Coinvolgimento degli pneumologi nei percorsi diagnostico-terapeutici della tubercolosi: risultati di una survey nazionale
Abstract
Caro Direttore,
nell'estate 2022 è stata lanciata dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri - Italian Thoracic Society (AIPO-ITS) la survey dal titolo “TB or NOT TB? This is the questionnaire” con lo scopo di effettuare un censimento tra gli specialisiti pneumologi al fine di individuare coloro che si occupano nella loro pratica clinica quotidiana della fase diagnostica e terapeutica sia dell’infezione tubercolare attiva che della forma latente. La survey è stata effettuata tramite piattaforma online con invito alla partecipazione inviato via e-mail a tutti i soci AIPO-ITS. La tubercolosi (TBC) in Italia è oggi considerata una patologia rara e in gran parte viene gestita dai colleghi specialisti in malattie infettive soprattutto per quanto riguarda la fase terapeutica, nonostante la nostra specialità nasca proprio come “tisiologia” dalla necessità di cura di questa patologia in un momento storico in cui i casi erano tutt’altro che rari.
Articolo
Caro Direttore,
nell'estate 2022 è stata lanciata dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri - Italian Thoracic Society (AIPO-ITS) la survey dal titolo “TB or NOT TB? This is the questionnaire” con lo scopo di effettuare un censimento tra gli specialisiti pneumologi al fine di individuare coloro che si occupano nella loro pratica clinica quotidiana della fase diagnostica e terapeutica sia dell’infezione tubercolare attiva che della forma latente. La survey è stata effettuata tramite piattaforma online con invito alla partecipazione inviato via e-mail a tutti i soci AIPO-ITS. La tubercolosi (TBC) in Italia è oggi considerata una patologia rara e in gran parte viene gestita dai colleghi specialisti in malattie infettive soprattutto per quanto riguarda la fase terapeutica, nonostante la nostra specialità nasca proprio come “tisiologia” dalla necessità di cura di questa patologia in un momento storico in cui i casi erano tutt’altro che rari.
Duecentotrentasette pneumologi provenienti da 175 centri hanno partecipato alla survey (response rate del 17%), nel periodo 24 agosto-13 novembre 2022, con una buona distribuzione del campione tra Nord, Centro e Sud Italia (Fig. 1).
Nella totalità del campione, 206 responders (87%) hanno dichiarato di occuparsi di diagnostica di TBC attiva nella loro attività clinica. Negli ultimi 2 anni più di un terzo degli pneumologi (36%) ha dichiarato di aver effettuato più di 10 diagnosi di TBC attiva, il 29% ha effettuato tra 6 e 10 diagnosi e il 35% tra 1 e 5 casi. Nella maggior parte dei casi la diagnosi veniva effettuata grazie a campionamento delle basse vie aeree (broncoaspirato o broncolavaggio) con fibrobroncoscopia (57%), seguiti dalla raccolta di espettorato (38%), mentre solo nel 5% dei casi la terapia veniva impostata ex juvantibus senza una dimostrazione microbiologica della presenza del batterio (anche se auspicabilmente metodiche diagnostiche future sempre più avanzate e non invasive, quali tamponi linguali e maschere per l’esalato permetteranno il superamento di questa pratica). La diagnosi di tubercolosi è stata eseguita nella maggior parte dei casi (76%) usufruendo del laboratorio di microbiologia interno alla struttura ospedaliera dove era stato eseguito l’esame microbiologico, nei restanti casi invece (24%) il campione microbiologico veniva inviato ad altro laboratorio esterno alla struttura.
Riguardo al trattamento dei pazienti in cui viene effettuata diagnosi di TBC attiva, la percentuale di unità operative che prendeva in carico il paziente si riduceva al 52% (su 200 risposte ottenute), mentre il restante 48% inviava il paziente altrove per il trattamento (nel 51% dei casi il paziente veniva inviato c/o altro reparto della stessa struttura ospedaliera, mentre nel restante 49% dei casi presso un altro ospedale). Tra le unità operative che gestivano anche il trattamento, il numero di casi trattati era maggiore di 10 negli ultimi 2 anni nel 45% dei casi, tra i 6 e i 10 nel 26% dei casi e tra 1 e 5 nel 28% dei casi. Nella maggior parte dei casi, 51%, il trattamento veniva eseguito, almeno nelle fasi iniziali, in regime di ricovero ospedaliero, mentre nel 49% dei casi in regime completamente ambulatoriale/day-hospital/day-service senza necessità di ricovero ospedaliero. Il 46% delle unità operative che hanno risposto alla survey presentavano un ambulatorio dedicato al trattamento dei casi di TBC attiva, attivo in media 7 giorni al mese. La prescrizione dei farmaci anti-tubercolari avveniva nella metà dei casi (50%) attraverso dispensazione diretta c/o il centro, mentre nell’altra metà dei casi tramite ricetta medica c/o farmacie esterne alla struttura. In caso di diagnosi di TBC multiresistente i pazienti venivano inviati c/o altro centro di riferimento nel 60% dei casi, mentre nel 40% dei casi la gestione avveniva c/o il centro stesso che effettuava la diagnosi.
Per quanto riguarda la diagnosi di infezione tubercolare latente (LTBI), l’83% dei 194 centri che hanno risposto alla domanda hanno dichiarato di effettuare diagnosi di LTBI, con un totale di 2751 casi diagnosticati negli ultimi 2 anni (media di 20 casi per centro). Una minoranza dei centri dichiarava di avere un ambulatorio dedicato ai pazienti con LTBI (37% dei centri, con una media di 6,5 sedute ambulatoriali al mese). I servizi offerti dai centri riguardano nell’89% dei casi screening dei dipendenti ospedalieri e/o pazienti inviati dalla medicina del lavoro, il 63% fungeva anche da dispensario per le attività su gruppi sociali a rischio per conto dell’Igiene Pubblica, il 15% offriva anche altri tipi di servizi (per es. screening pazienti candidati a terapia immunosoppressiva).
I dati della survey hanno messo in evidenza come il ruolo dello pneumologo sia fondamentale nella fase diagnostica della malattia, infatti la netta maggioranza (87%) dei medici che hanno risposto alla survey hanno dichiarato di gestire la diagnostica della TBC nella loro unità operativa, grazie anche alla necessità in ben oltre la metà dei casi (57%) di una metodica da sempre appannaggio degli pneumologi quale la fibrobroncoscopia. Viceversa, per quanto riguarda il trattamento antitubercolare la percentuale di colleghi che riesce a gestire anche la fase terapeutica c/o la propria unità operativa si abbassa al 52% sebbene una percentuale non irrisoria di unità operative fosse dotata di 2 servizi fondamentali per il trattamento di questi pazienti: ambulatorio dedicato (46%) e possibilità di dispensazione diretta del farmaco (50%).
I risultati della survey mettono in luce due problemi aperti nel management della tubercolosi attiva:
- l’elevata percentuale di centri che ancora fa ricorso a ricovero ospedaliero per il trattamento, sebbene nella grande maggioranza dei casi esso possa essere gestito in maniera puramente extra-ospedaliera. Tuttavia da segnalare che la survey non indagava le motivazioni che portavano i singoli centri a optare per l’ospedalizzazione (gravità del quadro clinico e/o gestione delle comorbilità, impossibilità di eseguire isolamento domiciliare, etc.).
- La possibile eterogeneità dei laboratori di microbiologia deputati ad effettuare la diagnosi. Il 76% dei centri infatti dichiarava di riferirsi al laboratorio interno alla propria struttura ospedaliera. Questo potrebbe essere all’apparenza considerato un punto di forza, ma solo nel momento in cui tutti questi laboratori rispondessero a degli standard internazionali certificati 1.
Altro punto critico rimane la difficoltà periodica di reperimento sul territorio dei farmaci anti-tubercolari; anche su questo tema la survey mette in evidenza un elemento di riflessione, infatti solo il 50% dei responders utilizza la dispensazione diretta come modalità di erogazione del trattamento, mettendo in luce un possibile problema di compliance alla terapia stessa nei momenti di difficile reperibilità sul territorio.
Da ultimo, valutando specificatamente la diagnosi di LTBI, la grande maggioranza degli pneumologi rispondenti riferisce di effettuare la diagnosi presso i propri centri (83%) anche se solo una minoranza (37%) ha un ambulatorio dedicato.
Ulteriore elemento di interesse: nonostante la survey sia stata condotta riferendosi a casi gestiti nei 2 anni precedenti, quindi in piena pandemia COVID-19, il numero di colleghi pneumologi interessati a questa patologia è tutt’altro che sparuto, e anche il numero di casi diagnosticati e trattati dalle unità operative di Pneumologia è considerevole nel panorama nazionale. Questo avvalora con dati real-life quanto già descritto in letteratura scientifica: lo pneumologo ha un ruolo fondamentale nel team di operatori sanitari che si occupano di pazienti con tubercolosi 2.
Attraverso questa indagine confidiamo di individuare i colleghi interessati a creare un gruppo dedicato che in collaborazione con altre specialità possa impegnarsi in attività di formazione, ricerca e divulgazione.
Ringraziamenti
Si ringrazia per il supporto tecnico AIPO Ricerche, Società uninominale soggetta al controllo e alla direzione di AIPO-ITS.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
- Lewinsohn DM, Leonard MK, LoBue PA. Official American Thoracic Society/Infectious Diseases Society of America/Centers for Disease Control and Prevention clinical practice guidelines: diagnosis of tuberculosis in adults and children. Clin Infect Dis. 2017; 64:111-115. DOI
- D’Ambrosio L, Bothamley G, Caminero Luna JA. Team approach to manage difficult-to-treat TB cases: experiences in Europe and beyond. Pulmonology. 2018; 24:132-141. DOI
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© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2023
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