Insufficienza respiratoria e cure palliative
Abstract
L’insufficienza respiratoria è la conseguenza di condizioni che interferiscono con la funzione respiratoria
che ha come obiettivo il rifornimento di ossigeno nel sangue e l’eliminazione dell’anidride carbonica.
Distinguiamo un’Insufficienza Respiratoria Acuta (IRA), derivante da condizioni acute e rapidamente
progressive, e un’Insufficienza Respiratoria Cronica (IRC) che è associata per mesi o addirittura anni
alla progressiva evoluzione della patologia sottostante. Nell’IRA e nella malattia cronica respiratoria,
neoplastica e non neoplastica, la dispnea è il sintomo invalidante più comune. È una consapevolezza
anomala e spiacevole del proprio respiro e rappresenta un problema clinico importante quanto il dolore.
La patogenesi della dispnea è attualmente basata sulla presenza di un circuito regolatore. Proprio
come il dolore include sia dimensioni sensoriali che affettive e attivazioni cerebrali similari. Poiché é
riconosciuta una dimensione affettiva ed emotiva del sintomo con una percezione ampiamente variabile
tra gli individui, anche nei meccanismi regolatori della dispnea viene sottolineata l’importanza del
sistema serotoninergico, ipotizzando inoltre che siano coinvolte varianti geniche nella differente percezione
clinica. Tra questi geni, il gene che codifica per il trasporto della serotonina (5-HTT) e il gene
del triptofano idrossilasi (TPH) rivestono primaria importanza. Nelle malattie respiratorie croniche con
IRC e dispnea refrattaria, la classificazione appropriata della percezione della dispnea svolge un ruolo
chiave in quanto ha una forte influenza sul comportamento e sul decorso della malattia. È pertanto fondamentale
la modulazione della “percezione centrale” della dispnea attraverso trattamenti psicosociali
e farmacologici. Questi pazienti devono quindi essere avviati ad un settore della medicina specializzato
nel prendersi cura della persona nel suo complesso, organico e psicosociale, come le cure palliative.
Introduzione
L’insufficienza respiratoria è la conseguenza di condizioni che interferiscono con la funzione respiratoria che ha come obiettivo il rifornimento di ossigeno nel sangue e l’eliminazione dell’anidride carbonica. Distinguiamo un’Insufficienza Respiratoria Acuta (IRA), susseguente a condizioni insorte acutamente e rapidamente progressive, e un’Insufficienza Respiratoria Cronica (IRC) che si associa per mesi se non addirittura anni alla progressiva evoluzione della patologia sottostante. Le neoplasie polmonari, le malattie ostruttive bronchiali, le malattie interstiziali polmonari, le malattie neuromuscolari e l’ipertensione polmonare possono essere causa di incapacità del sistema respiratorio di rispondere ai segnali di aumento della domanda, con conseguente dissociazione tra segnalazione afferente ed efferente, intensificando così il disagio respiratorio comunemente definito dispnea 1. Nelle malattie croniche respiratorie evolutive la dispnea può essere accompagnata da IRC per progressiva e costante alterazione dei gas ematici (O2 e CO2) nel sangue arterioso; in tali condizioni peraltro l’organismo tende ad adattarsi alla progressiva compromissione della funzione respiratoria ed il sintomo dispnea viene percepito più tardivamente rispetto alle forme acute 2.
Nell’IRA, così come nell’IRC, neoplastica e non, la dispnea è sicuramente il più comune sintomo disabilitante. Si tratta di un sintomo soggettivo e come tale è difficile fornirne una definizione univoca e differenti sono i termini per descriverla.
A fronte dell’incremento epidemiologico delle malattie respiratorie croniche, il tasso di incidenza di anziani ricoverati per episodio di IRA è in continuo aumento, soprattutto nei portatori di malattie croniche cardio-polmonari. Lo scenario clinico di cure è reso più complesso per la mancanza di definizione del confine tra trattamento curativo, palliativo e di fine vita nei pazienti con malattia “end-stage”, con il paradosso che per un ultraottantenne con patologia respiratoria cronica si possa arrivare alla decisione di “non intubare” sulla base del solo criterio anagrafico 3.
Malattie respiratorie croniche: stato dell’arte
Nel documento Global Burden of Disease l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che, dal 2002, le condizioni di cronicità sono state responsabili dell’87% dei decessi nei Paesi ad alto reddito. Le proiezioni di mortalità al 2030 raggiungeranno il 69%. Le patologie croniche più frequentemente coinvolte sono costituite dall’insufficienza cardiaca cronica (Chronic Heart Failure, CHF) e dalla Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO); in particolare la BPCO costituirà la terza causa di decesso nel 2030.
La BPCO è inoltre da sola responsabile di 2.900.000 decessi annui 4. Le malattie ostruttive croniche bronchiali e le interstiziopatie polmonari con la progressione della malattia possono provocare cachessia con un aumento di morbilità nei pazienti con IRC, per l’assenza di terapie efficaci per la cachessia 5.
Nonostante adeguati trattamenti farmacologici, la maggior parte dei pazienti con malattia polmonare ostruttiva cronica da moderata a grave, malattia polmonare interstiziale e fibrosi cistica sperimenta dolore, astenia e dispnea, con difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane, conseguente isolamento sociale e compromissione della qualità di vita. Inoltre la maggioranza dei pazienti non ha un adeguato trattamento dalla dispnea nonostante il “sollievo dalla sofferenza” costituisca uno degli obiettivi dell’arte medica 6.
La malattia cronica respiratoria ha un effetto devastante dal punto di vista psicologico sul paziente e sul suo nucleo familiare; i membri del nucleo familiare di un paziente cronicamente critico esposti a conseguenze di tipo psicologico sono in continua crescita, in particolar modo se il paziente è ricoverato in Unità di Terapia Intensiva (UTI) in ventilazione meccanica prolungata 7.
Dispnea e risposta affettiva/emozionale
L’American Thoracic Society attualmente definisce la dispnea come “un’esperienza soggettiva di disagio respiratorio che consiste in sensazioni qualitativamente distinte e di intensità variabile” 8.
Il 25% dei pazienti che afferisce ad un ambulatorio medico è affetto da dispnea, che è un termine che racchiude un numero di differenti esperienze soggettive (“sensazione di soffocamento, asfissia, difficoltà respiratoria”...); proprio la soggettività del sintomo costituisce una delle principali difficoltà da parte del sanitario nel dare un giudizio di severità del quadro clinico. La patogenesi della dispnea si basa attualmente sulla presenza di un circuito regolatore che consiste in un afflusso di informazioni inviate a livello centrale [dai chemorecettori del pH, CO2 e O2 e da meccanorecettori presenti nella muscolatura e nei polmoni (fibre C nel parenchima, fibre J nei bronchi e nei vasi polmonari)] cui segue una corrispondente risposta ventilatoria 9.
La dispnea, anomala e sgradevole consapevolezza del proprio respiro, è un problema clinico importante quanto il dolore; colpisce un quarto della popolazione generale e metà dei soggetti gravemente malati. Eppure la comprensione della neurofisiologia alla base della dispnea è ancora arretrata rispetto alla comprensione del dolore. Sono state fatte negli ultimi 30 anni sofisticate misurazioni oggettive, in studi neurofisiologici del dolore, in particolare dei meccanismi corticali 10. Così come il dolore include dimensioni sensoriali e affettive, sono state dimostrate analoghe attivazioni cerebrali nella dispnea, suggerendo che il modello percettivo del dolore possa essere appropriato per il circuito della dispnea 11. La sensazione di grave “fame d’aria” è oltremodo la percezione più spiacevole in assoluto e il discomfort indotto dalla dispnea potrebbe variare indipendentemente dall’intensità percepita, al pari del modello multidimensionale del dolore 11. Nonostante siano riconosciuti differenti tipi di dispnea in base agli stimoli che la evocano, i percorsi afferenti che la sottendono e la qualità dell’esperienza, è ancora frequentemente considerata nella ricerca scientifica come una singola dimensione percettiva. Analogamente a quanto è stato strutturato per lo studio neurofisiologico del dolore, per la dispnea necessitano misure più complete e risposte quantitative ai seguenti quesiti 10:
- Perché la percezione di dispnea varia molto tra pazienti con stati patologici simili?
- Cosa determina l’impatto della dispnea sul comportamento e sulla qualità della vita?
- Una più completa valutazione della dispnea può portare a una migliore diagnosi e terapia?
Riconosciuta una dimensione di tipo affettivo/emotivo del sintomo ed una percezione ampiamente variabile tra gli individui e sottolineata l’importanza del sistema serotoninergico nella fisiopatologia dei disturbi dell’umore si può ipotizzare che variazioni a livello di geni implicati nella regolazione di questo sistema possano essere correlati con la differente percezione soggettiva della dispnea. Tra questi geni rivestono primaria importanza quello codificante il trasportatore della serotonina (5-HTT) ed il gene per la triptofano idrossilasi (TPH) 12. Per valutare se fattori genetici sono correlati a stati negativi del tono dell’umore quale il polimorfismo 5-HTTLPR con impatto sulla variabilità percettiva e umorale della dispnea sono stati studiati con risonanza magnetica funzionale dei volontari sani 5-HTTLPR inducendo dispnea da carico resistivo. Alternando blocchi di dispnea grave a lieve monitorando l’indicatore “percezione” si evidenziavano valutazioni di intensità e disagio differenti. Inoltre, i volontari hanno indicato una loro paura anticipatoria (manifestazione della previsione di pericolo). Nei portatori di alleli a rischio, una maggiore paura anticipatoria era accompagnata da una più forte attivazione dell’amigdala durante l’anticipazione della dispnea grave verso l’esperienza di dispnea lieve suggerendo un ruolo del genotipo 5-HTTLPR nell’anticipazione della dispnea severa 13 (Figura 1).
Insufficienza respiratoria e cure palliative
Poiché la percezione della dispnea non è strettamente correlata alla funzione polmonare obiettiva, ma è modulata da fattori cognitivi e affettivi, nelle malattie respiratorie croniche con IRC e dispnea refrattaria l’adeguato inquadramento della percezione della dispnea svolge sicuramente un ruolo chiave in quanto ha una forte influenza sul comportamento e sul decorso della malattia 15.
La risposta emotivo/affettiva alla dispnea valutata con neuroimmagini definisce la portata dell’attività limbica e paralimbica nella percezione della dispnea, al fine di delineare approcci differenti a pazienti respiratori cronici nella gestione dei quali devono essere considerati, oltre ai parametri oggettivi (quali ostruzione al flusso ed iperinsufflazione ad es. nella BPCO), anche procedure per migliorare ansia, paure e altre emozioni strettamente legate alla percezione del sintomo. Sono stati riconosciuti attacchi di panico spontanei (PAs) quando viene segnalata a livello centrale una “mancanza di aria” che innescherebbe in modo inadeguato un sistema di allarme.
Una tale disfunzione renderebbe un individuo vulnerabile a “falsi allarmi di soffocamento” con veri “attacchi di panico” (PA). Alcune regioni del cervello sensibili a H+/CO2 sono state implicate sia nel controllo della ventilazione sia in comportamenti difensivi, tra cui il panico. L’aumento di CO2 e H+ nel cervello può attivare queste strutture, inducendo PAs e aumentando la ventilazione 16.
Conclusioni
Nella gestione delle malattie respiratorie croniche rimangono fondamentali l’attenzione agli aspetti di prevenzione, ai programmi di riabilitazione respiratoria, ma anche al supporto psicologico, del paziente e del familiare, in quanto la progressione di malattia e la comparsa di dispnea refrattaria con differente percezione soggettiva determinano una progressiva limitazione degli aspetti sociali ed emozionali conseguenti, con netta alterazione della qualità di vita. La consapevolezza e l’accettazione della malattia da parte del paziente possono influenzare il piano di cure e costituiscono parte integrante dei programmi educazionali e di cura 17. Questi pazienti devono pertanto essere avviati ad un settore della medicina specializzato nella presa in carico della persona nella sua globalità, organica e psicosociale, quali le cure palliative.
La modulazione della “percezione centrale” della dispnea può essere ottenuta tramite trattamenti psicosociali e farmacologici 18. Il sollievo dalla dispnea viene riconosciuto come indicatore positivo nella gestione della malattia, come dimostrato dal beneficio che consegue ai programmi di riabilitazione respiratoria, nonostante pochi studi abbiano effettivamente spiegato questo fenomeno. Un’ipotesi avanzata è il conseguente sollievo dalla paura dell’alterata percezione del respiro che comporta la possibilità di ripetere esercizi (o determinate performance) in un contesto sicuro e protetto 19. Nella rimodulazione delle cure il trattamento dei sintomi refrattari è di primaria importanza, anche se questo non è sufficiente per alleviare tutta la sofferenza del paziente. La dispnea refrattaria, così come il dolore o uno stato di ansia conseguente, non possono essere definiti singolarmente, in quanto impattano fortemente sulla qualità di vita del paziente stesso. Il rispetto per principi etici fondamentali di attenzione alla persona malata e una conoscenza completa dei principali approcci terapeutici disponibili consentono una migliore gestione precoce del sintomo dispnea e della sua percezione 20.
Figure e tabelle
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