Fumo di tabacco, qualità dell’aria e cure palliative durante le prime ondate della pandemia da COVID-19
Articolo
La pandemia da COVID-19 ha messo in evidenza numerose fragilità non solo dei sistemi sanitari ma anche dei percorsi di ricerca, raccolta dati e costruzione delle evidenze sulle quali basare la propria pratica clinica. Il fumo di tabacco e il suo nesso con l’infezione da SARS-CoV-2 è stato fin dall’inizio uno dei fattori più studiati al fine di identificare quale potesse esserne l’impatto su una popolazione notoriamente a maggior rischio di affezioni acute e croniche dell’apparato respiratorio. Progetti di ricerca spesso svoltisi in singoli istituti e la difficoltà di garantire, in un momento di emergenza e necessità estrema di informazioni utili, un adeguato percorso di peer review e verifica indipendente dei dati e delle elaborazioni statistiche hanno portato alla produzione di letteratura scientifica, che ipotizzava un potenziale effetto protettivo del fumo di tabacco nello sviluppo di forme clinicamente severe di infezione da SARS-CoV-2. Tali evidenze sono state poi riviste e alcuni articoli e comunicazioni sono stati ritirati in seguito al riscontro di bias nella conduzione dello studio, nell’analisi statistica e della presenza di conflitti di interesse significativi tra gli sperimentatori 1. In un momento di fragilità della comunità scientifica e della società le informazioni fuorvianti rischiano di avere pesanti ripercussioni. La pandemia ha imposto a tutti nuovi doveri e ribadito concetti di buona pratica sia in clinica che in ricerca: per i sanitari quello di svolgere ricerca fruibile, ripetibile, riproducibile e la presentazione dei risultati evitandone la spettacolarizzazione o la ricerca di facili pubblicazioni ad impatto, per gli organi di stampa il dovere di perseguire una comunicazione trasparente e intellegibile anche per i soggetti non addetti ai lavori, evitando l’utilizzo di frasi estrapolate e di portare tematiche tecniche alla discussione tra addetti ai lavori e opinionisti privi di preparazione sull’argomento.
La prima ondata pandemica ha costretto i dipartimenti di sanità pubblica a livello europeo e mondiale ad adottare misure di confinamento e isolamento domiciliare su vasta scala, strategia presto divenuta familiare con il termine di lock-down, condizione che ha portato ad una drastica riduzione delle emissioni atmosferiche legate al trasporto pubblico, privato e alla produzione industriale. Un simile abbattimento di emissioni ha condotto ad un repentino miglioramento della qualità dell’aria e relativa riduzione delle patologie a carico dell’apparato respiratorio legate alla cronica inalazione di prodotti di combustione fossile. Sulla base di questa ulteriore evidenza la European Respiratory Society 2 ha prodotto uno statement dove ha richiamato gli specialisti di Malattie dell’Apparato Respiratorio a cimentarsi nel favorire, all’interno delle proprie realtà istituzionali e locali, una adeguata attenzione verso strategie e iniziative volte a migliorare la qualità dell’aria e a svolgere un regolare controllo e monitoraggio al fine di ridurre i danni causati dall’inquinamento. Le tematiche ambientali sono spesso difficili da conciliare con quelle economiche, tuttavia lo stimolo fornito dalla pandemia non andrebbe sprecato e in questo l'Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) insieme ad altre associazioni ha sempre dimostrato di incentivare percorsi volti al controllo della qualità dell’aria. In ogni realtà locale possono essere attuati percorsi migliorativi e di integrazione con le realtà territoriali, gli specialisti pneumologi possono e devono moralmente farsi carico di queste necessità.
In un momento dove le opzioni terapeutiche erano limitate alla gestione dell’insufficienza respiratoria e dei sintomi ad essa connessi le cure palliative hanno dimostrato capacità di flessibilità e hanno stimolato i ricercatori di molti paesi ad identificare algoritmi di gestione del paziente alla luce del setting e della disponibilità di strumenti e terapie farmacologiche e non farmacologiche. Le strutture ospedaliere e territoriali normalmente utilizzate nella gestione della patologia oncologica sono state rapidamente riorganizzate. Al fine di incrementare rapidamente il numero di posti letto alcuni hospice sono stati sacrificati creando de facto un vuoto strutturale per i pazienti non-COVID che hanno perso la possibilità di accesso alle cure. Il numero di professionisti destinati alla gestione della palliazione è stato drasticamente ridotto in termini numerici per ricollocamento e capacità di prestazione in quanto una serie di servizi sono stati limitati nell’ottica di ridurre il rischio infettivo in un momento nel quale l’unica terapia disponibile era la prevenzione e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI) non sempre disponibili. A questo si è sommata la perdita in molti casi della rete costituita da volontari. Gli sforzi organizzativi e di ricerca tuttavia hanno dimostrato come in un contesto pandemico in rapida evoluzione la flessibilità degli operatori a rivedere gli ordinari schemi di lavoro, la disponibilità di tutti gli operatori sanitari a interfacciarsi con argomenti diversi e a collaborare in équipe allargate unita allo sviluppo di algoritmi gestionali per la dispnea in pazienti non candidabili, per comorbilità preesistenti e condizioni cliniche globali ad un ambiente intensivistico, abbia permesso un razionale utilizzo delle risorse garantendo una accettabile qualità di vita residua ai pazienti. L’aspetto che probabilmente è stato sacrificato nella maggior parte dei casi è stato quello familiare dove i congiunti non hanno avuto l’occasione di un commiato adeguato generando anche a distanza di tempo un vuoto difficile da colmare. Da questo punto di vista l’utilizzo di strumenti di comunicazione alternativi ha permesso di mitigare e consentire una forma di comunicazione con i propri congiunti ricoverati o costretti al domicilio, fornendo spunti interessanti su nuovi percorsi per una comunicazione efficace tra paziente, medico e familiari anche per i prossimi anni 3.
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento va a Marco Dottorini, Alberto Fantin e Maria Serra per l’instancabile opera volta a creare iniziative per il miglioramento della qualità dell’aria e per l’attenzione nell’identificare riferimenti bibliografici innovativi e fonte di approfondimento per il Gruppo di Studio.
Riferimenti bibliografici
- Gallus S, Lugo A, Gorini G. No double-edged sword and no doubt about the relation between smoking and COVID-19 severity. Eur J Intern Med. 2020; 77:33-35. DOI
- Andersen ZJ, Gehring U, De Matteis S. Clean air for healthy lungs – an urgentcall to action: European Respiratory Society position on the launch of the WHO 2021 Air Quality Guidelines. Eur Respir J. 2021; 58:2102447. DOI
- Etkind SN, Bone AE, Lovell N. The role and response of palliative care and hospice services in epidemics and pandemics: a rapid review to inform practice during the COVID-19 pandemic. J Pain Symptom Manage. 2020; 60:e31ee40. DOI
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