Impatto clinico e gestione della sonnolenza nei pazienti affetti da OSAS
Abstract
L’eccessiva sonnolenza diurna (EDS) è un sintomo cardine, ma non esclusivo e sempre costante, della sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). Sembrerebbe rappresentare un fattore prognostico indipendente di morbilità e mortalità, soprattutto cardiovascolare. L’identificazione di una EDS residua (rEDS) in pazienti OSAS in trattamento con CPAP deve escludere una serie di fattori che rendono inefficace o non adeguatamente utilizzato il trattamento, l’uso di farmaci e la presenza di condizioni mediche che possono causare sonnolenza. È possibile un trattamento farmacologico della rEDS, soprattutto nei pazienti con alterazione della qualità di vita o storia di incidenti stradali e/o near-miss legati a EDS. I due principi attivi approvati in Europa e in Italia sono il solriamfetolo ed il pitolisant.
Introduzione
L’OSA è un disturbo respiratorio del sonno dovuto al collasso ripetuto delle vie aeree superiori, con conseguente ipossiemia intermittente e frammentazione del sonno. L’eccessiva sonnolenza diurna (EDS) è un sintomo cardine dell’OSA, ha un impatto negativo sulle attività quotidiane, sulla produttività e qualità di vita, esponendo i soggetti a maggiori rischi di incidenti stradali o sul lavoro.
La patogenesi dell’EDS è complessa e le cause sono molteplici. La privazione cronica di sonno, malattie internistiche e l’uso abituale di alcuni farmaci sono tra le più comuni. Nei pazienti con OSA, la sintomatologia può migliorare con la terapia, come ad esempio con la CPAP, ma una parte dei pazienti rimane sonnolenta nonostante il trattamento.
In questo articolo, verranno trattate la fisiopatologia della EDS, il possibile ruolo prognostico nei pazienti con sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSA), l’eccessiva sonnolenza residua (rEDS) nei pazienti in trattamento con CPAP e un possibile algoritmo gestionale. Infine, verrà esplorato il ruolo del trattamento farmacologico con agenti promotori della veglia. Non verranno descritti gli strumenti di valutazione della sonnolenza diurna.
Definizione e prevalenza
L’EDS è definita secondo l’International Classification of Sleep Disorders terza edizione (ICSD-3) come la “difficoltà o impossibilità di mantenere la veglia e/o la vigilanza durante il giorno con episodi di sonno non volontari, con cadenza quasi giornaliera per almeno 3 mesi”.
L’EDS è uno dei sintomi cardine dell’OSA, ma non esclusivo di questa condizione in quanto le cause possono essere molteplici 1.
Molti pazienti con apnea ostruttiva del sonno presentano eccessiva sonnolenza diurna, che può influenzare negativamente la quotidianità e la qualità di vita. La prevalenza stimata dell’EDS è del 10-25% nella popolazione generale, mentre nei pazienti OSA varia dal 36,5 al 58%, in base alla gravità del disturbo alla diagnosi 2-4.
Anche se il trattamento dell’OSA, ad esempio, con la CPAP può ridurre l’EDS, una percentuale significativa di soggetti continua a presentarla.
Fisiopatologia
Dal punto di vista fisiopatologico, l’OSA è caratterizzata da due fondamentali alterazioni: l’ipossia intermittente e la frammentazione cronica del sonno. Entrambe queste condizioni si associano a degenerazione e danno neuronale nelle aree cerebrali deputate al controllo della veglia.
L’ipossiemia intermittente determina un aumentato stress ossidativo e uno stimolo infiammatorio che a loro volta promuovono l’apoptosi e la gliosi dei neuroni deputati al mantenimento della veglia.
Studi animali che utilizzano uno stimolo ipossico intermittente suggeriscono che le aree colpite siano in particolare i neuroni dopaminergici del grigio periacqueduttale e quelli noradrenergici del locus coeruleus, mentre sembrerebbero meno coinvolti i neuroni istaminergici e oressinergici 5.
Le lesioni e la perdita neuronale osservate si associano a modifiche comportamentali degli animali durante la veglia che persistono anche dopo un periodo di recupero di 6 mesi (tempo di veglia inferiore nelle 24 ore e minore latenza di sonno). Anche la frammentazione cronica del sonno può provocare una compromissione della veglia in seguito a degenerazione neuronale e stress ossidativo.
I pazienti con OSA e EDS hanno durante il sonno una aumentata escrezione urinaria di metaboliti dopaminergici rispetto ai pazienti senza EDS 6.
Questi risultati suggeriscono che l’EDS nei pazienti con OSA possa essere correlata a una disregolazione del sistema dopaminergico, come documentato nei modelli sperimentali animali.
Studi umani con neuroimaging hanno permesso di evidenziare anomalie strutturali e funzionali in pazienti con OSA e EDS. In particolare, è stata osservata in questi pazienti un’alterazione della sostanza bianca (WM) dovuta a danno assonale e/o mielinico. Uno studio su pazienti OSA precedentemente non trattati ha dimostrato, dopo tre mesi di terapia con CPAP, un miglioramento significativo delle alterazioni della sostanza bianca, evidenziato con tecniche di risonanza magnetica (RM), associato ad un miglioramento dell’attenzione, della memoria a breve e lungo termine e delle funzioni cognitive di esecuzione, suggerendo che l’EDS e le alterazioni cognitive siano almeno parzialmente reversibili 7.
Parallelamente, nonostante appaia evidente anche un’alterazione della sostanza grigia (GM) nei pazienti OSA, i risultati degli studi non sono concordi sulle regioni coinvolte (corticali e sottocorticali) e sul tipo di cambiamenti associati (concentrazione e/o volume) 5.
Ruolo prognostico della EDS
L’OSA non trattata aumenta il rischio di incidenti automobilistici da 1,5 a 2,5 volte rispetto alla popolazione generale e il rischio potrebbe essere particolarmente elevato nei soggetti OSA con eccessiva sonnolenza 8.
L’ipotesi che l’EDS rappresenti un fattore di rischio nei pazienti OSA, in quanto predittore indipendente di morbilità e mortalità, è stata esplorata da vari studi, con risultati contrastanti.
Alcuni studi hanno evidenziato un aumento significativo del rischio di mortalità per tutte le cause, eventi cardiovascolari maggiori, primo episodio/recidiva di infarto acuto miocardico o scompenso cardiaco cronico, associato all’EDS, indipendentemente dall’eventuale presenza di disturbo respiratorio del sonno o di russamento 9-11.
Altri studi, parallelamente, riportano un significativo aumento del rischio di mortalità per tutte le cause e morbilità cardio-vascolare in pazienti con EDS e concomitante OSA 12,13.
Una minoranza di studi ha fornito risultati opposti. In più di tremila pazienti dello Sleep Heart Health Study con ESS ≥ 11 e un indice di apnea-ipopnea (AHI) ≥ 15/ora, non è stata trovata una significativa associazione tra EDS e rischio di malattie cardiovascolari 14.
In uno studio prospettico su 218 pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta e AHI ≥ 15/h alla poligrafia notturna, la mortalità a cinque anni era significativamente più alta nel sottogruppo con ESS < 6 comparata con quello con ESS ≥ 6 15.
Nonostante alcuni risultati contrastanti, la maggior parte dei dati basati su studi di popolazione indicano che l’EDS può essere un marker di outcome sfavorevole, dal momento che appare indipendentemente associata con morbilità e mortalità cardiovascolare. Il ruolo prognostico della sonnolenza residua durante il trattamento CPAP non è stato fino ad oggi esplorato.
EDS residua (rEDS) in pazienti OSA in trattamento
Si definisce rEDS la persistenza di sonnolenza diurna, stimata clinicamente da una ESS > 10, che residua o persiste nonostante una correzione degli eventi ostruttivi con la terapia applicata.
La rEDS nei pazienti OSA, nonostante trattamento con CPAP, è stata osservata in percentuale variabile dal 9 al 22% in studi di popolazione 5.
Uno studio prospettico ha evidenziato che il 34% dei pazienti con EDS alla diagnosi mostrava una rEDS dopo tre mesi di utilizzo della CPAP, con una prevalenza inferiore, circa il 22%, nella corte di pazienti con utilizzo maggiore o uguale a 6 ore/notte 16.
Le cause ed i meccanismi fisiopatologici sottostanti la rEDS sono complessi e multifattoriali. L’iter diagnostico prevede un inquadramento clinico e la ricerca di possibili cause responsabili.
Quando non vi sono cause correggibili, a tali pazienti possono essere prescritti agenti promotori della veglia.
Esistono numerosi strumenti di valutazione della EDS che non verranno trattati nel dettaglio in questo articolo.
Fra i test oggettivi vi sono il test di mantenimento della veglia (MWT), il test di Osler, quello delle latenze multiple del sonno (MSLT), oltre ai test di vigilanza psico-motoria. Fra le misure soggettive vi sono diverse scale che consentono di valutare la presenza di sonnolenza di tratto o di stato: Stanford Sleepiness Scale (SSS), Karolinska Sleepiness Scale (KSS) e Epworth Sleepiness Scale (ESS). Quest’ultima è quella maggiormente utilizzata nella pratica clinica: un punteggio > 10 è indicativo di EDS 17.
È considerato clinicamente significativo un cambiamento nella scala di Epworth di almeno due punti, ad esempio per effetto del trattamento.
Algoritmo gestionale
Per valutare le possibili cause e l’impatto della sonnolenza, è necessaria una valutazione ipnologica completa. Particolare attenzione deve essere rivolta all’intensità e alla frequenza, poiché l’ESS varia notevolmente nel tempo. Inoltre, occorre prestare attenzione nell’interpretazione del punteggio in quanto i pazienti possono sottovalutare o sopravvalutare la sonnolenza e averne una percezione errata.
Studi osservazionali, mono e multicentrici, concordano sul fatto che una elevata ESS basale aumenta il rischio di rEDS post-trattamento così come un grado di severità dell’OSA lieve-moderato alla diagnosi, rispetto al grado severo 18-20.
Per prima cosa è necessario indagare eventuali problematiche correlate all’utilizzo della CPAP. In particolare, una aderenza al trattamento insufficiente è una causa frequente della persistenza dei sintomi dell’OSA e di sonnolenza residua. Lo studio multicentrico osservazionale di Weaver et al. su 149 pazienti in CPAP, ha evidenziato una chiara correlazione tra l’aderenza al trattamento e la riduzione della ESS 16.
Per aumentare l’aderenza al trattamento, sono necessarie una corretta educazione e motivazione del paziente oltre alla correzione dei possibili effetti collaterali (eccessive perdite aeree, sintomi rino-sinusitici, intolleranza alla pressione), fino a proporre un trattamento alternativo nei pazienti che rifiutano o non tollerano la CPAP. Una pressione terapeutica non ottimale e la presenza di eccessive perdite aeree dall’interfaccia possono determinare una correzione inadeguata del disturbo, frammentazione del sonno e sonnolenza residua.
Per evidenziare con maggiore accuratezza la presenza di eventi residui, la loro tipologia (centrali vs ostruttivi) rispetto a quelli stimati dall’algoritmo della CPAP e ricercare la presenza di movimenti periodici degli arti (PLMS), potrebbe rendersi necessario un monitoraggio poligrafico/polisonnografico in CPAP. Per escludere alterazioni residue dell’ossigenazione, è possibile in prima battuta eseguire una ossimetria integrata alla CPAP.
Dopo avere escluso o corretto problematiche correlate al trattamento con CPAP, è necessario considerare altri possibili fattori causali. Una durata insufficiente del sonno è una causa frequente e dovrebbe sempre essere esclusa con la storia clinica. Nei soggetti OSA in CPAP con sonno insufficiente, i dati scaricati documentano una media oraria bassa che corrisponde al reale tempo di sonno. L’uso di diari del sonno con eventuale actigrafia è uno strumento di grande utilità per una corretta valutazione delle ore di sonno e di eventuali disturbi del ritmo.
Ansia e depressione sono condizioni che presentano una stretta relazione con l’insonnia e l’EDS, andrebbero pertanto ricercate ed eventualmente trattate. La Restless Legs Syndrome è comune negli OSAS comorbidi, talora migliora con la terapia con CPAP, ma in una quota di pazienti persiste e può richiedere uno specifico trattamento farmacologico, prestando attenzione al possibile peggioramento della sonnolenza indotto da diversi farmaci utilizzati (dopamino agonisti, oppioidi etc.). Se la storia clinica e la presenza di sintomi sono sospetti per una ipersonnia centrale (es. narcolessia), sono indicati approfondimenti diagnostici (polisonnografia e MSLT).
Alcune condizioni mediche (diabete mellito, obesità, ipotiroidismo, insufficienza renale), patologie degenerative (morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, patologie neuromuscolari, etc.), devono essere escluse. L’utilizzo di numerosi farmaci può determinare sonnolenza (benzodiazepine, miorilassanti, oppioidi, gabapentinoidi, dopamino agonisti, alcuni antidepressivi, beta bloccanti), oltre a sostanze di uso voluttuario (droghe/alcol) (Fig. 1).
Trattamento
Una volta posta diagnosi di rEDS, è possibile considerare l’utilizzo di farmaci che promuovono la veglia. La farmacoterapia della rEDS si sviluppa a partire dalla fine degli anni ’90 ed i primi farmaci identificati, il modafinil e l’armodafinil, non sono approvati per l’utilizzo in Europa. I due principi attivi disponibili all’uso in Europa e in Italia sono il solriamfetolo, un inibitore selettivo del reuptake dopamino-noradrenergico e il pitolisant, un antagonista/agonista inverso selettivo del recettore istaminergico H3 pre-sinaptico con conseguente aumento della sintesi e rilascio di istamina. Entrambi i farmaci hanno un effetto promotore della veglia con il vantaggio di non indurre un rilascio monoaminergico, tipico di questa classe di farmaci, come le amfetamine, che si associa ad un rischio aumentato di reazioni avverse (RA) cardiovascolari e psichiatriche 1.
Gli studi di riferimento del solriamfetolo hanno dimostrato in pazienti OSA trattati con CPAP, MAD o chirurgia, una risposta positiva dose-dipendente in termini di riduzione del ESS, hanno evidenziato l’assenza di ipersonnia rebound alla sospensione del farmaco e il mantenimento dell’effetto a lungo termine. Le reazioni avverse più comuni al farmaco sono state: cefalea, nausea, inappetenza, ansia e rino-faringite. È stato osservato inoltre un piccolo aumento, dose-dipendente, della pressione arteriosa sistemica e della frequenza cardiaca, specie con il dosaggio di 300 mg. Per tale motivo la dose massima approvata per i pazienti OSA è di 150 mg al dì, al risveglio, in un’unica somministrazione, con titolazione graduale 21-23.
Lo studio TONES 3, un trial randomizzato, controllato, in doppio-cieco, ha messo a confronto il solriamfetolo, somministrato alle dosi di 37,5 mg, 75 mg, 150 mg e 300 mg die, con placebo, per un periodo di 12 settimane, in pazienti con diagnosi di OSA e utilizzo contemporaneo, o pregresso di un trattamento primario della patologia (PAP, MAD o chirurgia). L’analisi, sui 404 pazienti che hanno concluso lo studio, ha dimostrato, come outcome primario, un miglioramento significativo a 12 settimane della ESS e del MWT per tutti i dosaggi di solriamfetolo, con un effetto dose-dipendente 21.
In uno studio di fase tre, TONES 4, randomizzato e controllato, Strollo Jr. et al. hanno testato l’effetto della sospensione del solriamfetolo, dopo una fase di titolazione e mantenimento della durata di 4 settimane, con una randomizzazione a proseguimento della dose raggiunta o passaggio a placebo per un totale di 6 settimane totali di osservazione, su 122 pazienti. Lo studio ha evidenziato una riduzione significativa della ESS rispetto al basale a quattro settimane, con effetto mantenuto nel gruppo che proseguiva il farmaco e un progressivo peggioramento nei pazienti randomizzati a placebo dopo la quarta settimana. Lo studio dimostra, inoltre, un effetto prolungato del farmaco, dal momento che l’aumento del ESS nel gruppo placebo non torna al livello di partenza, suggerendo l’assenza di ipersonnia rebound 22.
Malhotra A. et al. hanno condotto uno studio in pazienti con OSA o narcolessia, per esplorare l’efficacia del solriamfetolo a lungo termine. Lo studio, con una durata dalle 40 alle 52 settimane, prevedeva una fase iniziale di titolazione del farmaco di due settimane e una fase di mantenimento, su più di 450 pazienti. L’analisi mostra una riduzione significativa della ESS rispetto al basale, mantenuta durante tutto il periodo di osservazione, fino ad un anno. Un periodo di sospensione del farmaco della durata di due settimane su 282 pazienti, con randomizzazione a placebo o al proseguimento del farmaco, similmente allo studio citato in precedenza, non ha evidenziato ipersonnia rebound o reazioni avverse da sospensione della terapia 23.
Due recenti studi hanno dimostrato l’efficacia del pitolisant, in termini di riduzione dello score ESS, sia nella coorte di pazienti con OSA aderenti al trattamento con CPAP, sia nei pazienti intolleranti o che rifiutano il trattamento 24,25. Nello studio di fase tre, HAROSA-1, un trial multicentrico, randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco, l’efficacia del pitolisant, al dosaggio massimo di 20 mg/die, è stata testata su 244 pazienti con OSA moderato-severo in terapia con CPAP da almeno 3 mesi e aderenti alla terapia (almeno 4 h/notte per il 70% del periodo analizzato) e con rEDS. Il dosaggio del farmaco somministrato è stato di 5, 10 o 20 mg al dì e la durata del trattamento di 12 settimane. L’analisi statistica ha evidenziato, in relazione al cambio della ESS rispetto al basale, una differenza significativa tra i due bracci, in favore del pitolisant, di -2,6 punti 24.
Uno schema simile è stato utilizzato nel trial randomizzato, controllato con placebo, in doppio-cieco, HAROSA-2 in cui il trattamento con pitolisant (sempre ad una dose massima di 20 mg/die) è stato testato per 12 settimane in 268 pazienti con OSA moderato-severa che avevano rifiutato o non tollerato la terapia con CPAP; l’analisi primaria ha mostrato una differenza significativa nella riduzione dello score ESS tra i due bracci, in favore del pitolisant, di -2,8 punti 25.
Un recente studio open-label di Pepin et al., su 376 pazienti precedentemente arruolati nei due studi sopracitati, ha esplorato l’efficacia e il profilo di sicurezza della terapia con pitolisant, durante un periodo di follow-up di un anno. Per quanto riguarda l’outcome primario, pitolisant si associa ad una riduzione significativa della ESS di -8 punti rispetto al basale, indipendentemente dalla terapia con CPAP (inclusione di pazienti aderenti al trattamento, non tolleranti o che rifiutano). Il profilo di sicurezza è risultato ottimo, sovrapponibile tra il farmaco e il gruppo placebo, anche dal punto di vista cardiovascolare 26.
Il pitolisant, nei tre studi citati, non è stato associato ad un aumento della pressione arteriosa sistemica o della frequenza cardiaca; segnalati un aumento non significativo dell’intervallo QT all’elettrocardiogramma, cefalea e insonnia.
La dose approvata per l’utilizzo in Italia varia dai 4,5 mg ai 18 mg al dì, somministrata alla minima dose efficace, al mattino, con titolazione graduale per le dosi più elevate fino a 18 mg/die, una volta al giorno.
Conclusioni
L’EDS è un sintomo rilevante, ma non sempre presente nell’OSAS, che sembra costituire un marker prognostico sfavorevole. Nonostante generalmente migliori con il trattamento, una percentuale significativa di pazienti continua a lamentare sonnolenza residua. La EDS si riduce progressivamente nel tempo con il trattamento con CPAP, pertanto la diagnosi di rEDS andrebbe considerata dopo almeno sei mesi di terapia ottimale. Un trattamento farmacologico con agenti promotori della veglia dovrebbe essere considerato dopo avere ottimizzato la terapia primaria ed avere escluso altre cause reversibili. È possibile considerare un trattamento su base individuale anche nei pazienti non completamente trattati (insufficiente aderenza) o nei quali non è possibile ottenere una completa correzione del disturbo, per contrastare le conseguenze negative della EDS (aumentato rischio di incidenti, qualità di vita scadente), nonostante non vi siano dati a lungo termine sull’efficacia e sulla sicurezza in questi pazienti.
La scelta del farmaco deve essere fatta considerando le caratteristiche farmacologiche ed il profilo di rischio cardiovascolare del paziente. Studi futuri dovrebbero valutare l’impatto degli agenti promotori della veglia sul deterioramento cognitivo e sui cambiamenti cerebrali osservati nei pazienti con OSA ed EDS.
History
Ricevuto/Received: 09/12/2024
Accettato/Accepted: 16/12/2024
Figure e tabelle
Figura 1.Possibile algoritmo gestionale della EDS nei pazienti in terapia con CPAP.PG: poligrafia; PSG: polisonnografia, PLMS: movimenti periodici degli arti in sonno; QoL: qualità di vità; rEDS: sonnolenza residua.
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