Fisiopatologia Respiratoria ed Esercizio Fisico
Abstract
È con grande piacere che, anche quest’anno, rinnoviamo l’appuntamento con la rubrica “Correva l’anno…”, un’occasione a noi molto cara per suggerire alcuni articoli della letteratura internazionale riguardanti la Fisiopatologia Respiratoria pubblicati nel corso del 2023. Gli articoli selezionati, non necessariamente i più importanti o “blasonati”, ci hanno fornito interessanti spunti di discussione e riflessione. Per questo speriamo che possano stimolare la curiosità e la voglia di approfondimento dei nostri lettori.
Articolo
È con grande piacere che, anche quest’anno, rinnoviamo l’appuntamento con la rubrica “Correva l’anno…”, un’occasione a noi molto cara per suggerire alcuni articoli della letteratura internazionale riguardanti la Fisiopatologia Respiratoria pubblicati nel corso del 2023. Gli articoli selezionati, non necessariamente i più importanti o “blasonati”, ci hanno fornito interessanti spunti di discussione e riflessione. Per questo speriamo che possano stimolare la curiosità e la voglia di approfondimento dei nostri lettori.
Il primo articolo che vogliamo proporre è stato pubblicato nel numero di settembre dell’American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine 1. Bhatt e colleghi hanno disegnato e condotto uno studio retrospettivo al fine di identificare vantaggi e svantaggi di una nuova classificazione spirometrica di severità della BPCO, denominata STaging of Airflow obstruction by Ratio (STAR), e basata sul rapporto FEV1/FVC invece che sul solo FEV1. Tale sistema risultava composto da quattro classi di gravità, ovvero:
- 0,60 ≤ FEV1/FVC < 0,70
- 0,50 ≤ FEV1/FVC < 0,60
- 0,40 ≤ FEV1/FVC < 0,50
- FEV1/FVC < 0,40
Applicando tale classificazione a due coorti di pazienti affetti da BPCO, per un totale di 12.149 pazienti seguiti per almeno cinque anni, gli autori sono giunti a conclusioni molto interessanti grazie all’analisi multivariata. Infatti, dopo normalizzazione per età, sesso, etnia e altezza, si è visto che entrambi i sistemi classificativi sono buoni predittori di mortalità, ma che ad ogni incremento di classe STAR vi era un consensuale peggioramento del grado di iperinflazione polmonare, a differenza della classe GOLD. Ciò ha portato gli autori a concludere che il sistema STAR sia vantaggioso rispetto al sistema GOLD perché non solo è sovrapponibile a questo in quanto a predizione di mortalità, ma fornisce maggiori indicazioni sul grado di iperinflazione dei pazienti. Alla luce di tali risultati, riteniamo che sia molto importante riflettere sulla classificazione spirometrica della gravità della BPCO, che ancora oggi è legata alla sola spirometria semplice. Il tentativo di Bhatt e colleghi è sicuramente un interessante passo avanti verso il raggiungimento di un sistema classificativo meno influenzato da fattori antropometrici (ricordiamo che il FEV1 è dipendente da sesso, altezza, peso ed etnia, e che le attuali equazioni di riferimento sono calcolate soprattutto su popolazioni caucasiche) e che possa dare informazioni cliniche di rilievo (d’altro canto, l’iperinflazione polmonare è uno dei meccanismi fondamentali dell’intolleranza all’esercizio fisico nei pazienti affetti da BPCO). Certo è che il sistema STAR è ancora dipendente dalla spirometria, la cui tecnica di esecuzione deve essere perfetta al fine di consentire una corretta classificazione del paziente. Eppure, nella real life, non sempre il paziente riesce ad effettuare un esame accettabile o più esami accettabili e riproducibili. Ciò pertanto sembrerebbe essere un limite che finora nessuno è riuscito a superare. In conclusione, la conferma dei risultati ottenuti da Bhatt e colleghi con nuovi trial prospettici potrebbe rispondere ad alcuni dei quesiti rimasti irrisolti e verificare la reale innovatività dello strumento STAR.
Il secondo articolo 2, invece, è stato pubblicato online su Chest nel luglio del 2023 ed ha mostrato dati riguardanti il rapporto fra soggetti affetti da BPCO, soggetti con evidenza di Preserved-Ratio Impaired Spirometry (PRISm) e progressione della fragilità lungo un intervallo temporale di circa 10 anni. In particolare, gli autori hanno considerato 5.901 pazienti che erano stati inclusi nella coorte English Longitudinal Study of Ageing. A seconda del pattern respiratorio basale, i pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi: pazienti con spirometria normale (NS), pazienti con PRISm e pazienti con BPCO. La progressione della fragilità è stata invece valutata attraverso misure ripetute dell’indice di fragilità (frailty index, FI) durante il follow-up. Di questi pazienti, 3.765 sono stati inclusi per la valutazione del rapporto fra progressione della fragilità e cambiamenti dello stato di PRISm. Tali cambiamenti sono stati valutati in base alle variazioni del pattern di funzionalità polmonare ad intervalli di quattro anni. Gli autori hanno dimostrato che i pazienti appartenenti ai gruppi PRISm e BPCO rispetto al gruppo NS, andavano incontro ad una progressione accelerata del FI, con un incremento addizionale su base annuale di 0,301 (95%, 0,211-0,392; P < 0,001) e di 0,172 (95% CI, 0,102-0,242; P < 0.001) rispettivamente. I pazienti che, al follow-up, passavano dal gruppo NS al gruppo PRISm, inoltre, avevano anch’essi una progressione accelerata del FI se comparati ai soggetti che permanevano nel gruppo NS. Di converso, non è stata identificata alcuna variazione nella velocità di progressione del FI in quei pazienti che transitavano dal gruppo PRISm al gruppo NS. Gli autori concludono che sia PRISm che BPCO siano significativamente associati ad incremento della velocità di progressione della fragilità, e che ulteriori studi sono necessari per chiarire le cause dell’associazione fra il pattern PRISm e la fragilità. Questo lavoro, benché abbia il limite del disegno osservazionale, dimostra in maniera chiara un’associazione fra PRISm, BPCO e fragilità, un tema estremamente attuale, date le previsioni future sulla mortalità e sulla morbilità della BPCO dei prossimi anni. In particolare, il pattern spirometrico PRISm è stato associato ad un outcome peggiore rispetto ai soggetti con spirometria normale, ma la sua reversione ad uno status di normalità si è accompagnata ad una consensuale riduzione della velocità di progressione della fragilità. Questo dato ci impone una riflessione necessaria sul ruolo del pattern PRISm e sulla possibilità di considerare questo reperto come un campanello d’allarme al fine di mettere in opera tutte le strategie disponibili per impedirne la degenerazione verso un pattern francamente ostruttivo.
Il terzo studio 3, invece, è stato pubblicato online dal Journal of Investigational Allergology and Clinical Immunology nel gennaio 2023 e ha investigato il rapporto fra il grado di iperinflazione polmonare misurata attraverso la pletismografia corporea e la malattia delle piccole vie aeree (SAD) valutata attraverso l’utilizzo dell’oscillometria ad impulsi (IOS) in pazienti affetti da asma severo. In particolare, gli autori hanno raccolto i dati del registro taiwanese degli asmatici gravi (Taiwan Severe Asthma Registry) includendo i pazienti che avevano effettuato sia la valutazione dei volumi polmonari statici tramite pletismografia, sia delle piccole vie aeree tramite IOS. Lo studio ha quindi incluso 107 pazienti affetti da asma severo, di cui 83 (77,6%) avevano un incremento del rapporto fra volume residuo e capacità polmonare totale (RV/TLC), che sono pertanto stati definiti come iperinflati. Confrontando i pazienti iperinflati con i non iperinflati, si è visto che al basale vi erano alcune differenze nelle caratteristiche demografiche (i primi avevano una percentuale maggiore di donne e un’età più avanzata, una frequenza maggiore del fenotipo late-onset e una minore percentuale di soggetti allergici). Inoltre, i pazienti iperinflati presentavano una funzionalità polmonare globale peggiore. Alla IOS, numerosi parametri sono stati in grado di predire la presenza di iperinflazione polmonare; fra questi, tuttavia, il più efficace è stato la reattanza a 5 Hz, sia in valore assoluto che espressa come percentuale rispetto al valore teorico. Questo studio, benché limitato dal disegno retrospettivo e dalla presenza di una scarsa numerosità campionaria, ha sottolineato l’importanza dell’iperinflazione statica nei pazienti affetti da asma severo, nei quali, a causa dell’infiammazione cronica, si può osservare un rimodellamento delle vie aeree con conseguenze fisiopatologiche spesso drammatiche. Ciononostante, non sempre è possibile effettuare una pletismografia corporea o un test di wash-out dell’azoto; al contrario, i dispositivi per la valutazione delle resistenze periferiche delle vie aeree sono ormai compatti e hanno un costo accessibile. Anche in questo caso, ulteriori studi saranno necessari per confermare i risultati ottenuti e ottenere nuove informazioni sulla SAD nei pazienti asmatici e sull’impatto che i farmaci biologici possono avere su questo aspetto, spesso poco considerato nelle fasi di diagnosi e, soprattutto, nel follow-up dei pazienti affetti da asma severo. In definitiva, avere a disposizione metodiche semplici, affidabili e ripetibili quali la IOS può aiutarci a migliorare la nostra comprensione delle malattie respiratorie ostruttive e fornire nuovi biomarker di monitoraggio delle terapie farmacologiche.
Riferimenti bibliografici
- Bhatt SP, Nakhmani A, Fortis S. FEV1/FVC severity stages for chronic obstructive pulmonary disease. Am J Respir Crit Care Med. 2023; 208:676-684. DOI
- He D, Yan M, Zhou Y. Preserved ratio impaired spirometry and COPD accelerate frailty progression: evidence from a prospective cohort study. Chest. 2024; 165:573-582. DOI
- Yen-Jung L, Hsin-Kuo K, Sheng-Wei P. Airway reactance predicts static lung hyperinflation in severe asthma. J Investig Allergol Clin Immunol. 2024; 34:106-117. DOI
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