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Pubblicato: 2024-09-05

BPCO, Asma e Malattie Allergiche

UOC Pneumologia, ASST Rhodense, P.O. di Garbagnate Milanese, Garbagnate Milanese (MI)

Abstract

Nell’articolo di Xu et al. 1 gli autori hanno studiato la relazione tra il calcio presente nella parete delle coronarie (CAC) e la mortalità dei pazienti ricoverati per un’esacerbazione acuta di Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Sono stati arruolati 93 pazienti con un’età media di 75 anni di cui il 87% uomini. Di questi, 21 non avevano calcificazioni coronariche, 39 avevano calcificazioni coronariche da 1 a 3 e 33 da 4 a 12. Non vi erano differenze significative e nella percentuale di pazienti con i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, dislipidemia, diabete e fumo) tra i diversi gruppi di punteggio CAC. Il follow-up è durato in media 2,9 anni, in cui si sono verificati 51 decessi. All’analisi univariata, il punteggio CAC compreso tra 4 e 12, l’ipertensione arteriosa e il FEV1% erano i predittori di mortalità per tutte le cause. Un punteggio CAC compreso tra 4 e 12 è stato l’unico predittore significativo di mortalità nell’analisi multivariata. Gli studi con numerosi pazienti, come il Multi-Ethnic-Study of Atherosclerosis (MESA), supportano l’utilità del punteggio Agatston-CAC per la prognosi di eventi cardiaci avversi e per la prevenzione primaria: nel MESA il rischio di eventi coronarici era aumentato di quasi 10 volte tra i partecipanti con punteggi Agatston-CAC superiori a 300 rispetto a quelli senza calcio coronarico. Pertanto, le linee guida SCCT affermano che un Agatston-CAC superiore a 300 è associato a un rischio cardiovascolare da moderato a grave e raccomandano l’inizio di statine e aspirina. Il punteggio Agatston prevede una TAC dedicata con ECG relato.

Articolo

Nell’articolo di Xu et al. 1 gli autori hanno studiato la relazione tra il calcio presente nella parete delle coronarie (CAC) e la mortalità dei pazienti ricoverati per un’esacerbazione acuta di Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

Sono stati arruolati 93 pazienti con un’età media di 75 anni di cui l’87% uomini. Di questi, 21 non avevano calcificazioni coronariche, 39 avevano calcificazioni coronariche da 1 a 3 e 33 da 4 a 12. Non vi erano differenze significative nella percentuale di pazienti con i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, dislipidemia, diabete e fumo) tra i diversi gruppi di punteggio CAC. Il follow-up è durato in media 2,9 anni, in cui si sono verificati 51 decessi. All’analisi univariata, il punteggio CAC compreso tra 4 e 12, l’ipertensione arteriosa e il FEV1% erano i predittori di mortalità per tutte le cause. Un punteggio CAC compreso tra 4 e 12 è stato l’unico predittore significativo di mortalità nell’analisi multivariata.

Gli studi con numerosi pazienti, come il Multi-Ethnic-Study of Atherosclerosis (MESA), supportano l’utilità del punteggio Agatston-CAC per la prognosi di eventi cardiaci avversi e per la prevenzione primaria: nel MESA il rischio di eventi coronarici era aumentato di quasi 10 volte tra i partecipanti con punteggi Agatston-CAC superiori a 300 rispetto a quelli senza calcio coronarico. Pertanto, le linee guida SCCT affermano che un Agatston-CAC superiore a 300 è associato a un rischio cardiovascolare da moderato a grave e raccomandano l’inizio di statine e aspirina. Il punteggio Agatston prevede una TAC dedicata con ECG relato.

In questo studio gli autori hanno utilizzato il visual-ordinal-CAC, che, si è visto in vari studi, correla bene con il punteggio Agatston. Un CAC-ordinale di almeno 4 identifica i pazienti con un aumento del rischio cardiovascolare da moderato a grave, simile a quello osservato con un punteggio Agatston di almeno 300.

In questo lavoro più di 3/4 dei pazienti inclusi avevano una CAC rilevabile, con più di un terzo che aveva un punteggio di almeno 4: i pazienti con BPCO sono a rischio di CAD a causa di processi fisiopatologici condivisi come il fumo e infiammazione sistemica.

Tuttavia, tra i fumatori senza CAD nota reclutati dal Dutch Lung Cancer Screening Trial, la presenza di BPCO secondo la classificazione GOLD prediceva in modo indipendente il livello di CAC sebbene non vi fosse una relazione dose-risposta tra la gravità della BPCO e il livello di CAC.

Inoltre i dati ECLIPSE hanno mostrato che i pazienti con BPCO avevano un Agatston-CAC più elevato rispetto ai fumatori con spirometria normale o ai non fumatori, però solo l’iperinflazione polmonare e non il FEV1 o la gravità dell’enfisema si associavano al CAC. Probabilmente l’aumento della massa ventricolare sinistra dovuto all’iperinflazione polmonare causa infiammazione coronarica, danno vascolare aterosclerotico e disfunzione endoteliale sistemica.

Quali sono le conseguenze prognostiche della preponderanza di CAC nei pazienti con BPCO? Sicuramente vi sono più dati nei pazienti in condizioni di stabilità.

Nello studio COPD-gene, la stima visiva del CAC si è visto essere associata nel tempo al primo evento coronarico acuto. In uno studio su pazienti con BPCO stabile visti in setting ambulatoriale, il punteggio CAC è stato il miglior predittore di futuri eventi cardiovascolari, indipendentemente dal FEV1. Il CAC è anche predittivo della mortalità in generale.

Nello studio ECLIPSE un CAC più elevato è associato ad una capacità funzionale peggiore e ad un aumento della mortalità: un CAC maggiore di 4 è associato ad un aumento del rischio di morte per tutte le cause di 2,03.

La prognosi dopo un episodio di AECOPD è un’aspettativa media di vita tra 3,4 e 9,7 anni a seconda dello stadio GOLD. La CAD clinicamente nota è uno dei fattori significativamente associati alla mortalità a lungo termine dopo il ricovero per AECOPD, insieme a età, basso BMI, insufficienza cardiaca, diabete mellito, tumore maligno e gravità della BPCO. In questo studio gli autori aggiungono che la presenza di aterosclerosi coronarica subclinica quantificata dal punteggio CAC è indipendentemente associata alla mortalità per tutte le cause dopo il ricovero in AECOPD, anche in pazienti senza CAD clinica conclamata.

Ciò è di grande importanza clinica e pratica perché dovrebbe spingere a rivedere le TAC precedenti dei pazienti BPCO quando vengano ricoverati. Inoltre il CAC è correlato non solo alla morte cardiaca ma anche alla morte per tutte le cause, comprese le cause respiratorie e maligne, confermando con ciò i dati dello studio MESA.

Ciò non indica necessariamente una relazione causale tra CAC e queste malattie ma che piuttosto sia un “integratore di rischio” che riflette l’esposizione aggregata nel corso della vita a fattori di rischio misurati e non misurati comuni tra CAD, BPCO e cancro, tra cui l’infiammazione sistemica.

Nel lavoro di Liu et al. 2 gli autori hanno analizzato l’effetto che i diversi tipi di allergeni inalanti hanno sulla funzione polmonare di pazienti adulti con asma bronchiale. Hanno incluso 47 adulti asmatici, divisi in non sensibilizzati e sensibilizzati in base al numero di allergeni positivi rilevati e ulteriormente classificati in quattro gruppi (gruppo acari della polvere, gruppo peli di animali, gruppo pollini e gruppo muffe) in base al tipo di allergene positivo rilevato.

Sono state riscontrate differenze statisticamente significative nei parametri funzionali tra i quattro gruppi. Questo fa sembrare che diversi allergeni inalanti abbiano effetti diversi sulle funzione polmonare di adulti con asma.

Nello specifico gli autori hanno trovato che il gruppo polline aveva un PEF e un MMEF75/25 più elevato rispetto a peli di animali, acari della polvere e a muffe. Inoltre il gruppo polline aveva un FEF50 più elevato rispetto al gruppo acari della polvere al gruppo con muffe. Inoltre ancora il gruppo polline aveva valori più alti di FEF75, FEV1 e FEV1/FVC rispetto al gruppo muffe.

I pazienti non sensibilizzati non avevano una differenza statisticamente significativa nei parametri di funzione respiratoria rispetto ai sensibilizzati anche se mediamente tali valori erano un poco più bassi: tale evidenza potrebbe essere conseguenza dell’esposizione a varie sostanze irritanti non allergiche presenti nell’ambiente (ozono, particolato respirabile, virus o batteri, sigarette, sostanze irritanti professionali e così via) che può indurre asma infiammatorio neutrofilo e causare ostruzione delle vie aeree.

Le proteasi contenute in vari tipi di allergeni inalanti hanno effetti pro infiammatori: possono danneggiare l’epitelio delle vie aeree e indurre le cellule epiteliali a produrre fattori proinfiammatori, che alla fine possono portare al rimodellamento delle vie aeree. Sembra che gli allergeni dei pollini siano più deboli nel danneggiare le vie aeree rispetto agli allergeni perenni come gli acari della polvere; inoltre i pazienti con asma bronchiale, sensibilizzati alle erbe infestanti e ai pollini, hanno pareti delle vie aeree più sottili e un FEF75/25 più elevato rispetto a quelli sensibilizzati agli acari della polvere domestica.

In questo studio si evidenziano differenze significative nei parametri funzionali respiratori tra i diversi gruppi di allergeni inalanti. In particolare il gruppo con polline aveva una funzione polmonare migliore rispetto agli altri tre gruppi. Ciò può essere causato dai seguenti aspetti: 1) diametri degli allergeni pollinici. Le particelle di polline, che di solito si depositano nelle vie aeree superiori, inducono nella maggior parte dei casi rinite allergica, mentre gli acari della polvere e i funghi, che sono piccole particelle che possono raggiungere le vie aeree profonde, inducono l’asma. Quando le particelle di polline si riducono di diametro a causa del vento, del clima umido o dei giorni di pioggia, entrano nel tratto respiratorio inferiore inducendo l’asma bronchiale; 2) i pollini sono allergeni stagionali, mentre acari della polvere, peli di animali e muffe sono allergeni perenni.

Un’altra evidenza di questo studio è che mediamente il gruppo con muffe aveva parametri funzionali respiratori peggiori di tutti i gruppi: verosimilmente perché causano anche un’infiammazione neutrofilica delle vie aeree mentre ad esempio gli acari e i pollini un’infiammazione eosinofilica. L’infiammazione neutrofila è probabilmente collegata all’asma più difficile da controllare.

Messaggio clinico: è importante sviluppare trattamenti individualizzati e programmi di follow-up per pazienti asmatici con diversi allergeni inalanti, e maggiore attenzione dovrebbe essere focalizzata sui cambiamenti nella funzione polmonare dei pazienti adulti con asma non sensibilizzato.

Nello studio di Ke et al. 3 gli autori hanno voluto mettere in correlazione i dati dell’emocromo con la prevalenza di asma e mortalità. Hanno usato il database NHANES. Nella fattispecie hanno valutato: il rapporto neutrofili-linfociti (NLR), il rapporto piastrine-linfociti (PLR), il rapporto monociti-linfociti (PLR), il rapporto monociti-linfociti (MLR), indice di risposta infiammatoria sistemica (SIRI) e indice immunitario/infiammatorio sistemico (SII) e prevalenza dell’asma utilizzando regressioni logistiche multiple.

Sono stati inclusi un totale di 48.305 partecipanti, con un’età media di 47,27 ± 0,18 anni e il 49,44% di sesso maschile. Tra questi, 6.403 partecipanti avevano l’asma, con una prevalenza del 13,28%. I decessi per tutte le cause e per malattie respiratorie ad un follow-up mediano di 8,2 anni (4,5, 12,8) sono stati rispettivamente 929 e 137. La prevalenza dell’asma è risultata essere positivamente associata a NLR, PLR, MLR, SIRI e SII; inoltre rispetto al quartile più basso, il quartile più alto di NLR (HR = 1.765 [1.378-2.262]), MLR (HR = 1.717 [1.316-2.241]), SIRI (HR = 1.796 [1.353-2.383]) e SII (HR = 1.432 [1.141-1.797]) era associato a un aumento del rischio di mortalità per tutte le cause. Queste associazioni erano più pronunciate nella mortalità per malattie respiratorie dei pazienti asmatici. L’analisi RSF (random survival forest analysis) ha mostrato che la MLR aveva il più alto valore predittivo per la mortalità per tutte le cause e per malattie respiratorie negli adulti con asma.

I risultati suggeriscono che i biomarcatori infiammatori derivati dall’emocromo sono associati a un rischio più elevato di mortalità per tutte le cause e per malattie respiratorie negli adulti con asma.

Nel complesso, gli autori sottolineano l’importanza di considerare lo stato infiammatorio espresso dai dati dall’emocromo come un fattore di rischio indipendente per la mortalità per tutte le cause e per malattie respiratorie nei soggetti con asma.

Nello studio, la conta dei globuli bianchi, dei neutrofili e dei monociti era significativamente associata ad una maggiore prevalenza di asma. Inoltre, i neutrofili e i monociti erano significativamente associati a un rischio più elevato di mortalità per tutte le cause e per malattie respiratorie confermando i dati di Girdhar et al. che avevano evidenziato come il numero totale di globuli bianchi nel plasma era correlato negativamente con la funzione polmonare nei pazienti asmatici I pazienti con asma persistente erano più anziani e avevano livelli più elevati di neutrofili nel sangue rispetto ai pazienti che avevano avuto una remissione clinica.

Gli indicatori derivati dall’emocromo sono marcatori che riflettono gli stati immunitario/infiammatorio cronici dell’organismo. Vi sono già dati ben definiti nella patologia COVID-relata.

Il discorso in asma è ancora da chiarire completamente: vi sono dati sul ruolo di NLR per le riesacerbazioni di asma, così come livelli SII più elevati aumentavano il rischio di mortalità nelle persone con asma.

In questo studio, NLR, MLR, SIRI e SII erano significativamente associati alla prevalenza dell’asma e aumentavano il rischio di mortalità per tutte le cause e per malattie respiratorie. Inoltre, la MLR è un predittore indipendente della prognosi nei pazienti con asma.

La MLR elevata indica un aumento dei monociti. I monociti promuovono i processi infiammatori differenziandosi in macrofagi o cellule dendritiche, possono compromettere la funzione polmonare e favorire l’asma.

MLR è emerso come il più significativo predittore di mortalità nei partecipanti con asma. Riflette l’interazione tra la risposta immunitaria innata e quella adattativa: livelli elevati sono indicativi di un aumento dell’infiammazione sistemica e di una disregolazione immunitaria.

In particolare nell’asma, MLR riveste un significato particolare grazie al suo potenziale ruolo nel catturare l’equilibrio dinamico tra monociti proinfiammatori e linfociti antiinfiammatori: valori MLR più elevati suggeriscono una risposta immunitaria distorta verso uno stato più proinfiammatorio.

Questa disregolazione del MLR può contribuire alla progressione dell’infiammazione, all’esacerbazione dell’iperreattività delle vie aeree e, in definitiva, all’aumento del rischio di mortalità nei pazienti asmatici.

Riferimenti bibliografici

  1. Xu H, Yew MS. Visual ordinal coronary artery calcium score from non-gated chest CT predicts mortality after severe chronic obstructive pulmonary disease exacerbation. Int J Chron Obstruct Pulmon Dis. 2023; 18:3115-3124. DOI
  2. Liu J, Qian X, Jie X, Jiang P. Effects of different inhalant allergens on lung functions in adult patients with bronchial asthma. Immun Inflamm Dis. 2023; 11:e1118. DOI
  3. Ke J, Qiu F, Fan W, Wei S. Associations of complete blood cell count-derived inflammatory biomarkers with asthma and mortality in adults: a population-based study. Front Immunol. 2023; 14:1205687. DOI

Affiliazioni

Francesco Bini

UOC Pneumologia, ASST Rhodense, P.O. di Garbagnate Milanese, Garbagnate Milanese (MI)

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2024

Come citare

Bini, F. (2024). BPCO, Asma e Malattie Allergiche. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 39(2), 66-68. https://doi.org/10.36166/4920-751
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