Il sovraffollamento dei Pronto Soccorso in inverno e l’aumento dei posti letto nelle Pneumologie
Abstract
L’aumento di incidenza e prevalenza delle malattie respiratorie croniche a livello mondiale determina un peso sociale rilevante sia a livello assistenziale che economico e rappresenta, per gli operatori sanitari e i decisori politici, una sfida importante da affrontare nella rogrammazione delle politiche sanitarie nazionali e mondiali. A tal fine andrebbero implementate politiche socio-sanitarie preventive atte alla incentivazione della disassuefazione dal fumo di sigaretta, alla riduzione dell’inquinamento atmosferico ed alla effettuazione più capillare di vaccinazioni, soprattutto nei pazienti ad alto rischio di riacutizzazioni infettive. Inoltre, diventa fondamentale una più corretta ed adeguata programmazione dei posti letto di Pneumologia negli ospedali, anche con l’attivazione di Unità di Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, in grado di poter dare le giuste risposte terapeutiche a pazienti affetti da patologie respiratorie acute e/o croniche severe che affollano i Pronto Soccorso, oltre a liberare posti di pazienti meno critici dalle Rianimazioni.
Note epidemiologiche delle malattie respiratorie
Le patologie respiratorie acute e croniche come la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), l’asma bronchiale, l’Insufficienza Respiratoria (IR), le neoplasie pleuro-polmonari ecc. rappresentano una vera e propria priorità sanitaria in Italia e nel mondo, in quanto determinano un peso sociale ed un importante onere per la comunità, in termini di mortalità e di invalidità, oltre che per gli alti costi sanitari diretti ed indiretti 1 2. Una revisione sistematica dei dati epidemiologici effettuati sia dall’American Thoracic Society (ATS) che dall’European Respiratory Society (ERS) ha dimostrato che la maggior parte delle affezioni respiratorie può essere attribuibile ad esposizioni di gas tossici e polveri occupazionali nei luoghi di lavoro, pollini ambientali e fumo di tabacco, i quali determineranno, nei prossimi 10 anni, un incremento di oltre il 30% dell’incidenza delle patologie ad essi correlate 3 4.
Più in dettaglio, le patologie respiratorie sono responsabili di un caso di morte su otto nei Paesi dell’Unione Europea (661.000 decessi all’anno, di cui circa 38.000 in Italia), a fronte di previsioni di aumento del tasso di mortalità per cancro del polmone e, in particolare, per la BPCO. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che per il 2030 polmoniti, tubercolosi, BPCO e cancro del polmone saranno responsabili di un caso di morte su 5 a livello globale 5 6.
L’asma e la BPCO contribuiscono in modo rilevante all’aumento dei costi sanitari, in quanto la spesa media annua per queste patologie (rispettivamente pari a circa 7.000,00 e 6.000,00 euro per caso all’anno) aumenta nel tempo. La sola BPCO è al sesto posto nella classifica delle malattie croniche nel nostro paese e colpisce oltre 2,6 milioni di persone. I dati epidemiologici e di spesa sanitaria contenuti nel Libro Bianco dell’ERS evidenziano come il tasso di mortalità delle malattie respiratorie in Italia sia pari a 65 ogni 100.000 (15,35 per 100.000 nel caso della sola BPCO) e che la spesa media annua (costi diretti ed indiretti) per la cura di tali patologie sia destinata ad aumentare 7 8.
Per queste ragioni, la sempre maggiore incidenza e prevalenza delle malattie respiratorie dovrebbe indurre i decisori politici ad una più corretta e incisiva programmazione della prevenzione primaria e secondaria per evitare l’insorgenza delle malattie respiratorie, ma anche ad un’ottimizzazione ed implementazione dei posti letto dedicati alla Pneumologia nelle strutture ospedaliere.
Il sovraffollamento dei Pronto Soccorso in Italia
Il Pronto Soccorso (PS) è presente in circa l’80% degli ospedali Italiani: 299 PS, 264 DEA (Dipartimento d’Emergenza e Accettazione) di I livello, 108 DEA di II livello, in cui prestano servizio un totale di 12.000 medici e 25.000 infermieri 9.
Nel 2013 gli accessi al PS in tutta Italia sono stati circa 24 milioni: 240.000 i codici rossi (1%), 4,3 milioni i gialli (18%), quasi 16 milioni i codici verdi (66%) e 3,6 milioni i bianchi (15%). Sul totale, una parte è stata dimessa senza necessità di ricovero, dopo aver concluso l’iter diagnostico/terapeutico già in PS: circa il 98% dei bianchi, l’88% dei verdi ed il 64% dei gialli. Se rapportati alla popolazione, si calcolano ben 3,4 accessi in PS ogni 10 abitanti.
L’incidenza degli accessi inappropriati è stimata del 24% in media, con differenze geografiche rilevanti: 24% al nord, 18% al centro, 31% al sud e nelle isole.
L’incidenza degli accessi inappropriati è stimata del 24% in media, con differenze geografiche rilevanti: 24% al nord, 18% al centro, 31% al sud e nelle isole. In ogni caso questi accessi “inappropriati”, pur in numero rilevante, sono gestiti in tempi brevi e impegnano relativamente poco personale dei PS: meno del 15% delle ore totali. Annualmente, circa 3.528.000 pazienti che si rivolgono al PS vengono ricoverati (quasi il 14,7% del totale).
Tutto ciò genera il cosiddetto overcrowding (sovraffollamento) del PS che ha importanti ricadute sul paziente e sugli operatori che vi lavorano, come l’aumentato rischio di errore, il prolungamento dei tempi di attesa, il ritardo nella diagnosi e nel trattamento di importanti patologie e, non ultimo, il burnout del personale.
Le cause di sovraffollamento a monte del PS (input) comprendono l’iperafflusso in PS di pazienti non urgenti, l’accesso dei cosiddetti frequent-flyer patients (ovvero i pazienti che si recano in PS 4 o più volte in un anno, spesso con caratteristiche di non urgenza, raggiungendo anche quote del 14% sugli accessi totali), gli aumenti di afflusso, anche di 4-7 volte, durante i periodi di influenza stagionale per malattie respiratorie o cardiocircolatorie e l’aumento della popolazione, in particolare l’aumento di pazienti fragili e “lungo-sopravviventi” affetti da patologie croniche.
Frequent-flyer patients ed iperafflusso dei pazienti non urgenti rappresentano la conseguenza di una politica sanitaria territoriale che spesso si è rivelata fallimentare.
Frequent-flyer patients ed iperafflusso dei pazienti non urgenti rappresentano la conseguenza di una politica sanitaria territoriale che spesso si è rivelata fallimentare per la mancata implementazione di servizi specialistici di assistenza territoriale, domiciliari e di telemedicina nei confronti di pazienti affetti da patologie respiratorie croniche, come BPCO e IR. Per cui, se nei periodi di normale afflusso l’attesa per prima visita di un codice verde nei DEA di I livello è di 70 minuti e di un codice giallo è di 30 minuti, nei periodi di sovraffollamento si può attendere più di 240 minuti per un codice bianco, più di 300 per un codice verde ed oltre 120 per un codice giallo 10.
Per affrontare e cercare di risolvere il sovraffollamento negli ultimi anni sono stati definiti standard per il tempo massimo di permanenza in PS (6 ore) e per il tempo massimo di attesa per l’invio in reparto dopo la decisione sul ricovero (2 ore). Dai dati 2016 del PNE si evince che gli accessi in PS terminati entro 12 ore dall’arrivo sono oltre il 90%, quelli oltre le 24 ore circa il 3%, con scarsa variabilità regionale. Questi dati sono di fatto poco significativi perché comprendono tutti i codici e soprattutto non distinguono i pazienti in attesa di ricovero da quelli valutati e successivamente dimessi dal PS.
In uno studio sui PS italiani, la SIMEU (Società Italiana della Medicina di Emergenza-Urgenza) invece evidenzia come il limite di 2 ore di permanenza in PS dopo la decisione di ricovero sia ampiamente superato nel 76% dei casi, con situazioni critiche in circa 1/3 degli ospedali. Nei PS dei grandi centri urbani, dove l’overcrowding è più frequente, ben 25.000 pazienti hanno atteso il ricovero addirittura per un tempo compreso tra le 24 e le 60 ore. L’eccesso di domanda sanitaria che si verifica nei periodi di overcrowding in DEA è indubbiamente causa di inappropriatezza di ricovero. Durante i mesi invernali nei reparti di degenza ordinaria il numero dei ricoveri è fino al 30% superiore allo standard previsto nel semestre di minor afflusso. Quindi, vengono ricoverati dal PS pazienti che con minor carico di lavoro si sarebbero potuti gestire e dimettere direttamente a domicilio 11.
Altra conseguenza è certamente la mancata appropriatezza di destinazione nei reparti. Sul totale dei pazienti che si rivolgono al PS, il 20% ha un problema assistenziale/sociale prevalente. Negli anni sono poi aumentati gli accessi in PS dei pazienti più complessi, quindi con prevedibile necessità di ricovero: i pazienti over 80 nel 2005 erano l’8% del totale, per passare al 12% nel 2015. Nel 2014 il 28% dei ricoverati aveva oltre 75 anni di età e per loro la degenza media sale dal valore nazionale di 6,7-6,8 giorni a 9 giorni.
La problematica più frequente per l’accesso in PS è il trauma, ma le cause più frequenti di ricovero sono le malattie del sistema circolatorio, i tumori e le malattie respiratorie.
La problematica più frequente per l’accesso in PS è il trauma, ma le cause più frequenti di ricovero sono le malattie del sistema circolatorio, i tumori e le malattie respiratorie. Se poi consideriamo le diagnosi di dimissioni dei pazienti, quindi di coloro che dal PS sono stati ricoverati, la somma dei DRG (Diagnosis-Related Group) medici (apparato respiratorio, cardiocircolatorio, digerente, malattie renali, infettive, metaboliche, neurologiche e del sangue) raggiunge il 58,6% del totale. Infine, dal rapporto annuale SDO 2016 relativo agli aggregati clinici di codici diagnostici per numerosità di dimissioni per acuti in regime ordinario, emerge che l’insufficienza respiratoria si colloca al secondo posto in assoluto tra tutte le patologie, con 172.738 dimissioni, mentre le polmoniti al settimo posto con 135.749 dimissioni 12.
I tagli degli ultimi anni sono stati non puntuali ma lineari, quindi possiamo considerare nell’area medica, dal 2000 al 2013, una riduzione del 24% dei posti letto, parallelamente alla loro aumentata necessità se si ricoverano sempre più pazienti anziani, polipatologici, con problemi assistenziali e diagnosi internistiche. In Italia nel 2013 i posti letto totali delle strutture pubbliche ed accreditate utilizzati per l’attività di ricovero erano 219.804, per un totale di giornate di degenza di 64.312.000, corrispondente ad un tasso di occupazione posto letto del 80,5% contro il 77,1% del 2004. Ma se consideriamo il dato dei soli reparti di area medica, si va dal 115% al 99% a seconda delle regioni e delle specialità. E con i tagli degli ultimi anni i dati sono in progressivo peggioramento: nello specifico, per esempio, in Liguria si è passati dal 107,3% della Geriatria e 97% della Medicina Generale nel 2011 a rispettivamente il 115% ed il 98,6% nel 2013. Va ricordato che il tasso ottimale, per evitare aumento di mortalità e morbilità, viene considerato non superiore all’85%, pur se imprudentemente aumentato al 90% dal Decreto Ministeriale n° 70/2015 sugli standard ospedalieri 9 11.
La proposta della Lung Foundation britannica
Un interessante articolo pubblicato dalla British Lung Foundation nel dicembre del 2017 13 ha posto con particolare attenzione quanto viene ribadito da tempo anche in Italia dalle società scientifiche pneumologiche, SIP/IRS e AIPO, agli organi politico-amministrativi sanitari, sia a livello nazionale che locale, ma con scarsi risultati 14. Infatti, pur sottolineando l’importanza che i reparti di Pneumologia possono ricoprire, anche in periodi critici di sovraffollamento nei PS e di epidemie influenzali ad impronta prevalente respiratoria, nulla è stato fatto al riguardo, o modificato, dagli organi sanitari competenti 15.
L’articolo da poco pubblicato nel Regno Unito, situazione incresciosa che purtroppo spesso riguarda anche l’Italia, evidenzia in modo abbastanza eloquente come un aumento dell’80% relativo ai ricoveri per patologie polmonari sia presente nei reparti di emergenza in inverno, giocando un ruolo importante nel mettere sotto pressione i servizi di accettazione ed emergenza degli ospedali, anche oltre il limite consentito. Pur tuttavia, secondo il nuovo rapporto della British Lung Foundation, solo il 10% degli ospedali locali aveva previsto risorse necessarie per rendere disponibili più posti letto per i pazienti con patologie respiratorie 16 17.
Secondo il nuovo rapporto della British Lung Foundation, solo il 10% degli ospedali locali aveva previsto risorse necessarie per rendere disponibili in inverno più posti letto per i pazienti con patologie respiratorie.
È ormai da sempre risaputo che con il freddo le malattie polmonari aumentano notevolmente e, come indica anche il rapporto del National Health Service (NHS), si crea incapacità ad affrontare quella che è chiaramente una prevedibile ed ovvia variazione stagionale negli accessi ai PS, soprattutto in riferimento ai ricoveri di pazienti con riacutizzazioni respiratorie, che diventano quasi la maggioranza nei reparti di accettazione ed emergenza (oltre il 40% degli accessi è di tipo respiratorio), causando gravi conseguenze ai pazienti, anche se potenzialmente evitabili.
Il rapporto, assolutamente in modo puntuale e dettagliato, analizza per la prima volta i dati statistici mensili degli episodi ospedalieri per ciascuna delle principali aree di malattia negli ultimi sette anni (Figura 1), esaminando i dati dei reparti ospedalieri in tutta l’Inghilterra relativamente alla programmazione assistenziale per la stagione invernale.
Nel 2015-16 ci sono stati più di 676.000 accessi nei reparti di emergenza per patologie respiratorie e, di questo gruppo, il 41% degli accessi ha comportato il ricovero in ospedale. Nel 2016-17, oltre 287.000 ricoveri per malattie respiratorie e di questi circa 87.000 sono stati realizzati nei mesi invernali, il che rappresenta l’80% in più rispetto ai mesi primaverili. Le cause più comuni di questi ricoveri sono state: le infezioni del tratto respiratorio inferiore (LRTI), la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) riacutizzata e la bronchiolite nei bambini sotto i cinque anni 18.
Nel 2015-16 ci sono stati più di 676.000 accessi nei reparti di emergenza per patologie respiratorie e le cause più comuni sono state: le infezioni del tratto respiratorio inferiore, la BPCO riacutizzata e la bronchiolite nei bambini sotto i cinque anni.
L’analisi della British Lung Foundation rivela che questa fluttuazione annuale si è costantemente ripetuta negli ultimi sette anni, eppure molti ospedali non sono riusciti ad adattare i loro servizi per far fronte all’aumento dei ricoveri per le patologie respiratorie. Ciò ha creato, e continua a creare, una significativa difficoltà per trovare posti letto disponibili durante l’inverno, con tangibili conseguenze negative per i pazienti. Molte persone sono convinte che le maggiori cause di accesso ai reparti di emergenza siano le problematiche osteo-articolari (es. fratture, traumi, ecc.), soprattutto per le conseguenze dovute alle condizioni metereologiche che determinano anche ghiaccio e neve sulle strade.
Il rapporto dello studio evidenzia, invece, che le malattie polmonari subiscono una notevole variazione stagionale, molto più grande delle malattie cardiache e delle fratture.
Nei pazienti affetti da patologie polmonari, spesso, la stagione invernale può esacerbare le loro condizioni di base e causare gravi crisi dispnoiche, con conseguenze importanti anche sulla meccanica respiratoria fino a determinare quadri di grave IR.
Il rapporto NHS attesta anche che, senza una forte assistenza e sostegno da parte della comunità al di fuori dell’ospedale, i pazienti si sentono incapaci di gestire le loro patologie polmonari e si presentano ai reparti di emergenza in preda al panico.
Il rapporto NHS dello studio evidenzia che le malattie polmonari subiscono una notevole variazione stagionale, molto più grande delle malattie cardiache e delle fratture.
È, quindi, fondamentale migliorare l’assistenza soprattutto sul territorio e nelle comunità per questi pazienti, per prevenire riacutizzazioni importanti, causa dell’aumento drastico delle ospedalizzazioni. Inoltre, viene raccomandato che i pazienti dimessi dall’ospedale ricevano una valutazione ed un trattamento adeguati e che debbano essere seguiti ed affidati alla medicina del territorio per ridurre al minimo il rischio di riammissione in ospedale 15.
Pertanto, i principali risultati e le raccomandazioni che scaturiscono dai dati britannici ottenuti nel 2016/17 mostrano come gli accessi per malattie respiratorie abbiano raggiunto il picco fino a 32.492 ricoveri, molto al di sopra della media dei 10.652 ricoveri per le 20 aree più comuni di malattie (Figura 2). Dalle rilevazioni è emerso anche che i neonati ed i bambini di età compresa tra uno e quattro anni e gli anziani di età pari o superiore a 65 anni, costituivano il 71% di tutti i ricoveri relativi ad affezioni delle vie respiratorie nel 2016-17 15 18.
Per di più, le affezioni respiratorie hanno la maggiore variazione stagionale per quanto riguarda la mortalità e, proprio nel 2016/17, il 61,9% in più di persone è deceduto a causa di problemi respiratori nel periodo invernale rispetto agli altri mesi non invernali. Le patologie respiratorie sono state la causa alla base di 12.500 decessi invernali in eccesso (36,4%) rispetto a tutte le cause di morti invernali in eccesso nel 2016-17 19 20.
Durante il periodo invernale con il freddo intenso il governo britannico provvede ad emanare raccomandazioni ed indicazioni, tramite il sistema sanitario (NHS), che i commissari e gli operatori sanitari dovrebbero adottare per affrontare quello che è un “problema ovvio, stagionale e preventivabile”.
Durante il periodo invernale il governo britannico provvede ad emanare raccomandazioni ed indicazioni per affrontare quello che è un “problema ovvio, stagionale e preventivabile”.
Esse comportano, in modo abbastanza perentorio, di:
- migliorare la strategia di prevenzione per ridurre le infezioni respiratorie generali ed aiutare le persone che soffrono già di patologie polmonari, ad essere in grado di gestirle meglio anche da soli. Ciò include: assicurare che le persone ricevano il vaccino influenzale e che possano facilmente accedere ai programmi di riabilitazione polmonare;
- riconoscere concretamente il numero crescente di ricoveri respiratori in inverno ed adattare i servizi ospedalieri per affrontare al meglio l’aumento della richiesta, assegnando più posti letto ai reparti dedicati ai pazienti respiratori;
- porre fine alla negligenza che si protrae da lungo tempo nei confronti di 12 milioni di pazienti affetti da malattie polmonari nel Regno Unito. NHS England e il Governo devono sostenere una task-force per le malattie polmonari ed un piano quinquennale nazionale per migliorare i risultati e le cure nei confronti dei pazienti.
A tal proposito, la Dr.ssa Penny Woods, Amministratore Delegato della British Lung Foundation, ha dichiarato: “Anno dopo anno stiamo assistendo a un sempre maggiore afflusso di pazienti ricoverati in Accettazione . Il governo e l’NHS in Inghilterra devono prendere le misure necessarie per affrontare questa crisi stagionale e quindi prevedibile e sostenere una task-force per le patologie polmonari. Ciò migliorerà tutti gli aspetti dell’assistenza per i 12 milioni di cittadini affetti da malattie dell’apparato respiratorio” 15.
La ricollocazione e la riqualificazione organizzativa delle Pneumologie nelle aziende ospedaliere
Dalla lettura dell’articolo in questione e dai dati della letteratura, oltre che dalle cronache recenti, emerge chiaramente che anche in Italia le difficoltà legate al sovraffollamento dei PS presenti nei periodi non siano solo invernali ed i problemi, irrisolti, si manifestino con assoluta puntualità ogni anno.
Inoltre, è evidente che le problematiche relative al sovraffollamento negli ospedali anche nella nostra realtà italiana riguardino, oltre agli organi amministrativi, in modo specifico diverse figure professionali, ed in particolare:
- i Medici di Medicina Generale, per una più adeguata e diffusa prevenzione, purtroppo ancora del tutto inadeguata, delle patologie respiratorie con la somministrazione di vaccini nei periodi pre-stagionali 21, senz’altro da incrementare, oltre ad una più efficace applicazione di programmi di disassuefazione dal fumo di sigaretta 22 23, ancora mancanti;
- gli specialisti Pneumologi ambulatoriali, con una più capillare gestione delle affezioni respiratorie croniche sul territorio 24, attraverso l’elaborazione di criteri predittivi utili per una più corretta e congrua valutazione per l’ospedalizzazione dei pazienti 25 e per evitare le serie e gravi complicanze come l’IR anche severa (con ipossiemia ed ipercapnia), le polmoniti con i versamenti pleurici, i tumori polmonari metastatizzati ecc., come possibile filtro per l’accesso negli ospedali;
- gli Pneumologi ospedalieri, che dovrebbero attrezzarsi a gestire posti letto dedicati a pazienti con affezioni respiratorie acute e/o croniche anche severe, in reparti di Terapia Intensiva o Semi-Intensiva Respiratoria attrezzati 26 27, e non “subire” la chiusura o il ridimensionamento dei reparti di Pneumologia, come spesso accade.
In Italia le difficoltà legate al sovraffollamento dei PS sono presenti nei periodi non solo invernali ed i problemi, irrisolti, si manifestano con assoluta puntualità ogni anno.
In definitiva, è auspicabile che non solo gli Pneumologi riescano a leggere in modo corretto i dati della letteratura in riferimento all’incremento delle patologie respiratorie acute e croniche e soprattutto alle severe complicanze che giungono negli ospedali, ma anche i referenti organismi sanitari deputati, possano essere più attenti alle variazioni epidemiologiche delle patologie acute e croniche nel mondo ed ottimizzarne così, anche i costi sanitari 28. Ciò garantirebbe una maggiore appropriatezza delle cure negli ospedali ed una giusta continuità ospedale-territorio ai pazienti più critici, affidandoli direttamente a team di specialisti territoriali, adeguatamente organizzati per la prosecuzione delle cure domiciliari 29, riducendo così anche il problema del sovraffollamento dei Dipartimenti di Emergenza, in parte dovuto ai ricoveri ripetuti (frequent-flyer patients), soprattutto nelle stagioni invernali.
Diventa fondamentale, infatti, una sensibilizzazione medica e socio-politica rispetto ai cambiamenti che, in particolare, prevedono la BPCO come terza causa di morte ed i tumori pleuro-polmonari come quinta causa di morte nel mondo, oltre al riemergere di patologie infettive come la tubercolosi o il sempre maggiore incremento delle patologie neuro-muscolari ed il loro coinvolgimento respiratorio 5.
Diventa fondamentale una sensibilizzazione medica e socio-politica rispetto ai cambiamenti che prevedono la BPCO come terza causa di morte ed i tumori pleuro-polmonari come quinta causa di morte nel mondo.
A tal proposito, negli ultimi anni l’interesse per la cura e lo stretto monitoraggio del malato respiratorio acuto/cronico si è grandemente diffuso tra gli Pneumologi in Europa, tanto da indurre l’ERS a formare una task-force con lo scopo di censire le Pneumologie e le collegate Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) e stabilirne le principali caratteristiche organizzative sulla base di differenti livelli di assistenza 30 31. Anche in Italia, la crescente prevalenza di malattie respiratorie acute e croniche riacutizzate, di fronte alle carenze di posti letto in Terapia Intensiva Generale, ha prodotto un sempre maggiore interesse per l’apertura di nuove Terapie Intensive e Sub-Intensive Respiratorie, nei reparti di Pneumologia. Infatti, come evidenziato dall’ultimo censimento nazionale, le UTIR sono aumentate da 26 a 44 unità negli ultimi 10 anni, anche se il numero dei posti-letto censiti è ancora al di sotto del fabbisogno nazionale stimato e la distribuzione geografica è eterogenea, con maggiore concentrazione nel Nord Italia 32 33.
La Terapia Intensiva Respiratoria viene intesa per definizione “un servizio per i pazienti con malattia potenzialmente recuperabile che possono beneficiare di una più attenta sorveglianza e di un più intenso trattamento di quelli forniti nei comuni reparti di degenza” (Tabella I). In tali reparti, infatti, un elevato livello di assistenza è assicurato dalla disponibilità di adeguate risorse umane mediche e infermieristiche, con elevata competenza e livello organizzativo ottimale che permette un alto grado di operatività e dalla disponibilità di mezzi strumentali e di ambienti idonei 34 35.
L’elevato livello di assistenza comporta alti costi di gestione e per questo motivo l’utilizzazione delle risorse economiche sanitarie va razionalizzata al massimo tramite l’effettuazione di ricoveri congrui, ma soprattutto con la riduzione della degenza media nei reparti di accettazione/emergenza, sovraffollati nelle stagioni invernali, e nelle rianimazioni. Ciò, può essere facilmente ottenibile con il trasferimento dei pazienti meno critici dai reparti di PS, Medicina d’Urgenza e/o Unità di Terapia Intensiva Generale, verso altre aree di trattamento con livello di assistenza intermedie, come ad esempio le Unità di Terapia sub-Intensiva Respiratoria (Figura 3) 36.
Tale situazione ideale contrasta con la realtà, tanto che le aziende ed i presidi ospedalieri, disattendendo anche quanto ipotizzato dal decreto Balduzzi, risultano essere poco attente ai dati epidemiologici presenti in letteratura. È infatti importante che la gestione di patologie acute, come IR e gravi riacutizzazioni di BPCO, debbano essere adeguatamente trattate da Unità Operative (UO) specialistiche e con setting tecnologicamente e organizzativamente più articolati e complessi. Nella realtà, invece assistiamo alla penalizzante riduzione del rapporto posti letto/popolazione, in quanto si chiudono le UO di Pneumologia o se ne riducono gli organici ed i posti letto.
È necessario ribadire che le Pneumologie debbano essere rivalutate nella loro importanza clinica, con un incremento nelle strutture sanitarie ed un aumento del numero di posti letto ad esse dedicati.
Pertanto, da una disamina della letteratura scientifica oltre che dai documenti recentemente pubblicati anche a livello nazionale, quali Piano Nazionale delle Cronicità – Ministero della Salute di Febbraio 2016 37, Piano Regionale di Programmazione della Rete Ospedaliera ai sensi del DM 70/2015, Regione Campania di Maggio 2016 38, Piano Regionale di Programmazione della Rete per l’Assistenza Territoriale 2016-2018, Regione Campania, Luglio 2016 39, Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza - GU Serie Generale n.65 del 18-03-2017 40, Monitoraggio e valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali – Ministero della Salute di Giugno 2017 41, è necessario ribadire che le patologie respiratorie rivestono un ruolo cruciale nel sistema sanitario e che le Pneumologie debbano essere assolutamente rivalutate nella loro importanza clinica, con un incremento nelle strutture sanitarie ed un aumento del numero di posti letto ad esse dedicati.
Ciò favorirebbe un sicuro inserimento negli organici attivi del sistema sanitario nazionale, anche di giovani Pneumologi, sia a livello universitario che ospedaliero e territoriale. Di conseguenza, è compito precipuo delle Università, all’unisono con le reti formative periferiche (ospedaliere e non), formare al meglio i nuovi Pneumologi, ma anche incidere maggiormente, con le società scientifiche, sui decisori politici nazionali e regionali.
È compito precipuo delle Università formare al meglio i nuovi Pneumologi, ma anche incidere maggiormente, con le società scientifiche, sui decisori politici nazionali e regionali.
Per tali ragioni, è assolutamente necessario indirizzare i giovani specialisti ad una più organica formazione intensivistica ed interventistica. Per l’indirizzo intensivistico si dovrebbe avere un approccio diretto anche alla cura delle gravi insufficienze respiratorie e le sue complicanze anche in emergenza, mediante l’O2 terapia ad alti flussi, la ventilazione meccanica invasiva e non, la gestione delle tracheotomie, ecc., chiaramente sulla base della definitiva attivazione nelle Pneumologie delle Unità di Terapia Semi-Intensiva Respiratoria h24. Per l’indirizzo interventistico si dovrà prevedere l’effettuazione di esami endoscopici di primo e secondo livello, con una endoscopia operativa h24, per far fronte in modo più mirato ed adeguato non solo ad una diagnostica precoce e più invasiva e risolutiva, ma anche ad un approccio terapeutico con l’endoscopia rigida che consenta procedure di secondo livello come la laserterapia, il posizionamento di protesi tracheo-bronchiali, la pleuroscopia, ecc.
A tal proposito, è molto indicativo quanto proposto da Confalonieri e coll. che con il loro lavoro hanno dimostrato come l’incentivazione dell’apertura di nuove UO di Terapia Intensiva/Sub Intensiva Respiratoria nell’ambito delle Aziende Ospedaliere, possa essere indubbiamente vantaggioso, non solo per ridurre la mortalità intraospedaliera, ma anche e soprattutto per diminuire la frequenza degli accessi in una Terapia Intensiva Generale.
L’incentivazione dell’apertura di nuove UO di Terapia Intensiva/Sub Intensiva Respiratoria può essere indubbiamente vantaggioso per ridurre la mortalità intraospedaliera e diminuire la frequenza degli accessi in una terapia intensiva generale.
Infatti, i pazienti con gravi riacutizzazioni di BPCO, polmoniti comunitarie e gravi insufficienze respiratorie, ottengono un miglior livello di cure in queste Unità di Terapia Intensiva Intermedie, grazie all’ottimizzazione dell’utilizzo dei farmaci respiratori, alla maggiore esperienza nella ventilazione meccanica e nella somministrazione di ossigenoterapia, anche ad alti flussi, ecc. 42.
Tutto ciò, infine, deve presumere senz’altro una nuova organizzazione delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere/universitarie che preveda, da subito, l’implementazione di reparti pneumologici, collocandoli non più nei dipartimenti di medicina o in elezione, ma nei dipartimenti di emergenza/urgenza. In tal modo si può ottimizzare e diversificare al meglio l’offerta sanitaria a livello locale e nazionale, con un concreto riscontro specialistico corretto e rivolto alla soluzione mirata delle tante affezioni respiratorie che, ad oggi, non vengono affrontate in modo sempre appropriato.
Figure e tabelle
Criteri | Unità di Terapia Intensiva Respiratoria | Unità di Terapia Semi- Intensiva Respiratoria | Unità di Monitoraggio Respiratorio | |
---|---|---|---|---|
Criteri maggiori | Rapporto infermiere/paziente per turno lavorativo | > 1:3 | > 1:3 o 1:4 | > 1:5 o 1:6 |
Dotazione per ogni letto | Monitor polifunzionali Ventilatori da terapia intensiva | MMonitor polifunzionali Ventilatori meccanici (per VM non invasiva, con disponibilità di ventilatori da terapia intensiva) | Monitor polifunzionali Ventilatori meccanici (per VM non invasiva) | |
Affezioni trattate | Insufficienza respiratoria mono-organo o insufficienza di più organi | Insufficienza respiratoria mono-organo | Insufficienza respiratoria mono-organo | |
Medico di guardia | 24/24 ore | A disposizione immediata | Su chiamata (all’interno dell’ospedale) | |
Ventilazione meccanica | Invasiva e non invasiva | Non invasiva (invasiva se necessaria) | Non invasiva (se necessaria) | |
Personale medico | La responsabilità deve essere affidata a uno pneumologo esperto in ventilazione meccanica | |||
Criteri minori | Broncoscopia | All’interno dell’unità | All’interno dell’unità | All’interno o all’esterno dell’unità |
Strumentazione per emogasanalisi (ABGA) | All’interno dell’unità | All’interno dell’unità | All’interno o all’esterno dell’unità |
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