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Pubblicato: 2022-08-03

Navigazione broncoscopica Cone Beam-CT guidata: una nuova frontiera della Pneumologia Interventistica nell’era della medicina di precisione

UOSC Pneumologia Interventistica, AORN “Antonio Cardarelli”, Napoli
UOSC Pneumologia Interventistica, AORN “Antonio Cardarelli”, Napoli
UOC Radiologia Generale e di Pronto Soccorso, AORN “Antonio Cardarelli”, Napoli
UOSC Pneumologia Interventistica, AORN “Antonio Cardarelli”, Napoli
Cone beam CT lesioni polmonari periferiche navigazione bronchiale

Abstract

La diagnosi precoce del tumore primitivo del polmone ha un impatto significativo sulla riduzione della mortalità. La necessità di ottenere biopsie qualitativamente e quantitativamente adeguate ha portato al progressivo sviluppo di metodiche di navigazione bronchiale guidata, la cui resa diagnostica è negativamente influenzata dalla divergenza tra la posizione della lesione al momento della tomografia computerizzata preprocedurale (Computed tomography, CT) e quella al momento della broncoscopia. La Cone Beam CT (CBCT), grazie a un fascio conico di raggi X e un detettore piatto, consente di ottenere immagini tomografiche, così da garantire una più accurata localizzazione del target al momento della procedura. I ridotti tempi operativi, la minor esposizione alle radiazioni e la possibilità di segmentare la lesione, fanno della CBCT una metodica in grado di aumentare potenzialmente la resa diagnostica della broncoscopia, aprendo anche a scenari terapeutici mini-invasivi (es. ablazione delle lesioni tumorali mediante broncoscopia).

Come funziona?

La Cone Beam Comupted Tomography (CBCT) prevede l’erogazione dalla fonte di raggi X di un fascio di forma conica (cone beam) diretto verso un rilevatore bidimensionale di scintillazione a pannello piatto; un dato volume di regione anatomica può essere acquisito in una singola rotazione fonte-detettore attorno al paziente, e dal set di dati acquisito possono essere ottenute ricostruzioni di immagini tomografiche isotropiche con risoluzione sub-millimetrica 1. Al contrario, la TC tradizionale (multidetector CT, MDCT) prevede l’erogazione di un fascio di raggi X a forma di ventaglio (fan beam) verso un numero multiplo di file di detettori unidimensionali, disposte in serie lungo l’asse ‘z’, ossia l’asse longitudinale del paziente; pertanto, per acquisire un medesimo volume anatomico sono necessarie più rotazioni di fonte e detettore congiuntamente a un progressivo spostamento del lettino porta-paziente attraverso lo scanner. La CBCT utilizza un arco a C montato a soffitto (C-arm ceiling mounted) o a terra (C-arm floor mounted) che, a paziente fermo (ossia lettino fisso), genera un dataset volumetrico completo attraverso una singola rotazione di 200° congiunta di fonte e detettore 1. Il fenomeno delle ‘scattered radiations’, ossia la ‘perdita’ della risoluzione angolare nelle porzioni più esterne del fascio conico, determina una significativa riduzione della definizione dell’immagine, a causa della più ampia area di collimazione del fascio di raggi X. Tuttavia, l’utilizzo di griglie anti-dispersione e algoritmi di ricostruzione sempre più sofisticati, hanno reso, a oggi, la CBCT pressoché sovrapponibile alla MDCT in termini di risoluzione spaziale dell’immagine 2. In Pneumologia Interventistica, la CBCT si effettua al momento della broncoscopia, a paziente intubato e sedato. La ricostruzione 3D delle vie aeree con relativa localizzazione della lesione oggetto di studio viene quindi elaborata da un software dedicato, completa di broncoscopia virtuale; grazie all’acquisizione di un volume in una singola rotazione, la mappatura della lesione risulta estremamente precisa e viene quindi proiettata sull’immagine fluoroscopica e ‘fusa’ a essa (cosiddetta fluoroscopia aumentata, augmented fluoroscopy – AF). A questo punto, lo pneumologo interventista effettua la navigazione endoscopica reale, sulla scorta di quella virtuale, sino al target, avendo la conferma fluoroscopica real time che la sonda radiale (radial probe endobronchial ultrasound – r-EBUS), l’ago trans-bronchiale, la pinza bioptica, ovvero il catetere guida, si trovino all’interno della lesione; la verifica della corretta posizione viene confermata su due proiezioni ortogonali l’una all’altra 3. L’acquisizione tramite CBCT di un dato volume anatomico avviene in un arco di tempo variabile, non superiore a circa 30 secondi 2, mentre il tempo medio complessivo di esecuzione risulta di 7,9 minuti utilizzando un arco a C floor-mounted o di 4,3 minuti con un arco ceiling-mounted 4. L’algoritmo di mappatura e segmentazione del nodulo, inclusa la successiva fusione alle immagini fluoroscopiche, impiega circa 5-6 minuti perché l’elaborazione sia completata 4. La dose di esposizione alle radiazioni durante CBCT è inoltre più bassa rispetto alla MDCT, ed è quantificabile in circa 1,15 mSv 5. È importante sottolineare che lesioni visibili solo alla TC e non alla fluoroscopia standard, come quelle del tipo ground glass opacity (GGO) o cistiche, risultano visibili alla CBCT e fluoroscopia aumentata, aspetto che potrebbe influenzare positivamente la resa diagnostica del campionamento di questo tipo di lesione. La CBCT permette all’operatore di rilevare in tempo reale la presenza di atelettasie lamellari, anch’esse non visualizzabili alla fluoroscopia standard, e conseguentemente di ottimizzare la strategia ventilatoria per consentire una migliore visualizzazione del target. La segmentazione della lesione operata su immagini CBCT può consente, inoltre, di campionare selettivamente delle aree che siano note per avere una maggiore attività metabolica alla PET/CT rispetto ad altre (es. lesioni dismogeneamente colliquate) 6.

Qual è lo stato dell’arte?

Come riportato dalle linee guida dall’American College of Chest Physicians, non esiste a oggi una metodica di campionamento per la diagnostica dei noduli polmonari che sia trasversalmente valida; la scelta dovrebbe tenere conto delle caratteristiche della lesione, delle condizioni del paziente, dell’abilità dell’operatore e del rischio di complicanze intra- e post-procedurali 7. La biopsia transtoracica CT-guidata ha una sensibilità di circa il 93% nella diagnostica delle lesioni polmonari periferiche (peripheral pulmonary lesions, PPLs), benché non permetta di effettuare contestualmente il campionamento di più lesioni o lo staging dei linfonodi ilo-mediastinici, e benché sia gravata da un più elevato rischio di pneumotorace (≈ 24%) rispetto alla broncoscopia 8. Di contro, la broncoscopia ha una sensibilità diagnostica sulle PPLs che varia tra il 14 ed il 60% in vari studi 9-12. Molteplici i fattori che influenzano la resa diagnostica endoscopica nelle PPLs: lesione di diametro ≥ 3 cm (anche se tale dato non è uniformemente concorde tra i vari studi 13); localizzazione ai lobi superiore e medio; la presenza alla CT di bronchus sign (corrispondenti ai noduli di tipo I e II della classificazione di Tsuboi 14); un’adeguata sedazione del paziente, quantificabile nel punteggio -3 della scala RASS 15. Le tecniche di endoscopia bronchiale guidata sviluppatesi negli ultimi anni, quali la guida fluoroscopia, l’r-EBUS, la navigazione elettromagnetica (electromagnetic navigation bronchoscopy, ENB) e la broncoscopia robotica, sono accomunate da un limite maggiore: l’utilizzo di una CT torace pre-procedurale per la creazione di una mappa virtuale di raggiungimento della lesione; ciò implica la possibilità della cosiddetta ‘CT-to-body-divergence’, ossia un mismatch tra ricostruzione CT statica della lesione e la sua reale localizzazione anatomica al momento della procedura endoscopica. Le immagini CT sono acquisite in inspiro profondo (ossia, a volume di riserva inspiratoria), al fine di ottimizzare la visualizzazione delle piccole vie aeree, con le braccia sollevate (coste inclinate e lateralizzate), mentre durante la procedura endoscopica, la gabbia toracica è complessivamente meno espansa (respiro tidalico e braccia lungo il corpo); ne consegue che le relazioni spaziali siano influenzate dai volumi polmonari del ciclo respiratorio (più vicini alla capacità polmonare totale al momento dell’acquisizione della CT e più vicini alla capacità funzionale residua al momento della broncoscopia). Chen et al. hanno riportato come la posizione “geografica” di un nodulo periferico possa variare in media di 17,6 mm tra volume di riserva inspiratoria ed espiratoria, con un range < 6-30 mm nei lobi superiori e < 6-60 mm nei lobi inferiori 16. Questo dato in particolare, supporterebbe il fatto che la resa diagnostica della broncoscopia per i noduli dei lobi inferiori è significativamente minore (maggior effetto dell’escursione diaframmatica ai segmenti basali). Un versamento pleurico, seppur di piccolo volume, così come la presenza di secrezioni nelle diramazioni bronchiali periferiche possono contribuire significativamente alla ‘CT-to-body-divergence’. I parametri di ricostruzione delle immagini CT da cui si deriva il percorso virtuale alla lesione, possono inoltre non essere sempre ottimizzati in termini di spessore di taglio, intervallo tra tagli e kernel 17. Tra i fattori che influenzano la resa diagnostica della broncoscopia in corso di procedura, è necessario menzionare lo sviluppo di atelettasie; queste ultime possono essere provocate da un’assistenza ventilatoria sub-ottimale, con tendenza all’ipoventilazione (pertanto è preferibile erogare elevati volumi tidalici, tra 10-12 mL/kg/Ideal Body Weight, attraverso il tubo endotracheale e non attraverso la maschera laringea, per garantire una maggiore stabilità della pressione media delle vie aeree); da elevate frazioni inspirate di ossigeno; dalla curarizzazione del paziente; dal wedge del broncoscopio all’interno della via aerea (mancato ricambio di aria alveolare, ostacolo al drenaggio di sangue, coaguli, secrezioni). Le atelettasie possono causare una distorsione dell’anatomia bronchiale a valle della punta dello strumento, a volte mimando un’area di addensamento non sempre distinguibile dal target primitivo alle immagini di acquisizione r-EBUS 18. Il passaggio delle pinze bioptiche e dei cateteri guida può inoltre alterare la posizione del canale operativo dello strumento (eccessive rettilineizzazione o curvatura) e/o causare una distorsione del parenchima polmonare, specie in caso di enfisema. I dati presenti in letteratura sulla resa diagnostica della CBCT sono incoraggianti. Hohenforst-Schmidt et al. hanno riportato come la sensibilità nella diagnosi di PLC delle biopsie transbronchiali-CBCT guidate, per noduli polmonari solitari di diametro ≤ 2 cm, sia dell’82%, migliore pertanto di quella delle biopsie transbronchiali in guida fluoroscopica standard (≈50%) 19. Un piccolo studio prospettico pilota su 20 pazienti ha dimostrato come la CBCT aumenti di circa il 25% la resa diagnostica della broncoscopia effettuata con strumento sottile (OD 4 mm) o ultrasottile (OD 2,8 mm) sulle PPLs 20. La più ampia casistica a oggi pubblicata riguarda l’uso combinato della CBCT+AF+ENB per la diagnostica delle PPLs; gli autori riportano che un totale di 93 lesioni (diametro medio 16 mm) è stato campionato su 75 pazienti consecutivi, con una resa diagnostica dell’83,7% 3.

Quali sono le prospettive future?

Come riportato dal National Lung Screening Trial, in soggetti ad alto rischio di tumore primitivo del polmone (primary lung cancer, PLC), l’utilizzo della CT spirale a bassa dose di radiazioni (low-dose helical CT) riduce significativamente (≈20%) la mortalità per PLC rispetto alla radiografia del torace 21. Inoltre, nell’ambito dell’attuale scenario pandemico da SARS-CoV-2 (Coronavirus disease 19, COVID-19), la CT del torace viene ampiamente utilizzata in tutto il mondo per quantificare la severità del coinvolgimento polmonare e per il follow-up alla risoluzione dell’infezione, nonostante l’American College of Chest Radiology ne sconsigli l’utilizzo routinario 22. Pertanto, è possibile immaginare nel prossimo futuro un duplice scenario clinico: da un lato, un ritardo diagnostico di PLC in pazienti non COVID-19, dall’altro, un aumento della diagnosi incidentale di PPLs/PLC in pazienti COVID-19. La navigazione broncoscopica CBCT-guidata potrebbe quindi essere sempre più utilizzata per la sua maggiore accuratezza diagnostica (es., GGO, lesioni parzialmente colliquate) e per la riduzione dei tempi procedurali e di dose di radiazioni rispetto ad altre metodiche di navigazione, a fronte di una crescente richiesta di campionamento delle lesioni polmonari. Nonostante il trattamento gold standard del PLC resti la chirurgia, l’ablazione terapeutica fotodinamica dei noduli neoplastici potrebbe divenire un’opzione promettente e minimamente invasiva in pazienti non candidabili alla chirurgia 23: la possibilità di posizionare il catetere esattamente al centro della lesione grazie alla segmentazione della CBCT, consentirebbe infatti di diffondere omogeneamente le radiofrequenze o altra sorgente ablativa e pertanto di ‘rimuovere’ completamente la lesione, minimizzando il rischio di recidiva locale e l’insulto ai tessuti sani limitrofi.

Riferimenti bibliografici

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© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2022

Come citare

Pecoraro, A., Corcione, N., Raucci, A., & Failla, G. (2022). Navigazione broncoscopica Cone Beam-CT guidata: una nuova frontiera della Pneumologia Interventistica nell’era della medicina di precisione. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 37(2), 129-132. https://doi.org/10.36166/2531-4920-591
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