Terapia Intensiva Respiratoria
Abstract
La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) rappresenta circa il 10% dei ricoveri in Terapia Intensiva con una mortalità che arriva fino al 45% nelle forme gravi. L’ARDS include varie condizioni con diverse eziologie che condividono caratteristiche clinico-patologiche comuni tra cui: 1) una maggiore permeabilità della membrana alveolo-capillare, con conseguente edema infiammatorio; 2) un aumento del tessuto polmonare non aerato con conseguente incremento dell’elastanza polmonare; e 3) un aumento dello spazio morto che causa ipossiemia e ipercapnia. Le linee guida pratiche della Società Europea di Intensive Care Medicine (ESICM) recentemente pubblicate 1 forniscono un’attenta disamina su questo argomento. Il documento, infatti, contiene 21 raccomandazioni riguardanti le strategie di supporto non farmacologico (ad eccezione dell’utilizzo dei bloccanti neuromuscolari) limitate alla popolazione adulta e combinano un’attenta revisione della letteratura all’opinione di un pannello di esperti. Da sottolineare che rispetto alle linee guida precedenti questo documento aggiunge alcuni domini quali la definizione, i fenotipi, gli alti flussi umidificati e riscaldati (HFNC) e la ventilazione meccanica non invasiva (NIV). Per quanto riguarda i supporti respiratori non invasivi, viene raccomandato l’utilizzo di HFNC rispetto all’ossigenoterapia convenzionale (COT) con un livello di evidenza moderato nel ridurre il tasso di intubazione; al contrario non viene fornita alcuna raccomandazione né a favore né contro l’utilizzo di HFNC vs COT nel ridurre la mortalità.
Articolo
La sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) rappresenta circa il 10% dei ricoveri in Terapia Intensiva con una mortalità che arriva fino al 45% nelle forme gravi. L’ARDS include varie condizioni con diverse eziologie che condividono caratteristiche clinico-patologiche comuni tra cui: 1) una maggiore permeabilità della membrana alveolo-capillare, con conseguente edema infiammatorio; 2) un aumento del tessuto polmonare non aerato con conseguente incremento dell’elastanza polmonare; e 3) un aumento dello spazio morto che causa ipossiemia e ipercapnia.
Le linee guida pratiche della Società Europea di Intensive Care Medicine (ESICM) recentemente pubblicate 1 forniscono un’attenta disamina su questo argomento. Il documento, infatti, contiene 21 raccomandazioni riguardanti le strategie di supporto non farmacologico (ad eccezione dell’utilizzo dei bloccanti neuromuscolari) limitate alla popolazione adulta e combinano un’attenta revisione della letteratura all’opinione di un pannello di esperti. Da sottolineare che rispetto alle linee guida precedenti questo documento aggiunge alcuni domini quali la definizione, i fenotipi, gli alti flussi umidificati e riscaldati (HFNC) e la ventilazione meccanica non invasiva (NIV). Per quanto riguarda i supporti respiratori non invasivi, viene raccomandato l’utilizzo di HFNC rispetto all’ossigenoterapia convenzionale (COT) con un livello di evidenza moderato nel ridurre il tasso di intubazione; al contrario non viene fornita alcuna raccomandazione né a favore né contro l’utilizzo di HFNC vs COT nel ridurre la mortalità. Queste raccomandazioni vengono estese anche ai pazienti con ARDS secondaria ad infezione da COVID-19. Inoltre, gli esperti non sono in grado di fornire alcuna raccomandazione né a favore né contro l’utilizzo di HFNC rispetto alla NIV o alla pressione positiva continua (CPAP) nel ridurre la mortalità o il tasso di intubazione nei pazienti non selezionati con insufficienza respiratoria acuta (AHF) cosiddetta “de novo”. Tuttavia, viene suggerito un vantaggio nell’evitare l’intubazione utilizzando CPAP/NIV rispetto agli alti flussi nel sottogruppo di pazienti con ARDS secondaria ad infezione da SARS-CoV-2.
Infine, in accordo con le linee guida precedenti, vengono raccomandate le strategie di ventilazione meccanica invasiva con basso volume corrente (4-8 ml/kg di peso predetto), la posizione prona nei pazienti con ARDS moderata-severa (PaO2/FiO2 < 150 mmHg e PEEP < 5 cmH2O nonostante ottimizzazione del setting ventilatorio) e l’ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) nei pazienti con ARDS severa. Al contrario, viene posta una chiara raccomandazione contro l’utilizzo routinario delle manovre di reclutamento sia brevi che prolungate (quest’ultime definite come mantenimento della pressione delle vie aeree ≥ 35 cmH2O per almeno un minuto) ed anche del supporto extracorporeo parziale (ECCO2R).
Il secondo articolo scelto è lo studio dal titolo “Cost-effectiveness of outpatient versus inpatient non-invasive ventilation setup in obesity hypoventilation syndrome: the OPIP trial” 2. Il trial, che ha coinvolto 6 centri in Europa, ha confrontato il settaggio e l’adattamento alla NIV domiciliare in regime ambulatoriale con quello effettuato in regime di ricovero in termini di efficacia, sicurezza e costi nei pazienti con sindrome da obesità-ipoventilazione (OHS).
In particolare, tra maggio 2015 e maggio 2018, tutti i pazienti obesi (Body Mass Index, BMI > 35 kg/m2), con ipercapnia cronica stabile (definita come una pressione parziale di anidride carbonica nel sangue arterioso PaCO2 > 45 mmHg), pH ≥ 7,3, stabilità clinica senza NIV per più di 2 settimane e con accertati disturbi respiratori del sonno (sleep disordered breathing, SDB) secondo la definizione internazionale, sono stati valutati per l’arruolamento nei centri coinvolti (4 nel Regno Unito e 2 in Francia). In totale 82 pazienti con tali caratteristiche sono stati poi randomizzati in due diversi gruppi. Nel gruppo dei pazienti in cui l’adattamento è avvenuto in ambulatorio, il settaggio del ventilatore è stato condotto da un medico/infermiere/fisioterapista esperto seguendo un protocollo predefinito ed utilizzando una modalità con regolazione automatica sia della pressione positiva espiratoria che della pressione di supporto (AVAPS-AE). L’adattamento iniziale e la regolazione delle impostazioni sono avvenuti durante il giorno con la possibilità di monitorare la pulsossimetria a domicilio nelle prime 2 settimane di utilizzo del device.
La titolazione e l’adattamento nel gruppo di pazienti ricoverati venivano, invece, effettuati utilizzando un device domiciliare in modalità pressione di supporto e seguendo un protocollo di incremento pressorio e di modifica dei parametri del ventilatore ben definito. Da protocollo il settaggio prevedeva un monitoraggio notturno respiratorio eventualmente non limitato al solo utilizzo del rilevatore transcutaneo di anidride carbonica e del pulsossimetro. A discrezione del clinico, infatti, potevano essere utilizzate anche altre metodiche di monitoraggio (ad esempio la valutazione dello sforzo respiratorio). Inoltre, in caso di un non ottimale raggiungimento del controllo delle apnee ostruttive del sonno e dell’ipoventilazione, la titolazione poteva essere protratta per più notti fino al raggiungimento di un controllo ottimale e della massima pressione tollerata dal paziente.
Per garantire la sicurezza clinica, nella prima fase di questo trial è stata fatta un’analisi di efficacia. In entrambi i gruppi, infatti, è stato dimostrato un miglioramento in termini di PaCO2 (paziente ricoverato -3,3 ± 7,95mmHg; paziente ambulatoriale -6,37 ± 7,8 mmHg) con un intervallo di confidenza di variazione in termini di PaCO2 entro il limite di non inferiorità predefinito. Ciò ha permesso la prosecuzione dello studio e la successiva analisi economica.
Lo studio dimostra che i costi totali per paziente (costi fissi, costi correlati e non correlati all’utilizzo del sistema sanitario a causa della sindrome da obesità-ipoventilazione) nel gruppo di soggetti adattati in ospedale e nel gruppo di pazienti adattati a domicilio sono simili (rispettivamente £2962 ± £580 vs £3169 ± £525). Inoltre, non è stata evidenziata alcuna differenza in termini di costi correlati al settaggio della NIV tra i gruppi di studio (£188.20, 95% CI da £-61.61 a £438.01).
Tuttavia, in linea con la letteratura precedente, lo studio ha mostrato un maggior numero di ricoveri non programmati nel gruppo adattato a domicilio rispetto al gruppo di controllo, evidenziando la necessità di un approccio più personalizzato che tenga conto non solo della stabilità del paziente e delle comorbilità ma anche del suo volere. In questo modo ad esempio l’adattamento intraospedaliero potrebbe essere riservato a tutti quei pazienti in cui il rischio di una non ottimale aderenza al trattamento così come il rischio di ricorrere alle cure in urgenza siano elevati, migliorando così l’efficacia e riducendo i costi indiretti del trattamento.
Interessante notare che non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa negli outcome secondari dello studio inclusi il controllo del disturbo del sonno, la modifica della dispnea, la funzionalità polmonare, la capacità di esercizio, il peso, la qualità del sonno e la qualità della vita, ad eccezione del punteggio del Severe Respiratory Insufficiency (SRI) Questionnaire che è risultato migliorato a tre mesi in modo più marcato nel gruppo di pazienti che veniva adattato alla NIV in ospedale rispetto al gruppo adattato a domicilio.
Pertanto, questo studio mette in evidenza come un settaggio della NIV a domicilio è simile in termini di costi-efficacia a medio termine rispetto ad un settaggio guidato dal giudizio clinico effettuato dopo un adattamento notturno in ospedale. Questi risultati riguardano una popolazione di pazienti con obesità moderata-severa, deficit ventilatorio restrittivo di grado moderato, ipercapnia lieve-moderata e concomitante disturbo del sonno in fase di stabilità clinica. Pertanto, non è possibile estrapolare i risultati ottenuti ai pazienti con OHS né in fase post acuta né con severa insufficienza respiratoria.
Infine, nonostante la complessa analisi economica, è impossibile generalizzare i dati di costo-efficacia al di fuori dei sistemi sanitari in cui lo studio è stato effettuato (Francia e Regno Unito).
L’ultimo articolo che pongo alla vostra attenzione è uno studio retrospettivo condotto in Danimarca sull’utilizzo combinato a domicilio degli alti flussi umidificati e riscaldati (HFNC) e la ventilazione meccanica non invasiva (NIV) in un gruppo di pazienti affetti da Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) end stage 3. Come già sottolineato in precedenza, gli alti flussi sono un supporto respiratorio non invasivo impiegato sia nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta ipossiemica che ipercapnica. Recentemente è stata indagata la loro efficacia anche nella terapia domiciliare di pazienti con insufficienza respiratoria cronica in particolare nei pazienti BPCO. Tuttavia, i dati pubblicati finora sono esigui ed i risultati ottenuti non concludenti. Attualmente le uniche raccomandazioni in merito sono state fornite dalla Società Scientifica Danese che suggerisce il trattamento con HFNC a lungo termine (LT-HFNC) nei soggetti BPCO con insufficienza respiratoria ipossiemica persistente che abbiano presentato almeno 2 riacutizzazioni nell’anno precedente. Nei pazienti con insufficienza ipercapnica persistente, la LT-HFNC può essere presa in considerazione solamente nel caso in cui la NIV a lungo termine (LT-NIV), gold standard di trattamento, non sia tollerata dal paziente.
Lo studio ha arruolato 33 pazienti affetti da insufficienza respiratoria cronica secondaria a BPCO severa (FEV1% < 35%) e numerose comorbilità. In media i pazienti arruolati avevano avuto più di due riacutizzazioni nell’anno precedente. Della popolazione totale, 16 (48,5%) hanno ricevuto come iniziale supporto gli HFNC e 17 pazienti (5,5%) la NIV. In entrambi i gruppi, gli autori hanno dimostrato una significativa riduzione del numero di ricoveri nei 12 mesi successivi all’inizio del trattamento rispetto all’anno precedente (p = 0,014 e p = 0,022, rispettivamente). Inoltre, il 71% (12/17) dei pazienti inizialmente trattati con LT-HFNC e l’81% (13/16) dei pazienti inizialmente trattati con LT-NIV hanno iniziato un secondo supporto respiratorio nei 12 mesi di osservazione. Le principali ragioni sono state rispettivamente la persistente ipercapnia ed i ricoveri ospedalieri ricorrenti nel gruppo inizialmente trattato con LT-HFNC e l’ipossiemia e l’intolleranza al trattamento nel gruppo di pazienti inizialmente adattati alla sola NIV.
Lo studio mostra chiaramente come negli ultimi tre mesi di vita la maggior parte dei pazienti (91%) abbia utilizzato solamente HFNC. Le ragioni per le quali 15 pazienti hanno interrotto il trattamento con la NIV sono state per lo più le difficoltà riscontrate nel parlare e nel mangiare, la presenza di sintomi legati, la secchezza della bocca e infine la difficoltà di cooperare con il ventilatore. Il 70% dei pazienti è deceduto durante il periodo di osservazione, di questi il 96% (22/23) ha utilizzato HFNC nel momento della morte, suggerendo una migliore tolleranza e comfort degli alti flussi rispetto alla NIV nelle fasi terminali di malattia.
Questo studio per la prima volta indaga l’utilizzo combinato a domicilio degli alti flussi e della NIV. I dati ottenuti suggeriscono che le variazioni dei valori emogasanalitici così come le frequenti riacutizzazioni hanno influenzato la decisione di prescrivere ai pazienti un secondo supporto respiratorio. Pur non essendo uno studio randomizzato e controllato e nonostante le numerose limitazioni, esso fornisce una fotografia reale e puntuale della storia naturale dei pazienti BPCO end stage per i quali molto spesso noi clinici siamo concentrati a valutare trattamenti in grado di ridurre l’anidride carbonica, migliorare gli scambi gassosi e le riacutizzazioni, dimenticando, tuttavia, troppo spesso la palliazione dei sintomi, la qualità di vita e di morte.
Riferimenti bibliografici
- Grasselli G, Calfee CS, Camporota L, European Society of Intensive Care Medicine Taskforce on ARDS. ESICM guidelines on acute respiratory distress syndrome: definition, phenotyping and respiratory support strategies. Intensive Care Med. 2023; 49:727-759. DOI
- Murphy PB, Patout M, Arbane G. Cost-effectiveness of outpatient versus inpatient non-invasive ventilation setup in obesity hypoventilation syndrome: the OPIP trial. Thorax. 2023; 78:24-31. DOI
- Møller Weinreich U, Storgaard LH. A real-life study of combined treatment with long-term non-invasive ventilation and high flow nasal cannula in patients with end-stage chronic obstructive lung disease. J Clin Med. 2023; 12:4485. DOI
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