Registri farmaceutici per il monitoraggio della terapia nelle patologie respiratorie croniche ostruttive. Una miniera d’oro senza cercatori.
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Il problema della scarsa aderenza terapeutica nelle patologie respiratorie croniche è noto da sempre, ma si è invariabilmente scontrato con la difficoltà sia di individuare i pazienti non-complianti, sia di trovare delle soluzioni personalizzate efficaci. Non va peraltro nascosta la insufficiente attenzione degli operatori sanitari ad integrare una prescrizione appropriata con opportune e regolari azioni di educazione del paziente. Attualmente il tema dell’aderenza è sempre più sotto i riflettori per un potenziale interesse di marketing da parte dell’industria farmaceutica che sta proponendo possibili soluzioni, centrate in particolare su nuove tipologie di erogatore (“device”) e sulle potenzialità della telemedicina. Resta però il problema di fondo di come gestire i singoli pazienti, ovvero di conoscere meglio il livello di aderenza dei singoli casi.
Sono in realtà comunemente disponibili alle aziende sanitarie metodi per il controllo dell’aderenza terapeutica molto informativi e poco costosi, due termini che evidentemente li rendono paradossalmente poco interessanti se si considera il loro ben scarso utilizzo da parte degli specialisti.
Innanzitutto perché è importante disporre di dati affidabili sulla aderenza terapeutica?
Tra i criteri di gravità di una patologia è compresa la mancata o parziale risposta alle terapie. La definizione di asma grave o di difficile controllo ad esempio è decisamente centrata su un criterio di risposta alla terapia farmacologica: severe asthma is defined as asthma that requires treatment with high dose inhaled corticosteroids plus a second controller and/or systemic corticosteroids to prevent it from becoming ‘‘uncontrolled’’ or that remains ‘‘uncontrolled’’ despite this therapy 1.
È ben noto come il difficile controllo possa essere dovuto a mancata aderenza ai trattamenti, ma nella pratica quotidiana mancano strumenti affidabili e pratici per poter inquadrare al meglio il paziente. Diversi sono i vantaggi che darebbe il sapere se il paziente ha assunto o meno le terapie prescritte, sia personali sia legati al buon uso delle risorse. Il problema si è accentuato negli ultimi anni in cui la farmacopea si è arricchita di farmaci biologici molto efficaci ma ad alto costo (es. omalizumab e mepolizumab) ovvero di procedure terapeutiche interventistiche come la termoplastica bronchiale. Prescrivere in modo appropriato questi trattamenti richiederebbe la certezza che le terapie di fondo siano state assunte in modo assolutamente regolare.
Un report internazionale di alcuni mesi fa 2 ha ben messo a fuoco la problematica e invocato un maggior coinvolgimento delle autorità UE nel finanziare progetti specifici sulla aderenza alle terapie respiratorie (di oltre 11.000 progetti di ricerca finanziati nel periodo 2014-2020, 30 hanno la parola “aderenza” nell’obiettivo primario ed uno solo riguarda l’asma). Tra i key point sottolineati per affrontare la non aderenza ricorre più volte la parola awareness (del paziente, dei medici, dei farmacisti, dei produttori). Tra le soluzioni tecniche giustamente si dà priorità ad una diagnosi corretta (fatto per nulla scontato), ad una terapia individualizzata, ad un intervento multidisciplinare supportato da appropriate tecniche comunicative-educazionali. Si sottolinea inoltre l’importanza dell’inalatore.
Non si fa il dovuto riferimento a mio parere, a maggior ragione per il fatto che si individuano anche qui diversi fenotipi di non aderenti, alla necessità/opportunità di disporre di strumenti per rilevare la mancata aderenza a livello individuale, unica premessa per poter effettuare interventi mirati e personalizzati.
In generale, i dati italiani sulla compliance alle terapie per le malattie croniche ostruttive sono alquanto deludenti. Esclusi i soggetti occasionali al trattamento, la percentuale di pazienti aderenti ai farmaci per le sindromi ostruttive respiratorie nell’anno 2015 è risultata del 37,1% (13,8% la percentuale complessiva) 3.
Questi dati sono basati sul monitoraggio delle prescrizioni. I registri farmaceutici rappresentano indubbiamente un interessante strumento per monitorizzare l’aderenza come fenomeno su larga scala, ma anche per individuare le peculiarità di coorti definite di pazienti in determinate aree al fine di migliorare la programmazione sanitaria locale, come suggerito ad esempio anche da un lavoro pubblicato su Rassegna 4.
Al di là dello studio generale sui trend di aderenza di una popolazione di soggetti, i database farmaceutici potrebbero essere un utile strumento anche per il clinico? Parliamo in particolare della analisi dei tabulati in cui vengono registrati tutti i farmaci prescritti dal SSN e dispensati ad un singolo paziente dalle farmacie sia del territorio sia ospedaliere (cosiddetta distribuzione diretta).
Pur non potendo fare affermazioni generalizzabili, l’esperienza personale è certamente a favore. In più di una occasione pazienti con asma difficile teoricamente candidati a terapie biologiche presentavano tabulati della farmacia da cui si evinceva un consumo di farmaci inalatori intorno al 20% del prescritto. In altre situazioni, pazienti che richiedevano benefici amministrativi in virtù di una dichiarata diagnosi di asma grave presentavano tabulati con una erogazione di farmaci antiasmatici per trattamento regolare sufficienti a coprire al massimo 2-3 mesi di terapia all’anno (e non si trattava di forme stagionali). Nei casi a bassa aderenza per terapia di controllo è di solito ben evidente il frequente ricorso a terapie al bisogno, in termini sia di elevata prescrizione di β2-short acting sia di corticosteroidi sistemici. I tabulati a volte dimostrano il persistere di abitudini prescrittive piuttosto disallineate rispetto alle linee guida, ad esempio prescrizioni di soli β2-agonisti (per lo più short acting) non associati a corticosteroidi inalatori, oppure frequenti cicli di antibiotici in pazienti asmatici che riacutizzano (in quanto sotto-trattati), ma che ad una valutazione specialistica non presentano criteri diagnostici per infezione ricorrente.
Autori francesi hanno evidenziato da registri farmaceutici informatizzati un considerevole utilizzo di antibiotici, mucolitici e antitussivi in pazienti asmatici riacutizzati, in particolare in quelli che presentavano un peggior controllo di base della malattia 5.
Possibili margini di incompletezza nella realtà italiana possono essere dovuti ad acquisto privato (molto improbabile), accesso a farmacie di ambito territoriale extraprovinciale (verificabile abbastanza facilmente per il singolo caso) o fornitura di campioni da parte del prescrittore (eventualità possibile ma di entità molto esigua rispetto all’erogato globale).
In sintesi, la consultazione dei database farmaceutici è potenzialmente una fonte di informazioni molto interessanti e preziose, sia nell’ambito autorizzativo sia in quello clinico.
Come anticipato, queste riflessioni non hanno nulla di sistematico derivando da osservazioni occasionali anche se non casuali, ma pongono a mio parere lo spunto per ricerche che valutino in modo più obiettivo, utilizzando strumenti diversi rispetto al passato: 1. come i trattamenti nella cronicità vengano effettivamente gestiti dal paziente; 2. come i vari medici aderiscano o meno alle raccomandazioni della letteratura scientifica. Non sto parlando dei fenomeni generali che hanno ampia letteratura, ma di applicazioni alla pratica quotidiana ed alle ricadute in termini concreti nel proprio contesto locale, vuoi che si tratti di prescrizioni personali o di programmazione formativa o di organizzazione del lavoro, ad esempio ambulatori dedicati.
Il tradizionale approccio anamnestico è fortemente soggetto a quello che io chiamo un “bias di compiacenza” nel senso che il paziente sa bene quello che il suo medico di fiducia si aspetta di sentire da lei/lui e in genere sull’aderenza alla terapia mente, spesso in buona fede. La letteratura scientifica si è interessata più volte della compliance ai trattamenti in cronico riconoscendo assolutamente la inadeguatezza dell’approccio solamente anamnestico 6. Le varie proposte su metodologie più obiettive hanno evidenziato problematiche di fattibilità su larga scala e possibilità di errore (es. dosaggio ematico dei farmaci, contadosi, monitoraggi elettronici). L’uso dei database, per quanto non scevro di problemi come ricordato, potrebbe essere un sistema di integrazione delle informazioni utile sia in ambito clinico sia nella valutazione di fenomeni generali.
In letteratura vi sono studi che hanno utilizzato il monitoraggio delle prescrizioni come misura “real life” di aderenza sottolineandone diversi vantaggi: semplicità d’uso, minimo costo, rapidità di acquisizione delle informazioni e, nelle analisi retrospettive, assenza di effetto Hawthorne 7.
Addirittura 20 anni fa Steiner et al. 8 concludevano che, pur con qualche limite metodologico, la valutazione dell’aderenza ai farmaci con i registri delle farmacie può essere una utile fonte di informazione in studi di popolazione quando manchino misure dirette di consumo dei farmaci.
Non possono essere misconosciuti eventuali problemi etici o medico-legali. Il paziente in fondo è libero di accettare o meno un trattamento e in caso di contenziosi per vantaggi amministrativi potrebbe contestare l’utilizzo “fiscale” delle sue informazioni personali. La normativa per la privacy impone di richiedere al paziente il consenso alla consultazione dei record personali esplicitandone l’uso, che in genere è a vantaggio del paziente stesso. Nel momento in cui il curante si riserva di sospendere la prescrizione di un trattamento ad alto costo in quanto il paziente mostra una minima aderenza ai trattamenti ordinari di fatto rischia di rompere il patto di alleanza con il paziente stesso, ma di solito il controllore non è il medico di fiducia, anche se sarebbe bene che il patto terapeutico fosse condiviso da tutto il sistema curante. È indubbiamente un terreno molto scivoloso.
Rispetto poi ai medici curanti (sia generalisti, sia specialisti) una possibile contestazione potrebbe essere ancora una volta l’utilizzo “fiscale” del monitoraggio prescrittivo per ragioni invariabilmente etichettate come economiche. In realtà dovrebbe essere una prassi costante quella di effettuare audit per verificare la appropriatezza dei propri comportamenti, che non è mai un dato sempre e comunque acquisito solo in virtù della propria formazione di base o della esperienza.
La trasmissione di report periodici da parte del servizio farmaceutico a tutti i prescrittori potrebbe diventare uno strumento utile nel monitorizzare il consumo reale di farmaci nelle condizioni di cronicità ai fini di un più stretto controllo della compliance consentendo eventuali interventi mirati nelle condizioni di maggiore rischio. Una recente revisione della Cochrane collaboration in verità non ha evidenziato miglioramenti significativi nelle malattie croniche rispetto all’aderenza ai trattamenti a lungo termine, agli outcome clinici ed all’impiego delle risorse sanitarie fornendo ai medici curanti informazioni mirate 9. Migliora invece il processo di cura e monitoraggio nel tempo, ma la qualità metodologica dei lavori esaminati lascia ampiamente aperto il campo a nuovi studi. Un miglioramento dell’aderenza potrebbe paradossalmente portare ad un incremento della spesa farmaceutica per i farmaci ordinari, che però sarebbe compensato da un minore ricorso a farmaci di seconda linea ad alto costo e alle strutture sanitarie per riacutizzazioni.
Nel già citato rapporto AIFA 4 si sottolinea che un miglioramento dell’1% dell’indicatore “Percentuale di pazienti in trattamento con farmaci per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie aderenti al trattamento” comporta una variazione percentuale della spesa complessiva per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie del 3,3% pari a 33.640.694 Euro in valore assoluto. Tale aumento di spesa potrebbe essere in parte compensato da una maggiore appropriatezza di impiego degli steroidi inalatori nella Broncopneumopatia Cronica struttiva (BPCO) siccome risultava nel 2015 un utilizzo nel 53% dei pazienti senza storia di riacutizzazioni e quindi un evidente abuso.
In sintesi: esiste uno strumento, i database farmaceutici, semplice, pratico e poco costoso per una valutazione surrogata ma attendibile di come il paziente utilizza (o non utilizza) i trattamenti farmacologici in cronico. Per quanto riguarda in particolare l’asma e la BPCO i database confermano un livello di aderenza basso in modo preoccupante, conformemente a quanto potevamo sospettare nella pratica quotidiana e a quanto la letteratura citata e tanta altra hanno confermato inequivocabilmente da tempo. L’utilizzo sistematico dei database nel follow-up terapeutico, preceduto da un adeguato ed esplicito patto con il paziente potrebbe diventare un utile strumento per migliorare l’aderenza ai trattamenti e riservare i nuovi farmaci ad alto costo ai pazienti veramente refrattari alla terapia ordinaria. Lo stesso varrebbe per eventuali richieste di benefici amministrativi, una volta reso consapevole il paziente che il sistema curante ti prende in carico ma ti richiede una coerenza di comportamenti in un sistema di risorse finite o calanti in cui ogni beneficio concesso in modo incongruo è una sottrazione di risorse agli altri cittadini.
Sarebbero infine auspicabili ricerche sulla possibile validità di questo strumento nell’ambito degli studi clinici “real life” (nei trial controllati in teoria la verifica dell’aderenza è solitamente un requisito assoluto delle valutazioni per-protocol) in quanto fino ad ora la variabile “terapia” non ha usufruito di strumenti conoscitivi obiettivi.
Riferimenti bibliografici
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- van Boven JFM, Lavorini F, Dekhuijzen PNR. Urging Europe to put nonadherence to inhaled respiratory medication higher on the policy agenda: a report from the First European Congress on Adherence to Therapy. Eur Respir J. 2017; 49:1700076.
- Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali. L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto Nazionale 2015. Agenzia Italiana del Farmaco: Roma; 2016.
- Bianco M, Zamprogna C, Piccioni P, Geninatt S. Gestione del paziente affetto da BPCO: esperienza di un’azienda sanitaria locale torinese. Rass Patol App Respir. 2017; 32:102-7.
- Laforest L, Van Ganse E, Devouassoux G. Dispensing of antibiotics, antitussives and mucolytics to asthma patients: a pharmacy-based observational survey. Respir Med. 2008; 102:57-63.
- World Health Organization. Adherence to long-term therapies: evidence for action. 2003. Publisher Full Text
- Gamble J, Stevenson M, McClean E, Heaney LG. The prevalence of nonadherence in difficult asthma. Am J Respir Crit Care Med. 2009; 180:817-22.
- Steiner JF, Prochazka AV. The assessment of refill compliance using pharmacy records: methods, validity, and applications. J Clin Epidemiol. 1997; 50:105-16.
- Zaugg V, Korb-Savoldelli V, Durieux P, Sabatier B. Providing physicians with feedback on medication adherence for people with chronic diseases taking long-term medication. Cochrane Database Syst Rev. 2018; 1:CD012042.
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