Documento
Pubblicato: 2018-12-15

Unità di Terapia Intensiva Respiratoria: update 2018

Pneumologia e Fisiopatologia Toracopolmonare, Terapia Intensiva Pneumologica, Dipartimento Cardiotoracovascolare, AOU Careggi, Firenze
UOC Fisiopatologia Respiratoria, Ospedale-Università di Padova, Padova
UOC Pneumologia e UTIR, AO di Perugia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Perugia
OUSD Terapia Sub-Intensiva Respiratoria, S.T.I.R.S., A.O. San Camillo Forlanini, Roma
UO Riabilitazione Specialistica Pneumologica, IRCCS Istituti Clinici Maugeri, Istituto Scientifico di Pavia, Pavia
UOC Pneumologia e UTIR, P.O. Madonna delle Grazie, Matera
UO Riabilitazione Specialistica Pneumologica, IRCCS Istituti Clinici Maugeri, Istituto Scientifico di Pavia, Pavia
UOC di Malattie dell’Apparato Respiratorio, AOU Policlinico di Modena, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena
SC Pneumologia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, Ospedale di Cattinara, Trieste
Unità Operativa Complessa di Broncopneumologia, Area Semintensiva Pediatrica Respiratoria, UOS Medicina del Sonno e Ventilazione a Lungo Termine, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma
UOC Pneumologia e UTIR, AO di Perugia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Perugia
S.C. Pneumologia e UTIR, ASST Mantova Carlo Poma, Ospedale di Mantova, Mantova
UO Terapia Intensiva Respiratoria, UTIR, ARNAS Civico Di Cristina Benfratelli, Palermo
Già Servizio Terapia Intensiva Respiratoria (STIRS), AO S. Camillo-Forlanini, Roma
Unità Operativa Complessa di Broncopneumologia, Area Semintensiva Pediatrica Respiratoria, UOS Medicina del Sonno e Ventilazione a Lungo Termine, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma
SC Pneumologia, Ospedale di Imperia, ASL 1 Imperiese, Imperia
UOC Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria, AOU Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
UOC Pneumologia e UTIP, Azienda USL Toscana Sud Est, PO San Donato, Arezzo
UOSC Pneumologia 1, AORN “A. Cardarelli”, Napoli
iabilitazione Respiratoria e Centro di Svezzamento, Centro Clinico di Riabilitazione Multispecialistico Auxilium Vitae, Volterra (PI)
UOC Fisiopatologia Respiratoria, Ospedale-Università di Padova, Padova
UO Riabilitazione Pneumologica, IRCCS Istituti Clinici Maugeri, Istituto Scientifico di Lumezzane, Lumezzane (BS)
Centro Pneumologico Sesto Fiorentino, Firenze
Terapia intensiva respiratoria Livelli di cura Insufficienza respiratoria acuta Modello organizzativo Aspetti economici Esiti di trattamento

Abstract

Il presente Documento sulle Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) è un aggiornamento delle precedentiedizioni pubblicate su “Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio” nel 1994 e 2004, rispettivamente.
Nel Documento sono confermati i tre differenti livelli di cura per i pazienti respiratori critici (Unità di Monitoraggio, Unità di Terapia Intermedia, UTIR) e aggiornati i criteri per l’ammissione in UTIR e le condizioni cliniche che necessitano invece di trattamento in Terapia Intensiva Generale. I modelli organizzativi delle UTIR e delle Pneumologie sono eterogenei a livello nazionale e dipendono dal tipo di organizzazione della realtà ospedaliera locale.
La necessità di aggiornare i contenuti del Documento pubblicato nel 2004, considerando il quadro sanitario di riferimento attuale, ha spinto l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) a proporre il presente Documento. Le novità contenute in questo aggiornamento rispetto al documento precedente riguardano l’inclusione di alcune nuove tecniche entrate a far parte delle attività svolte in Terapia Intensiva Respiratoria, nonché di nuovi capitoli quali la palliazione e fine vita, la riabilitazione respiratoria nel paziente critico e il ruolo della medicina di transizione in UTIR.
L’attuale Documento fornisce inoltre dettagli aggiornati per la gestione di qualità all’interno di queste strutture e riporta i dati della recente letteratura inerente le problematiche del rapporto costo-beneficio, costo-utilità e dell’outcome.

Introduzione e razionale

In più di 50 anni la pratica della medicina critica si è diffusa in ogni paese a livello mondiale 1. In Europa esiste una grande variabilità riguardo la diffusione e la distribuzione delle cure intensive con un numero medio di posti letto (pl) stimato di 11,5 pl/100.000 abitanti 2 rispetto ai 28 degli Stati Uniti 3. In Italia il numero di pl per pazienti critici riportato in letteratura è di 12,5 2. Il secondo censimento delle Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) in Italia promosso dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) e relativo all’anno 2007 riporta la presenza di 44 Unità sul territorio nazionale 4 5. Nell’ultimo censimento nazionale dell’AIPO viene riportato che il numero di pl di cure respiratorie per pazienti critici relativo all’anno 2012 è di 0,8 6 contro un fabbisogno stimato di 1-2/100.000 abitanti 7. La carenza attuale di pl unitamente alla documentata disomogeneità della collocazione delle UTIR sul territorio nazionale 4-6 è in contrasto con quanto affermato nel Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 dove veniva enfatizzata l’efficacia delle UTIR nella gestione completa del paziente respiratorio critico, con possibilità di ridurre l’occupazione di pl in reparti di rianimazione e riduzione dei costi di gestione del paziente con insufficienza respiratoria 8.

Nell’ultimo censimento nazionale dell’AIPO viene riportato che il numero di posti letto di cure respiratorie per pazienti critici relativo all’anno 2012 è di 0,8 contro un fabbisogno stimato di 1-2/100.000 abitanti.

D’altra parte l’aumentata necessità di applicazione della ventilazione meccanica non invasiva (NIV) in acuto, legata all’incremento della patologia respiratoria cronica, e l’impossibilità delle UTIR di far fronte al trattamento per il numero limato di pl o per l’assenza delle unità specialistiche di riferimento, hanno determinato verosimilmente l’estensione del setting di applicazione della NIV in reparti ordinari e strutture non-pneumologiche.

La percentuale di spese sanitarie dedicate alle cure intensive varia dal 2,5% del prodotto interno lordo in Olanda all’1% nel Regno Unito 9. Una strategia per contenere gli alti costi delle cure intensive è fornire livelli di cure differenziati a seconda del grado di criticità dei pazienti 10-13. Nell’ambito dei livelli di cura differenziati rientrano a pieno titolo le UTIR dedicate al trattamento dei pazienti con Insufficienza Respiratoria Acuta (IRA) o Acuta su Cronica (IRAC). Nel 1994 e nel 2004 sono stati pubblicati sulla rivista “Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio” il primo Documento sulle “Unità di Terapia Intensiva Respiratoria” elaborato dal Gruppo di Studio (GdS) AIPO “Riabilitazione e Terapia Intensiva” 14 e un successivo update dello stesso documento 7. Nell’update del 2004, recependo le indicazioni della task force della European Respiratory Society (ERS) 15, venivano proposti per i pazienti respiratori critici tre differenti livelli di cure (Unità di Monitoraggio o UM, Unità di Terapia Intermedia, Unità di Terapia Intensiva) a seconda del grado di criticità con diversi standard quantitativi e qualitativi per le risorse umane (personale medico e infermieristico) e tecnologiche dedicate.

Queste pubblicazioni sulle UTIR 7 14 15 hanno rappresentato sicuramente uno stimolo decisivo allo sviluppo in Italia di tali unità di monitoraggio e cura per pazienti con IRA ed IRAC 4 16. Un’indagine informale a livello europeo segnalava che l’Italia era il Paese con il maggior numero di UTIR di tutto il continente 17. Il secondo censimento nazionale dell’AIPO ha identificato le UTIR esistenti nel 2007 e ne ha descritto le caratteristiche organizzativo-strutturali, gli interventi eseguiti, la tipologia e gli outcome dei pazienti ammessi 4. Rispetto al primo censimento eseguito nel 1997 16, le UTIR sono aumentate in numerosità per quanto riguarda tutti i livelli di cura; tuttavia lo sviluppo maggiore si è registrato per le UM e i modelli organizzativi delle unità censite sono risultati eterogenei a livello nazionale e dipendenti dal tipo di organizzazione della realtà locale ospedaliera. Il modello organizzativo più diffuso è risultato essere quello di UTIR ubicate all’interno di un reparto pneumologico rispetto a quello di strutture autonome, organizzate all’interno di ospedali per acuti 4.

La complessità degli interventi eseguiti in UTIR è sensibilmente incrementata negli ultimi 15 anni, dalla maggiore estensione della NIV fino a metodiche di ultrafiltrazione, rimozione extracorporea dell’anidride carbonica (ECCO2R) e ossigenoterapia umidificata e riscaldata ad alti flussi (High Flow Oxygen Therapy, HFOT) grazie alle accresciute competenze degli pneumologi in alcune UTIR a conduzione pneumologica 18-22.

Allo stato attuale la legislazione nazionale non prevede unità specialistiche respiratorie tra le unità intensive o semi-intensive propriamente dette 23 24. Nonostante questa carenza legislativa, le UTIR, pur con evidenti diversità strutturali ed organizzative, hanno conseguito in diversi centri italiani un riconoscimento formale di tipo aziendale e/o regionale. AIPO stessa ha incluso l’UTIR tra le componenti da accreditare come Unità Operativa (UO) pneumologica di terzo livello 25.

Un aspetto rilevante dell’attività delle UTIR è la scarsa remunerazione dei ricoveri basata sul sistema DRG (Diagnosis Related Group) e la concomitante limitazione di risorse assegnate 26. L’attuale applicazione del sistema DRG per la valutazione dell’attività assistenziale svolta in UTIR comporta una notevole sottostima del consumo delle risorse impiegate rispetto al bisogno assistenziale della casistica trattata. Anche se i costi per la gestione dell’IRAC sono più bassi in UTIR che in Unità di Terapia Intensiva Generale (UTIG) 11, il sistema di codifica secondo DRG penalizza il rimborso per la NIV, con un mancato riconoscimento formale del “peso” della NIV e di altri nuovi supporti tecnologici quali la HFOT e la decapneizzazione, nella codifica degli interventi eseguiti per il trattamento di IRA e IRAC.

Il ruolo degli pneumologi nell’esecuzione di tali attività non appare codificato perché in ambito specialistico post laurea non esiste una formazione ad hoc per lo pneumologo in Intensivologia Respiratoria 27 28. La mancanza di una formazione accademica specifica può avere delle ripercussioni sul ruolo che lo pneumologo deve occupare nel governo clinico del paziente respiratorio critico come suggerito dalla Respiratory Critical Care HERMES (Harmonised Education in Respiratory Medicine for European Specialists) task force 29. Un altro fattore che potrebbe avere un impatto negativo sul ruolo dello specialista pneumologo nell’ambito dell’intensivologia respiratoria scaturisce dal nuovo modello manageriale degli ospedali per intensità di cura. Questo modello prevede una strutturazione delle attività ospedaliere in aree differenziate secondo le modalità assistenziali, l’intensità delle cure, la durata della degenza ed il regime di ricovero, superando così l’articolazione per reparti differenziati secondo la disciplina specialistica. In questo modello, scientificamente non validato, la UTIR viene inglobata nel livello unificato dell’alta intensità che comprende la terapia intensiva e subintensiva 30.

Le novità tecnologiche sviluppate negli ultimi decenni e le nuove problematiche emergenti parallelamente all’aumentata expertise nella pratica clinica dello pneumologo hanno reso necessario un nuovo update del documento precedente sulle UTIR.

Le novità tecnologiche sviluppate negli ultimi decenni per la diagnosi e cura dei pazienti critici respiratori (ecografia, HFOT, decapneizzazione, metodiche di ultrafiltrazione) e le nuove problematiche emergenti per quanto concerne la cura dei pazienti acuti e/o cronicamente critici parallelamente all’aumentata expertise nella pratica clinica dello pneumologo hanno reso necessario un nuovo update del documento precedente sulle UTIR 7 14.

L’interesse per la cura e il monitoraggio del malato critico respiratorio in questo periodo di grande trasformazione dell’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) deve rafforzare il ruolo delle UTIR per ampliare la rete della Pneumologia con competenze intensivologiche nella realtà italiana.

Metodi

Composizione del gruppo di lavoro e preparazione del manoscritto

Il gruppo di lavoro del presente documento ha coinvolto clinici ed esperti nell’ambito della terapia intensiva respiratoria appartenenti ad AIPO. I membri del gruppo di lavoro hanno aderito all’iniziativa promossa dal GdS AIPO “Terapia Intensiva Respiratoria” confermando la loro adesione per e-mail. La riunione iniziale del gruppo di lavoro si è svolta a Milano nel luglio 2016 con partecipazione diretta o tramite webinar della maggior parte dei componenti. Nella riunione sono stati identificati due coordinatori responsabili dell’intera stesura del documento e il piano editoriale con i rispettivi capitoli. La stesura di ogni capitolo è stata affidata ad un coordinatore e uno o più estensori in base alla loro maggiore competenza. Il verbale della riunione unitamente al piano editoriale è stato diffuso a tutti i membri del GdS “Terapia Intensiva Respiratoria” tramite e-mail.

Nel gennaio 2017 sono stati completati i vari capitoli. I due coordinatori del documento hanno revisionato i singoli capitoli e le criticità emerse sono state discusse e condivise per via telefonica e/o e-mail con i coordinatori dei singoli capitoli. Nel novembre 2017 è stata realizzata la prima versione completa del documento, inviato successivamente via e-mail a tutti i membri del gruppo di lavoro per la condivisione dello stesso.

Revisori esterni

Il documento è stato revisionato nel gennaio e settembre 2018 da due esperti internazionali in terapia intensiva respiratoria, Nicolino Ambrosino e Stefano Nava.

Metodologia della ricerca bibliografica

La ricerca bibliografica per il presente documento è stata condotta tramite i database di PubMed National Library, Embase e Google Scholar Beta, utilizzando le parole chiave principali rappresentate da “terapia intensiva respiratoria, livelli di cura, insufficienza respiratoria, modello organizzativo, aspetti economici” e parole chiave specifiche per ogni capitolo del documento. La ricerca si è focalizzata su riviste pubblicate in lingua italiana ed inglese, senza alcun limite sul tipo di pubblicazione. Sono stati acquisiti globalmente 250 articoli, e da questi sono stati selezionati quelli considerati più appropriati e rilevanti per l’update del documento. Gli Autori di questo articolo sono esperti nel settore della terapia intensiva e degli argomenti trattati nel testo, pertanto i commenti sono basati sia sull’interpretazione delle evidenze disponibili in letteratura che sulla loro personale esperienza.

Conflitto di interesse

A tutti i membri del gruppo di lavoro è stato chiesto di dichiarare e sottoscrivere un format relativo al possibile conflitto di interesse, riportato alla fine del documento.

Definizione e livelli di cura

Rispetto alle precedenti versioni del documento 7 14 viene allargata la definizione di UTIR in considerazione dello spettro più ampio di patologie afferenti e dei recenti arricchimenti tecnologici di supporto non ventilatorio del paziente critico respiratorio.

Rispetto alle precedenti versioni del documento viene allargata la definizione di UTIR in considerazione dello spettro più ampio di patologie afferenti e dei recenti arricchimenti tecnologici di supporto non ventilatorio del paziente critico respiratorio.

L’UTIR viene definita come “un’area specialistica pneumologica di monitoraggio e di trattamento dei pazienti affetti da IRA da causa polmonare ed extra-polmonare e/o da Insufficienza Respiratoria Cronica Riacutizzata (IRCR), dove vengono comunemente impiegate tecniche di monitoraggio prevalentemente non invasive e dove viene preferenzialmente, ma non esclusivamente, impiegata la ventilazione meccanica non invasiva da sola o integrata con tecniche di supporto non-ventilatorio (es. broncoscopia, HFOT, decapneizzazione e ultrafiltrazione). Il trattamento anche di concomitante insufficienza di altri organi è assicurato nelle unità a più alta intensità di cura. In UTIR troveranno accoglienza inoltre pazienti in fase di prolungato e/o difficile svezzamento dalla ventilazione meccanica di provenienza dalle UTIG che necessitino ancora di monitoraggio e/o di interventi intensivi, e pazienti già svezzati ma portatori di cannula endotracheale della quale vada valutata la possibilità di rimozione. La preparazione alla dimissione di pazienti stabilizzati con parziale o totale dipendenza dalla ventilazione meccanica rientra nelle attività delle UTIR anche con l’ausilio di sistemi di tele-sorveglianza”.

In questo documento sono confermati i tre livelli di assistenza definiti nella versione precedente in base a: 1) rapporto infermiere-paziente; 2) interventi eseguiti con aggiornamento della dotazione strumentale; 3) criteri di ammissione dei pazienti (Tabella I). Il primo livello corrispondente alle Unità di Monitoraggio (UM) si caratterizza per un rapporto infermiere/paziente compreso tra 1:5 e 1:6 31 e per l’utilizzo routinario di monitoraggio non invasivo. In questa unità è possibile effettuare la NIV nei pazienti con acidosi respiratoria di grado lieve-moderato (Figura 1) e ventilazione invasiva esclusivamente nei pazienti tracheostomizzati stabili in attesa della dimissione domiciliare.

Sono confermati i tre livelli di assistenza definiti nella versione precedente in base a: 1) rapporto infermiere-paziente; 2) interventi eseguiti con aggiornamento della dotazione strumentale; 3) criteri di ammissione dei pazienti.

Il secondo livello corrispondente alle Unità di Terapia Intensiva Intermedia Respiratoria (UTIIR) si caratterizza per un rapporto infermiere/paziente di almeno 1:4, per il trattamento dello scompenso prevalente ma non esclusivo del sistema toraco-polmonare, per l’uso routinario di tecniche di monitoraggio e ventilazione non invasive e per l’uso di ventilazione meccanica invasiva quando necessario (Figura 1). Il terzo livello corrisponde all’Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR), caratterizzata da un rapporto infermiere/paziente > 1:3, dalla possibilità di trattare l’insufficienza respiratoria di qualsiasi livello di gravità con metodiche ventilatorie invasive e non invasive e l’eventuale insufficienza simultanea di più organi con presidi farmacologici e non (es. ultrafiltrazione) (Figura 1). La disponibilità di fisioterapisti e di OSS (Operatore Socio-Sanitario) dedicati contribuisce a rendere elevato il grado di prestazioni terapeutiche e di assistenza di base rispettivamente.

L’aumento delle competenze in alcune UTIIR e UTIR negli ultimi anni, dimostrato dalla capacità di gestire patologie sempre più complesse con migliorati indici di outcome 32, e la crescita del bagaglio tecnico e delle skill dello pneumologo che lavora in queste unità di cura (es. ecografia, autonoma gestione delle vie aeree, sedazione farmacologica, incannulazione vasi centrali, broncoscopia) 18-21, unitamente alla disseminazione di programmi formativi avanzati da parte di AIPO (CASiTIR, Corsi Avanzati di Simulazione in Terapia Intensiva Respiratoria) 33 e dell’ERS (progetto HERMES) 29 hanno spinto gli Autori del documento a considerare una futura revisione dei livelli di cura tradizionali delle UTIR limitandola a due livelli di cura (UTIR e UTIIR). Questa stratificazione comporterebbe la scomparsa delle UM in analogia con quanto proposto da altre branche specialistiche 34 35.

Tipologia di pazienti da ammettere in unità di cure intensive respiratorie e criteri di ammissione

La missione delle unità di cure intensive respiratorie (UM, UTIIR, UTIR) è di offrire un monitoraggio e trattamento ventilatorio a pazienti con IRA con un livello di gravità e complessità variabile secondo la tipologia, le competenze, le risorse umane e la ubicazione delle unità stesse. Pertanto, se l’intensità di cura garantita da UTIIR e UM ricade in un livello “intermedio” tra quello erogabile dalle UTIG e quello fornito dal reparto di degenza ordinario, le UTIR invece sono in grado di offrire un livello di complessità assistenziale più alto dello scompenso ventilatorio.

L’insufficienza respiratoria acuta, specie nelle patologie croniche in fase di riacutizzazione, costituisce il motivo più frequente di ammissione nelle UTIG tra le cause mediche 36 37; tuttavia un basso performance status, la presenza di malattia in fase terminale e/o di condizioni non sufficientemente gravi da essere appropriate per cure intensive rappresentano fattori limitanti all’ammissione nelle UTIG 38.

Il ricovero in UTIR di pazienti con grave riacutizzazione di Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) consente di ottenere risultati di outcome sovrapponibili alle UTIG con minori costi di gestione legati prevalentemente al setting, al trattamento ventilatorio e monitoraggio cardiorespiratorio di tipo non invasivo 11 39.

La categoria di pazienti candidati al ricovero in unità di cure intensive respiratorie dipende dai seguenti fattori: 1) dal livello di intensità di cura fornito dalla struttura (UTIR, UTIIR, UM); 2) dalla funzione che la struttura svolge per il governo clinico dell’IRA nel contesto dell’ospedale o struttura sanitaria in cui è ubicata (step-up dai reparti di degenza ordinaria e medicina d’urgenza, step-down dalle UTIG, centro di svezzamento dalla ventilazione meccanica); 3) dall’esperienza del team nel trattare livelli di complessità crescenti di insufficienza respiratoria con tecniche ventilatorie non invasive e invasive (Tabelle II e III) 7 15 36.

A seconda del livello di cura erogabile dalle unità di cura respiratorie (da UM a UTIR), la tipologia dei pazienti ammessi avrà caratteristiche rispettivamente più vicine al reparto ordinario o alle UTIG.

Pertanto, a seconda del livello di cura erogabile dalle unità di cura respiratorie (da UM a UTIR), la tipologia dei pazienti ammessi avrà caratteristiche rispettivamente più vicine al reparto ordinario o alle UTIG.

Tra le condizioni di step-up consideriamo i pazienti respiratori critici con caratteristiche di acuzie afferenti all’UTIR e provenienti da:

  1. Pronto Soccorso;
  2. letti di degenza ordinaria pneumologica;
  3. altri reparti medici o chirurgici ordinari (es. medicine interne).

Tra le situazioni di step-down consideriamo i pazienti con problematiche respiratorie che hanno già avuto un trattamento intensivo, ma nei quali persistono problematiche critiche non ancora risolte o pazienti non ancora sufficientemente stabilizzati che pertanto necessitano di un approccio intensivo o semi-intensivo respiratorio specializzato e provenienti da:

  1. UTIG (es. per svezzamento da ventilazione meccanica, tracheotomia, ecc.);
  2. unità di terapia intensiva specialistica medica o chirurgica necessitanti di gestione specialistica pneumologica.

La prognosi dei pazienti ammessi in UTIR per step-up da reparti medici ordinari è peggiore di quella di pazienti ricoverati in step-down dalle UTIG per il ritardo con cui viene applicato un adeguato trattamento ventilatorio non invasivo 40.

Pur essendo la NIV ampiamente impiegata al di fuori delle UTIR, la scelta del setting dove trattare il paziente con IRA non può prescindere dall’esperienza maturata nel tempo e dalle competenze del team pneumologico 32 41. Quantificare l’esperienza e le competenze del team non è semplice sia per le differenti capacità individuali dei singoli componenti del team sia per il turn over del personale. Queste due componenti, unitamente all’applicazione tardiva e/o inappropriata della NIV e all’eterogeneità delle figure mediche non specialistiche responsabili del trattamento 42, possono avere importanti ripercussioni negative sull’outcome. Infatti, il numero dei casi trattati, gli anni di esperienza del team, la condivisione di protocolli interni e l’aggiornamento continuo del personale rappresentano fattori che migliorano l’outcome dell’applicazione della NIV 43 44.

Le caratteristiche dei pazienti ammessi in UTIR si sono modificate con un incremento dei casi di IRA ipossiemica “de novo” e di malattie polmonari restrittive da neuromiopatie, sindrome obesità-ipoventilazione e da pneumopatie interstiziali fibrosanti.

Dati epidemiologici dimostrano che le caratteristiche dei pazienti ammessi in UTIR si sono modificate con una riduzione dei casi di riacutizzazione di BPCO e di insufficienza respiratoria ipercapnica a favore di un incremento dei casi di IRA ipossiemica “de novo” e di malattie polmonari restrittive da neuromiopatie, sindrome obesità-ipoventilazione e da pneumopatie interstiziali fibrosanti 5. La riduzione dei casi di riacutizzazione di BPCO è verosimilmente legata al fatto che, con l’estensione dell’applicazione della NIV in altri setting di cura (quali i dipartimenti di accettazione ed emergenza, letti di monitoraggio post-operatori e di degenza ordinaria), questi pazienti vengono trattati al di fuori della terapia intensiva 45.

L’applicazione della NIV al di fuori delle UTIG e delle UTIR 39 46-48 risulta tuttora controversa e caratterizzata da un successo variabile dipendente principalmente dalla gravità della malattia e dalla tipologia dei pazienti trattati 49. Alcuni studi hanno dimostrato infatti che l’applicazione precoce della NIV in reparti di degenza ordinaria 49 50 e in medicina d’urgenza 51 tramite l’attivazione di un Medical Emergency Team (MET) risulta efficace e sicura prevenendo l’ammissione in terapia intensiva. Questi studi sono stati condotti in ospedali in cui non erano presenti unità di cure intensive respiratorie 49 50; pertanto questa esperienza non può essere generalizzata e i pazienti da trattare al di fuori dalle terapie intensive dovrebbero essere appropriatamente selezionati e monitorizzati 50.

La gestione dell’IRA in medicina d’urgenza e l’attivazione di MET itinerante nei reparti ordinari presentano inoltre alcune criticità legate alla breve durata di stazionamento dei pazienti e a uno sfavorevole rapporto infermiere-paziente 36 (Figura 2).

Criteri di dimissione dalle unità di cure intensive respiratorie

La dimissione diretta del paziente a domicilio dalle UTIR, come per le UTIG, è un atto improprio. Una volta stabilizzata la condizione clinica del paziente si dovrebbe trasferire il processo di cura presso un’unità a minor attività assistenziale (degenza ordinaria) o centri di svezzamento prolungato.

La dimissione di un paziente dopo un periodo di trattamento intensivo rappresenta una fase estremamente delicata che può incidere profondamente sull’outcome futuro.

La dimissione di un paziente dopo un periodo di trattamento intensivo non può essere considerata un semplice atto amministrativo, ma rappresenta una fase estremamente delicata che può incidere profondamente sull’outcome futuro del paziente 52.

I criteri che suggeriscono la dimissione dalle unità di cure intensive respiratorie sono:

  1. completo o parziale svezzamento dalla ventilazione meccanica con buona autonomia respiratoria 7 53 in caso di pazienti ventilati;
  2. non necessità di monitoraggio cardio-respiratorio continuo;
  3. condizioni generali stabili, sia dal punto di vista emodinamico (assenza di aritmie o scompenso cardiaco non controllati) che termico;
  4. emogasanalisi (EGA) arteriosa stabile da almeno 24 ore.

Per i pazienti tracheostomizzati, laddove risulti possibile, è opportuno procedere alla decannulazione prima della dimissione.

I pazienti che dopo un episodio acuto hanno necessità di un supporto ventilatorio continuo o intermittente vengono considerati “cronicamente dipendenti dal ventilatore” 54-56. Questi soggetti hanno poche probabilità di essere svezzati successivamente, per cui si dovrà valutare l’opportunità di rinunciare al tentativo di svezzamento, che risulterebbe estremamente difficile, e provvedere ad una adeguata assistenza ventilatoria.

Una volta che il paziente soddisfa i criteri per la dimissione sopra indicati occorrerà programmare, in accordo con il paziente stesso e/o i caregiver, il momento opportuno per il trasferimento in reparto di degenza ordinaria o ad altra struttura (strutture riabilitative, centro di svezzamento dalla ventilazione meccanica, reparto di lungo degenza o residenze protette) in rapporto alle condizioni cliniche, alle necessità assistenziali ed alla valutazione sociale. Il trasferimento diretto dall’UTIR al domicilio andrebbe riservato a casi particolari dove è stata evidenziata una forte motivazione del paziente e/o dei caregiver in presenza di assistenza e supporti adeguati.

Per la scelta del setting sono di fondamentale importanza:

  1. il livello dei bisogni assistenziali;
  2. gli obiettivi terapeutici delineati.

In caso di pazienti dimessi con tracheotomia con necessità di aspirazione periodica e/o ventilazione meccanica occorre che il paziente e i caregiver abbiano avuto un’appropriata formazione che dovrebbe risultare da un resoconto scritto delle attività formative effettivamente eseguite presso la UTIR 57 58.

È fondamentale, prima della dimissione, programmare l’inizio o la prosecuzione di un trattamento di riabilitazione respiratoria, a domicilio e/o in centri dedicati, che consenta di proseguire il recupero funzionale del paziente al termine del trattamento dell’acuzie 59.

Modello organizzativo

Il modello organizzativo deve necessariamente rispecchiare i 3 livelli di cura (intensivo, intermedio, monitoraggio) 15.

Struttura

Unità di monitoraggio

Dovrebbe articolarsi su di un modello di 4-6 pl nell’ambito della U.O. di Pneumologia di un ospedale per acuti nel quale è obbligatoria la presenza di una UTIG per il trattamento dei pazienti che necessitano di ventilazione o di monitoraggio invasivo. L’UM potrebbe fungere da unità di step-up per il trattamento con NIV di pazienti con IRAC di grado lieve-moderato (Figura 1), e da unità di step-down per i pazienti dimessi dalla UTIG, dalla UTIR o dalla UTIIR (a seconda del livello organizzativo dell’ospedale per la specifica funzione) che necessitano di un ulteriore periodo di monitoraggio non invasivo 15.

Unità di Terapia Intensiva Intermedia Respiratoria

Dovrebbe articolarsi su di un modello di 4-8 pl nell’ambito del Dipartimento Toracico o Cardiotoracico o di Pneumologia, a seconda del livello organizzativo legato alle diverse situazioni locali.

L’UTIIR dovrebbe essere caratterizzata da un più alto grado di autonomia rispetto all’UM a causa del più alto livello di cure, di dotazione strumentale e di esperienza dello staff medico.

Questa unità dovrebbe essere caratterizzata da un più alto grado di autonomia rispetto all’UM a causa del più alto livello di cure, di dotazione strumentale e di esperienza dello staff medico. Di conseguenza dovrebbero essere ammessi a questa unità pazienti con IRAC di qualsiasi grado ad eccezione dei pazienti intubati. Inoltre potrebbero essere ammessi in questa unità pazienti respiratori critici con difficoltà di svezzamento dalla ventilazione meccanica 15. Questa funzione permetterebbe di liberare pl delle UTIG per un uso più appropriato degli stessi 53.

Il numero di pl ottimale è di: a) 4-6 per ospedali di più di 500 letti; b) 8 letti per ospedali con più di 1.000 letti, oppure 1-2 letti per 100.000 abitanti 7.

Le caratteristiche architettoniche e logistiche dell’UTIIR sono riportate nell’Allegato 1.

Unità di Terapia Intensiva Respiratoria

Dovrebbe essere una unità autonoma articolata su di un modello di 4-8 pl nell’ambito del Dipartimento Toracico o Cardiotoracico o di Pneumologia a seconda del livello organizzativo legato alle diverse situazioni locali.

L’UTIR deve essere in grado di trattare l’insufficienza respiratoria di qualsiasi livello di gravità con ventilazione meccanica invasiva e non invasiva, a eccezione dei quadri di IRA associati a politrauma, MOF, shock cardiogeno e grave ipossiemia refrattaria.

Questa unità deve essere in grado di trattare l’insufficienza respiratoria di qualsiasi livello di gravità con ventilazione meccanica invasiva e non invasiva 15, a eccezione dei quadri di IRA associati a politrauma, MOF, shock cardiogeno con necessità di contropulsazione aortica e grave ipossiemia refrattaria che necessita di trattamento con ECMO (Figura 1). Queste condizioni richiedono necessariamente il trattamento in UTIG. Negli ultimi anni alcune UTIR trattano pazienti contemporaneamente affetti da insufficienza renale acuta supportata dall’utilizzo di tecniche specifiche quali l’emofiltrazione e la dialisi con il supporto di rianimatori e nefrologi. Infine, come dimostrato dalla recente letteratura, alcuni centri sono in grado di applicare tecniche sperimentali quali la ECCO2R 19 21.

Il numero di pl ottimale è di 4-8 letti per area vasta tranne in caso di diversa organizzazione legata a situazioni locali 7.

Le caratteristiche architettoniche e logistiche dell’Unità di Terapia Intensiva Respiratoria sono riportate nell’Allegato 1.

La responsabilità delle tre unità di cura spetta ad uno pneumologo con profonde conoscenze di terapia intensiva e di fisiopatologia respiratoria, mentre l’organizzazione delle UTIR deve essere subordinata e coordinata con le altre iniziative intraospedaliere e territoriali inerenti la specialità 7.

Strumentazione

Ogni pl delle tre unità deve essere dotato di attacchi per O2, vuoto e aria compressa, luci e prese con attacchi universali (Allegato 1).

Ogni posto letto delle tre unità deve essere dotato di attacchi per O2, vuoto e aria compressa, luci e prese con attacchi universali.

Inoltre ogni letto nei tre livelli di cura deve essere attrezzato per il monitoraggio non invasivo di:

  1. frequenza respiratoria;
  2. pulsossimetria (con memoria e possibilità di stampa);
  3. pressione arteriosa sistemica;
  4. elettrocardiogramma (ECG).

UTIR e UTIIR devono inoltre avere in dotazione almeno una unità strumentale per:

  1. EGA;
  2. fibrobroncoscopia;
  3. ecografia multifunzione;
  4. HFOT.

L’UTIR dovrebbe avere in dotazione almeno un’unità strumentale per:

  1. apparecchiatura per emofiltrazione ed emodialisi;
  2. unità di ECCO2R. Attrezzature opzionali per UTIR e UTIIR:
  3. monitoraggio invasivo della meccanica respiratoria (catetere-palloncino esofageo e gastrico);
  4. monitoraggio invasivo emodinamico (monitoraggio invasivo della pressione arteriosa, pressione venosa centrale, catetere di Swan-Ganz, gittata cardiaca, saturazione % Hb del sangue venoso misto).

Per le UM l’emogasanalizzatore, il fibrobroncoscopio e l’ecografo possono essere anche disponibili al di fuori dell’unità stessa, ma nel reparto di pneumologia annesso.

Per quanto concerne i ventilatori meccanici la dotazione per singola unità deve essere:

  1. almeno un ventilatore meccanico per ventilazione non invasiva per ogni pl nell’UM;
  2. almeno un ventilatore meccanico per ventilazione non invasiva per ogni pl nella UTIIR con la disponibilità di ventilatori da terapia intensiva;
  3. almeno un ventilatore da terapia intensiva per pl nella UTIR.

I ventilatori di riserva (uno ogni due posti letto) sono obbligatori per tutte le unità.

Le attrezzature obbligatorie per i tre livelli di cure sono riportate nell’Allegato 1.

Organico

Il gruppo di lavoro che lavora nelle terapie intensive respiratorie dovrebbe includere figure professionali con diverse competenze.

Nelle UTIR l’organico dovrebbe comprendere pneumologi con esperienza di terapia intensiva respiratoria e di gestione delle vie aeree e personale non medico composto da infermiere e fisioterapista respiratorio.

Nelle UTIR l’organico dovrebbe comprendere il personale medico composto da pneumologi con esperienza di terapia intensiva respiratoria e di gestione delle vie aeree e personale non medico composto da infermiere e fisioterapista respiratorio; è auspicabile il supporto di un farmacista clinico di riferimento 60.

Personale non medico

Infermieri professionali

Nella UTIR il rapporto infermiere/paziente per turno lavorativo deve essere superiore a 1:3 calcolato in base a un minutaggio/letto/unità infermieristica per turno superiore a 480 min 14. Nella UTIIR il rapporto infermiere/paziente per turno lavorativo deve essere 1:3 calcolato in base a un minutaggio/letto/unità infermieristica per turno variabile da 360 a 480 min 7 14. Nelle UM il rapporto infermiere/paziente per turno è calcolato su un minutaggio/letto/unità infermieristica di 240-288 min 7 14.

È assolutamente necessario che il personale non medico sia esperto nelle problematiche assistenziali in campo intensivo con una specifica conoscenza delle metodiche e del monitoraggio non invasivo.

È assolutamente necessario che il personale non medico sia esperto nelle problematiche assistenziali in campo intensivo con una specifica conoscenza delle metodiche e del monitoraggio non invasivo e che venga incentivato all’aggiornamento professionale continuo con corsi specifici sulla Terapia Intensiva Respiratoria.

Fisioterapisti della respirazione

Rapporto ottimale 1:6. È necessaria la loro presenza per completare il programma multidisciplinare di svezzamento e cura, di adattamento alle metodiche non invasive e di Mobilizzazione Precoce (MP) anche in corso di IRA 61-66.

Ausiliari qualificati Farmacista clinico

Il farmacista clinico in area critica ha un impatto positivo su sicurezza e outcome del paziente e sui costi sanitari 67.

Personale medico

Il rapporto ottimale medico/paziente per turno lavorativo in terapia intensiva non è al momento noto 68. La task force della Society of Critical Care Medicine (SCCM) riporta che al momento non ci sono dati disponibili per fornire raccomandazioni sul rapporto specifico intensivista/paziente 69. È stato comunque riportato che un elevato numero di pazienti per intensivista (1:15) risulti associato ad impatto negativo sulla cura del paziente, soprattutto in termini di giorni di degenza in terapia intensiva 70.

In Italia la dotazione organica del personale medico nelle strutture sanitarie rientra nelle competenze delle Regioni, le quali, a loro volta, lasciano alle singole aziende sanitarie la regolamentazione dell’organizzazione interna.

Nelle UTIR è prevista la presenza di almeno un medico esclusivamente dedicato 24/24h 7 15. Nelle UTIIR il medico deve essere immediatamente disponibile in reparto 24/24h, ma può avere anche la responsabilità di letti di degenza ordinaria. Nell’UM il medico deve essere disponibile su chiamata 24/24h all’interno dell’ospedale (Tabella I) 7 15.

Il medico nelle UTIR deve essere esclusivamente dedicato 24/24h, nelle UTIIR immediatamente disponibile in reparto 24/24h, nell’UM disponibile su chiamata 24/24h all’interno dell’ospedale.

Il personale medico delle tre unità (UM, UTIIR, UTIR) deve essere costituito da medici pneumologi con esperienza di terapia intensiva respiratoria e che abbiano dimestichezza con tecniche fisiopatologiche, di ventilazione meccanica e di gestione delle urgenze cardiorespiratorie e di tutte quelle altre attività che il progetto HERMES dell’ERS identifica in maniera precisa 29 33.

Formazione del personale

Personale medico

Un’adeguata formazione in campo intensivologico degli specialisti pneumologi è un punto fondamentale per lo sviluppo delle UTIR 7 29 71. L’organizzazione di tale unità necessita di diverse figure professionali che interagiscano tra loro con finalità comuni ma con conoscenze e competenze specifiche 2.

L’intensivologia respiratoria è un ambito specialistico che necessita di un curriculum formativo dedicato. In Italia il programma formativo delle scuole di specializzazione non prevede obbligatoriamente la formazione in ambito intensivo, a differenza del Regno Unito dove esiste un periodo formativo dedicato esclusivamente alla terapia intensiva con un periodo di frequenza minimo di 60 giorni continuativi 72.

L’intensivologia respiratoria è un ambito specialistico che necessita di un curriculum formativo dedicato.

Il profilo specialistico, gli obiettivi formativi e i relativi percorsi didattici funzionali al conseguimento delle conoscenze culturali ed abilità professionali nell’ambito delle scuole di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio sono stati definiti nel decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) 73. Tra gli obiettivi formativi specifici per la terapia intensiva viene riportato che “lo specialista in formazione deve acquisire conoscenze teoriche e pratica clinica necessarie a trattare le principali patologie che costituiscono condizione di emergenza respiratoria con particolare competenza nel trattamento intensivo e subintensivo del paziente con insufficienza respiratoria critica; competenze adeguate per promuovere ogni azione finalizzata a riconoscere precocemente e gestire il paziente con insufficienza respiratoria acuta e cronica, le emergenze più comuni in medicina interna e le patologie critiche, applicare la ventilazione meccanica, formulare e somministrare diete particolari per via enterale e parenterale” 73. Tra le attività obbligatorie è compresa la partecipazione attiva alla gestione di almeno 50 casi di insufficienza respiratoria cronica grave nelle sue varie fasi clinico-evolutive con acquisizione delle relative pratiche terapeutiche e di riabilitazione, comprese quelle della terapia intensiva e semi-intensiva.

Nell’offerta formativa, però, non viene specificato il periodo di training necessario per l’acquisizione delle suddette competenze, che dovrebbe essere di almeno 6 mesi continuativi in UTIR e 2 mesi in UTIG.

In Europa esiste una variabilità nei percorsi formativi in pneumologia ed intensivologia respiratoria 74, pertanto è necessario standardizzare la certificazione delle competenze, il mantenimento delle stesse insieme all’aggiornamento continuo delle conoscenze teoriche e tecnologiche in questo ambito. Questo obiettivo dovrebbe essere perseguito in modo congiunto dalle realtà accademiche, ospedaliere e società scientifiche di settore.

Esistono, tuttavia, alcuni requisiti specifici che riguardano più strettamente l’attività dello pneumologo che lavora in UTIR per una corretta e sicura gestione del paziente critico, quali le principali manovre di rianimazione cardiopolmonare e la gestione delle vie aeree.

Le conoscenze e competenze per lo pneumologo che si occupa di intensivologia respiratoria e lavora in UTIR si distinguono in necessarie e auspicabili, come riportate nella Tabella IV 29.

Personale non medico

La formazione culturale e l’addestramento del personale infermieristico e fisioterapico operante nelle unità di cure intensive respiratorie sono un punto fondamentale che va perseguito tramite formazione sul campo e organizzazione di corsi teorico-pratici di aggiornamento da parte di associazioni scientifiche di settore accreditate e da parte delle singole realtà ospedaliere.

La formazione culturale e l’addestramento del personale infermieristico e fisioterapico sono un punto fondamentale che va perseguito tramite formazione sul campo e organizzazione di corsi teorico-pratici di aggiornamento.

Per i vari operatori (medici, infermieri, OSS) che lavorano nelle unità di cure intensive respiratorie oltre alle conoscenze e competenze tecniche sarebbe inoltre auspicabile l’implementazione di percorsi interni di formazione e gestione delle criticità attraverso programmi di formazione e simulazione locale per migliorare e acquisire le cosiddette “competenze non tecniche” quali la comunicazione tra i vari membri del team, il ruolo della leadership, il corretto utilizzo delle risorse disponibili e la distribuzione dei compiti 75.

Problematiche medico-legali

La legislazione nazionale vigente colloca la pneumologia tra le specialità a bassa intensità assistenziale e non prevede, per il trattamento dell’insufficienza d’organo, la presenza di unità intensive o semi-intensive respiratorie autonome, contrariamente a quanto avvenuto per altre specialità 24.

Nonostante la carenza di una chiara legislazione nazionale, diverse Regioni hanno, di fatto, previsto la possibilità del trattamento dell’IRA in strutture apposite nell’ambito delle U.O. di Pneumologia 76.

A tal proposito, i riferimenti normativi sono:

  1. i Piani Sanitari Regionali (PSR) che hanno legiferato in merito;
  2. il sistema di accreditamento obbligatorio per le strutture sanitarie del SSN, gestito dalle singole Regioni, che ha lo scopo di verificare il possesso dei requisiti organizzativi, strutturali, di impiantistica, tecnologici e normativi necessari per la qualità e la sicurezza dell’assistenza. L’autorizzazione, che ne consegue, è presupposto indispensabile per l’inizio dell’attività sanitaria;
  3. le norme per l’accreditamento delle pneumologie e le UTIR redatte da AIPO e recepite dal Dipartimento “Tutela della salute e Politiche Sanitarie” allegato 8.181 7 77.

Il modello organizzativo delle UTIR e UTIIR 7 15 78 pur ricalcando, sia in senso strutturale che funzionale, quello delle UTIG richiede la presenza nello stesso ospedale di una rianimazione generale, di un laboratorio, di un servizio di imaging e di una emoteca con attività continuative. L’integrazione, nella maggior parte dei casi, della UTIR con le pneumologie presuppone che la responsabilità globale sia in capo ad un medico pneumologo, mentre la responsabilità nella esecuzione delle singole procedure invasive e non invasive appartiene ai singoli operatori e ciò può porre problemi relativi alla formazione e qualifica degli stessi.

Il consenso informato, in particolare nel caso di procedure invasive, ed il rispetto della privacy nel processo comunicativo sono aspetti vincolanti e ben regolati 79.

L’introduzione recente di sistemi di gestione per la qualità propugnati dagli ultimi piani sanitari nazionali e regionali ha stimolato, in particolare nel campo della medicina intensiva, la necessità di definire come elementi essenziali di qualità:

  1. protocolli e istruzioni operative per l’accesso e la dimissione dalla terapia intensiva definiti a livello aziendale e concordati e condivisi con tutte le U.O.;
  2. percorsi diagnostico-terapeutici, procedure, linee guida, protocolli e istruzioni operative per quanto riguarda i principali aspetti in campo assistenziale e terapeutico del paziente in terapia intensiva e semintensiva;
  3. protocolli di prevenzione delle infezioni ospedaliere.

Infine, la cartella clinica, in quanto documento legale e normato, deve contenere, durante il periodo di degenza in UTIR, il decorso clinico del paziente in modo completo e dettagliato 80.

Palliazione e fine vita

Nell’ultimo decennio si è vista crescere esponenzialmente un’attenzione alle cure palliative nell’ambito degli ospedali e in particolare nelle terapie intensive anche nei confronti di malati non oncologici.

Nell’ultimo decennio si è vista crescere esponenzialmente un’attenzione alle cure palliative nell’ambito degli ospedali e in particolare nelle terapie intensive anche nei confronti di malati non oncologici.

L’esigenza nasce dal progressivo invecchiamento della popolazione e dal conseguente incremento dell’incidenza di numerose insufficienze croniche d’organo (cardiaca, respiratoria, neurologica, renale ed epatica). Nei pazienti BPCO la sempre più frequente coesistenza di più di una comorbilità, associata all’età avanzata, fa sì che le riacutizzazioni intercorrenti siano inevitabilmente seguite da un globale, progressivo scadimento della qualità di vita, frequenti ricoveri ospedalieri e più elevata mortalità 81. Nonostante ciò, solo una minoranza di pazienti con BPCO end-stage ammessi in ospedale per una riacutizzazione riceve cure palliative 82.

La consapevolezza della storia naturale delle malattie croniche impone un approccio non solo alla malattia nella sua fase acuta, ma al paziente nella sua globalità. Pertanto, ogni intervento diagnostico e terapeutico, invasivo e non, dovrebbe essere messo in atto con l’obiettivo di migliorare l’aspettativa e/o la qualità di vita del paziente stesso. In questa direzione si inseriscono le cure palliative con l’intento di “prevenire e trattare la sofferenza mediante un’accurata attenzione al trattamento dei sintomi ed adeguato supporto e informazione del paziente e propri familiari riguardo gli obiettivi del trattamento allineandosi a quelle che sono le preferenze del paziente, allo scopo di migliorarne la qualità di vita durante ogni stadio della patologia cronica, ed in particolar modo durante gli eventi acuti83.

Decisioni di fine vita: definizioni

La confusione generata dalla scarsa conoscenza dei termini e delle definizioni inerenti le decisioni di fine vita e la loro non univoca interpretazione, ha portato nel 2008 alla pubblicazione di un documento con lo scopo di chiarirne alcuni aspetti 83.

In Tabella V sono riportate le principali definizioni inerenti il fine vita 84 85.

Il controllo dei sintomi

Se uno degli obiettivi delle cure palliative è quello di “prevenire e trattare la sofferenza”, l’attenzione a rilevare la presenza di sintomi, non solo respiratori, e l’uso di trattamenti che agiscano su di essi, è prioritaria rispetto ad altri interventi 86 87. Questo, sia in corso di trattamento medico teso a garantire la sopravvivenza del paziente, sia, a maggior ragione, laddove si decida per una limitazione o interruzione delle cure.

Infatti, il concetto di morire con dignità in terapia intensiva comporta che la cura possa essere migliorata con l’avvicinarsi della morte pur rinunciando ad alcuni trattamenti 88.

L’inserimento di percorsi palliativi accanto a quelli tradizionalmente curativi nella storia del malato con insufficienza respiratoria cronica avanzata e terminale rappresenta un salto culturale che consiste anche nell’accettare la terminalità nonostante i progressi tecnologici della medicina moderna 86.

L’inserimento di percorsi palliativi nella storia del malato con insufficienza respiratoria cronica avanzata e terminale rappresenta un salto culturale che consiste anche nell’accettare la terminalità nonostante i progressi tecnologici della medicina moderna.

Laddove si decida per una limitazione o interruzione delle cure, il processo decisionale deve essere documentato in cartella clinica in maniera chiara, trasparente e condivisibile, dettagliando anche il processo di condivisione con il malato ed i familiari unitamente al setting in cui verrà attuato il processo assistenziale (terapia intensiva, hospice, degenza medica, domicilio con supporto palliativo).

Disposizioni anticipate di trattamento

Il percorso diagnostico e terapeutico di un paziente in terapia intensiva necessita sempre di una chiara e attenta definizione degli outcome di trattamento, nel pieno rispetto delle volontà del malato.

La SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva) in un documento di posizione presentato alla Commissione Igiene e Sanità del Senato nel maggio 2017 enfatizza che l’approccio alla persona malata giunta alla fine della vita debba essere basato su tre principi fondamentali: condivisione delle decisioni, rispetto dell’autodeterminazione e dell’identità della persona malata, limitazione dei trattamenti sproporzionati 89. Anche se questi principi derivano da evidenze scientifiche e condivisi in documenti di raccomandazioni nazionali e internazionali 86 88 90-92 tuttavia ancora oggi non sono raccolti in uno specifico quadro legislativo.

L’approccio alla persona malata giunta alla fine della vita deve essere basato su tre principi fondamentali: condivisione delle decisioni, rispetto dell’autodeterminazione e dell’identità della persona malata, limitazione dei trattamenti sproporzionati.

Recentemente in Italia è stata approvata la legge 219/2017 sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) comunemente dette “biotestamento” 93 che risulta in vigore dal 31 gennaio 2018. Le DAT sono le disposizioni che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può esprimere in merito all’accettazione o al rifiuto di determinati accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e/o a singoli trattamenti sanitari, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi. La legge pertanto afferma la libertà di scelta dell’individuo rendendo così concreto il diritto alla tutela della salute nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita.

Il Ministero della Salute ha istituito un gruppo di lavoro per la realizzazione della banca dati nazionale destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento.

Sistema di gestione della qualità

La promozione della qualità dei servizi e della sicurezza dei pazienti ha un ruolo rilevante nel governo clinico dei servizi sanitari, ed è stata inserita tra le scelte strategiche della politica sanitaria italiana degli ultimi decenni. Tuttavia la mancata adozione dello schema di piano sanitario 2011-2013 e la disomogenea applicazione, a livello regionale, delle iniziative volte al miglioramento della qualità, hanno determinato differenze notevoli tra le regioni ed uno scarso coordinamento tra le iniziative regionali e nazionali 94-96.

Nell’analisi della qualità dei servizi sanitari effettuata dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 2014 in Italia si raccomandava una applicazione più omogenea dei criteri di accreditamento e requisiti minimi, e si incoraggiava l’implementazione di linee guida per la qualità 97. Queste raccomandazioni sono state in parte recepite già dal patto per la salute 2014-2016 in cui il riparto del finanziamento del SSN viene effettuato anche tenendo conto del trend di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità e dell’adozione del regolamento degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera 98.

I documenti di indirizzo delle società scientifiche raccomandano che nella riorganizzazione delle reti ospedaliere attualmente in corso vengano integrate strutture di terapia intensiva e subintensiva respiratoria di alta specialità che adottino sistemi per il miglioramento continuo della qualità.

I documenti di indirizzo delle società scientifiche raccomandano che nella riorganizzazione delle reti ospedaliere attualmente in corso vengano integrate strutture di terapia intensiva e subintensiva respiratoria di alta specialità che adottino sistemi per il miglioramento continuo della qualità, in particolare il monitoraggio degli outcome, la gestione del rischio clinico e la formazione degli operatori sui sistem della qualità 7 14. Alcune tra le strutture già attive, oltre all’accreditamento istituzionale, hanno aderito a forme di certificazione di qualità e di accreditamento volontario all’eccellenza 4 24 99 100.

I principali sistemi di riferimento per la certificazione della qualità sono:

  1. International Organization for Standardization (ISO), un sistema disegnato per la gestione dei processi interni ad una azienda, in cui un ente indipendente valuta se un determinato prodotto, processo o servizio è conforme a specifiche norme tese ad assicurarne il livello qualitativo 101;
  2. European Foundation for Quality Management (EFQM), un sistema orientato all’eccellenza attraverso l’attenzione al cliente/utente, il coinvolgimento e l’empowerment del personale ed un processo di benchmarking, innovazione e formazione 102;
  3. Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations (JCAHO), un sistema fortemente orientato alla sicurezza del paziente, in cui gli standard di qualità, incentrati sul paziente e sull’organizzazione, sono definiti da un organismo indipendente, no profit 103.

L’accreditamento di eccellenza è basato su processi di autovalutazione e/o revisione esterna tra pari per confrontare il proprio livello di performance con standard prestabiliti, e dovrebbe coinvolgere l’intera organizzazione in cui opera la struttura di terapia intensiva. Il sistema per la gestione della qualità e della sicurezza del paziente richiesto dall’accreditamento di eccellenza si fonda sulle seguenti componenti:

  1. la sicurezza del paziente attraverso la gestione del rischio clinico ed il monitoraggio degli eventi avversi prevenibili;
  2. gli outcome clinici attraverso un efficace sistema di monitoraggio degli esiti;
  3. l’esperienza del paziente attraverso il monitoraggio della soddisfazione, l’analisi dei reclami e la valutazione dei sinistri;
  4. il miglioramento continuo della qualità, che comprenda il ricorso a verifiche periodiche esterne, la definizione e l’utilizzo di politiche e procedure interne sottoposte a verifica e aggiornamento periodici, la definizione di linee guida diagnostiche-terapeutiche ed il monitoraggio della loro corretta applicazione.

Il miglioramento continuo della qualità dei processi assistenziali richiede la misurazione ed il confronto con standard predefiniti o dati storici della singola struttura. L’analisi delle variazioni nei singoli indicatori può portare all’elaborazione di carte di controllo o altri strumenti statistici finalizzati a individuare tempestivamente le variabilità atipiche. Il sistema si può integrare con le attività previste dall’accreditamento istituzionale, come l’incident reporting, l’analisi delle cartelle cliniche, il sistema di rilevazione della qualità percepita dall’utenza e del coinvolgimento del personale nel sistema di qualità.

Il raggiungimento di elevati livelli qualitativi non può prescindere dalla diffusione di una cultura della qualità tra gli operatori, che deve essere oggetto di azione formativa mirata e di monitoraggio continuo.

Il raggiungimento di elevati livelli qualitativi non può prescindere dalla diffusione di una cultura della qualità tra gli operatori, che deve essere oggetto di azione formativa mirata e di monitoraggio continuo.

L’adozione di una cartella clinica informatizzata può facilitare l’istituzione di un set di indicatori di processo e di esito e permettere il confronto con dati storici o attività di benchmarking esterno mediante confronto con centri analoghi anche situati in altre nazioni. La European Society of Intensive Care Medicine, con il suo GdS per il miglioramento della qualità, ha definito nel 2011 il panel delle valutazioni e degli indicatori della performance delle strutture di terapia intensiva e subintensiva, finalizzato alle attività di benchmarking e peer-review 104.

Nell’ambito delle iniziative volontarie realizzate in Italia possiamo citare tra gli esempi rappresentativi il report 2014 sulla Qualità e Sicurezza del Paziente recentemente pubblicato dall’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) 105, ed il Programma Margherita del Gruppo Italiano per la Valutazione degli Interventi in Terapia Intensiva (GiViTI), che ha portato allo sviluppo di una cartella clinica elettronica condivisa da più reparti, utilizzata sia per la pratica clinica, che per la raccolta di informazioni a fini di valutazione tra pari e ricerca clinica osservazionale 106.

Il gruppo GiViTI produce anche un rapporto annuale dedicato alle terapie subintensive, attraverso l’analisi dei dati prodotti da un collettivo di 8 terapie semintensive italiane; il rapporto 2015 ha riguardato circa 4.300 soggetti ammessi per patologie non chirurgiche, di cui il 23% per problematiche respiratorie 107.

In Germania, un network di weaning unit pneumologiche ha realizzato il programma WeanNet, finalizzato alla standardizzazione delle strutture e dei processi per il miglioramento della qualità 108 109.

Unità di svezzamento

Definizione

Le unità di svezzamento sono delle strutture generalmente collocate all’interno di centri di riabilitazione che accolgono pazienti con svezzamento prolungato trasferiti da setting per acuti 110 e che garantiscono un livello di cura variabile seguendo un programma finalizzato alla dimissione sul territorio. La prevalenza dei pazienti ventilatori-dipendenti che dovrebbero afferire a queste unità varia dal 6,6 a 23/100.000 abitanti 111-113.

In letteratura non esiste una definizione univoca di svezzamento, un processo complesso nella gestione del malato critico che si riflette in un progressivo e graduale passaggio dalla ventilazione meccanica fino al ripristino del respiro spontaneo.

In letteratura non esiste una definizione univoca di svezzamento, un processo complesso nella gestione del malato critico che si riflette in un progressivo e graduale passaggio dalla ventilazione meccanica fino al ripristino del respiro spontaneo 56 114-117.

Attualmente esistono 3 definizioni di svezzamento prolungato di seguito riportate:

  1. “necessità di più di 21 giorni consecutivi di ventilazione meccanica per oltre 6 h al giorno” secondo la classificazione della National Association for Medical Direction of Respiratory Care (NAMDRC) 56;
  2. “necessità di più di 7 giorni di svezzamento dopo il primo trial di respiro spontaneo” secondo la classificazione della European Respiratory Society (ERS) task force 114;
  3. “estubazione riuscita dopo 3 tentativi di trial in respiro spontaneo o necessitante più di 7 giorni di svezzamento” secondo la nuova classificazione dello studio WIND (Weaning according to New Definition) 115.

Dimensione del problema e ruolo dei centri di svezzamento

Una percentuale pari a circa il 30% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva richiede ventilazione artificiale meccanica per un episodio di IRA di varia origine 118. Se, da un lato, in circa il 90% di questi casi l’episodio si risolve entro le tre settimane e il paziente può essere liberato dalla ventilazione artificiale, d’altro canto nel restante 10% dei casi i pazienti richiedono almeno 21 giornate consecutive di ventilazione e rientrano nella categoria della ventilazione meccanica prolungata, qualora il supporto sia applicato per almeno 6 ore al giorno 114. Tali pazienti richiedono lunghi periodi di degenza in UTIG con conseguente elevato rischio di sviluppare tutte le complicanze legate allo stato critico (infezioni, delirio, sarcopenia, ecc.) e deficit funzionali conseguenti alla relativa scarsità di interventi fisioterapici, con tassi di mortalità ospedaliera variabile del 13, 32 e 42% 119-121. Molteplici studi hanno evidenziato come un’enorme quantità di risorse, esprimibile come giornate di degenza in UTIG, venga assorbita, una volta risolta la fase acuta della malattia, dal permanere di una dipendenza del paziente dal ventilatore meccanico 122.

Nel momento in cui il paziente, pur in uno stato di cronica criticità 123, non richiede più trattamenti erogabili unicamente nelle UTIG e si trova in fase di relativa stabilità clinica, è auspicabile il suo trasferimento in UTIIR e UTIR, il che, oltre a collocarlo in un setting assistenziale più adatto, porta a liberare risorse economiche tramite la riduzione della durata di degenza in UTIG.

I centri di svezzamento sono lo strumento di un programma post-critico dove l’attività medica ed il monitoraggio funzionale possono migliorare e mantenere le funzioni degli organi vitali per completare le cure della patologia che ha portato all’episodio acuto.

Proprio per venire incontro a questa crescente esigenza si sono sviluppati i centri di svezzamento (weaning center) 110 124, in genere collocati al di fuori degli ospedali per acuti; questi possono essere considerati come lo strumento di un programma post-critico dove l’attività medica ed il monitoraggio funzionale possono migliorare e mantenere le funzioni degli organi vitali per completare le cure della patologia che ha portato all’episodio acuto. La loro collocazione, in una logica di organizzazione di strutture sanitarie “in rete” assume una posizione strategica in quanto consente un flusso di pazienti sia in fase step-down per trasferimento da UTIG o da UTIR in ospedali per acuti 110, che in fase step-up nel momento in cui un paziente degente nel centro di riabilitazione va incontro ad un episodio di insufficienza respiratoria passibile di trattamento all’interno di questo reparto dove il personale ha la competenza necessaria per la presa in carico del paziente senza dover ricorrere al trasferimento nell’ospedale per acuti.

Attraverso professionalità specifiche, tali centri ad alta specializzazione, dedicati all’identificazione e alla soluzione dei problemi che determinano la dipendenza del paziente dal ventilatore meccanico, sono in grado di ridurre il tempo speso in ventilazione meccanica grazie ad una strategia di intervento pianificata tramite protocolli mirati e utilizzati da uno staff multi-professionale 110. L’intervento fisioterapico precoce può aiutare nel processo di svezzamento dalla ventilazione meccanica e previene il decondizionamento e le altre complicanze relative all’immobilità 125. Le unità di svezzamento mettono quindi in atto un programma di assistenza interdisciplinare per pazienti cronicamente dipendenti e orientato al nursing intensivo finalizzato a: igiene personale, mobilizzazione, sorveglianza, controllo dell’alimentazione, prevenzione del danno terziario, recupero della possibile funzionalità residua, stimolazione sensoriale, rieducazione della deglutizione, rimozione della cannula tracheale, rieducazione cognitiva e aspetti affettivo-relazionali.

Anche se le UTIR e i centri di svezzamento potrebbero rappresentare delle alternative costo-efficacia rispetto alle UTIG nel trattamento dei pazienti con weaning prolungato/difficile per riduzione della durata delle giornate di degenza in UTIG, un’ottimale razionalizzazione delle risorse e dei letti nei reparti per acuti, la riduzione delle complicanze a breve e a lungo termine, tuttavia non esistono al momento studi prospettici a supporto di questa ipotesi.

Esiste un importante riconoscimento internazionale alla specificità delle problematiche legate a pazienti e programmi dedicati allo svezzamento prolungato intesa come riabilitazione “di alta complessità”. Centri pneumologici dedicati che si occupano di tali pazienti non riducono la qualità dell’assistenza e gli esiti se confrontati con quelli delle aree critiche ospedaliere generali, benché questi pazienti abbiano necessità di un’assistenza quantitativamente inferiore a quella delle UTIG, ma superiore a quella di un normale centro di riabilitazione. Il valore aggiunto e il livello di expertise dello pneumologo 126 è pertanto irrinunciabile, dato che le problematiche della gestione delle vie aeree e dell’insufficienza respiratoria cronica rappresentano il nucleo centrale delle criticità di questi pazienti. La creazione di un network di centri specializzati e dedicati a tali pazienti può essere quindi la migliore risposta in termini di costo/efficacia al drammatico impatto economico che questa popolazione di pazienti impone ai sistemi sanitari regionali.

La riabilitazione

I pazienti ricoverati in terapia intensiva per un evento acuto che comporta insufficienza di uno o più organi ed apparati sono in genere sottoposti a procedure invasive quali ventilazione artificiale meccanica, posizionamento di cateteri endovascolari, nutrizione artificiale, depurazione extracorporea, supporto artificiale del cuore e circolo, sedazione ecc. Questo comporta inevitabilmente un periodo più o meno lungo di allettamento e di immobilità, sia per l’instabilità del quadro clinico che per la presenza di molteplici dispositivi di terapia e monitoraggio. Pertanto, oltre alle conseguenze dirette legate all’evento acuto, si sovrappongono a carico dell’organismo tutte le complicanze legate allo stato critico: flogosi sistemica e successiva cascata infiammatoria, miolisi e sarcopenia, infezioni e alterazione del microbioma, delirio e alterazione del ritmo sonno-veglia 127.

Se da un lato i progressi delle cure intensive hanno migliorato la sopravvivenza di molte patologie, specie quelle ad evoluzione cronica, dall’altro la constatazione dei gravi deficit funzionali e della disabilità che grava dopo la dimissione dalle terapie intensive 128 ha fatto sì che l’attenzione si spostasse sempre di più sulla prevenzione e sulla cura dei postumi dello stato critico.

Tra le molte innovazioni terapeutiche introdotte negli ultimi anni (controllo glicemico, ventilazione mediante tracheotomia precoce, sedazione, MP) per migliorare l’esito clinico, la MP ha dimostrato di avere gli effetti più rilevanti a lungo termine e di essere una strategia utile che predice un outcome più favorevole per il singolo paziente 129 130.

Dopo anni in cui la MP in terapia intensiva è stata considerata controproducente, se non addirittura dannosa a motivo della necessità di intervenire su pazienti instabili e clinicamente complessi, negli anni più recenti si è fatto strada un nuovo paradigma di approccio alla MP 131. Questa strategia attualmente è praticata in gran parte delle terapie intensive ed è associata, come riportato in letteratura, al miglioramento di outcome clinici quali la riduzione del numero di giorni di allettamento e l’aumento della tolleranza fisica 132. Ciò nonostante, nel mondo “reale” la MP ed altre pratiche riabilitative nelle aree critiche vengono applicate in una percentuale variabile tra il 25 ed il 45% dei casi 133-135. Esistono ancora numerose barriere culturali che impediscono la loro diffusione, da quelle storiche già ricordate fino a quelle legate allo scarso impiego di risorse per una adeguata formazione, organizzazione e gestione strategica aziendale, con la convinzione che questo tipo di investimento non risponda ad adeguati criteri di rimborsabilità dei costi per la salute 136. In alcuni centri di riabilitazione esistono strutture assimilabili alle UTIR propriamente definite “weaning center” che rappresentano il setting più adatto per la cura complessiva del paziente post-critico.

È stato dimostrato che sottoporre i pazienti post-critici ad un programma di riabilitazione intensiva che includeva la MP consentiva di migliorare la dispnea e la tolleranza allo sforzo fisico.

Sin dalla fine degli anni ’90 è stato dimostrato che sottoporre i pazienti post-critici ad un programma di riabilitazione intensiva che includeva la MP consentiva di migliorare la dispnea e la tolleranza allo sforzo fisico 137, oltre a prevenire la sindrome da paralisi muscolare acquisita in terapia intensiva 138-140. I protocolli di trattamento del paziente “cronicamente critico” si sono progressivamente moltiplicati e sviluppati raggiungendo una solida base clinica e scientifica 62 141. Gli interventi riabilitativi vanno personalizzati a seconda del grado di disabilità del paziente. L’attività riabilitativa non comprende solo il recupero funzionale legato alla mobilizzazione ed al recupero della articolarità, della stazione eretta e della deambulazione, ma anche competenze tecniche più articolate quali la gestione delle vie aeree, la ventilazione non-invasiva, la disostruzione, la ri-espansione polmonare e lo svezzamento difficile o prolungato dalla ventilazione artificiale.

L’innovazione tecnologica 142 con disponibilità di apparecchiature meccaniche per l’assistenza motoria (motomed, standing, ecc.), per la funzione muscolare (elettrostimolatori neuromuscolari) e per la disostruzione delle vie aeree (in-exsufflator, sistema vakum, ecc.) hanno indubbiamente favorito e accelerato i processi di recupero del paziente critico, riducendone il periodo di degenza nelle aree critiche e post-critiche, contribuendo così alla riduzione dei rischi di effetti secondari gravi.

Oltre agli interventi riabilitativi finalizzati al recupero motorio e cardio-respiratorio, che rappresentano le due principali fonti di disabilità del paziente critico, altre tecniche riabilitative praticate nelle unità di cure intensive respiratorie e che condizionano il pieno recupero sono quelle mirate al trattamento della disfagia che spesso colpisce il paziente tracheotomizzato, alla cura del delirio e dei suoi postumi come la destrutturazione del ritmo sonno-veglia 143, alla prevenzione e cura degli aspetti infettivologici e nutrizionali.

Aspetti economici e outcome

Aspetti economici

Valutazione dei costi: il calcolo dei costi di gestione delle UTIR e UTIIR è difficile, a causa della scarsa disponibilità di strumenti atti a valutare i carichi di lavoro del personale impiegato nei diversi contesti operativi; in particolare, rimane da chiarire se l’impiego di risorse umane e strumentali richiesto dall’applicazione della NIV sia significativamente diverso da quello imposto dalla ventilazione invasiva 144 145. Inoltre, per quanto concerne il costo/die della cura dei pazienti che vengono sottoposti a trattamento mediante NIV, esso subisce l’influenza dell’ambiente nel quale viene impiegato, passando da 558 euro in UTIR a 470 euro in unità di degenza ordinaria 41.

Confronto con la UTIG: il potenziale miglioramento dell’efficienza associato alla disponibilità di una UTIR e la contemporanea riduzione del rapporto staff medico-infermieristico/paziente sono stati enfatizzati quali elementi in grado di determinare una riduzione dei costi di gestione del paziente con IRA. In realtà, sono tuttora estremamente scarsi gli studi che hanno condotto un’approfondita analisi economica e le loro conclusioni sono discordanti 146-148.

Comunque è stato riportato che il ricovero in UTIR di pazienti con grave BPCO riacutizzata consente di ottenere risultati di outcome sovrapponibili alle UTIG con minori costi di gestione legati prevalentemente al setting, al trattamento ventilatorio e al monitoraggio cardiorespiratorio di tipo non invasivo 11.

Il ricovero in UTIR di pazienti con grave BPCO riacutizzata consente di ottenere risultati di outcome sovrapponibili alle UTIG con minori costi di gestione.

Il confronto tra costi di gestione del paziente in UTIG piuttosto che in UTIR rimane difficile, tenuto conto del fatto che le analisi si sviluppano sul tradizionale approccio basato sul costo giornaliero per pl, senza valorizzare altri elementi, quali la gravità dei pazienti trattati. Inoltre, i risparmi ottenuti dovrebbero essere calcolati tenendo conto della possibilità di trasferire più rapidamente il paziente al di fuori della terapia intensiva, abbreviandone in tal modo la degenza ed introducendo il concetto di costo totale della cura; anche se la riduzione della degenza in UTIG e in ospedale di 1 giorno in pazienti con degenza in UTIG maggiore di 3 giorni dovrebbe risultare in un guadagno di solo 0,2% del costo totale della cura 149.

Valorizzazione dell’attività: il rimborso dell’attività dell’UTIR risulta ancora oggi notevolmente penalizzato dal fatto che l’applicazione del sistema DRG per la valutazione dell’attività assistenziale genera una significativa sottostima del consumo di risorse. In particolare l’attribuzione del codice di intervento “Ventilazione non Invasiva a Pressione Positiva” (93.91, 93.92) non modifica il calcolo del valore del DRG “Insufficienza Respiratoria”.

Outcome

Nonostante vi siano i presupposti teorici a sostegno del miglioramento dell’outcome dei pazienti con IRA a seguito dell’introduzione delle UTIR, gli studi pubblicati su questo argomento sono relativamente scarsi, nella maggior parte dei casi di tipo retrospettivo e talora contraddittori 128-130. Recentemente è stato riportato che l’apertura di una UTIR in un ospedale generale era associata ad un miglioramento della prognosi dei pazienti con IRA, riacutizzazione di BPCO o Polmonite Acquisita in Comunità (CAP) in termini di riduzione della mortalità intraospedaliera, necessità di ammissione in UTIG e durata dell’ospedalizzazione 32.

Il miglioramento dell’outcome dei pazienti ricoverati in UTIR è verosimilmente riconducibile ad una migliore utilizzazione delle risorse sanitarie, in particolare quelle specialistiche.

La mortalità intraospedaliera risultava inoltre significativamente inferiore nell’UTIR rispetto ai reparti di Medicina Generale o di Urgenza. Il miglioramento dell’outcome dei pazienti ricoverati in UTIR è verosimilmente riconducibile ad una migliore utilizzazione delle risorse sanitarie, in particolare quelle specialistiche 32.

Tali risultati sono spiegabili innanzitutto con l’utilizzo appropriato e tempestivo della NIV, reso possibile dalla presenza di uno staff esperto e dedicato e dalla disponibilità di risorse di monitoraggio, fisioterapisti respiratori dedicati, concentrazione di casistica specialistica, ecc. In tal senso, secondo l’ERS il modello organizzativo dell’UTIR configura un esempio di razionale utilizzo delle risorse ospedaliere 15.

Tuttavia, tenuto conto dei risultati a volte contraddittori degli studi riportati, della mancanza di criteri condivisi per l’ammissione in UTIG e in UTIR e del rischio di un ulteriore incremento della spesa ospedaliera, alcuni intensivisti-anestesisti hanno proposto quale soluzione organizzativa più efficiente quella di collocare nello stesso ambito letti di terapia intensiva ed intermedia. Ciò potrebbe consentire la concentrazione di apparecchiature dispendiose, nonché una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei pl e dello staff medico-infermieristico. Il personale medico ed infermieristico beneficerebbe inoltre del fatto di seguire categorie diversificate di pazienti, tali da rendere il lavoro più vario ed interessante 150. Si perderebbe però il vantaggio di una struttura specialistica che incrementa l’expertise diagnostica, oltre che ridurre l’invasività della gestione dei pazienti con diminuzione delle complicanze 11 15 32.

La medicina di transizione in UTIR

La medicina di transizione ha come oggetto la presa in carico, pianificata, strutturata e condivisa, da strutture pediatriche a strutture non pediatriche, di adolescenti e giovani adulti affetti da patologie croniche o cronicamente critiche 151.

L’aumento di sopravvivenza di bambini con patologie croniche ha imposto negli ultimi anni la necessità di individuare modelli operativi di transizione di cura dal bambino all’adulto.

L’aumento di sopravvivenza di bambini con patologie croniche ha imposto negli ultimi anni la necessità di individuare modelli operativi di transizione di cura dal bambino all’adulto 152 153. Tuttavia, non esistono al momento documenti condivisi di indirizzo per le cure intensive respiratorie di transizione.

L’obiettivo principale della medicina transizionale è di garantire la continuità delle cure sia in un setting ospedaliero che domiciliare 151. È quindi un processo che deve coinvolgere precocemente il paziente, la famiglia e tutti i curanti (sia pediatri che specialisti dell’adulto) per ottimizzare il percorso e permettere l’integrazione ospedale-territorio. Nel caso di pazienti con patologia complessa, spesso dipendenti dalla tecnologia (es. ventilazione meccanica invasiva e non invasiva), l’attenzione non dovrà essere rivolta soltanto ai bisogni sanitari, ma anche a quelli sociali ed alla qualità di vita.

La transizione dovrebbe avvenire con un timing specifico 154 155, idealmente fra i 18 ed i 21 anni di età, con percorso flessibile ed individualizzato.

Nell’ambito delle malattie respiratorie, la fibrosi cistica ha aperto la strada a percorsi di transizione più strutturati; dai primi lavori del 1992 alla letteratura più recente 156 le indicazioni sono chiare e modulate dall’esperienza acquisita negli anni. Per quanto riguarda i pazienti ammessi in terapia intensiva respiratoria, la letteratura è attualmente carente.

La transizione clinica e organizzativa nelle unità di cure intensive respiratorie necessita di una strutturazione multidisciplinare con aperture tra ospedale e territorio ispirandosi al modello innovativo dell’assistenza centrata sul “paziente e sulla famiglia” al fine di mantenere e consolidare i risultati da conseguire nel trattamento delle patologie cronicamente critiche respiratorie in fase di transizione quali ad esempio la fibrosi cistica e le distrofie muscolari.

ALLEGATO 1

Caratteristiche architettoniche, logistiche e tecnologiche delle UTIR

I pazienti critici sono ad alto rischio di acquisire infezioni nosocomiali, la letteratura specifica evidenzia come il possesso di precisi requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi sia alla base delle strategie di prevenzione delle infezioni.

La comprensione del profilo dei rapporti funzionali tra l’unità critica e gli altri reparti della struttura sanitaria risulta determinante ai fini dell’aggregazione e collocazione generale dei servizi e dei reparti, così come della formazione e collocazione dei percorsi.

Il primo piano di connessione funzionale relativo all’urgenza impone collegamenti il più possibile brevi ed immediati dell’area critica con i reparti di degenza, mentre sul piano delle relazioni dei materiali devono essere assicurati i collegamenti complementari verso la Sterilizzazione, i Laboratori, le Radiologie, la Farmacia e verso l’ingresso generale per l’accesso dei parenti.

Configurazione interna

I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle attività erogate.

Degenza

La configurazione ambientale delle unità di terapia intensiva può essere a degenza singola o a degenza multipla. La configurazione a degenza multipla consente una migliore gestione degli spazi attribuiti all’U.O., una più stretta sorveglianza dei pazienti e facilita la mobilità del personale e delle attrezzature. Per favorire l’attività assistenziale e ridurre il rischio di trasmissione aerea tra paziente e paziente, è prevista un’idonea distanza tra due letti (2,5 m).

Le degenze sono di forma regolare, rettangolari, vetrate e orientate in modo da facilitare la sorveglianza diretta del paziente dalla centrale di controllo. Per una adeguata gestione del paziente è necessario anche accedere comodamente alla testa del letto (intubazione tracheale, cateterismo venoso centrale ecc.) perciò nell’area intensiva non viene posizionata la testata del letto vicino al muro, ma si utilizza una barra attrezzata pensile a soffitto per la distribuzione dei gas medicali, corrente elettrica e l’alloggiamento delle apparecchiature. Tale soluzione riduce la presenza di carrelli porta attrezzature intorno al letto e di cavi a terra favorendo sia le manovre assistenziali sia una adeguata pulizia, premessa fondamentale per la prevenzione delle infezioni.

Ogni pl deve essere dotato di letto attrezzato e della tecnologia finalizzata al trattamento. Si ritiene opportuno che ogni pl disponga di un piano di appoggio che consenta di gestire, senza la necessità di continui spostamenti, una dotazione minima dei materiali di uso continuativo (siringhe, guanti, sondini di aspirazione, ecc.). È consigliabile inoltre disporre di una presa per telefono, interfono a viva voce, TV, collegamento alla rete informatica e telecamera per TV a circuito chiuso per ogni pl.

Tutte le degenze sono dotate di finestre a vetro camera a perfetta tenuta in modo da favorire l’illuminazione naturale dell’ambiente e l’orientamento del paziente.

La luce diurna naturale è essenziale sia per i pazienti che per gli operatori.

Il paziente non deve avere la possibilità di vedere gli altri degenti.

La degenza singola è dedicata al paziente infetto. È raccomandabile che i locali di degenza siano dotati di termometro ed igrometro.

Guardiola caposala

Due tavoli scrivania con cassettiera, 1 computer con stampante (collegamento rete aziendale e internet), linee telefoniche, interfoni con area controllo infermieri e medico, un ripetitore di allarme di emergenza, citofono armadio per cancelleria e pensili, telecamera/monitor e interfono collegati con ogni letto di degenza (per la comunicazione parenti/pazienti).

Centrale di controllo

È un’area funzionalmente distinta da quella delle degenze, dalla quale si deve poter realizzare il controllo visivo diretto dei pazienti. La sua funzione è sia assistenziale che di tipo amministrativo, non sostituisce l’attività al letto del paziente, ma ne è complementare. Dovrebbe essere parzialmente isolata dall’ambiente circostante da una vetrata in grado di attutire la trasmissione dei suoni e di garantire la riservatezza dei colloqui tra sanitari.

Sul banco accoglie la stazione di monitoraggio centralizzato quindi deve essere dotata dei terminali di reti informatiche, 1 computer collegato con la rete interna dell’ospedale, monitor di eventuali TV a circuito chiuso, telefoni, fax, citofoni, interfoni, ripetitore d’allarme, ecc.

Questa area deve essere dotata della farmacia satellite, di un frigorifero con termografo per la conservazione dei farmaci termolabili e degli emoderivati, di un deposito di sicurezza con serratura per gli stupefacenti, di un lavabo e di ampie superfici di lavoro (può essere l’area deputata alla preparazione di infusioni e medicazioni), scaffalature, sedie ergonomiche, carrello terapia, carrello emergenza, carrello per cartelle (materiale cartaceo del paziente, documentazione iconografica, referti).

Devono inoltre essere previsti i seguenti locali:

  1. aree apparecchiature (deposito, disinfezione, lavaggio, stoccaggio) per la pulizia, ricarica, prova e stoccaggio delle apparecchiature;
  2. aree di servizio (pulita, sporca) depositi rispettivamente della biancheria e del materiale sterile e della biancheria usata e degli altri rifiuti, completamente separate e con accessi indipendenti;
  3. area personale medico con computer in rete, diafanoscopio/monitor per visualizzazione di diagnostica per immagini, scrivanie, munita di linee telefoniche, interfoni e un ripetitore di allarme di emergenza;
  4. area personale infermieristico e medico (guardiola letti subintensivi) con centrale monitoraggio, computer in rete, linee telefoniche, interfoni e un ripetitore di allarme di emergenza;
  5. corridoi-filtri;
  6. servizi igienici distinti per il personale e per i pazienti;
  7. area visitatori;
  8. stanza medico di guardia;
  9. cucina.

Ambienti collocati all’esterno del reparto e/o in comune con altre U.O.:

  1. spogliatoio;
  2. segreteria/archivio;
  3. sala riunioni.

Per garantire una buona qualità acustica del reparto sono previste soluzioni sia di tipo architettonico (ubicazione del reparto), che di tipo tecnologico-edilizio (proprietà di fonoassorbimento dei materiali di rivestimento di pareti e soffitti, caratteristiche di fonoisolamento di serramenti ecc.), che di tipo impiantistico (distribuzione dell’aria trattata in ambiente). In un locale tranquillo il livello sonoro si aggira sui 30 db. I limiti di rumore tollerati sono di 40 db in fascia diurna e di 30 db in fascia notturna; anche livelli troppo bassi di rumorosità ambientale (inferiori a 30 db) non risultano graditi ai pazienti ed al personale. Il reparto è dotato di lavabi nelle aree di servizio ed in quelle di degenza. L’erogazione dell’acqua è attivata con dispositivi no-touch, i detergenti e gli antisettici per il lavaggio delle mani sono in contenitori che non consentano manovre di rabbocco, sono previsti idonei materiali per l’asciugatura.

Le porte hanno dimensioni adeguate al tipo di transito (secondo le aree: passaggio di letto e/o attrezzature, biancheria, rifornimento farmaci e dispositivi, rifiuti) e nelle aree critiche sono dotate di apertura facilitata.

Attraverso il reparto non vi è transito di persone o cose dirette verso altre strutture.

In carenza di normativa specifica dell’area critica caratterizzata dalla presenza in due settori diversificati di pl intensivi e subintensivi, i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi sono stati identificati considerando il DPR del 14 gennaio 1997 100, i precedenti documenti sulle “Unità di Terapia Intensiva Respiratoria” elaborati dal GdS AIPO “Terapia Intensiva Respiratoria” 7 14, le raccomandazioni e linee guida europee sui requisiti delle terapie intensive 104 157 158.

Requisiti strutturali

La superficie totale deve essere uguale a 2,5-3 volte il totale dell’area di degenza, da articolarsi nei seguenti spazi (oltre l’area di degenza):

  1. zona filtro per i degenti;
  2. zona filtro per il personale addetto;
  3. locale per i pazienti infetti dotato di zona filtro (almeno una stanza a degenza singola adeguata per accogliere anche pazienti che necessitino di isolamento respiratorio a pressione negativa);
  4. locale per il personale medico (locale di lavoro);
  5. stanza per il medico di guardia (anche in prossimità);
  6. locale di lavoro per il personale infermieristico;
  7. deposito per presidi sanitari e altro materiale pulito (deve essere di dimensioni adeguate al deposito delle apparecchiature);
  8. deposito per il materiale sporco, dotato di vuotatoio;
  9. servizi igienici per il personale;
  10. spogliatoio per il personale (anche centralizzato);
  11. ambiente per disinfezione/lavaggio attrezzature/materiali (dotato di lavelli, prese gas medicali, prese vuoto, prese corrente);
  12. locale per caposala;
  13. segreteria o area amministrativa (deve essere garantita la funzione);
  14. cucinetta;
  15. postazione di lavoro infermieristica, dotata di centrale di monitoraggio.

Devono inoltre essere previste:

  1. area attesa visitatori (nell’immediato esterno dell’U.O.);
  2. area ricevimento parenti (preferibile nell’immediato esterno dell’U.O.).

Devono essere previsti almeno 15 m2/pl (per le strutture esistenti), 20 m2/pl per le degenze singole e 16 m2 per le degenze multiple (per le strutture di nuova progettazione).

La degenza multipla deve essere strutturata in modo da garantire la privacy del paziente.

Devono essere previsti:

  1. superfici di pavimenti, pareti e soffitti continue, non scalfibili, lavabili e trattabili con disinfettanti, raccordate ad angoli smussi;
  2. ampiezza delle porte e dei percorsi all’interno dell’U.O. tale da consentire lo spostamento dei letti;
  3. pensili e/o travi a soffitto per l’appoggio di apparecchiature e presidi per favorire l’accesso, le manovre e la pulizia.

Deve essere possibile una buona visione dei pazienti dalla postazione infermieristica.

La distanza tra due letti non deve essere inferiore a 1,5 m (per le strutture esistenti), 2,5 m (per le strutture di nuova progettazione).

Deve essere previsto un adeguato spazio dietro alla testata del letto per garantire le manovre assistenziali.

Requisiti tecnologici

Impianti
  1. L’impianto di climatizzazione deve garantire:
    1. una temperatura interna invernale ed estiva compresa tra i 20 e 24°C;
    2. una umidità relativa estiva e invernale compresa tra 40 e 60%;
    3. un numero di ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo) pari a 10 v/h;
    4. bonifica dell’aria attraverso filtri semi-assoluti, in grado di trattenere le particelle del diametro di 5 micron;
    5. velocità dell’aria nelle zone di degenza non superiore 0,8 m/sec.
  2. impianto di aspirazione centralizzato (vuoto) tale da garantire una pressione minima di aspirazione di 500 mmHg (40 L/min per ciascuna presa);
  3. impianto centralizzato di gas medicali;
  4. impianto allarme di segnalazione esaurimento dei gas medicali;
  5. impianto per la rilevazione degli incendi;
  6. sistema di allarme per impianti elettrici.

Nella U.O. devono essere presenti le seguenti attrezzature:

  1. ventilatori meccanici life-support (1 per pl + 1 d’emergenza);
  2. lampada scialitica per pl;
  3. aspiratori per broncoaspirazione;
  4. un defibrillatore (possibilmente corredato di stimolazione cardiaca transcutanea);
  5. un diafanoscopio a parete/monitor per la visualizzazione di diagnostica per immagini;
  6. frigoriferi per la conservazione dei farmaci e emoderivati;
  7. stimolatore cardiaco per stimolazione esterna;
  8. broncofibroscopio;
  9. apparecchio radiologico prontamente disponibile;
  10. sistema di pesatura del paziente allettato;
  11. attrezzatura per il trasporto su barella del paziente critico comprendente monitor/defibrillatore con ECG, pressione NIBP (Noninvasive Blood Pressure Amplifier); saturimetro, bombola di ossigeno, respiratore portatile;
  12. carrello emergenze;
  13. almeno una presa elettrica per apparecchio di radiologia per area di degenza;
  14. 1 lavello ogni 4 pl, con rubinetti ad apertura non manuale ed asciugatura usa e getta per le strutture esistenti (1 ogni 2 pl per le strutture di nuova progettazione; 1 ogni pl per le degenze singole);
  15. apparecchi radio e TV (desiderabile);
  16. emogasanalizzatore;
  17. ecografo;
  18. solleva pazienti;
  19. presidi per la prevenzione delle piaghe da decubito;
  20. sistemi di termoregolazione del paziente;
  21. disponibilità in sede di apparecchiature per emofiltrazione/dialisi;
  22. moduli o sistemi di rilascio per l’ossigenoterapia ad alto flusso umidificato e riscaldato;
  23. impianto elettrico di continuità per sistemi di monitoraggio e apparecchiature atte al sostegno delle funzioni vitali.

Per ogni pl devono essere presenti le seguenti attrezzature:

  1. 1 sistema di allertamento (1 per le degenza singola, 1 per area di degenza);
  2. una sorgente luminosa;
  3. 16-20 prese di corrente;
  4. prese vuoto: 2 per pl (desiderabile 3);
  5. prese per O2: 3 per pl (desiderabile 4);
  6. prese per aria compressa: 2 per pl (desiderabile 3). Le prese dei gas medicali e del vuoto devono essere identificate con appositi colori e non posizionate ad altezza d’uomo per evitare lesioni al volto in caso di de-connessione.
  7. ventilatore meccanico completo di umidificatore (+ 1 di riserva ogni 6/8 pl) dotato di diverse modalità di ventilazione, forniti di sistemi di allarme standardizzati per la sicurezza dell’utente;
  8. letto attrezzato con possibilità di assunzione della posizione di Trendelemburg e anti-Trendelemburg, dotato di presidi antidecubito;
  9. sistema di ventilazione manuale;
  10. sistema di aspirazione;
  11. 4 pompe da infusione per pl;
  12. una pompa per nutrizione enterale per pl.
Attrezzature di monitoraggio
  1. monitor per la rilevazione dei parametri vitali con trend dei parametri, allarmi sonori e visivi, simultanea visione nel display di almeno 4 tracce fra le seguenti:
    1. ECG;
    2. PA non invasiva;
    3. almeno due canali di pressione invasiva;
    4. pulsossimetro;
  2. monitoraggio della ventilazione:
    1. capnometria;
    2. volumi;
    3. pressione;
    4. frequenza;
    5. % di O2 della miscela inspirata (disponibile);
  3. portata cardiaca e valori derivati (disponibile);
  4. temperatura (centrale e cutanea);
  5. monitoraggi addizionali (auspicabili):
    1. funzione respiratoria;
    2. rilevazione delle aritmie;
    3. possibilità di registrazione on line della traccia elettrocardiografica;
    4. analisi del tratto ST-T;
    5. calorimetria indiretta;
  6. sistema computerizzato di analisi ed elaborazione dei dati monitorizzati: auspicabile.

Unità di terapia intermedia respiratoria

Requisiti strutturali

La superficie totale dell’area dell’U.O. deve essere almeno 2 volte il totale dell’area di degenza 7 78 159, da articolarsi nei seguenti spazi (oltre l’area di degenza):

  1. zona filtro per i degenti;
  2. zona filtro per il personale addetto e visitatori;
  3. locale di lavoro per il personale medico;
  4. stanza per il medico di guardia (anche in prossimità);
  5. locale di lavoro per il personale infermieristico;
  6. deposito per presidi sanitari e altro materiale pulito (deve essere di dimensioni adeguate al deposito delle apparecchiature);
  7. deposito per il materiale sporco, dotato di vuotatoio;
  8. servizi igienici per il personale;
  9. spogliatoio per il personale (anche centralizzato);
  10. ambiente per disinfezione/lavaggio attrezzature/ materiali (dotato di lavelli, prese gas medicali, prese vuoto, prese corrente);
  11. locale per caposala (per le strutture di nuova progettazione);
  12. segreteria o area amministrativa (deve essere garantita la funzione);
  13. cucina di reparto con annesso spazio per sosta carrelli di distribuzione del vitto;
  14. postazione di lavoro infermieristica, dotata di centrale di monitoraggio.

Devono inoltre essere previste:

  1. area attesa visitatori (nell’immediato esterno dell’U.O.);
  2. area ricevimento parenti (nell’immediato esterno dell’U.O.).

Devono essere previsti almeno 15 m2/pl.

La degenza multipla deve essere strutturata in modo da garantire la privacy del paziente.

Devono essere previsti:

  1. superfici di pavimenti, pareti e soffitti continue, non scalfibili, lavabili e trattabili con disinfettanti, raccordate ad angoli smussi;
  2. ampiezza delle porte e dei percorsi all’interno dell’U.O. tale da consentire lo spostamento dei letti;
  3. pensili e/o travi a soffitto per l’appoggio di apparecchiature e presidi per favorire l’accesso, le manovre e la pulizia.

Deve essere possibile una buona visione dei pazienti dalla postazione infermieristica.

Deve essere previsto un adeguato spazio dietro alla testata letto per garantire le manovre assistenziali.

Requisiti tecnologici

Impianti

Come per la terapia intensiva il numero di ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo) dell’impianto di climatizzazione deve essere pari a 6 v/h (10 v/h) nelle sole aree destinate allo stoccaggio temporaneo dei materiali sporchi.

Nella U.O. devono essere presenti le stesse attrezzature contemplate per la terapia intensiva con le seguenti variazioni:

  1. lampada scialitica, anche portatile;
  2. ventilatori meccanici life-sustaining e life-support, in relazione al case mix e al numero di pl;
  3. devono essere previsti servizi igienici per i pazienti, in relazione alla tipologia prevalente dei pazienti;
  4. emogasanalizzatore (desiderabile);
  5. ecografo (desiderabile);
  6. moduli o sistemi di rilascio per l’ossigenoterapia ad alto flusso umidificato e riscaldato (desiderabile);
  7. impianto elettrico di continuità per sistemi di monitoraggio e apparecchiature atte al sostegno delle funzioni vitali.

Per ogni pl devono essere presenti le seguenti attrezzature:

  1. 1 sistema di allertamento (1 per la degenza singola, 1 per area di degenza);
  2. una sorgente luminosa;
  3. 6 prese di corrente per strutture esistenti, 10 per le strutture di nuova progettazione;
  4. prese vuoto: 1 per pl (desiderabile 2);
  5. prese per O2: 2 per pl;
  6. prese per aria compressa: 1 per pl (desiderabile 2);
  7. letto tecnico con possibilità di assunzione della posizione di Trendelemburg e anti-Trendelemburg, dotato di presidi antidecubito;
  8. sistema di ventilazione manuale;
  9. sistema di aspirazione;
  10. pompe siringa e pompe volumetrica: secondo necessità;
  11. pompa per nutrizione enterale secondo necessità.
Attrezzature di monitoraggio
  1. monitor per la rilevazione dei parametri vitali, trend dei parametri, allarmi sonori e visivi.

Requisiti minimi organizzativi

Ogni struttura (UTIR o UTIIR) deve prevedere alcuni requisiti organizzativi.

  1. La dotazione organica del personale medico ed infermieristico deve essere rapportata alla tipologia ed al volume dell’attività svolta e degli interventi effettuati dal presidio.
  2. Devono esistere regolamenti interni e linee guida per lo svolgimento delle principali attività concordati con le strutture organizzative professionali interessate, ivi compresi i protocolli di accesso alla degenza stessa.
  3. L’organizzazione del lavoro deve prevedere le procedure per fornire risposte adeguate sia alle richieste routinarie sia alle emergenze-urgenze.
  4. Devono essere previste procedure specifiche in caso di malfunzionamento dei gas medicali e del sistema di aspirazione.

Figure e tabelle

Figura 1.Correlazione tra gravità dell’insufficienza respiratoria cronica riacutizzata, luogo di cura più idoneo e tipo di intervento.

Figura 2.Correlazione tra gravità dell’insufficienza respiratoria acuta, risorse umane infermieristiche, tipo di intervento e livello di expertise del team per la scelta dell’unità di cura per la gestione del paziente (mod. da Scala 2012 36).

Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) Unità di Terapia Intensiva Intermedia Respiratoria (UTIIR) Unità di Monitoraggio respiratorio (UM)
Criteri maggiori
Rapporto infermiere/paziente per turno lavorativo > 1:3 1:3 o 1:4 1:5 o 1:6
Ogni letto provvisto di Monitor polifunzionali*Ventilatori da terapia intensiva e da NIV Monitor polifunzionali*Ventilatori meccanici (per NIV, con disponibilità di ventilatori da terapia intensiva) Monitor polifunzionali*Ventilatori meccanici (per NIV)
Trattamento Insufficienza respiratoria con o senza altre insufficienze d’organo Insufficienza respiratoria(insufficienza mono-organo) Insufficienza respiratoria (insufficienza mono-organo)
Medico h24 (dedicato) Di guardia (non esclusivamente dedicato) Su chiamata (all’interno dell’ospedale)
Ventilazione meccanica Invasiva, NIV NIV, invasiva se necessario (solo in tracheostomizzati) NIV se necessarioInvasiva solo in pazienti tracheostomizzati stabili
Broncoscopia All’interno dell’unità All’interno dell’unità All’interno o all’esterno dell’unità
Strumentazione per Emogasanalisi (EGA) All’interno dell’unità All’interno dell’unità All’interno o all’esterno dell’unità
Ecografo All’interno dell’unità All’interno o all’esterno dell’unità All’interno o all’esterno dell’unità
HFOT All’interno dell’unità All’interno dell’unità All’interno o all’esterno dell’unità
Personale medico La responsabilità deve essere affidata ad uno pneumologo esperto in ventilazione meccanica
Criteri minori
Rimozione extracorporea della CO2 (ECCO2R) All’interno dell’unità
Device per ultrafiltrazione Possibilmente all’interno dell’unità
Tabella I.Definizione dei livelli di cura.
• Soggetti con necessità di ventilazione meccanica, prevalentemente non invasiva, e/o di monitoraggio dei parametri vitali per IRA in corso di malattie croniche ostruttive dell’apparato respiratorio
• Soggetti con necessità di ventilazione meccanica, prevalentemente non invasiva, e/o di monitoraggio dei parametri vitali per IRA in corso di malattie restrittive croniche dell’apparato respiratorio (malattie neuromuscolari, deformità della gabbia toracica, pneumopatie infiltrative diffuse, ecc.)
• Soggetti con sindrome da ipoventilazione di tipo centrale o da sleep apnoea che necessitano di ricovero per IRA
• Soggetti già sottoposti a ventilazione meccanica in rianimazione o altra terapia intensiva, per procedere allo svezzamento totale o parziale dalla protesi ventilatoria e/o per completamento del recupero funzionale prima di essere riavviati ai reparti di degenza o al domicilio
• Soggetti tracheostomizzati per cause respiratorie o non respiratorie per tentare un eventuale svezzamento dalla cannula tracheostomica
• Soggetti che necessitano di ventilazione meccanica o di monitoraggio dei parametri vitali per complicanze respiratorie dopo interventi di chirurgia del torace, cardiaca o addominale
• Soggetti che necessitano di ventilazione meccanica e/o monitoraggio dei parametri vitali per IRA ipossiemica secondaria a malattie del parenchima polmonare, con rapporto PaO2/FiO2 < 300 e > 100 (esclusivamente in UTIR o UTIIR)
• Soggetti che necessitano di ventilazione meccanica o di monitoraggio dei parametri vitali per asma bronchiale grave (esclusivamente in UTIR o UTIIR)
• Soggetti che necessitano di seguire procedure di interventistica pneumologica e non (es. broncoscopia, endoscopia digestiva, posizionamento PEG, ecocardiografia trans-esofagea, ecc.) in corso di IRA durante ossigenoterapia convenzionale, HFOT o NIV (esclusivamente in UTIR o UTIIR)
Tabella II.Categorie di pazienti che necessitano di trattamento in unità di cure intensive respiratorie.
• IRA ipossiemica grave (Acute Respiratory Distress Syndrome - ARDS severa) con rapporto PaO2/FiO2 < 100 in corso di ventilazione invasiva candidabile a trattamenti rescue quali ECMO (ExtraCorporeal Membrane Oxygenation), ossido nitrico, pronazione
• IRA con insufficienza multipla d’organo (Multiple Organ Failure, MOF)
• IRA in soggetti con grave instabilità emodinamica/elettrica cardiaca, es. aritmia cardiaca incontrollata e/o ipotensione sistolica < 70 mmHg nonostante riempimento volemico e/o uso di amine vasoattive
• Shock settico con IRA (solo per le UTIR non attrezzate per eseguire monitoraggio emodinamico)
• Politrauma
Tabella III.Condizioni cliniche che necessitano di trattamento in terapia intensiva generale.
Conoscenze necessarie
• Basi generali di medicina respiratoria
• Disordini del sonno
• Fisiologia e patologia respiratoria applicata alla ventilazione meccanica
• Diagnosi e trattamento di tutte le forme di insufficienza respiratoria acuta e acuta su cronica
• Disordini cardiovascolari, renali, neurologici
• Disordini neuro-muscolari
• Effetti e disordini metabolici ed endocrini nei pazienti critici
• Obesità e problemi correlati
• Principali malattie infettive
• Uso dei device legati alla ossigenoterapia
• Terapia inalatoria e umidificazione delle vie aeree
• Ventilazione non invasiva
• Ventilazione meccanica invasiva
• Gestione delle vie aeree e intubazione endotracheale
• Monitoraggi biologici in respiro spontaneo e in corso di ventilazione meccanica
• Tecniche di weaning e fattori ostacolanti lo svezzamento
• Gestione della tracheostomia
• Principi di nutrizione enterale e parenterale
• Delirio, dolore e agitazione nel paziente critico
• Principi farmacologici e meccanismi di azione dei farmaci sedativi e analgesici; score e scale di valutazione nel paziente cosciente e incosciente
• Profilassi antitrombotica e stati anemici
• Prevenzione del sanguinamento gastrico
• Ricondizionamento dei muscoli respiratori e scheletrici
• Valutazione delle funzioni neuropsicologiche
• Gestione del personale
• Tecniche di comunicazione
• Temi di etica e programmi educazionali
Competenze necessarie
• Ventilazione meccanica e programmi di svezzamento
• Uso di indici prognostici e score
• Monitoraggio ECG, emodinamico non invasivo, respiratorio
• Posizionamento di catetere arterioso
• Ossimetria, uso di device transcutanei
• NIV in corso di broncoscopia
• Ossigenoterapia ad alto flusso (HFOT)
• Broncoaspirazione
• Disostruzione delle vie aeree
• Toracentesi
• Inserimento di un catetere venoso centrale
• Inserimento di un sondino naso gastrico
• Utilizzo di pompe infusionali
• Rimozione cannula tracheostomica
• Rianimazione cardiopolmonare
• Gestione della sedazione, dolore, delirio e agitazione
• Principi di riabilitazione deglutitoria/fonatoria
• Prescrizione di programmi di fisioterapia
• Assistenza e colloquio con i familiari
• Organizzazione di programmi di continuità assistenziale e di home care
• Gestione e comunicazione nelle cure di fine vita
Competenze auspicabili
• Rimozione extracorporea di CO2 (ECCO2R)
• Gestione delle vie aeree, intubazione orotracheale
Tabella IV.Conoscenze e competenze per lo pneumologo dell’UTIR.
Decisione Definizione
• Limitazione (Withholding) Decisione pianificata di non introdurre ulteriori terapie altrimenti giustificate (vale a dire l’intubazione, la terapia sostitutiva renale, l’aumento delle dosi di vasopressori, la chirurgia, le trasfusioni, la nutrizione e l’idratazione)
• Interruzione (Withdrawal) Interruzione di trattamenti precedentemente iniziati (ad esempio l’interruzione del supporto ventilatorio, l’estubazione e la sospensione dei vasopressori)
• Sedazione terminale Trattamento del dolore e di altri sintomi con il possibile effetto collaterale di abbreviare la vita
• Eutanasia Dal greco εὐθανασία, composta da εὔ-, “bene” e θάνατος, “morte”. In questo caso il medico intenzionalmente uccide una persona che soffre in maniera intollerabile e senza prospettiva di miglioramento, dopo volontaria, esplicita, ripetuta, ben considerata e informata richiesta di quest’ultima
• Suicidio assistito Il medico intenzionalmente aiuta/assiste/coopera al suicidio di una persona che soffre in maniera intollerabile e senza prospettiva di miglioramento, dopo volontaria, esplicita, ripetuta, ben considerata e informata richiesta di quest’ultima. Questi atti non includono l’interruzione e la limitazione dei trattamenti sebbene questi ultimi possano avvenire prima del suicidio assistito
• Fallimento della rianimazione cardiopolmonare Definita come morte nonostante l’utilizzo della ventilazione e del massaggio cardiaco
• Morte cerebrale Cessazione documentata dell’attività cerebrale che soddisfa i criteri di morte cerebrale
• Cure di fine vita Cura (comfort, sostegno o trattamento dei sintomi) offerta ad una persona nelle fasi finali della vita
Tabella V.Definizioni inerenti le decisioni di fine vita.

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Affiliazioni

Teresa Renda

Pneumologia e Fisiopatologia Toracopolmonare, Terapia Intensiva Pneumologica, Dipartimento Cardiotoracovascolare, AOU Careggi, Firenze

Giovanna Arcaro

UOC Fisiopatologia Respiratoria, Ospedale-Università di Padova, Padova

Stefano Baglioni

UOC Pneumologia e UTIR, AO di Perugia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Perugia

Giuseppe Brunetti

OUSD Terapia Sub-Intensiva Respiratoria, S.T.I.R.S., A.O. San Camillo Forlanini, Roma

Annalisa Carlucci

UO Riabilitazione Specialistica Pneumologica, IRCCS Istituti Clinici Maugeri, Istituto Scientifico di Pavia, Pavia

Biagio Carlucci

UOC Pneumologia e UTIR, P.O. Madonna delle Grazie, Matera

Piero Ceriana

UO Riabilitazione Specialistica Pneumologica, IRCCS Istituti Clinici Maugeri, Istituto Scientifico di Pavia, Pavia

Enrico Maria Clini

UOC di Malattie dell’Apparato Respiratorio, AOU Policlinico di Modena, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena

Marco Confalonieri

SC Pneumologia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste, Ospedale di Cattinara, Trieste

Renato Cutrera

Unità Operativa Complessa di Broncopneumologia, Area Semintensiva Pediatrica Respiratoria, UOS Medicina del Sonno e Ventilazione a Lungo Termine, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma

Amir Eslami

UOC Pneumologia e UTIR, AO di Perugia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Perugia

Vanni Galavotti

S.C. Pneumologia e UTIR, ASST Mantova Carlo Poma, Ospedale di Mantova, Mantova

Santino Marchese

UO Terapia Intensiva Respiratoria, UTIR, ARNAS Civico Di Cristina Benfratelli, Palermo

Corrado Mollica

Già Servizio Terapia Intensiva Respiratoria (STIRS), AO S. Camillo-Forlanini, Roma

Maria Giovanna Paglietti

Unità Operativa Complessa di Broncopneumologia, Area Semintensiva Pediatrica Respiratoria, UOS Medicina del Sonno e Ventilazione a Lungo Termine, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma

Enrico Perretta

SC Pneumologia, Ospedale di Imperia, ASL 1 Imperiese, Imperia

Lara Pisani

UOC Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria, AOU Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Raffaele Scala

UOC Pneumologia e UTIP, Azienda USL Toscana Sud Est, PO San Donato, Arezzo

Antonio Starace

UOSC Pneumologia 1, AORN “A. Cardarelli”, Napoli

Guido Vagheggini

iabilitazione Respiratoria e Centro di Svezzamento, Centro Clinico di Riabilitazione Multispecialistico Auxilium Vitae, Volterra (PI)

Andrea Vianello

UOC Fisiopatologia Respiratoria, Ospedale-Università di Padova, Padova

Michele Vitacca

UO Riabilitazione Pneumologica, IRCCS Istituti Clinici Maugeri, Istituto Scientifico di Lumezzane, Lumezzane (BS)

Antonio Corrado

Centro Pneumologico Sesto Fiorentino, Firenze

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Renda, T., Arcaro, G., Baglioni, S., Brunetti, G., Carlucci, A., Carlucci, B., Ceriana, P., Clini, E. M., Confalonieri, M., Cutrera, R., Eslami, A., Galavotti, V., Marchese, S., Mollica, C., Paglietti, M. G., Perretta, E., Pisani, L., Scala, R., Starace, A., Vagheggini, G., Vianello, A., Vitacca, M., & Corrado, A. (2018). Unità di Terapia Intensiva Respiratoria: update 2018. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(6), 306-333. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2018-33-66
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