ABC dell’ecografia toracica: semeiotica ed istruzioni per l’uso
Abstract
Negli ultimi decenni l’ecografia toracica ha destato una crescente attenzione in ambito clinico, particolarmente nel campo della medicina d’urgenza, terapia intensiva e pneumologia.
L’ecografia è una modalità altamente sensibile e specifica per la diagnosi e il monitoraggio di differenti condizioni morbose del polmone e pleuriche, con costi contenuti e senza esposizione a radiazioni ionizzanti. È uno strumento semplice, versatile, facilmente utilizzabile a letto del malato anche come guida per le procedure interventistiche; la recente pandemia COVID ne ha esteso il suo impiego. Questa metodica versatile ma “operatore-dipendente” necessita di un adeguato percorso di formazione e di acquisizione di competenze attualmente indispensabili nel bagaglio culturale-tecnico dello pneumologo moderno.
Questo articolo fornisce nozioni teoriche di base per promuovere una migliore comprensione e un uso più diffuso dell’ecografia polmonare.
Introduzione
L’impiego clinico dell’ecografia, iniziato negli anni ’60 del secolo scorso, ha avuto un progressivo sviluppo applicativo nella diagnostica morfo-funzionale di pratico utilizzo per radiologi e clinici.
In pneumologia l’ecografia rappresenta oramai una tecnica consolidata configurandosi come un esame complementare all’esame obiettivo tradizionale eseguito al letto del paziente 1.
Per rimarcare l’importanza di questo strumento basta pensare alla consolidata e diffusa applicazione della POCUS (Point of Care Ultrasound) nella gestione del paziente critico 2. Nell’ambito della patologia polmonare l’avanzamento delle conoscenze ecografiche e lo sviluppo tecnologico degli strumenti ecografici, hanno permesso la definizione e caratterizzazione nosografica di specifici pattern anatomo-funzionali venendo a configurare una semeiotica ecografica delle patologie toraciche, dimostrando in alcuni scenari clinici maggiori sensibilità e specificità rispetto alla radiologia toracica tradizionale 1,3. La qualità ed attendibilità diagnostica dell’esame ecografico sono in gran parte legate alle abilità e conoscenze dell’operatore che “costruisce” e “interpreta” le immagini in tempo reale.
Questa metodica versatile ma “operatore-dipendente” necessita pertanto di un adeguato percorso di formazione e di acquisizione di competenze attualmente indispensabili nel bagaglio culturale-tecnico dello pneumologo moderno 4,5.
Per queste ragioni l’ecografia toracica si è dimostrata inoltre essere, nell’ambito della recente pandemia da Novel Coronavirus Disease 19 (COVID-19), un prezioso strumento nelle mani del clinico sia per la precoce identificazione dei reperti di interessamento polmonare che per il monitoraggio evolutivo, aprendo nuovi e più ampi orizzonti alla standardizzazione dell’esame ecografico toracico nel paziente pneumologico 6.
Questo articolo si pone come obiettivo quello di fornire nozioni teoriche di base sull’utilizzo dell’ecografia con approccio clinico-integrato mirato al paziente respiratorio.
Metodologia della ricerca bibliografica
La ricerca bibliografica per il presente manoscritto è stata condotta tramite i database di PubMed National Library, Embase e Google Scholar Beta, utilizzando le parole chiave rappresentate da “thoracic ultrasound; COVID-19; ultrasonography; ecografia toracica; ultrasuoni”. La ricerca si è focalizzata sia su riviste pubblicate in lingua italiana che in inglese.
Note storiche sull’ecografia toracica
Il termine ecografia significa letteralmente “scrittura degli echi”, deriva infatti dai termini “eco” (fenomeno acustico per il quale un suono, riflesso da un ostacolo, ritorna ad essere udito in modo distinto nel punto in cui è stato emesso) e “grafia”, che significa scrittura.
Quindi, l’ecografia o ultrasonografia è la trascrizione grafica (immagine) generata dall’interazione tra onde elastiche longitudinali (ultrasuoni) che si propagano con velocità variabile in base alla densità e all’impedenza acustica del mezzo fisico di trasmissione (strutture dell’organismo).
Le prime evidenze scientifiche sull’uso dell’ecografia sono riconducibili agli anni Sessanta del secolo scorso per la gestione dei versamenti pleurici 7. Il suo ruolo nella diagnosi di pneumotorace è stato mutuato da esperienze veterinarie; Rantanen fu il primo a riportare l’assenza dello sliding pleurico come reperto ecografico di pneumotorace nel cavallo 8, dato confermato qualche anno dopo in otto pazienti con evidenza radiologica di pneumotorace 9.
Agli anni Novanta del secolo scorso si fa risalire lo sviluppo della semeiotica ecografica toracica. Le osservazioni iniziali di Lichtenstein sulle immagini ecografiche caratteristiche della patologia interstiziale, definite inizialmente “comet tail” 10 e successivamente linee B (patologiche), in contrapposizione alle linee A (fisiologiche), dettero inizio all’era moderna dell’ecografica degli artefatti.
Fisica degli ultrasuoni
Gli ultrasuoni sono onde meccaniche caratterizzate da frequenze elevate (> 20 kHz), oltre i limiti della percezione uditiva, che si formano per il trasferimento di energia generata dalle oscillazioni (compressioni e decompressioni) di un mezzo che viene perturbato.
Gli ultrasuoni rispondono alle leggi fisiche della meccanica ondulatoria:
- lunghezza d’onda: (λ), distanza percorsa durante un ciclo (espressa in metri, m);
- frequenza: rappresenta il numero di oscillazioni nell’unità di tempo (espressa in Hz);
- ampiezza: il picco massimo di compressione dell’onda;
- velocità di propagazione: velocità con cui un’onda sonora viaggia attraverso un mezzo e varia a seconda dell’impedenza acustica ovvero la resistenza intrinseca della materia ad essere attraversata dagli ultrasuoni, determinata dalla densità e dalla comprimibilità del mezzo stesso.
Si può riassumere la relazione tra velocità, frequenza e lunghezza d’onda nella seguente equazione:
Velocità (m/sec) = frequenza (cicli/sec) × lunghezza d’onda.
Con questa equazione si possono ottenere le lunghezze d’onda per le frequenze delle sonde utilizzate comunemente nella pratica clinica.
Non potendo propagarsi nel vuoto, gli ultrasuoni richiedono un mezzo di propagazione per la loro diffusione; durante il loro percorso gli ultrasuoni alterano transitoriamente le forze elastiche di coesione delle particelle costitutive del mezzo di propagazione stesso e la loro propagazione viene progressivamente attenuata seguendo fenomeni fisici (Tab. I) che sono alla base della formazione dell’immagine (Fig. 1A) 11.
Elaborazione dell’immagine
Ogni ecografo è costituito fondamentalmente da tre elementi: una sonda (che trasmette e riceve il segnale real-time), un sistema elettronico (che genera l’impulso di trasmissione e riceve l’eco riflesso alla sonda elaborando il segnale ricevuto), un sistema di visualizzazione. In sintesi, l’apparecchio ecografico genera fasci di ultrasuoni diretti verso i tessuti. L’impatto degli US con i tessuti genera echi di ritorno che vengono registrati dalla sonda stessa e convertiti in segnale elettrico. Il segnale elettrico viene elaborato dal sistema centrale e trasformato in immagini ecografiche visibili dall’operatore tramite un monitor 1,12. Ogni sonda si comporta come un trasduttore; essa è costituita da cristalli piezoelettrici, in grado di emettere US se attraversati da una corrente elettrica e raccogliere il segnale di ritorno, successivamente elaborato dall’ecografo. Il principio è del tipo “input-eco”, la sonda produce un input sonoro che poi rimane in attesa di ricevere gli echi provenienti dai tessuti biologici a differenti profondità e caratteristiche.
Gli echi di ritorno dai tessuti, trasformati in impulsi elettrici sono successivamente convertiti in un’immagine che rientra nella cosiddetta “scala dei grigi”. In pratica ad ogni pixel dell’immagine è assegnata una diversa luminosità proporzionale all’intensità degli echi corrispondenti; con la costruzione di immagini definite ipoecogene (area a bassa intensità di echi, intensità dell’immagine di tipo grigio scuro), iperecogene (area ad alta intensità di echi, intensità dell’immagine luminosa da grigio chiaro a bianco) o anecogene (area priva di echi, appare nera) (Fig. 1B). In pratica, gli echi a scarsissima intensità corrispondono generalmente a strutture piene di liquido (dove l’assorbimento è basso-nullo) ed appaiono praticamente neri, quelli di media intensità hanno varie tonalità di grigio e corrispondono ad immagini riferibili a tessuti parenchimatosi, infine gli echi ad alta intensità appaiono da grigio chiaro fino al bianco riferendosi a strutture quali l’osso e le calcificazioni.
Il termine isoecogeno si riferisce invece a organi e tessuti che mostrano la stessa ecogenicità se esaminati a una stessa profondità e con le stesse impostazioni ecografiche.
Il tempo impiegato dagli US in andata, riflessione e ritorno viene elaborato dall’ecografo definendo anche profondità e dimensioni di organi e pareti. Tuttavia, l’eco di ritorno sarà tanto più debole quanto più distante sarà l’interfaccia riflettente. Per compensare questa attenuazione esistono comandi dell’ecografo progettati o per aumentare l’intensità del suono trasmesso ai tessuti (power o potenza acustica) o per amplificare elettronicamente gli echi di ritorno che si identificano come sistemi di compensazione del guadagno (gain e Time Gain Compensation-TGC).
Modalità di visualizzazione degli echi di ritorno
Esistono tre modalità di visualizzazione delle immagini ecografiche definite A-mode, B-mode ed M-mode; in particolare verranno analizzate le due utilizzate più frequentemente in ambito respiratorio:
- A-mode (Amplitude Mode): modalità di uso meno frequente, si utilizza specificamente in oftalmologia e per altre applicazioni che richiedono misurazioni precise di lunghezza o profondità.
- B-mode (Brightness Mode): è la modalità più utilizzata, permette una rappresentazione bidimensionale attraverso una modulazione della luminosità. In pratica i segnali riflessi (echi di ritorno) appaiono sul monitor come punti, la cui luminosità o scala dei grigi è proporzionale all’ampiezza ed intensità degli echi di ritorno. Su questo metodo di visualizzazione delle immagini si possono sovrapporre altre tecniche di visualizzazione come ad esempio Color-Doppler.
- M-mode (Motion scan o Motion-Mode): la modalità M-mode trova la maggior parte delle indicazioni in ecocardiografia per esaminare il cuore. Questa modalità permette una rappresentazione unidimensionale e gli echi riflessi sono in funzione del tempo; in pratica il movimento dei punti (variazione della distanza delle interfacce riflettenti dalla sonda) viene registrato tenendo conto dei tempi di ritorno degli echi.
La modalità M-mode è adatta in particolare per lo studio di strutture in movimento, risulta utile per misurare con precisione le camere e le pareti cardiache, oltre che per una valutazione qualitativa del movimento delle valvole e delle pareti 1,12. Questa modalità può essere utile per valutare lo sliding polmonare ed escludere la presenza di pneumotorace. In condizioni normali il movimento sincrono dei foglietti pleurici (visualizzato in B-mode con un’immagine tipica indicativa dello “sliding”) viene visualizzata in M-mode con aspetto “sea shore”, non presente in caso di pnx 1,11.
La modalità M-mode consente inoltre di misurare mediante un approccio transtoracico l’efficienza diaframmatica ovvero la valutazione quali- e quantitativa dell’escursione diaframmatica nelle diverse fasi dell’atto respiratorio, di notevole importanza per le patologie ostruttive, restrittive e per il monitoraggio del paziente in ventilazione meccanica, in previsione di successivi tentativi di weaning 1,13. Nel malato critico la modalità M-mode è fondamentale per l’inquadramento emodinamico e dello stato di riempimento del paziente attraverso la misura della variazione respiratoria del diametro della vena cava inferiore 1.
Tipologia di sonde
Gli apparecchi ecografici più moderni utilizzano sonde composte da numerosi cristalli piezoelettrici ordinati a costituire filiere con disegni geometrici variabili.
In base al tipo di configurazione si identificano tre principali tipi di sonde lineari, convex (e microconvex), phased.
Ogni sonda è caratterizzata da una frequenza fondamentale che è quella del fascio di ultrasuoni che emette. Le sonde attuali sono generalmente “multifrequenza”, in grado di emettere frequenze fondamentali in uno spettro ampio, con la possibilità di variarle secondo necessità dettate dal tipo di esame da effettuare (Fig. 2).
Le immagini ecografiche sono visualizzate sul monitor in modo che nella parte superiore siano rappresentati gli strati superficiali (vicini alla sonda) e nella parte inferiore quelli più profondi (lontani dalla sonda).
Per lo studio ecografico del torace sono generalmente utilizzate la sonda Convex e la lineare (con frequenze comprese tra 5 e 7,5 MHz). La sonda Convex fornisce immagini panoramiche, in particolare permette un’ottima visualizzazione della pleura (i.e. versamenti/ispessimenti) e alterazioni del parenchima polmonare sottostante. La sonda lineare fornisce un più limitato e specifico campo di osservazione, amplificando però la resa dell’immagine pleurica. Le sonde settoriali, di tipo cardiologico, hanno caratteristiche simili alle sonde Convex, ma hanno il vantaggio di poter essere facilmente posizionate negli spazi intercostali (Fig. 2).
Principio doppler
Le applicazioni doppler sfruttano un principio fisico chiamato effetto doppler secondo il quale un’onda che incontra un bersaglio in movimento subisce una variazione di frequenza direttamente proporzionale alla velocità di movimento del bersaglio.
Nella pratica clinica l’ecografia sfrutta l’effetto doppler per valutare la velocità di scorrimento del sangue nei vasi; si ricavano così direzione, velocità e turbolenza del flusso ematico. I bersagli delle onde sonore all’interno dei vasi sono rappresentati dai globuli rossi; una volta colpiti generano una riflessione delle onde stesse a 360° (fenomeno della diffusione o scattering). Le onde riflesse verso il trasduttore vengono raccolte ed elaborate; avranno pertanto una frequenza aumentata se il flusso di sangue scorre in direzione del trasduttore o diminuita se scorre in direzione opposta. La differenza di frequenza tra un’onda riflessa e l’ultrasuono iniziale è chiamata “doppler shift” ed è dipendente sia dalla velocità che dalla direzione dell’oggetto riflettente 12,14.
Nella pratica clinica esistono diverse tecniche doppler che dipendono dalle caratteristiche di emissione degli US e vengono distinte in Doppler Pulsato (Pulsed Wave, PW) e Continuo (Continuous Wave, CV), Color Doppler (CD), Power Doppler (PD).
Da un punto di vista tecnico, mentre le immagini in B-mode migliorano con il posizionamento della sonda perpendicolare alla struttura in esame, nell’ecodoppler la sonda deve essere posizionata sempre obliquamente (per favorire la trasmissione delle onde sonore ai globuli rossi in circolo).
Sebbene la tecnica doppler riconosca un uso più specifico nello studio del sistema cardiovascolare, il suo utilizzo è diventato sempre più utile per l’approccio diagnostico differenziale nelle patologie polmonari e pleuriche quali la polmonite, l’atelettasia e le lesioni neoplastiche 15,16. L’atelettasia si differenzia dal punto di vista ecografico per l’assenza di flusso sanguigno (visualizzabile con il doppler) nell’area segmentale del polmone coinvolta; inoltre, l’atelettasia differisce dall’addensamento polmonitico per la presenza di broncogramma statico e non dinamico.
Artefatti ecografici
A differenza dell’ecografia tradizionale che esplora gli organi solidi, l’ecografia toracica viene definita “artefattuale” in quanto si basa sull’analisi degli artefatti ecografici che si generano dall’interazione tra ultrasuoni e tessuti areati.
A livello polmonare la differenza di impedenza tra pleura e parenchima areato è talmente elevata che il fascio di US viene in gran parte riflesso limitando lo studio del parenchima sottostante che risulta pertanto sostituito da artefatti.
Gli artefatti ricavati dallo studio ecografico polmonare non rappresentano una struttura anatomica reale e definita, tuttavia numerose informazioni e dati clinici rilevanti possono essere ottenute dalla loro analisi
I principali artefatti ecografici possono essere classificati in:
- Artefatti orizzontali: detti anche linee A, sono artefatti da riverbero che si producono quando il fascio di US incontra interfacce tra tessuti con impedenza acustica molto diversa. Una parte degli echi viene riflessa verso il trasduttore, l’altra parte trasmessa prosegue diretta versa il tessuto da esplorare dove colpisce nuovamente lo stesso tipo di interfaccia generando un eco riflesso identico al precedente. Le linee A sono riverberi trasversali, a distanza equivalente a quella tra la cute e la linea pleurica (effetto specchio) che riproducono in profondità la linea pleurica. Le linee A, pur essendo espressione di parenchima polmonare aerato, non sono sinonimo di polmone normale, in quanto si trovano nel pneumotorace (in assenza di sliding pleurico) e nell’embolia polmonare.
- Artefatti verticali: detti anche linee B, impropriamente definiti artefatti a coda di cometa, sono “riverberi” a partenza pleurica estesi fino a raggiungere il margine inferiore dello schermo, si muovono insieme allo sliding polmonare e mascherano le linee A. Qualsiasi condizione in grado di aumentare la densità del parenchima polmonare, sia per perdita di componente aerea sia per aumento della componente liquida o solida, è in grado di generare questa tipologia di immagine artefattuale. In genere sono dovute ad ispessimento dei setti interlobulari. Se la densità parenchimale supera il limite critico di densità delle linee B si ha il consolidamento polmonare. La condizione intermedia tra i due estremi di densità parenchimale è rappresentata dal “White Lung” o “polmone bianco” costituito dalla confluenza di linee B. Tali artefatti, se diffusi bilateralmente, sono segno della sindrome alveolo-interstiziale, manifestazione di alcune malattie acute e croniche polmonari, come l’edema cardiogeno, l’edema lesionale, la fibrosi polmonare e le polmoniti interstiziali. Va ricordato che linee B sono presenti anche nel polmone del soggetto normale: in genere, in numero inferiore 3-4, sono presenti nei campi polmonari infero-lateralmente.
- Cono d’ombra posteriore: si verifica quando il fascio ultrasonoro incontra strutture ad elevata impedenza acustica (es. osso, formazioni contenenti calcio), che possono determinare la riflessione più o meno completa del fascio ultrasonoro; in pratica i piani posteriori alle strutture ad elevata impedenza acustica non vengono raggiunti dal fascio ultrasonoro.
- Rinforzo posteriore: questo artefatto si ha quando un fascio ultrasonoro attraversa un liquido; in questo caso il fascio di US non subisce effetti fisici, mentre nei tessuti intorno si ha riflessione, rifrazione ed assorbimento con riduzione della potenza stessa del fascio ultrasonoro. Posteriormente al liquido i tessuti verranno investiti da un fascio di maggiore intensità, con conseguente maggiore intensità del segnale di ritorno 1.
Altri reperti ecografici artefattuali sono rappresentati da:
- Lung gliding o sliding sign: reperto dinamico rappresentato da una linea iperecogena (linea pleurica) che descrive il fisiologico scorrimento dei due foglietti pleurici durante gli atti del respiro.
- Lung point: reperto sensibile ma non specifico di pneumotorace, in quanto può essere riscontrato anche in altre condizioni patologiche in cui la linea pleurica appare statica (aderenze pleuriche, pleurodesi). Nel pneumotorace viene osservato quando la sonda viene posta al confine tra polmone aerato (presenza di sliding) e l’inizio del pneumotorace (assenza di sliding).
- Linee E: artefatti verticali da aria a partenza dal sottocute, sono tipici dell’enfisema sottocutaneo.
Semeiotica ecografica del torace
Il torace è stato sempre considerato un segmento corporeo difficilmente valutabile con gli ultrasuoni poiché l’aria impedisce la valutazione morfologica degli organi; per tale motivo l’analisi ecografica è stata a lungo limitata allo studio del cavo pleurico, in particolare alla ricerca del versamento pleurico 17,18. Questo crescente interesse per la semeiotica ecografica è basato sul concetto del “paradosso del polmone”, fenomeno per cui quest’organo, poco esplorabile in condizioni normali, mostra significative finestre acustiche in condizioni patologiche 18.
Di fatto l’ecografia toracica risulta essere superiore rispetto al radiogramma standard del torace nella diagnostica e nel follow-up di molte patologie di comune interesse pneumologico (versamento pleurico, pneumotorace, atelettasie, polmoniti, addensamenti ed edema polmonare) raggiungendo valori di sensibilità e specificità elevati 19-24. L’ecografia toracica risulta inoltre utile nella diagnostica differenziale della dispnea ad insorgenza acuta 25. In Tabella I sono riassunte le caratteristiche ecografiche dei principali processi patologici pleuropolmonari.
Vantaggi e limiti dell’ecografia polmonare
L’ecografia toracica combina i vantaggi di una valutazione rapida, non invasiva eseguita in tempo reale a letto del paziente, con elevata sicurezza evitando l’esposizione a radiazioni ionizzanti. Pertanto, l’ecografia polmonare è particolarmente adatta anche per i pazienti a rischio, come neonati in condizioni critiche, bambini o donne in gravidanza, pazienti non trasportabili. A causa del suo costo accettabile, è accessibile anche ai Paesi a basso e medio reddito con risorse sanitarie limitate. Inoltre, l’approccio ecografico può ridurre la probabilità di diffusione di infezioni nosocomiali evitando i trasporti intraospedalieri di pazienti critici. Questo aspetto è diventato particolarmente importante al tempo della pandemia da COVID-19 33.
Tuttavia, l’ecografia polmonare ha anche alcuni limiti. Innanzitutto è una metodica operatore-dipendente, richiede una specifica formazione per l’acquisizione e l’interpretazione delle immagini 29. Può essere di difficile esecuzione ed interpretazione nei pazienti gravemente obesi, nell’immediato postoperatorio o nei soggetti traumatizzati con enfisema sottocutaneo e/o con ampie medicazioni toraciche 28.
Un altro importante limite risiede nel fatto che ogni procedura ecografica prevede il contatto tra una sonda ecografica, le mani dell’operatore e la cute, le mucose o i tessuti sterili del paziente, pertanto un non corretto utilizzo ed una inadeguata pulizia e disinfezione dell’attrezzatura dopo l’uso potrebbero aumentare il rischio di contaminazione con successivo sviluppo di infezioni.
Procedure di disinfezione di primo livello con agenti detergenti o salviette monouso sono raccomandate per sonde ecografiche che vengono utilizzate per esami condotti su cute integra, maggiore attenzione deve essere invece dedicata alle sonde utilizzate per lo studio di cute o mucose non integre o come guida per campionamento bioptico o prelievo di liquidi biologici. Nell’ambito dell’ecografia operativa in aggiunta alle procedure di decontaminazione, è auspicabile per ridurre al minimo il rischio di trasmissione di infezioni attraverso l’uso di gel contaminati, l’utilizzo di gel sterili in confezione sigillata e di copri-sonda sterili monouso. L’uso del gel non sterile deve essere limitato agli esami generali a basso rischio su cute intatta 33,34.
Ecografia operativa
L’ecografia rappresenta un’indispensabile metodica di guida per l’esecuzione di procedure interventistiche percutanee transtoraciche a scopo diagnostico e/o terapeutico. L’ecografia interventistica (o operativa) toracica sottintende una serie di procedure quali: toracentesi, toracoscopia medica, biopsie transtoraciche, inserzione di drenaggi endopleurici.
Gli ultrasuoni permettono di identificare a letto del malato e in sicurezza il punto dove eseguire una toracentesi, una toracoscopia o posizionare un drenaggio toracico, evitando così complicanze legate a lesioni su altri organi toracici e/o addominali, di dover ricorrere allo pneumotorace preparatorio in caso di toracoscopia medica e di limitare il sanguinamento legato alla puntura accidentale di vasi intercostali, data la possibilità di visualizzare le strutture vascolari con la metodica doppler 35,36.
La toracentesi può essere inoltre eseguita sia in modalità ecoassistita dinamica (in cui l’ago viene inserito sotto controllo ecografico in tempo reale) che con tecnica ecoguidata statica, cosiddetta “X marks the spot”, in cui la puntura toracica viene eseguita su un punto contrassegnato sul torace ed identificato in precedenza tramite l’ecografia.
Un crescente ed innovativo impiego dell’ecografia è rappresentato dalle procedure di biopsia e citologia con agoaspirato percutaneo ecoguidato (ultrasound-guided needle aspiration biopsy, US-NAB). I bersagli di questa metodica sono rappresentati da masse polmonari subpleuriche, stazioni linfonodali superficiali o siti metastatici (come ossa, muscoli, tessuto sottocutaneo, nodularità pleuriche) soprattutto in pazienti con sospetta o accertata patologia oncologica non esclusivamente a primitività polmonare. Data la semplicità della tecnica, la breve durata dell’esame e la necessità di praticare sola anestesia locale o analgo-sedazione superficiale, la US-NAB si delinea come una tecnica di campionamento preferenziale per i pazienti con funzionalità cardio-respiratoria e/o performance status compromessi, da eseguire sulla scorta di scansioni tomografiche e/o tumefazioni clinicamente obiettivabili e sospette per metastasi superficiali (più accessibili rispetto al tumore primario) 37-39.
Un ulteriore vantaggio del campionamento legato alla US-NAB è la possibilità di ottenere con un’unica procedura, un campione potenzialmente adeguato per la diagnosi, stadiazione e caratterizzazione molecolare di neoplasie primitive polmonari o extra polmonari 38.
Training e competenze in ecografia
L’acquisizione di competenze in ecografia richiede un percorso formativo ad hoc, attraverso uno strutturato programma di formazione teorica e sul campo.
Nonostante la diffusione dell’ecografia toracica nella pratica clinica, non esistono chiare linee guida evidence-based sulla formazione basale; una revisione della letteratura recentemente pubblicata dimostra l’estrema eterogeneità degli attuali piani formativi in termini di impostazione, metodi di insegnamento e valutazione delle competenze acquisite 40.
L’ecografia richiede, da un lato, la manualità per effettuare scansioni corrette e, dall’altro, una buona conoscenza di anatomia topografica per poter interpretare l’immagine; tuttavia è una tecnica facile da apprendere e semplice da eseguire 41. Liechtenstein et al. hanno infatti rilevato una minima variabilità intra-operatore, dopo soli due mesi di addestramento in soggetti con un programma di training intensivo con un’elevata accuratezza diagnostica pari al 93% per il versamento pleurico, al 97% per il consolidamento alveolare e al 95% per la sindrome alveolo-interstiziale in pazienti critici affetti da ARDS 42.
Alcuni studi hanno attestato che le competenze in ecografia possono essere raggiunte in modo soddisfacente dopo un adeguato periodo di formazione (quattro mesi) e con un massimo di 100 scansioni ecografiche supervisionate 43-46.
Nell’ultimo decennio sono stati pubblicati diversi documenti relativi alla formazione ed acquisizione di competenze specifiche in ecografia toracica per specialisti non radiologi. Nel Regno Unito, il Royal College of Radiologists ha pubblicato per la prima volta le raccomandazioni sulla formazione ecografica nel 2005 con successivi aggiornamenti nel 2012 e nel 2017 47,48. Un successivo documento specifica i requisiti ritenuti necessari per ottenere la competenza in ecografia toracica e crea tre distinti livelli di competenza basati su una gerarchia proposta dalla European Federation of Societies for Ultrasound in Medicine and Biology (EFSUMB) 49 e supportata dalla British Medical Ultrasound Society 50.
Le caratteristiche distintive dei tre livelli sono mostrate nella Tabella III.
Conclusioni
Negli ultimi anni, l’ecografia toracica si è affermata come metodica complementare alla radiografia del torace per lo studio della patologia pleuro-polmonare, risultando una tecnica versatile, affidabile e a basso costo.
L’acquisizione di competenze in ecografia richiede un’adeguata formazione teorica e pratica; sono necessari percorsi ad hoc condivisi che definiscano la durata del training ed il numero di “scansioni ecografiche” essenziali per acquisire e mantenere i vari livelli di competenza per questa “skill” ormai indispensabile in ambito clinico.
Figure e tabelle
Riflessione | Echi di ritorno generati dal fascio di US dopo aver incontrato perpendicolarmente un’interfaccia fra tessuti aventi diversa impedenza |
Rifrazione | Deviazione che il fascio ultrasonoro subisce, dopo aver colpito l’interfaccia tra due mezzi con diversa velocità di propagazione |
Assorbimento | Quota di energia acustica contenuta dal fascio ultrasonoro che viene assorbita dai tessuti e trasformata in energia termica e meccanica |
Diffusione/Scattering | Deviazione in tutte le direzioni che il fascio subisce quando incontra una o più superfici irregolari |
Interpretazione clinica ecografica nei principali processi patologici pleuro-polmonari ed applicazioni cliniche |
Versamento pleurico |
Si manifesta ecograficamente come raccolta fluida visibile all’interno dello spazio delimitato dai due foglietti pleurici e di norma virtuale.Classificazione: un fluido omogeneamente anecogeno (o transonico) definisce un versamento di natura trasudatizia. L’essudato può presentarsi come versamento complesso non settato (a contenuto corpuscolato, con proteine o cellule all’interno), complesso settato con struttura a rete, “web-like”, composta da tralci di fibrina (empiema pleurico) o omogeneamente ecogeno (densamente corpuscolato, emotorace) (Fig. 3A).Estensione: il versamento può presentarsi mono o bi-laterale, in forma libera o saccata (in un’area circoscritta del cavo pleurico, delimitato da una parete fibrinosa).Gestione: l’esame ecografico risulta un indispensabile strumento guida per l’esecuzione di procedure interventistiche (toracentesi, inserzione di drenaggio endopleurico, accesso in toracoscopia medica e biopsie pleuriche) finalizzate alla gestione e caratterizzazione di un versamento pleurico di nuovo riscontro 1.La natura e le caratteristiche (densità, disomogeneità) del versamento ne condizionano l’opzione gestionale. Si passa dalla possibilità di eseguire una toracentesi nei versamenti liberi e omogenei, fino al posizionamento di un drenaggio endopleurico di grosso calibro (≥ 24Fr) nel caso di versamenti complessi (emotorace, empiema) e alla programmazione della toracoscopia medica. Maggiore è l’organizzazione del versamento, più alta è la probabilità di fallimento di queste tecniche e la necessità di ricorrere ad un approccio chirurgico 26.Accuratezza diagnostica: sensibilità 91-93%; specificità 92-93% 27. |
Pneumotorace |
Si manifesta ecograficamente con l’assenza di sliding pleurico sia in visualizzazione B-mode che M-mode.In M-mode si osservano linee orizzontali ininterrotte dall’alto al basso dello schermo (barcode sign), prodotte dalla mancanza di scivolamento dei foglietti pleurici che definiscono il patognomonico “segno della stratosfera”.In B-mode gli elementi caratterizzanti sono: pattern di tipo A, comparsa di uno o più lung points che rappresentano la zona di transizione tra polmone aerato a parete e falda aerea intrapleurica (Fig. 3C).Tuttavia, l’assenza isolata di sliding in B o M-mode localizzata non è predittiva di PNX, alcune condizioni patologiche come bolle di enfisema o blebs subpleuriche possono infatti determinare una attenuazione dello sliding.Estensione: lo pneumotorace (PNX) può presentarsi ad estensione limitata o massiva; in caso di pnx non esteso i lung points definiscono i limiti periferici della raccolta aerea intrapleurica.In uno pneumotorace massivo, a paziente supino, la visualizzazione dello sliding pleurico nell’emitorace coinvolto sarà ostacolata dall’aria intrapleurica che a sua volta genera un’interfaccia con artefatti trasversali fissi da riverbero simili alle linee A del polmone aerato (pattern A). Questi artefatti mascherano ogni altro artefatto verticale potenzialmente originato dal parenchima polmonare sottostante.In caso di idro-pneumotorace possono essere visibili sporadici artefatti verticali dovuti alla presenza sulla superficie pleurica di piccole bolle di aria e liquido.I lung points vanno ricercati nelle regioni toraciche antideclivi a paziente supino (soprattutto in regione parasternale) o in decubito controlaterale alla raccolta aerea.Gestione: l’ecografia toracica pur non consentendo una precisa quantificazione della raccolta aerea rappresenta uno strumento non invasivo di identificazione e monitoraggio del PNX ed una guida per il suo trattamento (aspirazione con ago, posizionamento di drenaggio endopleurico).Accuratezza diagnostica: sensibilità 86-91%; specificità 91-99% 2,28. |
ARDS |
Si manifesta ecograficamente con: pattern di linee B disomogeneo associato a piccoli addensamenti (subpleurici e posteriori) ed aree di risparmio, assenza o riduzione dello sliding con distribuzione disomogenea, linea pleurica ispessita ed irregolare (Fig. 3D).Estensione: è possibile una valutazione quantificativa del pattern di aerazione (globale e regionale) attraverso l’applicazione del cosiddetto Lung Ultrasound Score (LUS score) definito da presenza di linee A isolate o di meno di tre linee B ben distanziate tra loro (0 punti); presenza di tre o più linee B ben distanziate tra loro (1 punto); linee B coalescenti (2 punti); consolidazione (3 punti) 29. |
Consolidamento polmonare |
Si documenta ecograficamente come tessuto ipoecogeno caratterizzato da perdita variabile di componente aerea e contestuale epatizzazione che si descrive ecograficamente non più attraverso “artefatti” ma in maniera similare ad un organo parenchimatoso attraverso dimensioni, omo/eterogeneità dell’ecostruttura e distribuzione dei broncogrammi residui. Nei consolidamenti, inoltre, lo sliding pleurico può essere ridotto o assente.Classificazione: si distinguono in base all’eziopatogenesi in:- Atelettasie in senso stretto di natura ostruttiva. Sono di entità variabile potendo coinvolgere dall’intero polmone, fino a forme limitate ad estensione lobare o segmentaria. Patognomonica dell’atelettasia polmonare completa è la perdita di volume polmonare con associata risalita dell’emidiaframma omolaterale e trazione delle strutture mediastiniche. Il broncogramma delle atelettasie si definisce fluido, in quanto il riassorbimento di aria distale conseguente all’ostruzione bronchiale e bronchiolare determina un aspetto affastellato dei bronchi, a decorso parallelo, con pareti spesse a contenuto anecogeno. |
- Atelettasie di lobi e segmenti polmonari da compressioni ab estrinseco (da versamenti pleurici, disfunzioni del diaframma). Si evidenziano spot iperecogeni che rappresentano l’aria residua nelle diramazioni bronchiali.- Consolidamenti da processi flogistici (polmoniti e broncopolmoniti). In queste condizioni il volume della porzione interessata viene sostanzialmente preservato. Si documenta un broncogramma aereo dinamico; in particolare, le diramazioni bronchiali libere o solo parzialmente ostruite mantengono la normale configurazione arborescente e l’aria può penetrarvi sotto forma di scia iperecogena ad ogni atto respiratorio. Nelle zone adiacenti in cui è presente parenchima aerato possono essere presenti artefatti verticali “comet-tail” o zone di “white lung”, espressione di sindrome interstiziale perilesionale.Sia nell’atelettasia polmonare completa che in presenza di addensamenti flogistici di notevoli dimensioni si evidenzia il “lung pulse”, ovvero un movimento vibratorio della linea pleurica indotto dalla sistole cardiaca.Gestione: l’ecografia toracica ricopre un ruolo applicativo clinico importante nella definizione del bilancio della sindrome del polmone “escluso” identificando la quota di atelettasia prevalente (in caso di concomitante versamento pleurico) o esclusiva (perdita di volume polmonare) o di consolidazione parenchimale (conservazione di volume polmonare) oltre a permettere una caratterizzazione ostruttiva o non ostruttiva della area consolidativa (presenza o assenza di broncogramma aereo) (Fig. 3B) 30,31. |
Sindrome interstiziale |
Si caratterizza per la presenza di linee B, il cui numero è direttamente proporzionale all’impegno interstiziale. Questo quadro può riscontrarsi nell’edema polmonare acuto, nelle polmoniti interstiziali e nelle interstiziopatie polmonari. Una stima dell’interessamento polmonare può essere fatta suddividendo ogni emitorace in 4 aree e in presenza di almeno 2 zone con più di 3 linee B per campo si parla di sindrome interstiziale 25. |
Studio del diaframma |
Si documenta ecograficamente come una linea iperecogena con uno spessore compreso tra 1,5 mm e 2,8 mm (Fig. 3E). In condizioni di normalità, le superfici pleuriche degli emidiaframmi sono bilateralmente oscurate dal “curtain sign” ovvero dalla espansione e discesa del parenchima polmonare nei seni costofrenici che sposta l’aria nel fascio ecografico occupato dagli organi parenchimatosi (milza e fegato).Solitamente gli emidiaframmi sono valutati nel punto di apposizione in M-mode ponendo la sonda ortogonalmente alla cupola diaframmatica sulla linea medio-ascellare o ascellare anteriore tra VIII e XI spazio intercostale. È possibile valutare l’escursione diaframmatica che normalmente è 1,8 ± 0,76 cm in respiro tranquillo fino a 7,9 ± 1,3 cm in inspirio forzato. Una riduzione ≥ 10% dello spessore del diaframma indica un’atrofia diaframmatica clinicamente rilevante; un’escursione diaframmatica < 1,8 cm durante un respiro tranquillo è indicativa di disfunzione diaframmatica. Altro parametro che è possibile calcolare è il TFdi (tickening fraction) che riflette la capacità contrattile del diaframma.Gestione: l’ecografia del torace è utile nella valutazione del lavoro respiratorio e nel weaning dalla ventilazione meccanica; inoltre, è predittiva di insuccesso della ventilazione non invasiva nella riacutizzazione di BPCO 24,32. |
Tracheostomia |
L’ecografia risulta uno strumento indispensabile per la gestione avanzata delle vie aeree, dalla valutazione preliminare di punti di repere anatomici della regione anteriore del collo (cartilagine cricoidea ed anelli tracheali) e rapporto della stessa con le altre strutture (vasi, tiroide) per stimare il grado di difficoltà fino all’esecuzione bedside di cricotomie e tracheostomie percutanee 23. |
Intubazione |
L’ecografia tracheale permette di visualizzare sia la corretta posizione del tubo endo-tracheale in trachea (segno del “doppio lume” visualizzabile come due linee iperecogene) che i movimenti pleurici, confermando la buona riuscita dell’intubazione orotracheale nonché l’esclusione di una eventuale intubazione selettiva, in modo più rapido rispetto ad altre metodiche (radiografia del torace, misurazione dell’End Tidal CO2) 19 (Fig. 3F). |
COVID-19 |
Come per le altre polmoniti interstiziali, l’elemento caratterizzante è dato dalla presenza di linee B. È stato validato, a scopo diagnostico e prognostico, il LUS score che suddivide il torace in 14 aree (3 posteriori, 2 laterali e 2 anteriori per emitorace). Score 0: linea pleurica continua e regolare; score 1: linea pleurica indentata con presenza di artefatti verticali; score 2: linea pleurica interrotta, presenza di aree di consolidazione; score 3: white lung associato o meno ad aree di consolidazione. |
Livello 1: livello base, è necessario saper: eseguire l’ecografia in modo sicuro e accurato riconoscere e differenziare la normale anatomia normale dalla patologia diagnosticare le comuni anomalie all’interno di determinati organi riconoscere quando è indicata la necessità di un secondo parere |
Livello 2: livello intermedio, è necessario saper: accettare e gestire segnalazioni da professionisti di livello base riconoscere e diagnosticare correttamente quasi tutte le patologie all’interno del relativo sistema di organi eseguire procedure invasive ecoguidate di base insegnare l’ecografia ai tirocinanti e agli operatori di livello base condurre ricerca di base in ambito ecografico |
Livello 3: livello avanzato, è necessario saper: accettare e gestire segnalazioni da professionisti di livello base e intermedio eseguire esami ecografici specialistici eseguire procedure invasive avanzate eco-guidate condurre ricerche scientifiche avanzate sull’ecografia insegnare l’ecografia a tutti i livelli conoscere e perseguire gli sviluppi dell’ecografia |
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