Articolo di revisione
Pubblicato: 2024-11-13

Verso una nuova definizione di ARDS: il punto di vista della Pneumologia

Già STIRS, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, AO S. Camillo-Forlanini, Roma
UOC Pneumologia e UTIP, Dipartimento CardioToracoNeuroVascolare, Azienda USL Toscana Sud Est, PO San Donato, Arezzo
adult respiratory distress syndrome acute lung injury acqua extra-vascolare polmonare ventilazione non-invasiva pressione positiva continua pressione positiva di fine espirazione

Abstract

L’ARDS è una patologia di estrema gravità, responsabile di una mortalità ospedaliera stimata tra il 33% ed il 50%. La mortalità per insufficienza respiratoria (IR) non responsiva a supporto ventilatorio ed extra-coroporeo costituisce solo il 16% dei casi, la sepsi essendone la causa principale. È pertanto essenziale diagnosticarla già in fase precoce, stratificandone la gravità. L’ARDS è stata definita nel tempo in svariati modi a seconda del grado di conoscenza della patogenesi. La sua definizione si basa su criteri clinici (tempo di insorgenza dei sintomi ed origine non-cardiogena dell’edema), radiologici (opacità polmonari bilaterali a distribuzione prevalentemente periferica) e funzionali (entità dell’ipossiemia espressa come rapporto PaO2/FiO2) (P/F). È distinta in “polmonare” ed “extrapolmonare”, a seconda che il fattore etiologico scatenante sia diretto (polmonite, inalazione di gas o di contenuto gastrico, trauma toracico) o indiretto (pancreatite, sepsi). L’entità dell’ipossiemia ne caratterizza la gravità, distinta in “lieve”, “moderata” e “grave” a seconda del rapporto P/F (≤ 300 > 200, 200-100, < 100, rispettivamente) in corso di ventilazione meccanica con pressione positiva continua (CPAP) o pressione positiva di fine espirazione (PEEP) ≥ 5 cmH2O. Il riscontro di una sottostima dell’incidenza a livello mondiale, dovuta a carenza di apparecchiature diagnostiche (emogasanalisi e TC, in primis) in “aree a risorse limitate”, ha indotto ad una rivisitazione della definizione, introducendo il rapporto tra saturimetria transcutanea di O2 (SpO2) e FiO2, e l’ecografia polmonare ad ultrasuoni in sostituzione della TC. La definizione “globale” di ARDS distingue pertanto i pazienti in funzione delle risorse dell’area in cui vivono, con l’intento di assicurarne la migliore assistenza in un’ottica “globale”. Infine, l’esperienza maturata nel trattamento della IR da COVID-19 con alti flussi di ossigeno, ha esteso la definizione “Globale” di ARDS, includendo anche un nuovo gruppo di pazienti con “ipossemia de novo” che si giovano di metodiche diagnostico-terapeutiche non invasive. Con questa nuova definizione, viene rafforzato il ruolo delle UTIP nel management di quei casi di ARDS intercettati ed endo-fenotipizzati nella fase precoce della sindrome in cui i supporti respiratori non invasivi hanno maggiore probabilità di successo nell’evitare l’escalation ai trattamenti invasivi e la mortalità ad essi correlati.

Introduzione

Per la molteplicità dei fattori etiologici che ne diversificano l’aspetto clinico al primo manifestarsi 1, per la rapida evoluzione verso l’insufficienza respiratoria refrattaria, per l’imaging non facilmente distinguibile da altre forme di edema polmonare non-cardiogeno, la ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome) costituisce la patologia maggiormente rappresentata nelle UTI generali (Centri di Rianimazione), con l’occupazione di quasi il 30% dei posti letto, ed una mortalità globale attorno al 40% 2, in una popolazione di pazienti intercettati in genere in una fase più avanzata e grave della sindrome, per i quali risultano indicate prevalentemente strategie di supporto ventilatorio invasive e/o extracorporee. Riguardo alle strategie di supporto respiratorio non invasivo (Non Invasive Respiratory Therapy, NIRT), le recenti linee guida ERS/ATS sulla Ventilazione Non Invasiva (NIV) non hanno emanato alcuna raccomandazione a favore o contro l’impiego di questa tecnica nel trattamento della insufficienza respiratoria acuta (IRA) ipossiemica 3. Laddove le ultime linee guida ERS sugli alti flussi (HFNO) ne suggeriscono l’impiego preferenziale rispetto alla NIV 4. La mancata risposta a tale strategia basata sull’impiego integrato dei NIRT impone il rapido passaggio alla intubazione tracheale e alla ventilazione invasiva, onde evitare l’addizionale danno iatrogeno da Self Inflicted Lung Injury (SILI), conseguente al persistere – in ventilazione assistita – di uno stimolo inspiratorio fuori controllo, tale da incrementare la frequenza respiratoria – e con essa il volume corrente sovra-imposto – così da condizionarne pesantemente la prognosi. Infatti l’eccessiva pressione transpolmonare conseguente alle profonde deflessioni endopleuriche indotte dall’elevato sforzo dei muscoli inspiratori, sommata alla pressione applicata alle vie aree tramite il ventilatore meccanico - per giunta in presenza di tachipnea – è in grado di sviluppare un danno (“injury”) non dissimile da quello indotto dalla ventilazione meccanica 5.

Nell’ipossiema “de novo” con necessità di rapida conversione a ventilazione invasiva in caso di fallimento, vi è una “limitata” finestra temporale per un’applicazione sicura ed efficace di un trial di NIRT 6. Tuttavia i risultati maggiormente incoraggianti – quali la capacità di evitare l’intubazione (54%) – ottenuti in Unità di Terapia Intensiva (UTI) definite “expert centers”, impiegando la NIV come “first line intervention” in pazienti con “early” ARDS 7, hanno portato a considerare un atteggiamento più “aperto” nel trattamento non-invasivo della sua fase precoce.

In questo contesto, i dati della letteratura suggeriscono di privilegiare le strategie ventilatorie non invasive di tipo “protettivo” mediante Pressione Positiva Continua (Continuous Positive Air Pressure, CPAP) o a mezzo NIV in Casco con bassi livelli di pressione di supporto (PS) ed elevati di PEEP e di HFNO, variamente integrati ed eventualmente associati a cicli di pronazione.

Nonostante l’evidenza scientifica limitata a favore dei NIRT, i dati ricavati dagli ultimi due censimenti nazionali hanno riportato un incremento sensibile dei ricoveri di pazienti con “ipossiemia de novo” ed “early” ARDS nelle Unità di Terapia Intensiva Pneumologica (UTIP) Italiane; né è mancata la descrizione - seppure episodica - di casi clinici riferibili ad ARDS conclamata 8,9.

Infatti, assente tra le patologie di competenza delle UTIP nel primo Documento AIPO (1994) 10, l’ARDS compare sotto forma di “Insufficienza Respiratoria Ipossiemica in assenza di Multy Organ Failure (MOF)” nel Documento del 2004 11, mentre nell’update del 2018 12 ne vengono dettagliate le specifiche, riferendosi a “Soggetti che necessitano di ventilazione meccanica e/o di monitoraggio dei parametri vitali per IRA ipossiemica secondaria a malattie del parenchima polmonare, con rapporto PaO2/FiO2 < 300 e > 100”.

Rimane di pertinenza delle UTI la “IRA ipossiemica acuta (ARDS severa) con rapporto PaO2/FiO2 < 100, in corso di ventilazione invasiva candidabile a trattamenti rescue quali ECMO (Extra Corporeal Membrane Oxygenation), ossido nitrico, pronazione” e la “IRA con insufficienza multipla di organo (MOF)” 12.

Anche la necessità di far ricorso a metodiche diagnostico-terapeutiche non-invasive o poco invasive che caratterizzano l’UTIP (es. ecografia e broncoscopia) ha consentito lo “sdoganamento” dell’ARDS in fase lieve/moderata tra le sue patologie di pertinenza. Pur se l’evoluzione della tecnologia nel campo suddetto, coniugata alla sempre maggior competenza degli operatori 13, permetterebbe di trattarne in alcune unità “esperte” anche lo stadio “severo” – impiegando l’Extra-Corporeal Membrane Oxygenation (ECMO) – come finora peraltro avviene unicamente in corso di Fibrosi Polmonare Idiopatica in fase acuta 14 o nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) riacutizzata grave, come alternativa all’intubazione 15.

L’evoluzione della definizione di ARDS che qui si tratterà vuole essere un percorso nel tempo delle conoscenze inerenti tale patologia, con un focus specifico prospettico che riguarda l’operatività dello Pneumologo all’interno delle UTIP.

Cenni storici

L’ARDS venne descritta in vario modo fin dalla fine degli anni ’60, in funzione dell’aspetto radiologico - polmone umido (“wet lung”), sindrome del polmone bianco - dello scenario in cui si era manifestata (“crush syndrome”, “polmone di Da Nang”), ovvero delle caratteristiche clinico-funzionali che presentava (membrana jalina dell’adulto, polmone da shock, etc.).

Con l’ormai storico lavoro di Ashbaugh DG et al. ne fu data una definizione diagnostica, fondata su criteri clinico/radiologico/funzionali. Essa si definiva quale “…sindrome caratterizzata da dispnea grave, tachipnea, cianosi refrattaria all’ossigenoterapia, compliance polmonare ridotta ed infiltrati polmonari diffusi, evidenti alla radiografia del torace, in assenza di pregressa malattia polmonare e di insufficienza cardiaca16.

Dobbiamo a Petty TL et al., sulla scorta del lavoro di Ashbough, con la definizione di Adult Respiratory Distress Syndrome (ARDS), la differenziazione del meccanismo di danno polmonare, se diretto (trauma toracico, aspirazione di sostanze lesive quali il contenuto gastrico o gas irritanti), o indiretto, come in caso di pancreatite o di sepsi 17. L’impiego della pressione positiva di fine espirazione (Positive End-Expiratory Pressure, PEEP) diveniva indispensabile al fine di mantenere un grado accettabile di saturazione di ossigeno (SaO2), riducendo lo shunt intrapolmonare destro-sinistro ed aumentando la capacità funzionale residua (CFR). I numerosi fattori “di rischio”, riscontrati sempre più numerosi negli anni, sono stati riassunti recentemente 18.

Murray et al. la distinse in base al suo manifestarsi in Acuta e Cronica, adottando il Lung Injury Score (LIS) che ne suddivideva la gravità in funzione del grado di ipossiemia (PaO2/FiO2)(P/F) (da ≥ 300 a < 100 mmHg); del grado di occupazione di parenchima da parte delle consolidazioni polmonari (all’imaging); del valore di PEEP necessaria ad assicurarne una SaO2 accettabile (da ≤ 5 a ≥ 15 cmH2O), oltre che della compliance polmonare (da ≥ 80 a ≤ 19 ml/cmH2O), quest’ultimo, indice funzionale meccanico di gravità della patologia. Il risultato finale, pari alla somma di ciascun componente diviso per il numero dei componenti impiegati, esprime un valore da 0 (nessun danno), da 0,1 a 2,5 (danno da lieve a moderato), fino a > 2,5 (danno grave, ARDS) 19.

Il LIS sarebbe stato poi aggiornato dal LIPS (Lung Injury Prevention Study), con un cut-off fissato pari a ≥ 4 per una diagnosi di alto rischio di ALI 20.

Sotto l’aspetto istologico, l’ARDS in fase acuta è caratterizzata da un “danno alveolare diffuso” (DAD) che si estrinseca in un edema polmonare non-cardiogenico (non-idrostatico) e in IRA 21.

I meccanismi che portano all’instaurarsi dell’edema sono ben noti, e consistono principalmente nell’aumento della permeabilità dei capillari peri-alveolari e conseguente edema interstiziale prima, e stravaso intra-alveolare dopo poche ore 22.

Ne consegue un aumento dell’acqua extra-vascolare polmonare (Extra-Vascular Lung Water, EVLW), che nel normale è pari a ≤ 10 ml/Kg; la distribuzione della stessa - gravitazionale nell’edema polmonare cardiogeno (EPA) e periferica da iper-idratazione o da aumento della permeabilità capillare nell’EPA-non cardiogeno - costituisce un importante segno distintivo di diagnostica radiologica 23.

Il che ha portato, secondo la Consensus Conference Americana-Europea sull’ARDS (AECC), ad inserire il concetto - discriminante rispetto all’EPA cardiogeno - della coesistenza, obbligata (nelle fasi iniziali), di una pressione polmonare a catetere incuneato (“Wedge Pressure”: PWAP) pari o inferiore ai 18 mmHg o l’assenza di evidenza clinica di ipertensione atriale sinistra 24 (Tab. I).

Le principali critiche alla definizione del AECC erano: 1. la mancanza di alcuna definizione del termine “acuto” al primo manifestarsi della sintomatologia (non viene specificato il lasso di tempo necessario: ore? giorni? settimane?); 2. il minor “stringente” criterio di definizione dell’ALI (P/F ≤ 300 mmHg) che avrebbe esposto al rischio di un’errata attribuzione ad un’ALI o ad un’ARDS in presenza di P/F < 300 ma > 200, con conseguente sottostima nella diagnosi di ALI; 3. l’incongruenza nell’attribuzione dell’ipossiemia alla PEEP o alla Frazione Inspiratoria di O2 (FiO2); 4. la scarsa affidabilità interpretativa del referto Rx grafico, quando fornito da parte di osservatori diversi 25,26.

La Classificazione di Berlino 27 del 2012, e la sua rivisitazione 28, assumevano come criteri di inclusione nella diagnosi di ARDS, oltre alla presenza di almeno un fattore di rischio di ipossiemia arteriosa acuta non pienamente spiegata da insufficienza cardiaca o sovraccarico di liquidi, e all’imaging, la sua suddivisione in tre gradi di gravità (lieve, moderata, severa) in funzione del rapporto PaO2/FiO2, in corso di ventilazione meccanica (VM) con valori di PEEP o di CPAP ≥ 5 cmH2O (Tab. II).

Anche il requisito emodinamico di una PWAP con cut-off ≤ 18 mmHg veniva escluso, per il riscontro in corso di ALI/ARDS di valori > 18 mmHg, attribuibili per es. ad un’elevata pressione pleurica o ad abbondante “riempimento” fluidico in corso di manovre di rianimazione 29.

Le principali critiche alla definizione di Berlino

La definizione di Berlino richiede l’applicazione di un valore minimo di PEEP di 5 cmH2O, ma non impone uno specifico valore di PEEP per la misura del grado di ossigenazione 26. Sebbene sia ormai accertato che bassi valori di P/F in PEEP caratterizzano pazienti che svilupperanno forme di grave ARDS, laddove alti valori di P/F a parità di PEEP caratterizzano pazienti che svilupperanno una forma lieve di ARDS o di non-ARDS, si è obiettato che la suddetta variabilità del rapporto P/F e la classificazione per gradi di gravità può portare ad errata valutazione prognostica e ad incertezza nell’impostare un adeguato intervento terapeutico 30.

Sotto tale aspetto, al fine di individuare precocemente i pazienti da sottoporre ad ECMO, distinguendoli da quelli che possono giovarsi di altre terapie (PEEP e posizione prona), è stata proposta una riclassificazione della fase di ARDS “moderata” (P/F tra 200 e 100) con un cut-off a 150 mmHg, tale da distinguere una ARDS “moderata-lieve” (P/F < 200 > 150) da una “moderata grave” (P/F < 150 e > 100); quest’ultima presentando valori più elevati di PaCO2 (47 ± 16 vs 41 ± 8), più bassi di pH (7,37 ± 00,7 vs 7,42 ± 0,07) e necessitando di pressioni di picco più elevate 31.

Con il medesimo intento, al fine di stabilire precocemente la gravità dei pazienti con ARDS, correlandola alla terapia da effettuare, è stata proposta una impostazione “fissa” dei parametri sul ventilatore (PEEP ≥ 10 cmH2O e FiO2 ≥ 0,50), da applicarsi entro 24 h dall’ingresso 32, quando non l’incorporazione della PEEP nel rapporto P/F, così da creare un nuovo rapporto P/FP, dotato di un maggior grado di predittività in termini di mortalità, in pazienti sottoposti a PEEP > 5 cmH2O 33.

Tobin MJ stigmatizza la definizione di Berlino, sia sotto l’aspetto Rx grafico (accordo inter-osservatori molto basso, pari allo 0,29), sia in considerazione del fatto che il P/F viene considerato (“flawed”) “imperfetto” e quindi non adatto a valutarne la gravità, sia sotto quello clinico, secondo cui l’intervallo di 7 gg tra fattore scatenante il danno polmonare e comparsa dei sintomi sarebbe un criterio “stravagante” (“whimsical”) 34. Il che sembra concordare con quanto riscontrato dalla Task Force della China Critical Care Clinical Trial Group (CCCCTG), secondo cui la scarsa accuratezza diagnostica della definizione di Berlino sotto l’aspetto radiografico, dovuta alla bassa concordanza nella refertazione da parte di operatori diversi, non sarebbe migliorabile con l’addestramento 35.

Nel tentativo di ovviare a questo ultimo non trascurabile aspetto, è stato proposto lo studio RALE (Radiographic Assessment of Lung Edema) che valuta estensione e densità delle opacità alveolari per ciascuno dei quattro quadranti in cui viene suddivisa la Rx torace, attribuendone un valore numerico (“score”) da 1 a 4; la somma dei quali costituisce poi lo “score” totale (da 0 a 48). Il che permetterebbe un maggior grado di accuratezza diagnostica, svincolata dall’osservazione inter-personale; e nel contempo lo “score”, se correlato con il P/F, come dalla definizione di Berlino, costituirebbe un valido indice prognostico di “outcome” clinico in termini di mortalità 36.

Un’altra critica alla definizione di Berlino consiste nel fatto che, sebbene l’aumento della permeabilità della micro-circolazione sia carattere distintivo di ARDS, nessuno dei criteri diagnostici in essa proposti, né tanto meno nella definizione dell’AECC, ne definisce l’entità, onde poter escludere l’ARDS da altre insufficienze respiratorie che non presentano un incremento della permeabilità e valutarne meglio l’outcome.

Già nello studio di Monnet X et al., la termo-diluizione transtoracica (TTDT) veniva proposta come metodica permittente una diagnosi differenziale tra edema da alterata permeabilità e gli altri tipi di edema 37. Se poi l’EVLW possa costituire l’unico predittore di mortalità nell’ARDS, o se lo sia durante un episodio di sepsi quando in associazione ad altri fattori di rischio, quali il P/F 38, e il peso corporeo predetto (Predicted Body Weight, PBW), è stato argomento molto studiato 39. Anche la metodica impiegata, la TTDT, sembra abbia dato risultati contrastanti 40. È stato pertanto proposto un indice di permeabilità vascolare polmonare (Pulmonary Permeability Vascular Index, PPVI) che, assieme alla misura della EVLW a mezzo TTDT, alla storia clinica, all’obiettività polmonare, alla TC, all’ecografia polmonare e al peptide natriuretico, sembra fornire una migliore definizione di edema da alterata permeabilità 41.

Infine uno studio recente di Gavelli F et al. sul valore predittivo della EVLW misurata con la TTDT, ed effettuato confrontando i dati di 18 studi (su 1.296 pazienti) riportati da Embase, MEDLINE, e The Cochrane Database of Systematic Reviews, ha riscontrato valori di EVLW significativamente maggiori in pazienti non sopravvissuti 42.

La nuova definizione “globale” di ARDS… e i suoi presupposti

La recente pandemia da SARS-CoV-2, manifestatasi con quadri di ARDS non sempre riconducibili e interpretabili in base alla definizione di Berlino – anche per l’assenza di strumentazioni idonee alla diagnosi, quali l’emogasanalisi o la PEEP – ha messo in luce la necessità di una nuova definizione di ARDS 43.

Le esperienze maturate con il COVID-19, in campo diagnostico-terapeutico, hanno portato ad una modificazione della definizione di Berlino (Kigali modification) 44 (Tab. III), basata peraltro sul riscontro della sottostima di diagnosi di ARDS in aree a risorse limitate 2,45; il che ha aperto nuove prospettive nella definizione diagnostica di ARDS 46.

La valutazione di gravità che utilizza la saturazione pulso-ossimetrica (SpO2) in rapporto alla FiO2 per la misurazione del grado di ossigenazione - come suggerito nella modificazione di Kigali - e che verrà poi ripresa dalla nuova definizione di ARDS 47, si basa su studi risalenti ai primi anni 2000.

Infatti, già nello studio di Rice TW et al. il rapporto SpO2/FiO2 ben si correlava al P/F sia per ALI che per ARDS, risultando pari a 315 e 235 mmHg rispettivamente, se confrontato con il valore di P/F di 300 (ALI) e 200 mmHg (ARDS) 48.

Per quanto poi attiene all’ecografia polmonare ad ultrasuoni a letto del paziente, quale mezzo diagnostico in sostituzione della Rx/TC, ne era già stato suggerito l’impiego nella valutazione clinica del paziente con sospetta ALI/ARDS 49, per definirne l’entità di aree indenni (“lung aeration”), la distribuzione della ventilazione e le complicanze polmonari 50), oltre che per ottimizzare la PEEP in corso di manovre di reclutamento e de-reclutamento alveolare 51.

Rispetto alla Rx torace veniva, almeno parzialmente, superato il rischio di estrema variabilità individuale di interpretazione 25,26; inoltre l’incontrovertibile vantaggio di non dover trasportare il paziente, oltre alla riduzione delle radiazioni che tale metodica comporta, la rende peraltro preferibile alla TC 50.

Per quanto suddetto, già dal 2021 la ultrasonografia polmonare è stata adottata dalla European Society of Intensive Care Medicine (ESICM) 52.

I limiti della metodica risiedono nella variabilità della conformazione anatomica del paziente (spessore del pannicolo adiposo, enfisema sottocutaneo, obesità estrema oppure torace iper-inflato per enfisema di alto grado); oltre che nell’incremento della pressione intra-toracica che ne può alterare la valutazione del grado di iperinflazione 53.

La nuova definizione di ARDS, basata sull’esperienza di 35 Unità di Terapia Intensiva di tutto il Mondo, tiene conto di quanto finora esperito 47 (Tab. IV).

Nella sua stesura si prende atto della difficoltà di una diagnosi di ARDS a livello globale, cioè anche in aree a risorse limitate, dove c’è scarsità di mezzi diagnostici (leggi: emogasanalisi) e soprattutto terapeutici (ventilazione artificiale con pressione positiva continua CPAP o con PEEP). Essa prevede, come quella di Kigali, l’impiego della saturimetria transcutanea (SpO2), fissando il cut-off diagnostico di ARDS lieve per valori di SpO2/FiO2≤ 315 mmHg, (se SpO2 ≤97%), ma introduce anche l’ecografia polmonare ad ultrasuoni in sostituzione della Rx/TC.

Inoltre, sempre sulla base delle esperienze maturate nella terapia del COVID-19 54, in alternativa alla NIV, si introduce l’impiego degli alti flussi di O2 per via nasale (HFNO), con soglia a 30 L/m al fine di minimizzare la PEEP, così da ottenere una SpO2 tra 88-92% 55,56.

Pertanto a fini diagnostico-terapeutici, questa definizione di ARDS suddivide i pazienti in 3 categorie: gli intubati e ventilati meccanicamente in modo invasivo, per i quali valgono i criteri della definizione di Berlino; i non-intubati, che costituiscono un nuovo gruppo da trattare con HFNO a 40L/m; infine i pazienti che vivono in aree a risorse limitate, per i quali si è obbligati alla sola diagnosi ecografica e ad una O2-terapia con maschera facciale a 15 L/m. Per ciascuna categoria sono previste quindi specifiche modalità diagnostico-terapeutiche, così da poter assicurare la migliore assistenza a questi pazienti, in un’ottica “globale”.

Grazie a questa definizione, viene ad essere colmato almeno in parte il divario di attribuzione esistente tra la definizione tradizionale di ARDS, inerente pazienti in supporto ventilatorio (pressorio) invasivo e non invasivo (generalmente trattati nelle UTI) e l’“ipossiemia de novo”, riconducibile alla fase precoce della stessa (a prevalente gestione al di fuori delle UTI), ove il supporto respiratorio è prevalentemente erogato mediante sistemi ad alti flussi, in grado di generare un corrispondente livello di pressione positiva espiratoria.

Con la definizione “globale”, viene quindi ad essere rafforzato il ruolo chiave dello Pneumologo nell’intercettare le fasi più precoci dell’ARDS, allorquando l’applicazione “esperta” degli alti flussi, integrati con gli altri NIRT e con la “awake pronation” nelle UTIP, può migliorare gli scambi gassosi, ridurre il rischio di SILI e la necessità di passaggio ad una ventilazione invasiva col trasferimento in UTI.

Inoltre, in accordo con la logica della “medicina di precisione” applicata a sindromi cliniche eterogenee come l’asma, la BPCO e le interstiziopatie, lo Pneumologo può contribuire a fenotipizzare i singoli casi di ipossiemia acuta in fase precoce (“early”), quando inglobati nella definizione “ombrello” di ARDS, distinguendoli sotto i profili etiologico, fisiopatologico e biologico 57, mediante strategie diagnostiche non invasive o minimamente invasive, come la broncoscopia, possibile in pazienti con ARDS da lieve a moderata (PaO2/FiO2 > 150) 58.

In questo modo il paziente con ARDS ha maggiori probabilità di ricevere una tempestiva terapia mirata al fattore etiologico, in aggiunta a quella di supporto secondo la gravità, che ne va a codificare in gran parte la definizione.

Il trattamento precoce dell’ARDS con tecniche di assistenza respiratoria non invasiva variamente integrate (HFNC, CPAP e NIV) al di fuori delle Terapie Intensive Generali richiede uno stretto monitoraggio multidimensionale (clinico, emogasanalitico, emodinamico, ecografico) per identificare precocemente i dati indicativi di fallimento (es. indici diretti o indiretti di SILI) allo scopo di non ritardare il timing di una escalation di cure che include la ventilazione meccanica invasiva e, in casi selezionati, l’assistenza extracorporea, pena il rischio di incrementare la mortalità dei pazienti in trattamento 59.

In tale ambito si segnala l’importanza dell’ecografia toracica che fornisce risultati simili alla TC toracica e superiori all’Rx torace standard per la valutazione della polmonite e/o della sindrome da distress respiratorio dell’adulto (ARDS), con i vantaggi della facilità d’uso, della ripetibilità, della assenza di radiazioni e del basso costo 60.

Conclusioni

L’ARDS è ancora una sindrome ad elevata mortalità, molto spesso legata al ritardo della diagnosi e della sua caratterizzazione fenotipica che permette l’identificazione delle fasi più gravi di malattia, le quali richiedono l’applicazione di terapia di supporto (invasiva di tipo ventilatorio o extra-corporeo), spesso associata a complicanze potenzialmente letali. Questo dato epidemiologico è in parte legato alle definizioni di ARDS evolutesi nel tempo, fino a quella di Berlino che definisce la sindrome come un’alterazione degli scambi gassosi di diversa entità in corso di supporto ventilatorio con pressione positiva di fine espirazione o pressione positiva continua di almeno 5 cmH2O, in pazienti trattati prevalentemente nelle UTI. Secondo le definizioni tradizionali, una significativa porzione di pazienti che presentano ipossiemia acuta trattati in UTIP con O2-terapia convenzionale o ad alti flussi, ma che possono peggiorare fino a necessitare di ventilazione meccanica non invasiva o invasiva, non rientra nella definizione di ARDS. Dalla stessa definizione sono esclusi anche quei casi di ARDS gestiti in aree assistenziali a limitate risorse in cui non è possibile applicare i criteri classici della Consensus di Berlino. Con la definizione “globale” di ARDS, vengono inclusi nel contesto sindromico oltre ai pazienti intubati anche quelli in alto flusso (almeno 40 l/m) e quelli in cui è disponibile solo la valutazione ecografica e saturimetrica.

La definizione “Globale”, così come lo è stata la pandemia COVID-19, può costituire pertanto un’opportunità per lo Pneumologo al fine di rafforzare il suo ruolo nel management della IRA estesa alle fasi precoci di ARDS, allorché l’uso integrato dei NIRT e delle tecniche diagnostiche può consentire di applicare una terapia personalizzata, correggere gli scambi gassosi e ridurre il ricorso ai supporti invasivi in UTI.

History

Ricevuto/Received: 09/04/2024

Accettato/Accepted: 31/07/2024

Figure e tabelle

Esordio acuto Ipossiemia (PaO2/FiO2 ≤200) nonostante la PEEP (non specificato il livello) Infiltrati bilaterali visibili alla radiografia del torace in antero-posteriore Pressione di incuneamento capillare polmonare ≤18 mmHg oppure nessuna evidenza di ipertensione atriale sinistra L’insufficienza respiratoria acuta (ALI) differisce solo perché ha PaO2/FiO2 ≤300.
Tabella I.Definizione di ARDS secondo l’AECC (mod. da Bernard et al. 24).
Il timing di insorgenza: entro 1 settimana dal manifestarsi di un danno da causa nota ovvero di sintomi respiratori di nuova insorgenza o in fase di peggioramento; l’imaging Rx/TC rappresentato da opacità bilaterali, non completamente identificate come versamenti, collasso lobare o polmonare o noduli; l’origine non-cardiogena, né da incremento dell’E.V.L.W., dell’edema polmonare; il rapporto PaO2/FiO2 in presenza di valori di PEEP o di CPAP ≥ 5 cmH2O, suddiviso come segue: PaO2/FiO2 tra 300 e 200: ARDS “lieve”; PaO2/FiO2 tra 200 e 100: ARDS “moderata”; PaO2/FiO2 < 100: ARDS “severa”.
Tabella II.Definizione di Berlino (mod. da Ranieri VM et al. 27).
Timing ed origine dell’edema: come nella definizione di Berlino; Imaging: opacità bilaterali alla Rx o alla ecografia del torace, non completamente spiegate da versamento, collasso parenchimale o noduli; Ossigenazione: rapporto SpO2/FiO2 ≤ 315, senza PEEP (in respiro spontaneo).
Tabella III.Definizione di ARDS secondo modificazione di Kigali (mod. da Riviello et al. 44).
Impiego degli alti flussi di O2 per via nasale (HFNO) (flusso minimo ≥ 30 L/m); PaO2/FiO2 ≤ 300 mmHg ovvero pulsossimetria trans-cutanea (SpO2/FiO2 ≤ 315 mmHg) in presenza di una SpO2 ≤ 97%; Introduzione dell’ecografia polmonare ad ultrasuoni; PEEP, flusso di O2, o altro supporto respiratorio non necessari in aree a “risorse limitate”.
Tabella IV.Nuova definizione “Globale” di ARDS (mod. da Matthay MA et al.47): differenze rispetto alla definizione di Berlino, 2012.

Riferimenti bibliografici

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Affiliazioni

Corrado Mollica

Già STIRS, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, AO S. Camillo-Forlanini, Roma

Raffaele Scala

UOC Pneumologia e UTIP, Dipartimento CardioToracoNeuroVascolare, Azienda USL Toscana Sud Est, PO San Donato, Arezzo

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2024

Come citare

Mollica, C., & Scala, R. (2024). Verso una nuova definizione di ARDS: il punto di vista della Pneumologia . Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 39(3), 124-131. Recuperato da https://www.aiporassegna.it/article/view/734
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