Fibrosi polmonare idiopatica e altre interstiziopatie
Abstract
Le pneumopatie interstiziali colpiscono il polmone nella sua componente interstiziale, modificando l’architettura alveolo-capillare e compromettendo la compliance polmonare e gli scambi respiratori. La riabilitazione polmonare (RP) è indicata anche nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica (IFP) e altre interstiziopatie indipendentemente dalla loro natura e grado di severità. È in grado di ridurre la dispnea, migliorare la tolleranza all’esercizio fisico e la qualità della vita. In ogni caso è necessario adattare i programmi di RP alle peculiarità cliniche e fisiopatologiche dei pazienti con pneumopatie interstiziali, anche utilizzando strategie di specifiche allenamento e supporti avanzati per la gestione degli scambi respiratori.
Definizione
Le interstiziopatie polmonari diffuse sono un insieme eterogeneo di patologie caratterizzate dall’infiammazione dell’interstizio polmonare e, spesso, anche dalla sua sostituzione con tessuto cicatriziale. La loro insorgenza può essere acuta, subacuta o cronica e il decorso è altamente variabile: mentre alcune regrediscono, sia con l’utilizzo di farmaci sia spontaneamente, altre sono irreversibili. L’eziologia delle pneumopatie infiltrative diffuse (PID) può derivare da agenti esogeni di diversa natura (polveri organiche o inorganiche, fumo di tabacco, farmaci, etc.), da cause immunologiche, o essere idiopatica 1.
Caratteristiche anatomopatologiche, fisiopatologiche e cliniche
Nelle malattie ad evoluzione fibrosante e particolarmente nella fibrosi polmonare idiopatica (IPF) il collagene neoformato si accumula in maniera lenta, progressiva e incontrastata, modificando profondamente l’architettura alveolo-capillare; in tale modo si riduce la compliance polmonare, viene alterato il pattern respiratorio con conseguente riduzione del volume corrente e aumento della frequenza respiratoria, si alterano il rapporto ventilazione-perfusione e gli scambi gassosi che favoriscono l’insorgenza della ipertensione polmonare. Gli esami funzionali respiratori possono documentare un deficit restrittivo con riduzione dei volumi polmonari (CPT, CVF, VR), aumento dello spazio morto (VD). La DLCO è, spesso, più gravemente compromessa a causa del danno al letto vascolare polmonare e dell’eventuale concomitanza di enfisema 1. Il test del cammino di 6 minuti (6MWT) può evidenziare nelle prime fasi della malattia una importante desaturazione ossiemoglobinica che insieme alla riduzione della DLCO è un segno precoce del disturbo degli scambi gassosi, prognosticamente negativo, può anticipare l’insufficienza respiratoria cronica e contribuire alla ridotta capacità di esercizio fisico 2.
L’atrofia e la debolezza muscolare 3 sono determinanti dell’affaticamento e della ridotta capacità di esercizio fisico e possono essere influenzate da trattamenti come gli steroidi sistemici a lungo termine.
La lenta progressione del danno polmonare, che è caratteristica di gran parte delle fibrosi, è responsabile dell’esordio insidioso della patologia respiratoria, caratterizzata da astenia, tosse secca e irritativa, senza espettorazione e dispnea, tutti sintomi che possono essere trascurati perché comuni a molte altre patologie dell’apparato respiratorio.
La clinica evidenzia inoltre una lenta perdita di peso involontaria, una pesante sensazione di fatica e limitazione dell’efficienza fisica, l’ippocratismo delle dita nella metà dei casi (dita a “bacchetta di tamburo”), dolori muscolari e articolari diffusi, rantoli crepitanti teleinspiratori “a velcro” all’auscultazione.
Impatto della malattia
A causa dell’impatto dei sintomi sul benessere fisico, sociale ed emozionale i pazienti affetti da PID fibrosanti presentano una ridotta qualità della vita nei suoi diversi aspetti: funzione fisica, salute generale, vitalità, funzionamento sociale, ruolo emotivo, salute mentale. Alcuni studi longitudinali hanno dimostrato una tendenza peggiorativa nel tempo 4. Inoltre, i fattori fisiopatologici precedentemente esaminati (alterato pattern respiratorio, anomalie dello scambio di gas, limitazione ventilatoria e circolatoria, disfunzione muscolare periferica) contribuiscono in modo significativo alla riduzione della capacità di esercizio, della tolleranza allo sforzo fisico e alle attività della vita quotidiana. La distanza percorsa nel test del cammino di 6 minuti (6MWD) è un predittore indipendente del livello di tolleranza allo sforzo e alle attività della vita quotidiana in soggetti con IPF 2 e una riduzione maggiore di 50 mt nell’arco di 24 settimane è correlata a un rischio di decesso di 4,27 volte nell’anno successivo. Inoltre, i pazienti con IPF presentano una riduzione del ricondizionamento allo sforzo e alle attività della vita quotidiana di circa il 65% rispetto ai controlli, associata ad un rischio relativo di morte tre volte più elevato 5. Globalmente la sopravvivenza media del paziente affetto da fibrosi polmonare in seguito a diagnosi è di circa 3 anni 1. Gli interventi terapeutici proposti, farmacologici e non, non riescono a rallentarne l’evoluzione. Tuttavia, essi sono in grado di migliorare la qualità di vita riducendo i sintomi e limitando i deficit funzionali 6.
La patologia fibrotica può progredire in maniera lenta e progressiva o rimanere stabile per alcuni anni e poi peggiorare rapidamente. Il decondizionamento che essa provoca, inoltre, è una delle cause che conduce a insufficienza respiratoria progressiva; la presenza di comorbilità quali l’enfisema, l’ipertensione polmonare e le embolie polmonari accelerano il peggioramento clinico della malattia 7. Anche le riacutizzazioni su base infettiva possono accelerare il declino funzionale e aumentare la mortalità dei pazienti fibrotici, che, dopo tali episodi, si attesta al 40% dopo trenta giorni dall’evento acuto 8.
Aspetti modificabilicon la riabilitazione
In letteratura è presente un numero crescente di prove a supporto della riabilitazione polmonare (RP) come trattamento fondamentale per i pazienti affetti da fibrosi polmonare; questi pazienti dovrebbero essere indirizzati il più precocemente possibile a programmi di allenamento personalizzati. In uno studio del 2017, è stato dimostrato che nei pazienti affetti da PID il livello di deficit raggiunto o l’eziologia polmonare della patologia fibrotica, non influiscono sul miglioramento dei risultati ottenibili dopo la RP 9. Tra i fattori predittivi del successo della RP vengono citati un minor squilibrio nella funzione polmonare e una minore desaturazione durante il 6MWT basale, ma anche una maggiore dispnea da sforzo e una ridotta 6MWD iniziale. Il completamento del programma riabilitativo e la progressione del carico di lavoro sono correlati a un miglior outcome riabilitativo nelle PID, mentre la presenza di ipertensione polmonare e la prescrizione di ossigenoterapia a lungo termine sembrano influenzarlo negativamente 10. La RP determina miglioramenti significativi sulla tolleranza all’esercizio, sul sintomo dispnea e fatica muscolare e sulla qualità di vita. Una metanalisi condotta nel 2018 11 ha confermato un aumento significativo nel 6 minute walking distance (6MWD) nei pazienti affetti da IPF sottoposti a un programma riabilitativo nel breve periodo; una recente revisione sistematica del 2020 12 ha affermato che gli esercizi respiratori in aggiunta al programma di ricondizionamento/riallenamento sembrano avere un effetto benefico sul sintomo dispnea e sulla qualità di vita. Poiché il grado di miglioramento ottenuto rispetto agli outcome misurati è notevole, la RP dovrebbe essere una terapia di prima linea per la gestione dei pazienti sintomatici con PID di diversa natura e gravità, da lieve a moderata 8,9.
Aree di miglioramento
La fibrosi polmonare è una patologia respiratoria che necessita ancora di numerosi studi, e ciò vale anche in campo riabilitativo nel quale attualmente emergono alcune criticità, poiché non esistono linee guida specifiche che certifichino un preciso trattamento fisioterapico validato per la fibrosi polmonare. Inoltre, il paziente ristretto, in molte strutture e centri riabilitativi, viene trattato allo stesso modo di un paziente con patologie ostruttive, nonostante le due patologie siano nosologicamente e fisiopatologicamente distinte.
È possibile tuttavia adattare i programmi riabilitativi alle peculiarità cliniche e fisiopatologiche dei pazienti con pneumopatie interstiziali, implementando opportune modifiche o accorgimenti come una adeguata supplementazione di ossigeno e una stretta supervisione dei soggetti con malattia più avanzata e severa desaturazione sotto sforzo o utilizzando modalità di allenamento atte a ridurre gli effetti stressanti della dispnea come l’interval training 13.
Gli studi finora prodotti riportano una limitata qualità metodologica che presenta uno stretto legame con la natura e il tipo di intervento terapeutico in questione.
Nei pazienti con IPF gli effetti positivi della RP non sembrano riflettersi in un successivo aumento del ricondizionamento allo sforzo e delle attività della vita quotidiana 14 e tendono a esaurirsi più rapidamente rispetto ai pazienti con BPCO; in particolare, i miglioramenti di SGRQ e 6MWD non sono più evidenti a 6 mesi dal termine del programma riabilitativo 11. Sono necessari ulteriori studi per verificare l’utilità di interventi idonei a prolungare la durata dei benefici (es. programmi di mantenimento in regime ambulatoriale 14 o domiciliare 15 o attraverso teleriabilitazione) 16.
I più idonei tempi di intervento, la durata della cura, le attività specifiche di programma, la contemporanea gestione dei farmaci specifici per IPF o di presidi non farmacologici come l’ossigenoterapia ad alti flussi o la ventilazione non invasiva rappresentano variabili di selezione ancora incerte 17.
Da considerare infine anche il ruolo psicosociale rivestito dalla RP quando inserita in un programma di cure palliative a fronte dei casi di dispnea refrattaria.
Tutta questa serie di considerazioni, da tenere presente per la progettazione dei futuri studi clinici, può diventare estremamente utile per delineare con maggiore accuratezza il reale impatto della RP per i pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica e altre interstiziopatie.
Raccomandazioni La RP è praticabile anche nei pazienti con fibrosi polmonare idiopatica e altre interstiziopatie indipendentemente dalla loro natura e grado di severità. La RP ha dimostrato di produrre effetti favorevoli nella riduzione del sintomo dispnea, nel miglioramento della tolleranza all’esercizio e della qualità della vita percepita dal paziente, prevalentemente nel breve periodo. I pazienti, in seguito a diagnosi di interstiziopatia, dovrebbero essere indirizzati il più precocemente possibile a programmi di RP.
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