Metodologia per lo studio delle piccole vie aeree
Abstract
Le piccole vie aeree (PVA), cioè i rami dell’albero tracheo-bronchiale con diametro inferiore ai 2 millimetri, non sono solo dei condotti aerei, ma rappresentano anche un importante determinante della meccanica polmonare. Il loro coinvolgimento in patologie bronco-ostruttive, come l’asma e la BPCO, va di pari passo con il peggiorare dell’affezione di base. Non esiste tuttavia ancora un canone aureo per definire funzionalmente la presenza di un’ostruzione delle PVA. I parametri più largamente utilizzati nella pratica clinica si basano sull’impiego della spirometria o del Sistema dell’Oscillometria ad Impulsi, che forniscono informazioni, non concordanti e complementari sulla funzione delle PVA. Studi ulteriori sono richiesti per definire il criterio, o i criteri, standard di ostruzione delle PVA.
Come funziona?
I bronchi, come è noto, rappresentano solo una piccola parte del volume polmonare, circa l’1%, ed hanno all’interno della loro parete uno scheletro cartilagineo, mentre le vie aeree più distali, che occupano un volume polmonare di gran lunga maggiore, ne sono prive, avendo una parete più sottile ed in gran parte rappresentata da muscolatura liscia. Queste vie aeree, quando sono al di sotto del diametro di 2 mm, sono poi classicamente definite piccole vie aeree (PVA) e sono tappezzate come gli alveoli da surfactante. La complessità della rete bronchiale è data dal fatto che da ogni diramazione possono nascere vie aeree di diverso calibro e PVA possono nascere dalla quarta alla quattordicesima generazione bronchiale con una certa prevalenza dall’ottava 1. Data la suddivisione progressivamente dicotomica delle vie aeree la superficie trasversa passa da 2,5 cm2 della trachea a circa 180 cm2 a livello dei bronchioli terminali, le più piccole vie aeree prive di alveoli 1. L’ampia superficie trasversa delle PVA fa sì che a questo livello le resistenze rappresentino solo il 10% delle resistenze totali al flusso aereo, tanto da definire le PVA come la zona silente del polmone 1. È stato calcolato che le resistenze delle PVA possono aumentare fino a dieci volte prima che si abbia un significativo aumento delle resistenze totali 2. Un’altra caratteristica fisiologica di questo distretto bronchiale, sempre legata all’ampia superficie trasversa, consiste nell’avere un flusso aereo laminare a differenza di quanto avviene nelle vie aeree prossimali, dove il flusso è turbolento, e nel fatto che il flusso si riduca progressivamente col progredire delle diramazioni fino ad essere pari a zero nella zona di transizione, dove il trasporto dei gas respiratori, ossigeno ed anidride carbonica, avviene per semplice diffusione passiva 1. Il flusso laminare e la sua progressiva riduzione favoriscono il precipitare a questo livello di eventuali particelle inalate. Di conseguenza le PVA sono il sito iniziale di un danno polmonare da inalanti irritanti o flogogeni e al contempo questo danno deve essere particolarmente esteso perché si manifesti sia funzionalmente che clinicamente. A questo proposito è stato dimostrato come nell’enfisema polmonare la rottura degli alveoli, che ne è il tratto fisiopatologico peculiare, sia di fatto preceduto da un danno delle PVA 3.
Le PVA non sono solo dei condotti aerei, ma rappresentano anche un importante determinante della meccanica polmonare 4. Prive come sono di cartilagine, nel corso di un’espirazione massimale le PVA collassano, intrappolando dell’aria e determinando così la formazione del volume residuo (RV). Quest’intrappolamento fisiologico d’aria è di vitale importanza, in quanto il RV garantisce il mantenimento degli scambi gassosi anche in condizioni estreme. D’altra parte però una disfunzione delle PVA può causare una loro precoce chiusura con conseguente aumento del RV e sviluppo di iperinflazione polmonare, che è un tratto fisiopatologico limitante la capacità di esercizio e determinante la dispnea da sforzo nei pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) 5. In questi pazienti è stato dimostrato come la disfunzione delle PVA aumenti progressivamente con l’aggravarsi della malattia e sia strettamente correlata alla compromissione della qualità della vita 6. La disfunzione delle PVA condiziona negativamente anche l’iperpnea da esercizio nei pazienti con BPCO. È stato dimostrato come il tasso di disomogeneità ventilatoria a riposo, indice di disfunzione delle PVA, sia strettamente correlato allo sviluppo di iperinflazione dinamica e di inefficienza ventilatoria durante l’esercizio in pazienti con BPCO 7. Una disfunzione delle PVA può d’altra parte causare nel corso di una crisi d’asma un fenomeno, potenzialmente assai grave, noto come “eccessiva broncocostrizione” 8. Questo fenomeno può essere osservato, ancorché di grado minore, nel corso di un test di provocazione bronchiale con metacolina in pazienti asmatici con disfunzione delle PVA, i quali sviluppano con l’inalazione del colinergico non solo una progressiva riduzione del volume massimo espirato al 1° secondo (FEV1), ma anche della capacità vitale forzata (FVC), proprio per aumento del RV 8. I pazienti asmatici con disfunzione delle PVA manifestano un maggior grado di iperreattività bronchiale, un peggior controllo della malattia con sintomi da sforzo e notturni, oltre che con un aumentato tasso di riacutizzazioni 9 e sono presenti in tutte le classi di gravità della malattia, prevalendo nelle forme più gravi 10.
Qual è lo stato dell’arte?
Ci sono pertanto molte buone ragioni per esplorare funzionalmente le PVA nei pazienti con asma o BPCO e nei soggetti a rischio di malattie bronco-ostruttive. A questo proposito è interessante rilevare come l’ultimo documento ATS/ERS sull’interpretazione delle prove di funzionalità respiratoria faccia espresso riferimento alla necessità, nella valutazione dell’ostruzione bronchiale, di registrare accanto al rapporto FEV1/FVC anche i flussi espiratori forzati a bassi volumi della curva flusso/volume (FEF25-75, FEF50 e FEF75) e i volumi espiratori massimali a 3 e a 6 secondi (FEV3 e FEV6) della curva volume tempo, come misure spirometriche di ostruzione delle piccole vie aeree 11. Non esiste tuttavia ancora un canone aureo per definire funzionalmente la presenza di un’ostruzione delle PVA ed i parametri più largamente utilizzati si basano sull’impiego della spirometria o del Sistema dell’Oscillometria ad Impulsi (IOS) (Tab. I). Xiao D et al. 12 in uno studio condotto su un campione di più di 50.000 soggetti della popolazione generale hanno utilizzato come criterio di deficit ostruttivo delle PVA il riscontro di almeno due dei tre flussi, FEF25-75, FEF50 e FEF75, sotto il 65% del valore teorico. Utilizzando questo criterio, la presenza di deficit ostruttivo delle PVA risultava associato a vari fattori di rischio, quali l’esposizione al fumo passivo e attivo, alla combustione di biomasse, al particolato e ad una storia di tosse cronica nell’infanzia 12. In un’ampia coorte di fumatori o ex-fumatori è stato utilizzato invece il rapporto FEV3/FEV6 come misura di ostruzione delle PVA. Questo indice risultava sotto il limite inferiore della norma nel 15,4% dei 4.386 partecipanti allo studio con FEV1/FVC nella norma e risultava in questa coorte significativamente associato a intrappolamento aereo alla TC del torace, ad un punteggio peggiore in scale di dispnea e qualità della vita e ad una ridotta distanza percorsa al test del cammino dei 6 minuti 13. Sempre in soggetti fumatori o ex-fumatori un ridotto valore di FEV3/FEV6 si associava inoltre ad un aumentato rischio di severa esacerbazione respiratoria nel primo anno di follow-up e di sviluppare successivamente una BPCO 14. In soggetti sintomatici con spirometria normale che erano stati esposti alle polveri sviluppatesi dalla distruzione del World Trade Center di New York l’11 settembre del 2001, fu ipotizzato un danno delle PVA e utilizzati l’IOS e la differenza delle resistenze tra 5 e 20 Hz (R5-R20) per misurare le resistenze delle PVA 15. I partecipanti a questo studio risultarono avere un aumento delle resistenze delle PVA, considerando R5-R20 ≤ 0,07 kPa·s·L-1, come valore soglia di normalità 15. In un’ampia coorte di pazienti asmatici abbiamo recentemente riscontrato una significativa correlazione tra i valori di FEF25-75, FEF50 e FEF75, del rapporto FEV3/FEV6 e di R5-R20 16. Tuttavia quando la popolazione asmatica era suddivisa in avente o non avente un’ostruzione delle PVA in base ai tre criteri: 1) almeno due dei tre flussi, FEF25-75, FEF50 e FEF75, sotto il 65% del teorico; 2) il rapporto FEV3/FEV6 sotto il limite inferiore della norma; 3) R5-R20 ≤ 0,07 kPa·s·L-1, come valore soglia di normalità, la percentuale di asmatici aventi ostruzione delle PVA risultava in base ai 3 criteri rispettivamente del 62%, 40% e 41% con scarsa concordanza tra i criteri spirometrici ed il criterio oscillometrico 16. Inoltre solo il criterio oscillometrico positivo per ostruzione delle PVA risultava significativamente associato ad uno scarso controllo della malattia 16, confermando risultati di precedenti studi 17,18.
Quali sono le prospettive di utilizzo in futuro?
In conclusione, le PVA sono dunque essenziali per il corretto svolgimento della funzione toraco-polmonare, non solo perché partecipano alla conduzione del flusso aereo, ma anche perché per le loro caratteristiche anatomiche sono un determinante della meccanica polmonare. Il loro coinvolgimento in patologie bronco-ostruttive, come l’asma e la BPCO, va di pari passo con il peggiorare dell’affezione di base. È indubbio pertanto il valore della misura della funzione delle PVA nei pazienti con patologie ostruttive e nei soggetti a rischio di svilupparle. Nella pratica clinica la presenza o meno di un deficit ostruttivo delle PVA è usualmente valutata sulla base di misure spirometriche o oscillometriche, ma non esiste tuttora un paradigma funzionale unico di riferimento. D’altra parte è da sottolineare come spirometria e IOS forniscano informazioni, non concordanti e complementari sulla funzione delle PVA. Del resto l’esecuzione della spirometria e dell’oscillometria si basa su manovre differenti: espirazione massimale forzata nel caso della spirometria e respiro a volume corrente nell’IOS. I flussi FEF25-75, FEF50 e FEF75 e il rapporto FEV3/FEV6 a differenza di R5-R20, implicando il ritorno elastico del polmone, sono dunque una misura non solo della pervietà delle vie aeree più periferiche, ma anche del loro grado di collassabilità dinamica. D’altra parte l’espirazione massimale forzata è limitata dal fatto di essere sforzo-dipendente ed inoltre la manovra può indurre di per sé broncospasmo in soggetti predisposti. Inoltre le misure oscillometriche sembrano essere più sensibili nel cogliere gli aspetti clinici della patologia bronco-ostruttiva e questo dato potrebbe essere un’ulteriore spiegazione della scarsa concordanza dei criteri diagnostici oscillometrici e spirometrici nel definire l’ostruzione delle PVA. Studi futuri dovranno definire il criterio, o i criteri, standard di ostruzione delle PVA, basandosi sulla comparazione tra dati radiologici, clinici e funzionali, sia spirometrici che oscillometrici nell’ambito di differenti coorti di pazienti, costituite da pazienti asmatici, BPCO, o da soggetti sani o a rischio di BPCO. In attesa di questa definizione la funzione delle PVA può essere indagata nella comune pratica clinica utilizzando i già noti criteri spirometrici o IOS, consapevoli del differente significato fisiologico.
Figure e tabelle
Test | Meccanismo | Misura |
---|---|---|
Tecniche Oscillometriche (FOT, IOS) | Variazioni di pressione sovrimposte a volume corrente | Resistenze totali, prossimali e distali delle vie aeree |
Washout dell’azoto a respiro multiplo | Eliminazione dell’azoto residente nelle vie aeree inalando O2 al 100% | Omogeneità della ventilazione e volumi statici polmonari |
Pletismografia | Variazioni della pressione nella cabina in combinazione con variazioni della pressione alla bocca o con il flusso aereo | Volumi statici polmonari e resistenze totali delle vie aeree |
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