico un ruolo fondamentale è svolto dalle metodiche di imaging quali la TC con mdc (Tomografia Computerizzata con mezzo di contrasto) e la 18-FDG-PET (18-Fluorodesossiglucosio-Tomografia ad Emissione di Positroni) che permettono di valutare l’estensione della malattia nonché di individuare l’approccio bioptico migliore e meno invasivo per il paziente. Oltre alla presenza di eventuali metastasi a distanza, cruciale nella valutazione dell’operabilità del paziente è la presenza di interessamento linfonodale mediastinico da parte della neoplasia che tali metodiche ci permettono di sospettare. Una volta che tale interessamento sia sospettato è imperativo che al dato di imaging sia associato il campionamento bioptico delle stazioni linfonodali riconosciute come patologiche agli esami radiologici/nucleari 2 3.
Una volta che l’interessamento linfonodale mediastinico sia sospettato, al dato di imaging va associato il campionamento bioptico delle stazioni linfonodali riconosciute come patologiche agli esami radiologici/nucleari.
Il campionamento bioptico delle stazioni linfonodali mediastiniche è inoltre previsto dalle principali linee guida internazionali (NCCN e ACCP) anche in assenza di segni di patologia a tale livello da parte degli esami di imaging, in presenza di caratteristiche della lesione polmonare tali da rendere l’interessamento mediastinico linfonodale altamente probabile 4 5. Tale probabilità può essere stimata mediante l’utilizzo di algoritmi statistici recentemente sviluppati 6 7. Negli ultimi anni lo pneumologo ha a disposizione nuovi strumenti per biopsiare le stazioni linfonodali mediastiniche. In passato la metodica d’elezione era la mediastinoscopia che aveva una buona adeguatezza diagnostica, ma era gravata da costi e da una morbilità non indifferenti; oggi questa tecnica sta cedendo sempre di più il passo alle metodiche di stadiazione mediastinica non chirurgiche quali l’EBUS TBNA e l’EUS FNA, di gran lunga meno invasive e dotate di un’accuratezza diagnostica analoga se non superiore.
Oggi la mediastinoscopia sta cedendo sempre di più il passo alle metodiche di stadiazione mediastinica non chirurgiche quali l’EBUS TBNA e l’EUS FNA.
Infatti nelle ultime linee guida tali metodiche sono considerate il primo e principale approccio alla stadiazione del mediastino nelle neoplasie del polmone 8. Oltre che nella stadiazione di una già accertata neoplasia polmonare, queste tecniche rappresentano uno strumento fondamentale nella diagnosi e nello studio molecolare 9 di lesioni tumorali difficilmente accessibili in virtù della loro localizzazione 10 e possono rappresentare un approccio poco invasivo in pazienti che per età e/o comorbilità non possono essere sottoposti ad approcci diagnostici più aggressivi 11 12. Originariamente l’approccio transesofageo era praticato mediante uno strumento ecoendoscopico utilizzato in prima battuta dai gastroenterologi e, successivamente, dagli pneumologi 13 14. Hwangbo et al. per primi hanno dimostrato che era possibile introdurre in esofago lo stesso strumento ecobroncoscopico utilizzato per l’EBUS TBNA 15 16 e da quel momento numerose evidenze si sono accumulate in letteratura a vantaggio di questa metodica definita EUS-B FNA 17 18.
Vengono qui descritti due casi clinici in cui la metodica EUS-B FNA ha permesso di porre diagnosi di neoplasia.
Caso clinico 1
Paziente di 69 anni con storia clinica di sindrome di Sjogren, sottoposta nel febbraio 2016 ad intervento di lobectomia inferiore sinistra per adenocarcinoma polmonare, si ricoverava in seguito al riscontro alla TC total body con mdc eseguita a gennaio 2017 di adenopatia di 15x12 mm in sede retrotracheale destra (N2) che improntava la parete esofagea (Figura 1). La PET TC documentava attività metabolica in corrispondenza della suddetta lesione (SUV max 6). Durante la degenza praticava esami ematochimici di routine, emogasanalisi e spirometria che risultavano nella norma. La paziente veniva successivamente sottoposta ad esame broncoscopico in sedazione profonda: l’esplorazione dei territori bronchiali non mostrava alterazioni degne di nota. In considerazione della sede della lesione si decideva di introdurre, quindi, ecobroncoscopio in esofago (EUS-B) con visualizzazione sulla parete anterolaterale destra di linfonodo di forma ovalare che si procedeva a campionare (Figura 2). La valutazione estemporanea del campione (Rapid On-Site Evaluation, ROSE) documentava l’adeguatezza del prelievo. Il materiale veniva quindi posto in provetta da Thin Prep per esame citologico; l’UOC di Anatomia Patologica avrebbe successivamente confermato la diagnosi di metastasi da adenocarcinoma (Figura 3).
Caso clinico 2
Paziente di 79 anni veniva ricoverata per l’insorgenza di disfagia. Durante la degenza la paziente praticava TC total body con mdc con riscontro di grossolano espanso del mediastino posteriore adeso all’esofago (Figura 4) e PET TC con evidenza di intensa attività metabolica in corrispondenza della suddetta lesione (SUV max 15,56). L’esame spirometrico e l’emogasanalisi risultavano nella norma. L’ecocardiogramma confermava la presenza di una massa comprimente l’atrio sinistro. La paziente veniva sottoposta ad esame broncoscopico in anestesia generale: l’esplorazione dei territori bronchiali non mostrava alterazioni degne di nota. Si introduceva, quindi, l’ecobroncoscopio in esofago (EUS-B) con localizzazione di massa paraesofagea destra che si procedeva a campionare (FNA) (Figura 5). La valutazione estemporanea del campione (ROSE) documentava l’adeguatezza del prelievo. Il materiale veniva quindi posto in provetta da Thin Prep per esame citologico. L’UOC di Anatomia Patologica avrebbe quindi confermato la diagnosi di neoplasia mesenchimale maligna (Figura 6).
Conclusioni
L’approccio transesofageo ha comportato un grande passo avanti nella diagnostica della patologia del mediastino posteriore: esso permette infatti di raggiungere e campionare le stazioni linfonodali 2L e 4L, 7, 8 e 9, nonché lesioni mediastiniche a stretto contatto con l’esofago 9.
L’approccio transesofageo permette di raggiungere e campionare le stazioni linfonodali 2L e 4L, 7, 8 e 9, nonché lesioni mediastiniche a stretto contatto con l’esofago.
Oltre che permettere il raggiungimento di siti altrimenti inaccessibili, la via transesofagea consente di bioptizzare una stessa lesione (linfonodo e/o massa mediastinica) da due direzioni diverse: ad esempio un linfonodo sottocarenale può risultare necrotico alla ROSE sul campionamento transbronchiale ed essere poi positivo per patologia neoplastica sul campionamento transesofageo per una non uniforme distribuzione delle zone di necrosi nel linfonodo sede di patologia. Appare evidente come combinando i due approcci endosonografici, quello transbronchiale e quello transesofageo, sono virtualmente raggiungibili tutte le stazioni linfonodali mediastiniche (eccezion fatta per le stazioni 5 e 6) configurando una vera e propria mediastinoscopia medica 19 20. Altro aspetto estremamente interessante della via transesofagea è la possibilità che questa offre di raggiungere siti anatomici frequentemente sede di metastasi da cancro del polmone, come la ghiandola surrenalica sinistra 21, il lobo sinistro del fegato e i linfonodi retroperitoneali paraortici e adiacenti al tronco celiaco, ampliando in questo modo le possibilità diagnostiche e stadiative 22; il tutto utilizzando una metodica estremamente tollerabile per il paziente: l’approccio transesofageo è infatti scarsamente evocativo del riflesso della tosse, determina un minor rischio di desaturazione arteriosa 18, è eseguibile in un’unica seduta con il medesimo strumento utilizzato per l’approccio transbronchiale e abbatte i rischi di pneumotorace legati a metodiche alternative (TTNA). Nei due casi presentati non si è osservata alcuna complicanza al termine della procedura; in confronto all’utilizzo dello strumento di derivazione gastroenterologica il limite dell’EUS-B FNA è principalmente rappresentato dall’impossibilità di insufflare aria, dilatando così l’esofago, e dalla conseguente limitata visibilità.
La metodica risulta abbastanza sicura con rari casi di perforazione esofagea e infezione del sito bioptizzato, ma deve essere necessariamente eseguita da pneumologi dopo un adeguato training.
Ciò nonostante la metodica risulta abbastanza sicura 18, con rari casi di perforazione esofagea e infezione del sito bioptizzato, ma deve essere necessariamente eseguita da pneumologi dopo un adeguato training 23.
Figure e tabelle
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