Danni polmonari da marijuana e da tabacco: somiglianze e differenze
Abstract
L’uso della marijuana a scopo terapeutico e voluttuario ha origini remote. Ma le prime segnalazioni sui danni
respiratori da essa provocate risalgono alla metà del XX secolo. L’anamnesi voluttuaria apre la strada al
riconoscimento delle patologie correlate. È stato osservato un effetto broncodilatante indotto dal delta-9-THC
(delta-9-Tetraidriocannabinolo), ma un’azione irritante è stata registrata dopo un uso prolungato. Sembra che
il maggior contenuto di THC presente nell’hashish, rispetto alla marijuana, sia il principale fattore responsabile.
Tuttavia, nei vari studi non vi sono riferimenti sulla quantità di THC presente negli spinelli fumati, che
può variare dal 20-25% all’80% delle colture attuali clandestine. L’uso cronico comporta il rischio di
sviluppare il carcinoma broncogeno. Infatti, sono stati scoperti idrocarburi cancerogeni nel catrame derivato
dal fumo della sostanza.
Introduzione
La marijuana in passato era utilizzata come farmaco per fabbricare la carta e produrre ebbrezza. Nel 2737 a.C. l’imperatore cinese Shen Nung scrive sul suo impiego nella stitichezza, nei dolori reumatici, nella malaria, nel beri-beri ed in altre malattie. Ancora oggi è ricercata per i suoi effetti voluttuari. Da uno studio condotto a Sydney (Australia) nel 2000 è emerso che l’uso della sostanza inizia all’età di sette-otto anni e continua fino a 30-40 ed anche 50 1. In Italia, annualmente, il Dipartimento Politiche Antidroga presenta in Parlamento una relazione sull’uso di sostanze stupefacenti e sulle tossicodipendenze. I risultati della “Indagine di popolazione scolastica 15-19 anni sul consumo di sostanze psicotrope (SPS- ITA) – Dati 2014” mostrano che circa 690.000 studenti fra i 15 ed i 19 anni hanno fatto uso di sostanze almeno una volta negli ultimi 12 mesi e che, di questi, il 76,5% ha assunto cannabis 2. “Cannabis” o “spinello” o “paglia” o “joint” o “torcia” sono termini diversi per indicare una sigaretta di tabacco adulterata con la marijuana.
La marijuana (detta anche “erba” o “mariagiovanna”, “takrouri” in Tunisia, “kif” in Algeria e Marocco e “kabak” in Turchia) contiene circa 60 componenti attivi, fra cui i più importanti sono il delta-9-Tetraidrocannabinolo (delta-9-THC), il Cannabidiolo (CBD), il Cannabinolo (CBN), 61 cannabinoidi 2, e più di 350 componenti simili a quelli presenti nel fumo di tabacco, ma in quantità superiore per cui si calcola che uno spinello corrisponde a 14-16 sigarette di tabacco con filtro ed a 4-5 sigarette, quanto a contenuto di catrame. La marijuana provoca effetti nocivi come riportato nella Tabella I e Tabella II.
Il THC, composto stupefacente, ha proprietà analgesiche, euforizzanti e stimolanti l’appetito. Si lega ai recettori cannabioidi CB1 e CB2. I primi sono localizzati prevalentemente nel SNC generando gli effetti psicotropi, i secondi sulle cellule del sistema immunitario mediando gli effetti immunologici. Dopo una prima fase di benessere, aumento dell’ideazione e maggiore facilità nei movimenti, compaiono i sintomi dell’intossicazione: perdita del senso e della misura del tempo e dello spazio, torpore, allucinazioni, piacevoli impressioni, come nuotare o volare. Il test per il THC, negli assuntori cronici, rimane positivo per circa sei mesi dalla cessazione dell’uso della sostanza e nell’assuntore occasionale per diverse settimane. Il THC può superare il filtro placentare e giungere nel feto. È ritrovabile anche nel latte materno 3.
Dallo studio US National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES III) emerge che sia la marijuana che il tabacco aumentano la probabilità di sviluppare sintomi respiratori. Questi, negli assuntori di marijuana, sono assimilabili a quelli presenti nei fumatori di tabacco di 10 anni più anziani. Il BONG o pipa ad acqua (Figura 1a) è uno strumento usato per fumare marijuana e tabacchi aromatizzati. Per tirare dal BONG è necessario aspirare a polmoni pieni dall’imboccatura superiore in modo che il fumo salga attraverso la camera d’aria, dopo essere passato attraverso l’acqua sul fondo. I BONG sono progettati per raffreddare il fumo prima di essere inalato e per raccogliere nella camera d’aria una grande quantità di fumo da aspirare velocemente.
Le sostanze utilizzate (marijuana, eroina e cocaina) non sono sterili, ma contaminate da germi responsabili di infezioni respiratorie, come la marijuana che può veicolare le spore dell’Aspergillus, con le note conseguenze patologiche da questo provocate 5. Due pazienti, che avevano costruito il BONG utilizzando le bottiglie di plastica dell’acqua minerale (Figura 1b) ed aerosolizzando acqua di rubinetto, hanno presentato ascesso polmonare e pleurite. Pertanto, nell’anamnesi bisogna chiedere anche come sono fumate le sostanze.
Danni flogistici a carico delle vie aeree
Nei fumatori di marijuana sono state osservate alterazioni infiammatorie delle vie aeree superiori ed inferiori.
Indagini di broncoscopia integrate da biopsia condotte in quattro gruppi di volontari, distinti in a) non fumatori, b) fumatori di marijuana, c) fumatori di tabacco, d) fumatori di tabacco e marijuana insieme, documentano iperemia delle vie aeree centrali nel 91% dei tre gruppi di fumatori; segni di infiammazione, iperplasia delle cellule basali ed aumento della metaplasia squamosa nei fumatori di tabacco e marijuana insieme; iperplasia delle goblet cell e disorganizzazione cellulare, più evidente nei fumatori di marijuana e tabacco insieme che negli altri due gruppi di fumatori.
L’incremento della metaplasia squamosa, nel gruppo di poliassuntori, suggerisce la possibilità che il fumo di marijuana potenzi gli effetti cancerogeni del tabacco 6 7. In un’altra ricerca indagini di endoscopia bronchiale evidenziano un aumentato score di infiammazione bronchiale (eritema delle vie aeree centrali, edema, secrezioni) nei fumatori di marijuana, di tabacco o delle due sostanze combinate, rispetto ai non fumatori, confermato dall’esame bioptico. È registrato che l’interruzione del fumo di marijuana migliora i sintomi soggettivi di bronchite 8, come osservato anche in un altro studio dove 299 su 446 soggetti arruolati e clinicamente monitorati per 9,8 anni mostrano significativo miglioramento o scomparsa dei sintomi respiratori interrompendo il consumo di marijuana. L’abuso di hashish, che ha un maggiore contenuto di THC, provoca severa infiammazione della mucosa tracheale, che indagini autoptiche non hanno dimostrato nei forti fumatori di tabacco 9.
La marijuana contiene sostanze irritanti simili a quelle del tabacco, rappresentate da acroleina, formaldeide, NO2 e, in più, il delta-9-THC (Tabella III), ma può anche essere adulterata con talco.
All’esame autoptico di 24 scimmie sottoposte all’inalazione di marijuana adulterata con talco, Fligiel et al. osservano Interstitial Lung Disease (ILD) 10. Anche noi abbiamo osservato ILD, ma in uomini assuntori di marijuana nei quali, peraltro, abbiamo trovato, a quanto ci è dato di sapere, per la prima volta nella letteratura medica internazionale, il THC nel BAL di 6 soggetti analizzati su 15 (43%). Alla luce di tale ritrovamento, pertanto, oltre che nelle urine, nel sangue e nel capello, la droga si può ricercare, ed è ritrovabile, anche nel polmone 11. Tuttavia, questo non è un punto di arrivo ma di partenza, perché apre il percorso allo studio dei meccanismi eziopatogenetici, allargando gli orizzonti per registrare casistiche più numerose.
Fibrosi interstiziale
In agricoltura il paraquat è usato per rimuovere le erbacce e, nell’industria della droga, per accelerare il rinsecchimento della marijuana. Esso è proibito in Italia, ma non all’estero. Non esistono studi riguardanti i danni derivanti dall’inalazione della marijuana trattata con il paraquat nell’uomo. È stato osservato, invece, che l’instillazione endobronchiale di paraquat nel coniglio, in quantità inferiore a quella contenuta in una sigaretta di marijuana, provoca focolai di fibrosi polmonare. È stato osservato inoltre che primati sperimentalmente esposti al fumo di marijuana trattata con paraquat hanno presentato bronchiolite, metaplasia squamosa bronchiolare, fibrosi interstiziale ed iperplasia delle cellule alveolari con atipia 10.
Enfisema polmonare e bolle di enfisema
Taluni studi sostengono una correlazione tra il fumo di marijuana e il riscontro alla TC torace di bolle di enfisema.
Jonson et al. descrivono 4 giovani uomini, con esposizione significativa alla marijuana, bassa esposizione al tabacco con grande bolla polmonare 12. Hii et al. riportano 10 fumatori abituali di marijuana per oltre 1 anno, di cui 4 con pneumotorace. In 9 di loro, la TC mostra una grande bolla asimmetrica di dimensioni variabili 13. Fiorelli et al. registrano la presenza di bolle di enfisema in 8 su 13 (62%) fumatori abituali di marijuana 14. Fumatori abituali di marijuana sono definiti i consumatori di oltre 100 joint nel corso della vita e di almeno uno nel mese che precede l’osservazione clinica 5. Feldman et al. descrivono un caso con bolla apicale polmonare in fumatore di tabacco e marijuana 15. Rawlins et al. riportano 2 maschi, assuntori di marijuana, con bolle giganti bilaterali 16. In contrapposizione, Bense et al. registrano alla TC torace di 27 inveterati fumatori di tabacco, con pregresso pneumotorace spontaneo, assenza di bolle di enfisema in tutti ed aree di enfisema focale in 22 (81%). Assenza di enfisema in 10 soggetti di controllo non fumatori 17. Dunque, ai fini della formazione delle bolle di enfisema, la marijuana appare più dannosa del tabacco.
Malattia ostruttiva polmonare
Nel tardo ‘800, la cannabis era usata per la terapia dell’asma bronchiale. Tashkin et al. 18 e Vachon et al. 19 sono i primi a dimostrare un miglioramento della funzione respiratoria, ascrivibile all’effetto broncodilatante acuto indotto dal THC. Come pure Tetrault et al. 20 in una metanalisi sistemica evidenziano broncodilatazione dopo inalazione di marijuana: incremento del FEV1 di 0,15-0,25 L e del PEF, quale test spirometrico con broncodilatazione. Tuttavia, il THC è una sostanza irritante, come dimostra l’insorgenza di tosse in soggetti sani ed il severo broncospasmo in asmatici, dopo inalazione di radio-aerosol di delta-9-THC sintetico puro. Su 11 soggetti studiati, Tashkin registra lieve tosse in 3; broncodilatazione in 3 di 5 soggetti asmatici, ma da moderato a severo broncospasmo con tosse negli altri 2. Tali riscontri indicano che l’aerosol di delta-9-THC, sebbene capace di indurre una significativa broncodilatazione con minimi effetti sistemici, ha pure un effetto irritante locale sulle vie aeree tanto da proscriverne l’uso terapeutico 21. Analogo riscontro hanno i risultati di un’altra ricerca.
Questi suggeriscono che il fumo abituale di marijuana può causare lieve ma significativa compromissione funzionale, prevalentemente delle grandi vie aeree 22. Sono numerosi gli studi che confrontano gli effetti della sostanza sulla funzione polmonare, nel fumatore abituale di marijuana e nei fumatori di tabacco 23. Aldington et al. 24, nel 2007, in Nuova Zelanda, praticano prove di funzionalità respiratoria e HRCT polmonare a 339 soggetti (75 fumatori di sola marijuana, 92 fumatori di tabacco e 91 fumatori di entrambe le sostanze). All’HRCT non si osserva enfisema, sebbene la marijuana risulti associata ad un aumento della percentuale di tessuto polmonare a bassa densità, suggestivo di iperinflazione. Mentre l’esame funzionale respiratorio mostra riduzione del rapporto FEV1/CVF, delle conduttanze specifiche ed un aumento della CPT. Risultati simili sono riportati anche in uno studio di coorte di Hancox 25, condotto nel 2010, in soggetti dai 9 ai 32 anni. Da un altro studio di coorte 26, con un follow-up di 20 anni, che utilizza i dati dei soggetti dello studio CARDIA (Coronary Artery Risk Development in Young Adults) non emerge ostruzione al flusso aereo in fumatori occasionali di marijuana. In particolare, nel gruppo di fumatori di tabacco si assiste ad una riduzione di FEV1 ed FVC, con una relazione dose-risposta lineare; nei fumatori di marijuana emerge una relazione non lineare: per bassi livelli di esposizione (fino a 7 joint/year di esposizione nella vita) si ha aumento di FEV1 ed FVC, a maggiori livelli emerge riduzione del FEV1. Sebbene la percentuale di fumatori di marijuana nella popolazione dello studio sia limitata (1%), i risultati suggeriscono la possibilità di ostruzione al flusso aereo, quando vi è un elevato consumo di marijuana. Tan et al 27, in un altro studio di coorte finalizzato alla BPCO, riportano gli effetti funzionali derivanti dall’uso simultaneo di marijuana e tabacco, in 878 soggetti. Emerge un’azione sinergica tra marijuana e tabacco ed un aumentato rischio (rispetto al tabacco da solo) di sviluppare BPCO quando la dose totale di marijuana, nel corso della vita, supera i 50 spinelli, come osservato anche da Fligiel et al. 10. Ma l’uso occasionale di marijuana, con più bassi livelli cumulativi, non è un fattore di rischio per BPCO. Maggior effetto irritante ha l’hashish che è più ricco di THC. Cani cronicamente esposti al fumo di marijuana hanno flogosi bronchiolare più intensa di quella di altri cani esposti per lo stesso tempo, ad una comparabile quantità di fumo di tabacco. Alla luce di tali numerosi riscontri 10 18-27 appare necessario indagare anche in ambito clinico l’uso della sostanza nei pazienti con ostruzione bronchiale compresa la BPCO.
Effetti neoplastici
Sono stati segnalati il potenziale carcinogeno del fumo di marijuana, le alterazioni cromosomiche e del DNA in polmoni espiantati. A carico dei macrofagi alveolari è stato osservato un danno del DNA e delle colture di cellule polmonari prolungatamente esposte alla sostanza, nonché modificazioni genetiche con evoluzione in tre, sei mesi in senso maligno. Dal condensato del fumo della sostanza sono stati isolati idrocarburi aromatici policiclici, noti per le loro proprietà carcinogene. Benzopirene e benzoantracene sono presenti nella marijuana, in concentrazione maggiore di quella del fumo di tabacco. Nella droga è possibile osservare Aspergillus flavus ed Aspergillus parasiticus che producono aflatossina, un potenziale carcinogeno.
Diverse osservazioni suggeriscono che la marijuana, in assuntori abituali, favorisce lo sviluppo di carcinoma orofaringeo e laringeo. Uno studio retrospettivo, riguardante soggetti con tumore, di età inferiore a 40 anni, mostra che il 70% dei pazienti con carcinoma ha una storia di uso cronico della sostanza. In un altro emerge che 12 giovani, tra 19 e 38 anni, con carcinoma squamoso oro-faringeo, sono fumatori quotidiani di marijuana sin dall’età della scuola superiore e non di sigarette di tabacco. Carcinoma laringeo è emerso in 20 giovani adulti, abituali fumatori di marijuana. Poiché il carcinoma orofaringeo nei fumatori di tabacco o nei forti alcoolisti non compare prima dei sessant’anni, la sua insorgenza precoce, in quelli che assumono marijuana, suggerisce che:
- il fumo abituale di marijuana rappresenta un fattore di rischio indipendente, o più forte, per lo sviluppo del carcinoma del capo o del collo;
- il fumo abituale di marijuana potenzia gli effetti di altri fattori di rischio nell’accelerare lo sviluppo del carcinoma del capo o del collo;
- in riferimento allo sviluppo del tumore, il fumo di marijuana riduce gli effetti della sorveglianza del sistema immunitario.
Una possibile spiegazione di questo potenziale effetto della marijuana potrebbe risiedere nella tecnica di rapida e profonda inalazione favorente la deposizione di particolato nelle vie aeree superiori. Il fumo di marijuana contiene carcinogeni e co-carcinogeni presenti nel fumo di tabacco qualitativamente simili, ma quantitativamente maggiori, rispetto ad esso 28. Evidenze istopatologiche ed immunoistologiche, di metaplasia squamosa e di overespressione di marcatori molecolari di progressione pretumorale suggeriscono che il fumo di marijuana è un fattore di rischio per il cancro polmonare 29. Partendo da queste evidenze, Maertens et al. 30, con un approccio tossicogenomico ed utilizzando cellule epiteliali polmonari murine, confrontano gli effetti molecolari del condensato del fumo di marijuana con quelli del fumo di tabacco. Entrambi i condensati sono risultati associati ad espressione di geni coinvolti nel metabolismo di xenobioti, stress ossidativo e risposta ai danni del DNA, con un’associazione dose-risposta maggiore per il condensato del fumo di marijuana. Tuttavia, gli studi epidemiologici sulla marijuana sono soggetti a fattori di confondimento per l’uso concomitante di tabacco e sono limitati dalla scarsa popolazioni di studio, età giovane e soprattutto dalla sottostima del consumo reale.
Gli Autori concludono che i forti fumatori di marijuana hanno un rischio di oltre due volte maggiore di sviluppare cancro del polmone durante un periodo di 40 anni e che fumare 1 spinello al giorno per un anno incrementa il rischio di cancro polmonare dell’8%, mentre fumare un pacchetto di sigarette al giorno per lo stesso periodo incrementa il rischio del 7%. Concludono che il 5% dei tumori polmonari insorti nei soggetti del loro studio di età inferiore ai 55 anni è causato dal consumo di marijuana 31.
Ipersensibilità allergica alla marijuana
Soggetti con allergia al pomodoro sono a maggior rischio di allergia alla marijuana per una reattività crociata.
Armentia et al. segnalano che il 53,2% dei pazienti studiati è positivo al prick test per la cannabis, il 30% al test di provocazione bronchiale ed il 34,3% mostra IgE specifiche 32. Sono riportati casi isolati di ipersensibilità allergica alla Cannabis sativa, con rinocongiuntivite da inalazione del polline, orticaria e dermatite da contatto in seguito a manipolazione delle piante ed anafilassi da ingestione della sostanza 32. Alla luce di tali studi appare auspicabile l’avvio di un’esplorazione diagnostica allergologica per la marijuana, anche in Italia.
Conclusione
I sequestri giornalieri di notevoli quantità di marijuana operati dalle forze dell’ordine suggeriscono il diffuso uso della sostanza; ma a ciò non sempre corrisponde nella pratica clinica il riscontro di assuntori e di patologie respiratorie correlate, come invece accade per i fumatori di tabacco.
Praticando l’anamnesi voluttuaria, in ambiente riservato e non disturbato, in un rapporto empatico con il paziente ed in assenza di altre figure presenti può emergere l’assuntore con le patologie correlate: tosse cronica, broncospasmo, bronchiti ricorrenti, enfisema polmonare, BPCO, carcinoma polmonare, aspergillosi broncopolmonare allergica. Infatti, la marijuana, che viene interrata per lo stagionamento, è contaminata dall’Aspergillus che è inalato quando è fumata 33. Non solo, le coltivazioni legali ed illegali presenti in Italia motivano opportune indagini allergologiche, al momento non eseguibili in Italia, ma necessarie per evidenziare soggetti atopici da marijuana.
Da qui scaturisce la necessità di agevolare il percorso di una corretta diagnosi anche nel nostro paese. Infatti, è riportata: a) rinocongiuntivite da inalazione del polline di cannabis; b) orticaria e dermatite da contatto dopo manipolazione delle piante; c) anafilassi da ingestione della cannabis. Da uno studio condotto da Armentia A et al. emerge che su 140 pazienti il 53,2% è positivo al prick test per la cannabis, il 30% al test di provocazione bronchiale, il 34,3% mostra IgE specifiche 32. Severo broncospasmo è stato registrato in asmatici 21. Poiché la cannabis è di origine vegetale, essa è in grado di sensibilizzare tanti soggetti come accade per altre piante. Gli assuntori, dunque, rappresentano una popolazione a rischio nella quale la correlazione temporale fra uso della sostanza e manifestazione clinica rappresenta un elemento anamnestico e diagnostico determinante 32. Poiché le coltivazioni legali ed illegali anche in Italia sono sempre più numerose, con la relativa impollinazione della sostanza, considerato l’aumentato uso di marijuana, scaturisce spontaneo un appello alle Istituzioni e alle Società Scientifiche sulla necessità di promuovere lo studio e la ricerca clinica riguardante una tipologia di paziente quasi sempre misconosciuto, che sicuramente amplierà gli orizzonti scientifici su questo tema, che è tutto da scoprire.
Figure e tabelle
Sede | Manifestazioni |
---|---|
Apparato riproduttivo | Mitosi anomale, alterata sintesi del DNA.Ginecomastia, riduzione quantitativa degli spermatozoi, alterazione dell’ovulazione |
Sistema immunitario | Alterazioni riguardanti: immunità cellulo-mediata, funzione dei NK, attivazione macrofagica, azione citotossica dei linfociti T |
Sistema nervoso | Manifestazioni acute: modificazioni comportamentali ed emozionali, deterioramento della performance psicomotoria, reazioni psicoticheManifestazioni croniche: deterioramento cognitivo cronico |
Apparato respiratorio | Compromissione della funzione respiratoriaPotenziale neoplastico laringeo, orofaringeo e bronchiale |
Apparato cardiovascolare | Vasodilatazione periferica, tachicardia, ipotensione posturale, sincope |
Embrione | Aborto, ridotto peso alla nascita, alterazioni congenite come idrocefalo, palatoschisi, opacizzazione della cornea |
Tosse cronica Broncospasmo Bronchiti ricorrenti Enfisema polmonare Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) Broncodilatazione acuta Potenziale cancerogeno Aspergillosi Broncopolmonare Allergica (ABPA) Granulomatosi polmonare Pneumotorace, Pneumomediastino |
Costituente | Marijuana | Tabacco |
---|---|---|
Fase particolata | ||
Particolato totale (mg/inalazione) | 1,6 | 2,4 |
Fenolo (mg) | 76,8 | 39 |
o-Cresolo (mg) | 17,9 | 24 |
Naftalene (mg) | 3.000 | 1.200 |
Benzantracene (mg) | 75 | 43 |
Benzopirene (mg) | 31 | 22 |
Nicotina (mg) | 0 | 2.850 |
delta-9-THC (mg) | 820 | 0 |
Cannabinolo (mg) | 400 | 0 |
Cannabidiolo (mg) | 190 | 0 |
Fase gassosa | ||
Monossido di carbonio (ppm/sig.) | 2.600 | 4.100 |
Ammoniaca (mg) | 228 | 198 |
Acetaldeide (mg) | 1.200 | 980 |
Acetone (mg) | 443 | 578 |
Acroleina (mg) | 92 | 85 |
Benzene (mg) | 76 | 67 |
Toluene (mg) | 112 | 108 |
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