Strategie integrate e multidisciplinari di assistenza respiratoria non invasiva in un caso di insufficienza respiratoria acuta grave in UTIP
Abstract
Si descrive il caso di un uomo di 74 anni, affetto da insufficienza respiratoria acuta ipossiemico-ipocapnica (PaO2/FiO2 88 mmHg; in ossigenoterapia ad alti flussi umidificati e riscaldati e FiO2 al 60%) secondaria a bronchiolite diffusa da virus dell’Influenza A e polmonite bilaterale polimicrobica (Haemophilus Influenzae e Stenotrophomonas Maltophila) gestito in un setting multidisciplinare. Una strategia integrata basata sull’applicazione di supporti respiratori non invasivi, analgosedazione, terapia posturale (Posizione di Rodin) e di un programma incrementale di fisiochinesiterapia comprensivo di tecniche come l’high frequency chest wall oscillation è stata determinante per la gestione complessa del caso fino a svezzamento complemento dall’ossigenoterapia (PaO2/FiO2 300 mmHg, FiO2 21%).
Introduzione
Si descrive il caso di un uomo di 74 anni, affetto da grave insufficienza respiratoria acuta (IRA) ipossiemico-ipocapnica secondaria a bronchiolite diffusa da virus dell’Influenza A e polmonite bilaterale polimicrobica (Haemophilus Influenzae e Stenotropomonas Maltophila) ricoverato presso l’Unità di Terapia Intensiva Pneumologica (UTIP) dell’Ospedale San Donato di Arezzo. Questo report analizza un caso complesso di grave ipossiemia ed evidenzia come un accurato approccio fisiopatologico al trattamento dell’IRA in un setting specialistico integrato di competenze multidisciplinari 1,2, abbia contribuito all’ottimale gestione del paziente, evitando il ricorso alla ventilazione meccanica invasiva e alle complicanze ad essa correlate.
Presentazione del caso
Uomo di 74 anni, pregresso fumatore (30 pack/years), ex parrucchiere, senza comorbilità e/o pregresse patologie pneumologiche di rilievo. Due settimane prima del ricovero iniziava a manifestare tosse, inizialmente secca e successivamente produttiva, associata a febbre e dispnea da sforzo progressivamente ingravescente.
Su indicazione del medico curante veniva intrapresa a domicilio antibiosi empirica con amoxicillina/clavulanato senza beneficio.
Qualche giorno dopo, il paziente accedeva in Pronto Soccorso con riscontro di insufficienza respiratoria acuta ipossiemico ipocapnica (PaCO2 31 mmHg, PaO2 44 mmHg, pH 7,37) all’emogasanalisi arteriosa (EGA) eseguita in condizioni basali (FiO2 21%).
I tamponi nasofaringei per Adenovirus, Influenza A e B, SARS-CoV-2 risultavano negativi.
Agli esami ematochimici veniva riscontrato un rialzo degli indici di flogosi (PCR 29 mg/L) e linfocitopenia (450 cell/mmc). La radiografia Rx del torace mostrava addensamenti polmonari bibasali (Fig. 1).
Inizialmente ricoverato presso il reparto di Malattie Infettive, veniva applicata ossigenoterapia con alti flussi umidificati e riscaldati (HFNC) e potenziata l’antibiosi empirica a largo spettro per la gestione della polmonite acquisita in comunità (ceftriaxone 2 g/die e azitromicina 500 mg/die) associando una terapia corticosteroidea sistemica (metilprednisolone 40 mg/die). Veniva eseguita, inoltre, tomografia computerizzata (TC) del torace, con e senza mdc, in cui si rilevava la presenza di diffuse opacità centrolobulari compatibili con bronchiolite e addensamenti nelle regioni postero-basali dei lobi inferiori (Fig. 2 A, B, C).
In quinta giornata si assisteva a un aggravamento progressivo delle condizioni cliniche generali (tachipnea, uso dei muscoli accessori della respirazione) e del grado di insufficienza respiratoria, il paziente veniva trasferito presso l’UTIP dopo consulenza specialistica.
All’ammisione in UTIP, gli scambi respiratori risultavano fortemente compromessi (PaO2/FiO2 88 mmHg; durante applicazione di HFNC con flusso pari a 60 lpm, FiO2 60%).
Gestione multidisciplinare
All’ingresso veniva intrapreso un supporto respiratorio non invasivo con dispositivo CPAP (generatore di flusso dotato di doppio flussimetro aria e ossigeno) erogata tramite elmetto (Helmet-H, con rilevatore di Pressione e valvola PEEP; impostazioni: flussi aria/ossigeno: 30/60 lpm, FiO2 74%, pressione positiva di fine espirazione-PEEP pari a 7,5 cmH2O) con iniziale risposta positiva (PaO2/FiO2 210 mmHg associata a normalizzazione della capnia).
Veniva inoltre avviata una sedazione superficiale (RASS -1/0) con dexmedetomidina (0,2-0,6 mcg/kg/h) per favorire una migliore compliance al trattamento.
A scopo diagnostico-terapeutico il giorno successivo è stata effettuata una fibrobroncoscopia completa di lavaggio broncoalveolare (BAL) in corso di CPAP-Helmet (Flussi aria/ossigeno: 20/60 lpm, FiO2 80%, PEEP 5 cmH2O) con riscontro di secrezioni muco-purulente a carico di entrambi gli emisistemi bronchiali. L’analisi microbiologica (FilmArray) del BAL risultava positiva per virus dell’Influenza A, Haemophilus Influenzae e Stenotrophomonas Maltophila (10^6 copie/mL), pertanto veniva modificata la terapia sulla base dell’antibiogramma (piperacillina/tazobactam 4,5 g x 4/die + trimetoprim/sulfametoxazolo 160/800 mg x 2/die per 10 giorni) e iniziato un trattamento antivirale (oseltamivir 75 mg x 2/die per 7 giorni).
Parallelamente all’inizio della CPAP-Helmet, erano stati intrapresi dei cicli di pronazione, sospesi poco dopo per marcata intolleranza da parte del paziente. Veniva, inoltre, declinato il programma di fisioterapia per desaturazioni significative ed esaurimento muscolare precoce. Dopo 4 giorni di terapia continuativa con CPAP-Helmet (FiO2 47% e PEEP 5 cmH2O) e documentato miglioramento degli scambi respiratori (PaO2/FiO2 197 mmHg), veniva condotto un primo trial di svezzamento dalla CPAP tramite il passaggio ad HFNC (FiO2 60%-flussi 60 lpm), fallito nelle 48 h successive per peggioramento clinico (FR 35 cpm, uso dei muscoli accessori della respirazione) ed emogasanalitico (PaO2/FiO2 96 mmHg) con associata riduzione dei valori di Rox index (4,10 vs 7,10).
Al fine di migliorare gli scambi respiratori, a causa dell’intolleranza alle manovre di pronazione, veniva proseguita sedazione superficiale nelle sole ore notturne e intrapreso un nuovo ciclo continuativo di CPAP-Helmet (FiO2 50%, PEEP 7,5 cmH2O) associato a un programma riabilitativo incrementale (Fig. 3) con cicli di terapia posizionale in decubito secondo Rodin 3 per 3 volte al giorno ottenendo un significativo beneficio clinico dopo sole 48 h (PaO2/FiO2 297 mmHg in decubito di Rodin vs 155 mmHg in decubito supino).
Dopo 4 giorni di trattamento continuativo con CPAP, fisioterapia incrementale, terapia medica, si attestava anche un miglioramento clinico-laboratoristico (riduzione degli indici di flogosi) e strumentale. In particolare, l’ecografia toracica ha consentito di evidenziare una riduzione della sindrome interstiziale ecografica pneumogena e la scomparsa di microconsolidazioni subpleuriche nelle aree precedentemente coinvolte.
Abbiamo condotto per questo un secondo tentativo di svezzamento da CPAP (PaO2/FiO2 stabilmente superiore a 200 mmHg, con PEEP 5 cmH2O, FiO2 40%) con passaggio a HFNC, mantenendo i cicli di Posizione di Rodin.
Parallelamente, data la persistenza dell’ipersecrezione bronchiale nonostante gli esercizi con PEP-bottle per incrementare la clearance delle vie aeree è stata praticata l’High-Frequency Chest Wall Oscillation (HFCWO) tramite sistema Vest® con programma di 3 sedute al giorno (durata 15’, frequenza di oscillazione di 15 Hz) per 10 giorni.
Il percorso fisioterapico ha previsto all’inizio esercizi in posizione laterale, come l’Expiration Lente Totale Glotte Ouverte en infraLateral (ELTGOL), accompagnati da manovre incentivanti la tosse e mobilizzazione a sedere a bordo letto per 5 minuti. Progressivamente è stata incrementata la mobilizzazione con l’introduzione di: esercizi attivi per gli arti inferiori, cicloergometro ed esercizi di statica eretta (marcia sul posto con doppio appoggio anteriore per 15 secondi e sit-to-stand partendo dall’esecuzione di 3 ripetizioni con l’ausilio degli arti superiori) (Fig. 3).
Alla luce del progressivo miglioramento (Fig. 2 D, E, F) il paziente è stato trasferito dopo ventidue giorni di ricovero in UTIP su un posto letto di degenza pneumologica, dove ha proseguito l’iter riabilitativo con svezzamento progressivo dall’ossigenoterapia fino a completa sospensione (PaO2/FiO2 300 mmHg, FiO2 21%) (Fig. 4).
Alla dimissione il paziente era in grado di camminare autonomamente senza ausili per più di 50 metri e di eseguire il sit-to-stand, senza l’utilizzo degli arti superiori in assenza di dispnea (BORG 0 riferito) (Fig. 3).
Poco prima della dimissione sono state effettuate le prove di funzionalità respiratoria (PFR) che evidenziavano un deficit ostruttivo di grave entità (FEV1 47% pred, FEV1/SVC 50,2%), verosimilmente indice di una condizione di broncopneumopatia cronica preesistente al ricovero nonostante l’esecuzione della prova in una fase subacuta.
Discussione
I principali meccanismi fisiopatologici alla base dell’insufficienza respiratoria del caso discusso possono essere ricondotti a diversi fattori rappresentati dall’alterato rapporto ventilo-perfusivo dovuto all’interessamento flogistico delle vie aeree, dalla riduzione di parenchima normalmente aerato (dereclutamento alveolare) nelle aree polmonari gravità-dipendenti coinvolte dall’infiltrato flogistico e dall’ipersecrezione bronchiale con ristagno di secrezioni.
Durante la fase iniziale, l’applicazione di una pressione positiva costante durante tutto il ciclo respiratorio tramite CPAP ha consentito da un lato di ottimizzare il reclutamento delle aree di consolidazione e dall’altro di fornire un sistema di ossigenazione con FiO2 elevate.
È plausibile ipotizzare che il primo tentativo di svezzamento da CPAP sia fallito per dereclutamento alveolare causato dalla riduzione della pressione positiva generata dall’applicazione della PEEP con sistema CPAP, rispetto all’effetto PEEP flusso dipendente e limitato alla fase inspiratoria ottenuto con l’uso di HFNC, in una finestra temporale in cui non erano ancora maturati gli effetti sistemici della terapia medica sul quadro flogistico. In effetti, mentre la CPAP può consentire di “reclutare” alveoli distelettasici mantenendoli pervi, l’alto flusso ha essenzialmente il ruolo di mantenere pervie quelli instabili a rischio di collasso totale e subtotale.
Durante il secondo tentativo di svezzamento da CPAP, l’applicazione della HFNC ha consentito da un lato di favorire la gestione delle secrezioni sfruttando l’effetto benefico sulla clearance mucociliare, dall’altro di migliorare la tolleranza allo sforzo in virtù dell’applicazione di alti flussi (60-50 lpm) durante somministrazione di ossigenoterapia con FiO2 costante. Inoltre, la maggiore versatilità rispetto alla CPAP ha favorito il programma di mobilizzazione precoce e terapia posturale (posizione di Rodin) con l’obiettivo di favorire la mobilizzazione e migliorare il rapporto ventilazione-perfusione 4.
Va sottolineato che la diagnosi di BPCO è avvenuta solo in occasione dell’evento acuto infettivo broncopolmonare che ha contribuito a “sovrastimare” l’entità della compromissione dello scambio gassoso in termini di PaO2/FiO2; la non disponibilità di dati emogasanalitici storici in fase di stabilità ha impedito di quantificare il contributo della polmonite al peggioramento degli scambi gassosi correlato alla patologia cronica di base.
Questo caso clinico sottolinea la necessità di un approccio fisiopatologico rigoroso al trattamento dell’IRA suggerendo di poter perseguire la filosofia della “non invasività” all’interno di un contesto assistenziale appropriato 2.
Ringraziamenti
Gli autori desiderano ringraziare tutto il personale dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia e UTIP dell’Ospedale San Donato di Arezzo.
Un ringraziamento speciale anche al paziente per aver fornito il proprio consenso alla pubblicazione di questo case report.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
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