Broncoscopi monouso: un nuovo strumento della pneumologia interventistica
Abstract
I metodi correnti di reprocessing dei broncoscopi flessibili continuano ad essere talvolta inefficaci ancorché effettuati secondo linee guida e la carica batterica non del tutto abolita nonostante il miglioramento dei metodi di decontaminazione e di disinfezione. Il passaggio a strumenti sterilizzati o, come sottolineato nella nostra review, a broncoscopi monouso potrebbe ridurre il rischio di trasmettere infezioni a pazienti vulnerabili. Inoltre il rischio di danneggiare i broncoscopi riutilizzabili in alcuni particolari setting procedurali e/o assistenziali e i costi conseguenti potrebbero essere superati con l’utilizzo più esteso dei broncoscopi monouso.
Introduzione
Negli ultimi anni, anche in campo pneumologico, sono stati introdotti strumenti endoscopici monouso con l’intento di superare i problemi logistico-organizzativi legati alla necessità di una tempestiva e costante disponibilità dei broncoscopi, ma soprattutto il rischio di trasmettere infezioni ospedaliere. Tale evenienza si può ancora oggi osservare con i fibro- e videobroncoscopi riutilizzabili.
Negli ultimi anni sono stati introdotti strumenti endoscopici monouso con l’intento di superare i problemi logistico-organizzativi, ma soprattutto il rischio di trasmettere infezioni ospedaliere.
Il rischio infettivo trattato nella prima parte di questa review, che era già stato in parte contenuto con l’uso di accessori monouso quali le valvole di aspirazione e gli accessori per il campionamento bioptico, sembra oggi virtualmente azzerato grazie all’utilizzo del broncoscopio monouso per singolo paziente.
I nuovi endoscopi disposable di ultima generazione sono in grado di offrire un buon livello di affidabilità per quanto attiene a tutte le caratteristiche fondamentali di un broncoscopio: una buona visione endoscopica, una buona manovrabilità, una buona capacità di aspirazione ed una adeguata sterilità.
Gli ambiti in cui può essere considerato l’utilizzo di un broncoscopio monouso possono essere: le condizioni in cui è elevato un rischio di contaminazione microbica; le situazioni in cui è elevato il rischio di rottura o in presenza di lesioni degli strumenti pluriuso; le condizioni in cui è difficile utilizzare uno strumento pluriuso.
Broncoscopi riutilizzabili e rischio infettivo
I broncoscopi flessibili utilizzati per procedure diagnostiche e terapeutiche che appartengono alla categoria degli strumenti semicritici secondo Spaulding 1 possono essere contaminati da sangue, secrezioni e microrganismi.
La loro struttura particolarmente fragile, il lungo e stretto canale operativo, le porte d’accesso rendono difficile la pulizia e la disinfezione e facile il danneggiamento.
Solo un’adeguata ispezione, l’esecuzione del test di tenuta prima della disinfezione per valutare l’integrità dello strumento, la pulizia dopo ogni singola procedura delle parti esterne, del canale operativo e degli accessori, la detersione con soluzioni enzimatiche rendono possibile la corretta disinfezione e l’asciugatura dello strumento evitando la trasmissione delle infezioni da un paziente all’altro.
Va sottolineato come la rimozione meccanica e la corretta pulizia in particolare del canale operativo, peraltro nella pratica difficile da controllare, e non l’uso di detergenti né l’alta disinfezione o addirittura la sterilizzazione con ossido di etilene siano in grado di rimuovere ed evitare la formazione del biofilm. L’abilità dei batteri, compresi Pseudomonas aeruginosa e micobatteri atipici, di formare biofilm nel canale operativo, specialmente se danneggiato, col tempo, anche dopo un valido protocollo di disinfezione, può contribuire al fallimento dell’intero processo di decontaminazione 2.
L’abilità dei batteri di formare biofilm nel canale operativo può contribuire al fallimento dell’intero processo di decontaminazione.
I microorganismi all’interno del biofilm per loro natura sono particolarmente resistenti all’essicamento, all’azione dei disinfettanti e degli antibiotici e in condizioni particolari possono passare allo stato planctonico capace di dare inizio all’evento infettivo.
Generalmente le procedure di alta disinfezione degli strumenti endoscopici sono effettuate in modo automatizzato mediante lavadisinfettatrici conformi alla UNI EN ISO 15883-4 che utilizzano preferibilmente acido peracetico o ortoftalaldeide a temperatura e tempi controllati spesso cruciali.
Tutti i disinfettanti possiedono pregi e difetti anche se sembra che nessuno garantisca una sicurezza assoluta battericida nei confronti di batteri all’interno dei biofilm. Inoltre le stesse lavadisinfettatrici per difetti di funzionamento possono essere contaminate da biofilm.
L’alta disinfezione è in grado di eliminare o uccidere tutte le forme vegetative batteriche, i micobatteri, i funghi e virus, ma non tutte le spore batteriche. La sterilizzazione distrugge completamente tutte le forme viventi batteriche comprese le spore.
Gli strumenti utilizzati in pazienti affetti da malattia da prioni per l’impossibilità di garantire un’idonea sterilizzazione senza danneggiarne la struttura non devono essere riutilizzati 3.
Abitualmente non è prevista la sterilizzazione, che per gli strumenti flessibili può essere effettuata in casi eccezionali mediante ossido di etilene e plasma di perossido di idrogeno che espongono però al rischio di alterare le proprietà meccaniche e chimiche degli endoscopi.
Non sembrano esserci evidenze che la sterilizzazione sia vantaggiosa rispetto all’alta disinfezione dimostrando inoltre la sua inefficacia in presenza di strumenti non adeguatamente puliti.
Non sembrano esserci evidenze che la sterilizzazione sia vantaggiosa rispetto all’alta disinfezione dimostrando inoltre la sua inefficacia in presenza di strumenti non adeguatamente puliti.
Dopo l’alta disinfezione gli strumenti vanno risciacquati con acqua sterile, l’eccesso di acqua va rimosso mediante l’asciugatura dello strumento poiché la persistenza di umidità all’interno del canale favorisce la formazione di biofilm e la crescita di organismi.
L’asciugatura va effettuata con aria compressa filtrata e può essere eseguita manualmente, utilizzando materiali a basso rilascio particellare e aria compressa microfiltrata, oppure utilizzando apposite apparecchiature (macchine lavadisinfettatrici dotate di appositi cicli di asciugatura o armadi di stoccaggio con funzione di asciugatura); viene preceduta dall’instillazione, non universamente condivisa, di alcool etilico 70-90% o alcool isopropilico.
Lo stoccaggio dei broncoscopi appesi in posizione verticale in armadi chiusi dedicati o in appositi contenitori con coperchio a tenuta, al riparo da contaminazioni ambientali, è in grado di garantire anche per alcuni giorni il mantenimento della carica microbica ottenuta dalle fasi precedenti 4 a differenza di altre modalità di conservazione utilizzate al di fuori delle succitate raccomandazioni.
Numerose sono le linee guida a cui fare riferimento per effettuare un corretto reprocessing e generalmente l’osservazione scrupolosa di ogni singolo step è adeguata nell’evitare contaminazioni crociate 5-10.
La sorveglianza routinaria e la frequenza con cui effettuare test microbiologici classici o di biologia molecolare sui broncoscopi e sulle lavadisinfettatrici è un capitolo assai controverso in molte linee guida.
Diverse sono le modalità di raccolta dei campioni da esaminare che tengono conto dei diversi strumenti in dotazione e delle preferenze del laboratorio dedicato. In generale, attraverso la raccolta del liquido utilizzato per il risciacquo anterogrado o retrogrado del materiale prelevato mediante brush sterile del canale operativo o delle porte d’accesso, si possono allestire colture utili sia per la ricerca dell’evento sentinella sia a fini epidemiologici.
A discapito dell’elevato e crescente numero di procedure endoscopiche che si effettuano, sono pochi i casi documentati di infezione iatrogena; tuttavia la reale incidenza della trasmissione di infezioni può essere sottostimata o perché non opportunamente sorvegliata, per la bassa frequenza, o per l’assenza di sintomatologia clinica.
Si calcola che più di 210 pazienti siano stati contaminati da broncoscopi riutilizzabili negli USA dal 2014 al 2016 11.
Le infezioni trasmesse durante un esame endoscopico vanno distinte in infezioni endogene, le più frequenti, legate alla flora batterica propria del paziente e che possono esitare in polmoniti e non possono essere prevenute dalla disinfezione ben condotta, ed infezioni esogene, sostenute per lo più da Pseudomonas e micobatteri e trasmesse da precedenti pazienti o dagli strumenti o accessori contaminati, utilizzati durante le fasi della disinfezione. Le pseudo-infezioni sono invece legate alla presenza di patogeni trasferiti dagli strumenti endoscopici in assenza di infezione clinica.
Nella Tabella I vengono riportate alcune segnalazioni della letteratura a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti, di eventi pseudo-infettivi o infettivi esogeni generati da criticità riscontrate in tutta la filiera gestionale dei broncoscopi riutilizzabili.
Degno di particolare interesse è il recentissimo lavoro real life di Ofstead 19 che conferma come in un ospedale americano di terzo livello con apparente rispetto delle linee guida, tutti i broncoscopi pronti per l’utilizzo avevano almeno un difetto ed il 58% era contaminato da potenziali patogeni quali Pseudomonas aeruginosa e Stenotrophomonas maltophilia.
Da circa 10 anni in letteratura sono comparsi lavori che affrontano i costi generati dalle numerose fasi del reprocessing degli endoscopi, della sorveglianza microbiologica, degli outcome intesi come numero di infezioni iatrogene evitabili, e dei costi diretti ed indiretti legati alle infezioni esogene causate da strumenti endoscopici contaminati 20. Se i costi per la gestione degli strumenti endoscopici riutilizzabili, della loro integrità fisica e meccanica, dell’intero reprocessing rispetto alla numerosità dei casi di cross-contaminazione segnalati possono apparire elevati, oltre ad essere imprescindibili, ripropongono tuttavia la necessità di disporre di alternative valide, quali quelle possedute dai broncoscopi monouso.
Broncoscopi monouso
Le caratteristiche fondamentali di un buon broncoscopio flessibile sono:
- una buona visione endoscopica;
- una buona manovrabilità e capacità di accedere a tutti i rami bronchiali;
- una buona capacità di aspirazione;
- adeguata sterilità.
I nuovi endoscopi disposable di ultima generazione sono in grado di offrire un buon livello di affidabilità per quanto attiene a tutte queste caratteristiche. Negli ultimi anni sono stati resi disponibili a test clinici sul campo in ambito anestesiologico, rianimatorio ed in ambito pneumologico ed internistico. Tali test hanno permesso di constatarne le possibilità e l’idoneità all’utilizzo.
Essi infatti sono confezionati in forma sterile, sono disponibili in varie misure e con canale operativo-aspirativo paragonabile agli strumenti pluriuso.
I nuovi endoscopi disposable di ultima generazione sono confezionati in forma sterile, sono disponibili in varie misure e con canale operativo-aspirativo paragonabile agli strumenti pluriuso.
Hanno un sistema di valvola di controllo dell’aspirazione funzionale ed affidabile, sono costituiti da materiale abbastanza resistente all’usura cui devono essere sottoposti durante un esame endoscopico. Hanno una buona manovrabilità ottenuta sia per il peso ridotto che per la buona capacità di inclinazione up e down della estremità distale, ed ancora per la buona risposta alle manovre di rotazione e la buona ergonomia del manipolo. La qualità delle immagini è buona sia per angolo di visione che per colori e profondità ed il sistema di connessione al monitor-fonte luminosa è semplice, rapido e preciso. Il costo è contenuto.
La similitudine con gli strumenti pluriuso e la leggerezza degli strumenti non richiedono un training né l’acquisizione di uno specifico skill.
Altri strumenti endoscopici disponibili sono strumenti pluriuso, ma con guaine di rivestimento monouso e canale operativo esterno che invece richiedono uno specifico training ed una manualità di utilizzo più complessa.
Le condizioni in cui si considera l’utilizzo di uno strumento endoscopico broncoscopico monouso sono quelle in cui è elevato un rischio di contaminazione microbica e di rottura o lesione degli strumenti pluriuso e in cui è difficile reperire e/o utilizzare uno strumento pluriuso.
Gli ambiti fondamentali in cui può essere preso in considerazione l’utilizzo di uno strumento endoscopico broncoscopico monouso siffatto sono fondamentalmente tre:
- utilizzo in condizioni in cui è elevato un rischio di contaminazione microbica;
- situazioni in cui è elevato il rischio di rottura o lesione degli strumenti pluriuso;
- condizioni in cui è difficile reperire e/o utilizzare uno strumento pluriuso.
Condizioni ad elevato rischio di infezione o contaminazione microbica
Come ampiamente descritto in premessa 1-11 12-19 è noto il rischio di infezioni contratte attraverso gli strumenti endoscopici e broncoscopici in particolare. Ciò è legato all’impossibilità ad ottenere una completa sterilizzazione degli strumenti endoscopici pluriuso. Le procedure di reprocessing, pur permettendo un elevato abbattimento degli agenti microbici, non garantiscono la sterilizzazione. E quindi gli strumenti endoscopici vengono sottoposti a metodiche di riciclo e disinfezione che richiedono risorse organizzative e strumentali consistenti.
In alcuni particolari setting di pazienti il rischio di contaminazione può assumere un livello significativo. Ad esempio la necessità di sottoporre a broncoscopia pazienti con infezioni da bacillo tubercolare multiresistente ovvero la necessità di effettuare una broncoscopia in pazienti con grave immunodepressione, come i pazienti trapiantati di midollo osseo o con gravi emolinfopatie o con gravi neutropenie da farmaci antiblastici e non.
Nelle terapie intensive risiedono numerosi germi multiresistenti (Klebsiella, Pseudomonas, Stenotrophomonas, stafilococchi meticillino resistenti, ecc). L’utilizzo di terapie antibiotiche potenti, con associazioni farmacologiche, per tempi e con dosi elevate, favorisce il continuo emergere di nuovi patogeni e di ceppi particolarmente resistenti. Ciò espone al rischio di infezioni e sovrainfezioni contratte in ospedale, che rappresentano un problema clinico di dimensioni crescenti. Le ripercussioni, oltre che sull’outcome clinico dei pazienti, hanno ricadute in termini di costi e di contenziosi medico-legali e richieste di risarcimenti.
Il rischio di infezioni dovute a contagio attraverso gli strumenti endoscopici e broncoscopici non è raro ed è maggiore nelle condizioni in cui è più facile che si verifichi la cross-contaminazione.
Il rischio di infezioni dovute a contagio attraverso gli strumenti endoscopici e broncoscopici pur non essendo frequente non è neanche raro ed è maggiore nelle condizioni in cui è più facile che si verifichi la cross-contaminazione (ad esempio tra pazienti con infezione da opportunisti e pazienti immunocompromessi in cui è stato utilizzato lo stesso endoscopio anche se opportunamente riprocessato).
Quanto sopra giustifica la messa in campo di risorse in grado di contrastare il fenomeno, risorse che possono essere strumentali (endoscopi “dedicati” ai pazienti con infezioni difficili, utilizzo di valvole ed accessori monouso, sistemi di reprocessing automatizzati convalidati) o organizzative (sale endoscopiche dedicate, adeguata ventilazione degli ambienti, ecc.).
In questo scenario un broncoscopio monouso dal costo contenuto potrebbe minimizzare i rischi di cross-contaminazione ed infezione, quantomeno quelli relativi all’uso promiscuo degli strumenti, garantendo al contempo un buon livello della prestazione endoscopica cui è destinato.
Situazioni in cui è elevato il rischio di rottura o lesione degli strumenti pluriuso
È ormai considerato parte integrante del bagaglio di skilling anestesiologico l’utilizzo del broncoscopio. Una delle condizioni di maggiore utilità è l’utilizzo del broncoscopio per guidare le manovre di intubazione tracheale nei pazienti con difficoltà di accesso alle vie aeree. Le condizioni in cui si presenta un’intubazione difficile possono variare dalla semplice difficoltà o impossibilità di aprire la bocca alla presenza di obesità con ipertrofia dei tessuti del collo, a deficit della motilità della colonna cervicale che impedisce l’estensione del capo, a sclerosi cicatriziale dei tessuti della regione testa-collo, a traumi facciali o esiti chirurgici, a esiti di terapie radianti, a malformazioni del massiccio facciale e/o della mandibola, a traumi o esiti chirurgici della regione faringo-laringea o ancora, a stenosi della trachea da patologia neoplastica o flogistica o iatrogena. Una condizione relativamente rara, ma a rischio di rapida evoluzione sono i flemmoni del collo, cosiddette fasciti, che possono rapidamente evolvere verso una condizione a grave rischio asfittico.
Nelle suddette condizioni si fa spesso ricorso all’utilizzo del broncoscopio per guidare la manovra di intubazione. L’elevato skilling necessario all’efficace conduzione della manovra in alcune situazioni giustifica il frequente ricorso alla collaborazione dello pneumologo interventista esperto nell’accedere all’albero tracheo-bronchiale.
Gli strumenti endoscopici vengono sottoposti ad uno stress meccanico che, se non ne determina la rottura, quanto meno ne accelera l’usura e ne favorisce il guasto.
Lo scenario in cui può realizzarsi la necessità di una manovra d’intubazione difficile varia da un contesto di elezione in sala operatoria a situazioni d’urgenza o d’emergenza nei reparti, nelle terapie intensive, nelle aree d’emergenza o anche nelle sale operatorie. In ogni caso, gli strumenti endoscopici, nella maggior parte dei casi utilizzati come mandrino su cui fare scorrere il tubo o altro dispositivo di ventilazione che sia stato scelto da posizionare, vengono sottoposti ad uno stress meccanico sia per frizione sulla guaina esterna che per torsione o eccessiva flessione del fusto e della porzione orientabile, che, se non ne determina la rottura, quanto meno ne accelera l’usura e ne favorisce il guasto 21-24.
Altro contesto in cui si rende spesso necessaria una valutazione broncoscopica è la manovra di corretto posizionamento dei tubi tracheo-bronchiali a doppio lume per gli interventi di chirurgia toracica che richiedono la ventilazione separata dei due polmoni e l’esclusione di uno di essi. È frequente infatti, e sarebbe anzi auspicabile che fosse costante, sottoporre a verifica il buon posizionamento dei bracci bronchiali e tracheali dei tubi a doppio lume preformati, che non sempre sono corrispondenti alla specifica anatomia tracheo-bronchiale del paziente. Inoltre, anche il calibro del tubo scelto per intubare e ventilare il paziente è determinato a volte in base a scelte soggettive non riscontrate da una valutazione endoscopica preliminare. Ciò può a volte esitare nell’utilizzo di più dispositivi prima di individuare quello più adeguato. Anche in tali casi inoltre i rischi di danneggiamento dei broncoscopi pluriuso sono elevati, trattandosi per di più di strumenti più sottili e più delicati, a volte anche senza canale operativo. In questi casi l’utilizzo di un broncoscopio monouso che sia sufficientemente sottile da poter essere introdotto nel ridotto calibro dei tubi a doppio lume, ma che comunque permetta un’adeguata visione dell’anatomia laringo-tracheo-bronchiale nonché possa anche guidare e orientare il corretto posizionamento del tubo di ventilazione sia durante la fase di introduzione che durante le fasi di posizionamento delle estremità e delle cuffie di tenuta, metterebbe al riparo dal rischio di rotture.
Altra condizione in cui i rischi di danneggiamento degli strumenti broncoscopici pluriuso è elevata è quella in cui si devono effettuare prelievi con pinze bioptiche o con aghi in aree o su rami bronchiali segmentari o subsegmentari di difficile accesso o molto angolate in cui è necessario procedere con manovre di torsione o flessione che sottopongono a stress tutto lo strumento e soprattutto il suo canale operativo. Infatti, la ripetuta introduzione ed estrazione di strumenti endoscopici di prelievo che per loro stessa natura hanno una estremità rigida, determina spesso un danno con perforazione del canale operativo nel suo tratto distale. In casi simili il broncoscopista si trova a dovere considerare il danno di un mancato prelievo rispetto al danneggiamento di un endoscopio diagnostico pluriuso e a dovere scegliere come procedere.
Condizione a rischio di danneggiamento dei broncoscopi è inoltre l’utilizzo della laserterapia con fibre endoscopiche. Manovre endoscopiche di torsione o angolazione per raggiungere siti specifici da trattare possono determinare situazioni in cui il rischio di frattura della fibra dentro il canale, la sua scopertura per eccessivo riscaldamento (mancato contatto con la parete bronchiale da parte di fibre che devono agire a contatto), ovvero attivazioni involontarie nelle fasi di introduzione o estrazione dal canale operativo possono creare un danno per lesione o perforazione del fusto.
Altra situazione in cui il rischio di danneggiamento di un broncoscopio pluriuso è elevato è rappresentato dalle criobiopsie polmonari transbronchiali. Esula dagli scopi di questo articolo definirne le caratteristiche, ma occorre qui specificare che la tecnica di effettuazione delle criobiopsie prevede, nella maggioranza dei casi e nella maggioranza dei Centri che effettuano tali procedure, l’introduzione del broncoscopio flessibile attraverso un tubo tracheale o attraverso un broncoscopio rigido. La criosonda viene inoltre introdotta nel canale operativo del broncoscopio flessibile e portata in periferia nella sede polmonare su cui effettuare la criobiopsia sotto guida radioscopica. Parallelamente al broncoscopio flessibile sono introdotti nel broncoscopio rigido o nel tubo tracheale altri cateteri per il controllo dell’emostasi e per l’aspirazione che ne riducono ulteriormente il lume.
Alla fase del congelamento della criosonda segue la fase di strappo del tessuto che deve essere fatta estraendo il campione adeso alla criosonda insieme a tutto lo strumento flessibile e deve essere effettuata in pochissimi secondi. In tale fase la sonda congelata dentro il canale operativo del broncoscopio flessibile, lo rende più rigido con tendenza a fissarlo nella posizione di flessura in quel determinato momento assunta dallo strumento. Quanto descritto rappresenta una condizione in cui i rischi di danneggiamento dello strumento flessibile durante l’estrazione per la raccolta del campione bioptico sono abbastanza elevati, laddove non è necessaria una visione endoscopica di alta qualità.
La guida broncoscopica viene ormai routinariamente utilizzata per assistere le procedure di confezionamento delle tracheostomie percutanee. In tali manovre, effettuate nella maggioranza dei casi in pazienti già intubati e ventilati ed assistiti in terapia intensiva, il broncoscopio viene introdotto nel tubo tracheale che viene ritirato per seguire la visione della via di accesso tracheostomica. Non è raro che durante le varie fasi della procedura, il broncoscopio possa essere danneggiato per puntura con gli aghi guida o per frizione attraverso il tubo o le cannule tracheostomiche, specie quando il broncoscopio sia manovrato da operatori di limitata esperienza e manualità.
Poter disporre di uno strumento endoscopico monouso “a costo fisso” garantirebbe una maggiore sicurezza nell’effettuare i prelievi endoscopici e le manovre endoscopiche (intubazioni difficili, tracheostomie percutanee, posizionamento di tubi bilume, criobiopsie, biopsie/agoaspirati in zone difficili e/o angolate, laserterapia).
Poter disporre di uno strumento endoscopico monouso “a costo fisso” garantirebbe una maggiore sicurezza nell’effettuare i prelievi endoscopici e le manovre endoscopiche su descritte (intubazioni difficili, tracheostomie percutanee, posizionamento di tubi bilume, criobiopsie, biopsie/agoaspirati in zone difficili e/o angolate, laserterapia) specie quando ad esse potrebbe conseguire una diagnosi che ne compensa adeguatamente i costi a livello di rimborso, come nel caso di biopsie transbronchiali (con guida rx o ecoendo, con criosonda, ecc.) o di TBNA (agoaspirati transbronchiali).
I costi di riparazione degli strumenti endoscopici rappresentano una voce di spesa tutt’altro che indifferente di un’unità operativa e vanno valutati non solo per l’onere diretto della riparazione, ma anche per la mancata disponibilità dello strumento guasto. I tempi di riparazione possono andare anche oltre le quattro settimane e ciò può costituire un limite all’effettuazione di altre prestazioni endoscopiche magari già programmate. Nella realtà operativa quotidiana non è raro trovarsi ad operare con un “parco” di strumenti endoscopici alquanto limitato specie nelle realtà ospedaliere più piccole ed in aree geografiche più periferiche.
Si può ritenere che la possibilità di utilizzare strumenti monouso può essere considerata vantaggiosa in un bilancio costo-rischi-benefici.
La relativa fragilità intrinseca ai broncoscopi per la loro stessa natura giustifica la programmazione di contratti di service per la manutenzione e riparazione degli endoscopi nei Centri a più elevati volumi, con costi fissi ulteriori. In tempi di restrizione e concentrazione delle risorse le difficoltà intrinseche connesse ad una adeguata assistenza possono pertanto venire amplificate da quanto sopradetto.
Per le suesposte considerazioni si può quindi ritenere che la possibilità di utilizzare strumenti monouso che, avendo caratteristiche che permettono di garantire l’adeguatezza della prestazione e azzerano i rischi di danni allo strumentario pluriuso, può essere considerata vantaggiosa in un bilancio costo-rischi-benefici 21-25.
In conclusione, uno strumento broncoscopico monouso può trovare applicazione nelle seguenti condizioni a rischio di rottura/lesione del broncoscopio:
- manovre di intubazione oro- o naso-tracheale in pazienti con difficoltà di accesso alle vie aeree;
- manovre di introduzione e posizionamento di tubi tracheo-bronchiali a doppio lume;
- tracheostomie percutanee;
- manovre bioptiche endoscopiche in aree molto angolate;
- criobiopsie e laserterapia.
Condizioni in cui è difficile reperire e/o utilizzare uno strumento pluriuso
L’allungamento della vita media ed il miglioramento delle cure determinano sempre più spesso il trovarsi di fronte a pazienti allettati, con deficit cognitivi o gravi debilitazioni, deficit della deglutizione, pluripatologie, residenza in strutture assistenziali a bassa intensità di cure, di età avanzata.
Questi pazienti presentano frequentemente una condizione di deficit della clearance e del drenaggio delle secrezioni respiratorie che motivano un progressivo stato d’insufficienza respiratoria e, conseguentemente, necessitano di accesso all’assistenza ospedaliera.
I reparti di degenza medica e le aree di emergenza sono costantemente abitati da pazienti di questo tipo su cui si rende necessario procedere a broncoscopie per disostruzione e spesso in regime di urgenza a causa del livello di gravità della compromissione di funzione respiratoria.
La necessità di procedere ad una manovra di disostruzione bronchiale si può verificare quindi in pazienti con grosse difficoltà ad essere trasportati e degenti in pressoché tutti i reparti ospedalieri (terapie intensive, medicine, pneumologie, ortopedie, neurologie, reparti di lungo degenza, ecc.), ma soprattutto nelle aree di emergenza dove il contesto organizzativo rende difficile procedere a manovre di disostruzione bronchiale al letto del paziente in sicurezza e con rapidità, con personale spesso promiscuo e non formato (Figure 1 e 2).
Un altro ambito in cui è necessario avere a disposizione uno strumento endoscopico prontamente disponibile ma di utilizzo occasionale sono i raggruppamenti di sale operatorie non specificamente orientate alla patologia toracica (Figure 3 e 4).
In tutte le situazioni suddescritte la disponibilità di un broncoscopio monouso sempre pronto all’utilizzo, e soprattutto che non necessita di reprocessing, oltre ad essere di utilizzo semplice sia per l’operatore endoscopista che per il personale di supporto e di assistenza, potrebbe rendere la procedura endoscopica altamente efficiente e sicura.
La disponibilità di un broncoscopio monouso sempre pronto all’utilizzo, e soprattutto che non necessita di reprocessing, potrebbe rendere la procedura endoscopica altamente efficiente e sicura.
A tale riguardo si ribadisce quanto già detto ampiamente in precedenza riguardo i rischi connessi alla effettuazione delle operazioni di reprocessing degli strumenti pluriuso da parte di personale sanitario non adeguatamente formato. È infatti cruciale che vengano effettuate correttamente le manovre di detersione manuale indispensabili all’ottenimento di una disinfezione di alto livello e che si effettui con cura la manipolazione di strumenti delicati per loro stessa natura.
Figure e tabelle
Bibliografia | Patogeno | N. pazienti contaminati | N. pazienti infettati | Cause |
---|---|---|---|---|
• 12 | P. aeruginosa | 18 | 3 | Inadeguata pulizia e disinfezione |
• 13 | P. aeruginosa | 32 | 32 | Difetto dello strumento |
• 14 | P. aeruginosa | 8 | 8 | Lavaendoscopi contaminati, asciugatura non effettuata |
• 15 | P. aeruginosa | 12 | 12 | Difetto dello strumento |
• 16 | M. tuberculosis | 9 | 3 | Canale operativo danneggiato |
• 17 | M. xenopi | 20 | 3 | Risciacquo con acqua non sterile, asciugatura inadeguata |
• 18 | M. chelonae | 72 | 2 | Canale operativo danneggiato |
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