Il dibattito filosofico e scientifico moderno e la medicina: Terza parte - La competizione tra i programmi di ricerca scientifica e le prospettive della medicina clinica
Abstract
La moderna filosofia della scienza o epistemologia ha cercato per tutto il XX secolo di delimitare il campo di cosa fosse scientifico o meno. Ha cercato di rendere certo il procedimento della ricerca, per poi confessare la propria relativa impotenza. Ne consegue che oggi possiamo definire con maggiore sicurezza che cosa non sia scientifico dall’affermare che cosa lo sia. Questo fatto non deve scoraggiare lo studio e la comprensione
della natura, ma rendere più umili e consapevoli sui limiti della conoscenza umana. La medicina moderna ha rinunciato da tempo al dibattito epistemologico. Segue il procedimento induttivo e non si pone troppe domande. Un limite che la rende debole e disarmata davanti alle sfide delle possibilità nuove di manipolazione del corpo umano e delle coscienze. (...)
Articolo
Imre Lakatos (1922-1974) era nato in Ungheria. Uomo dalla personalità controversa e spigolosa, combatté con i partigiani comunisti durante la resistenza ai nazisti. Si trattò di un periodo oscuro in cui pare che il filosofo si comportasse come un capo partigiano duro e determinato, al limite della crudeltà. Terminata la guerra divenne un funzionario del Partito Comunista Ungherese, ma dopo pochi anni entrò in disaccordo con i metodi stalinisti del partito. Aderì allora al revisionismo dello sfortunato politico Imre Nagy, fino alla rivolta ungherese del 1956, quando fuggì in Occidente in seguito all’invasione russa e all’arresto dello stesso Nagy che sarebbe stato poi condannato a morte nel 1958 1.
A Londra Lakatos conobbe Karl Popper e lavorò con lui alla London School of Economics dove avrebbe trascorso l’intera carriera accademica tranne una breve parentesi all’Università della California intorno al 1960. Il governo britannico non gli concesse mai la cittadinanza. Fu una scelta compiuta per motivi ufficialmente ignoti, forse legati l’antica iscrizione al partito comunista e alla sua adesione ideologica al marxismo. Per tutta la vita Lakatos restò un apolide, un senza patria dal carattere difficile e dall’intelligenza acutissima, spesso animata da una vis polemica 1.
A Londra divenne amico di Paul Feyerabend, anch’egli allievo e critico di Popper. I suoi interessi si orientarono verso la filosofia della matematica e in seguito verso la filosofia delle scienze. Il 2 febbraio 1974, a soli 51 anni, Imre Lakatos morì improvvisamente per un infarto miocardico, interrompendo bruscamente una vita ricca di prese di posizione ideologiche scomode e spesso contro corrente. I suoi libri vennero scritti rapidamente e in pochi anni. Opere importanti per il pensiero scientifico, come La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifica del 1970, Dimostrazioni e confutazioni, pubblicato postumo nel 1976 e Matematica, scienza e epistemologia pubblicato nel 1978 2.
Lakatos criticò quello che definì come il falsificazionismo ingenuo di Popper, affermando che il progresso scientifico si attuava attraverso la competizione non di singole teorie scientifiche, ma di programmi di ricerca in competizione tra di loro e che questi erano parte dello sfondo ideologico e storico generale in cui erano nati e si erano affermati. La formazione marxista di Lakatos trapelava bene nella sua critica ai contrasti tra i vari programmi e permetteva di utilizzare un materialismo storico e filosofico lucido ed efficace, che costituiva lo strumento per affrontare il rapporto tra scienza e società.
Il filosofo ungherese partì da una posizione di verifica cronologica, prima ancora che filosofica: “… per secoli conoscenza ha significato conoscenza dimostrata: dimostrata mediante la ragione o mediante l’evidenza sensibile. L’onestà intellettuale esigeva che ci si astenesse da formulare asserti non dimostrati e si minimizzasse, anche nel pensiero, la lacuna tra speculazione e conoscenza stabilita. Le facoltà probanti della ragione o dei sensi erano state messe in questione dagli scettici più di duemila anni fa; ma costoro furono sbaragliati dal trionfo della fisica newtoniana. I risultati di Einstein ribaltarono nuovamente la situazione; oggi pochissimi filosofi o scienziati pensano ancora che la conoscenza scientifica sia, o possa essere, conoscenza dimostrata. Ma non molti realizzano che in questo modo l’intera struttura classica dei valori intellettuali crolla e deve essere sostituita: non si può semplicemente ridurre l’ideale della verità dimostrata a quella della “verità probabile”, come fanno alcuni empiristi logici, oppure a quello della “verità per consenso (che muta)”, come fanno alcuni sociologi della conoscenza …” da I. Lakatos e A. Musgrave, Critica e crescita della conoscenza, Milano, Feltrinelli, 1993 3
La posizione di Lakatos si sviluppò in polemica con Popper e anche con Thomas Kuhn. Dopo aver contestato il principio di falsificabilità di Popper, definito un falsificazionismo metodologico ingenuo, Lakatos propose una sua versione sofisticata del falsificazionismo. Secondo questa una teoria veniva scartata non perché un’osservazione empirica la falsificasse, ma perché veniva proposta un’altra teoria che rispetto alla precedente possedeva un più rilevante contenuto empirico di sostegno. Sapeva spiegare meglio perché la prima teoria avesse incontrato il consenso degli scienziati e poteva preservare il proprio contenuto sostenendolo attraverso l’esperienza. Lo sviluppo della scienza procedeva dunque dalla competizione tra teorie rivali in cui prevaleva la concezione che appariva più adeguata a spiegare i fatti. Un programma di ricerca non era caratterizzato solo da un nucleo ideologico centrale difficilmente falsificabile, ma da una specie di cintura protettiva, formata da un insieme di teorie ausiliarie che grazie alla loro solidità scientifica avevano il compito di preservarlo da attacchi destabilizzanti 4.
Traspariva da questa visione una dialettica di lotta tra le idee che ricordava quella della lotta di classe e tradiva la formazione marxista dello studioso. Questa costruzione speculativa caratterizzò il falsificazionismo metodologico sofisticato proprio del pensiero di Lakatos, che si distingueva sia dal falsificazionismo dogmatico, che dal falsificazionismo metodologico ingenuo. Il falsificazionismo dogmatico consisteva nell’idea secondo la quale la scienza si sviluppava solo attraverso congetture ardite e falsificazioni infallibili. Il filosofo ungherese lo considerò errato, perché la base empirica della ricerca scientifica, formata dai protocolli e dalle proposizioni derivate dalle osservazioni sperimentali, non era assolutamente certa e non si sarebbero avute di conseguenza come controprova delle falsificazioni sempre infallibili 4.
Le falsificazioni delle scoperte potevano essere anch’esse sbagliate, come veniva attestato dalla logica umana e dalla storia della scienza. Le grandi certezze potevano rivelarsi sbagliate quando una nuova teoria, basata su dimostrazioni più sicure, avesse preso il sopravvento. Il falsificazionismo metodologico ingenuo correggeva l’errore dei dogmatici e sosteneva come la base empirica della scienza non fosse infallibile, mentre risultavano invece infalsificabili le ipotesi ausiliarie che servivano al controllo dell’ipotesi di partenza. Diversamente da Thomas Kuhn, per il quale la comunità scientifica era di periodo in periodo egemonizzata da un unico paradigma, la scienza di Lakatos si sviluppava in una competizione continua tra programmi di ricerca rivali. Per capire cosa fossero due programmi di ricerca in competizione basterà pensare alla concezione biologica di Galeno e quella di Aristotele confrontate con la teoria evolutiva di Charles Darwin. Oppure a due teorie cosmologiche celebri e opposte, la teoria geocentrica di Tolomeo e quella eliocentrica di Copernico. Un programma di ricerca era dunque una successione di elaborazioni sviluppate da un nucleo concettuale centrale che doveva mantenersi infalsificabile per poter reggere tutta la costruzione teorica. Per Copernico ad esempio, questo nucleo centrale che non poteva essere messo in discussione era costituito dal fatto che il Sole fosse il centro dell’Universo. Un programma doveva mostrare il suo valore e la sua attendibilità nei confronti di un altro programma e una teoria non poteva morire di malattia infantile e lasciare il passo alle altre prima di aver dato luogo a tutti i suoi possibili sviluppi. Per maturare ed essere compresa e accettata una buona teoria aveva bisogno di tempo. Eventuali errori iniziali o imprecisioni potevano essere tollerati se il risultato finale fosse stato positivo 4 5.
In polemica con Kuhn, Lakatos affermò che le rivoluzioni scientifiche non scaturivano dall’accettazione di un nuovo paradigma sostenuto da fattori anche irrazionali ed emotivi, perché in questo caso non sarebbe stato più possibile distinguere tra scienza e non-scienza, tra razionalità e irrazionalità. Le rivoluzioni scientifiche non erano ribaltamenti inaspettati, ma originavano più semplicemente dalla sostituzione di un programma di ricerca con un altro che si rivelava migliore rispetto al primo. I mutamenti teorici non derivavano da un’accettazione irrazionale di nuovi modelli, ma erano conseguenze delle scelte consapevoli degli scienziati. Aderivano a teorie che ritenevano essere più in grado di altre di dare spiegazioni ai fatti. Venne ribadita da Lakatos una concezione razionale della scienza, anche se questa razionalità appariva difficile da rintracciare nelle battaglie quotidiane tra varie teorie contrastanti. Una teoria di buona qualità aveva bisogno di tempo per mostrare tutto il suo valore e la sua attendibilità. Un programma di ricerca andava mantenuto finché si fosse rivelato fecondo di innovazioni e se almeno una parte delle sue previsioni teoriche avessero ricevuto una conferma dalla sperimentazione. Doveva perciò essere anticipatore di fatti nuovi. Un programma che inseguisse e si adattasse agli eventi sperimentali, cercando di spiegarli senza comprenderli in un più ampio schema teorico generale, finiva per essere di tipo perdente e regressivo. Nel suo aver sottolineato come la Scienza fosse anche potere e si articolasse dialetticamente con alcuni fattori storici ed economici, oltre che sociali, consiste uno dei meriti non secondari di Lakatos. Quali conclusioni occorre trarre da questo esame relativamente sommario del dibattito epistemologico moderno? La medicina moderna presenta una riflessione sulla conoscenza di tipo semplicistico ed è ancora legata a una visione utilitaristica di tipo ottocentesco, derivata dal Positivismo, secondo cui basterebbe investire una quantità di risorse adeguata per ottenere il risultato. Da questo tipo di posizione sono scaturite le linee guida, che dovrebbero costituire un argine alla discrezionalità del ragionamento clinico, un ragionamento tuttavia che rimane per sua stessa natura difficilmente comprimibile in un procedimento di tipo logico induttivo caratteristico delle linee guida 6.
Il punto cruciale andrebbe trovato nella poca chiarezza che viene fatta in ambito medico sulla differenza tra i termini induzione, deduzione e abduzione che sono alla base della formazione della conoscenza. Il procedimento scientifico classico è di tipo induttivo: in seguito alle osservazioni effettuate si ricava una verità dei fatti. Nel procedimento deduttivo invece, gli indizi accumulati in modo induttivo permettono di formulare una teoria di carattere generale. Queste due modalità logiche non sono sufficienti nella pratica medica in cui è necessaria anche una valutazione di tipo abduttivo che porti a formulare un’ipotesi diagnostica legata all’osservazione dei sintomi e dei segni presentati dal paziente senza avere una certezza assoluta a priori dei risultati attesi e della diagnosi. Su questa base si decidono gli esami e le terapie, adoperando una modalità di ragionamento che va a scontrarsi con delle linee guida di tipo costrittivo, basate sulla logica aristotelica binaria del bianco o nero e del tutto o nulla. Il problema di fondo è dato dal fatto che in campo medico esiste un piano di lettura tecnico dei problemi, dove per tecnico s’intende la capacità di arrivare al risultato migliore per il paziente rispetto all’uso delle risorse disponibili, mentre occorre tenere conto anche di un piano di lettura morale ed etico e non sempre questi due aspetti coincidono 6.
Nella normativa che decide i criteri di appropriatezza per la prescrizione degli esami diagnostici il ragionamento abduttivo alla base della decisione medica viene totalmente impoverito. Il sapere del medico viene diretto e ordinato secondo passaggi logici rigidamente induttivi. Un tempo il medico era maggiormente tutelato nella professione da una considerazione sociale che lo circondava e che faceva affidamento su presupposti etici e morali riconosciuti. Il suo agire non era giustificato o valutato principalmente secondo l’aderenza più o meno rigida a una tecnica di tipo codificato. Una protezione che oggi è decaduta a causa dell’ampia circolazione e condivisione dell’informazione legata ai moderni media e a una formazione dei sanitari povera di riferimenti filosofici e speculativi. Andrebbe considerato il modo in cui la letteratura scientifica che supporta le linee guida viene prodotta e controllata. È un problema che riguarda l’importanza dell’impact factor, che non è un procedimento scientifico, ma un sistema di valutazione della rilevanza di una pubblicazione scientifica nato sull’esempio di scelte pubblicitarie di tipo commerciale. Criteri per validare l’impatto di una tecnica di vendita di un prodotto che può essere il detersivo di turno come il giornale scientifico. Il medico che esce dal percorso indicato dalle linee guida corre il rischio di finire in un campo minato dove qualsiasi errore potrebbe non essergli perdonato. Questo è fonte di un’insicurezza che porta il medico a temere di elaborare un pensiero originale d’interpretazione del malato e ad aspettarsi di essere redarguito o peggio perseguito se proporrà delle ipotesi diagnostiche fuori dal coro. Tale semplificazione e questo controllo sui comportamenti del sanitario avranno come esito (e lo stanno già avendo) il limitare anche gli ambiti della ricerca, se questi non dimostreranno di essere in modo certo funzionali economicamente alla logica un po’ miope che li ha istruiti. La scienza è un sapere per sua natura di tipo autorevole, mentre la tecnica è una possibilità concreta di operare determinate scelte e di raggiungere alcuni risultati che non sempre rispondono a criteri idealistici. Nella seconda metà del XIX secolo con la scoperta dei microbi e delle malattie da loro provocate, come la tubercolosi, il colera, la peste e via elencando, si iniziò a pensare che tutta la medicina fosse legata a fattori di tipo mono causale nella genesi delle diverse malattie. Il modello conoscitivo odierno alla base delle linee guida è ancora legato a questa visione epistemologica improntata a un ottimismo ottocentesco. Davanti alla necessità di una medicina, la quale si sta collocando all’interno di reti pluricausali che tengano conto della complessità degli individui, i medici continuano a ricevere una preparazione di tipo induttivo. Le linee guida aiutano in questo senso ad avere alcuni punti fermi, a rassicurare i pazienti che chiedono risultati certi i quali si possono tradurre in una sola richiesta: le persone rifiutano la morte e chiedono una vita dalla durata quasi illimitata. Esiste di fatto una separazione tra i risultati della ricerca per tutti e la sperimentazione più avanzata. Molte classi di molecole che interessano la nostra vita quotidiana esistevano già negli anni 1980-’90 e l’introduzione di farmaci realmente innovativi in alcuni campi, per esempio quello degli antibiotici, appare carente da molto tempo. Non esiste infatti una ricerca scientifica indipendente dagli interessi economici. Persino i grandi progressi legati alla chemioterapia antitumorale moderna non sono tanto connessi a una guarigione definitiva e radicale della patologia ma a una sua cronicizzazione, che comporta come effetto collaterale una spesa sanitaria elevata. Si continua a utilizzare in medicina un modello logico di tipo binario: esiste la salute oppure la malattia. Tuttavia, il concetto di salute appare difficile da definire, perché vi possono essere livelli intermedi nella condizione esistenziale dell’individuo dotati tuttavia di una qualità di vita soddisfacente. In un contesto in cui le linee guida diventano l’unico riferimento dell’agire del medico e in cui i protocolli di sperimentazione devono essere vagliati da comitati etici e tecnici che si basano su alcuni “dogmi” rigidamente elaborati, lo spazio per l’innovazione risulta drammaticamente ridotto. Il rovescio pratico della medaglia è allora costituito dalla mancanza di libertà che ha il medico nello scegliere un esame diagnostico oppure una terapia, anche se quello che rimane del suo ragionamento clinico lo porterebbe a ipotizzare diversamente, in modo colpevolmente abduttivo. Un possibile e difficile riequilibrio di questo stato di cose consiste in una formazione filosofica ed etica importante, che fornisca al medico gli anticorpi decisionali e di ragionamento necessari per riflettere sulla propria attività clinica, a tutela per prima cosa del paziente. La visione legata a una medicina basata sulle linee guida nasce da una povertà intellettuale di tipo epistemologico costruita e instillata forse ad arte negli ultimi decenni nella classe medica, che proveniva da ben altre e migliori tradizioni umanistiche. Un processo non estraneo alla distruzione dei valori meritocratici e all’ingerenza della politica eterodiretta dall’economia in ogni ambito. Affermare questa visione dei fatti non vuol dire essere contro la scienza o contro l’onestà e l’attendibilità della ricerca scientifica. Tuttavia se esiste la discrezionalità della casualità e della complessità nel mondo della fisica teorica, della matematica, della chimica perché non deve esserci altrettanta educazione alla complessità e al suo rispetto nel campo formativo del medico? Una conoscenza medica anche filosofica, antropologica e originale appare l’unico antidoto contro la prossima informatizzazione totale dei processi decisionali in medicina. Occorre opporre la ragione umana e il sentimento a una catena direttiva su base puramente algoritmica. Questo prima che sia troppo tardi 6.
Riferimenti bibliografici
- Matterlini M. Lakatos, matematica e storia. Il Saggiatore: Milano; 2000.
- Lentini L.. Il Paradigma del Sapere. Conoscenza e teoria della conoscenza nella epistemologia contemporanea. Franco Angeli: Milano; 1990.
- Lakatos I.. Dimostrazioni e confutazioni. La logica della scoperta matematica. Feltrinelli: Milano; 1979.
- Lakatos I, Musgrave A.. Critica e crescita della conoscenza. Feltrinelli: Milano; 1993.
- Rodolfi F. Singole teorie o programmi di ricerca? Le immagini della scienza di Popper e Lakatos. Franco Angeli: Milano; 2001.
- Intervista all’Autore dell’articolo sul Bollettino dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano a cura di Giuliana Migliorini.20-21.
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