Pneumopatie infiltrative diffuse: cosa c’è di nuovo?
Abstract
Le interstiziopatie polmonari diffuse (Interstitial Lung Disease, ILD) sono un ampio gruppo di patologie che negli ultimi anni ha destato sempre maggior interesse in termini di ricerca e in ambito diagnostico-terapeutico. Lo scopo di questo articolo è sintetizzare recenti novità di alcune delle più diffuse ILD, dando uno spunto di confronto tra gli approcci diagnosticoterapeutici attualmente in atto e i possibili risvolti futuri.
Inquadramento
Le interstiziopatie polmonari diffuse (Interstitial Lung Disease, ILD) sono un ampio gruppo di patologie che negli ultimi anni ha destato sempre maggior interesse in termini di ricerca e in ambito diagnostico-terapeutico. Per questi motivi abbiamo deciso di focalizzare e sottolineare alcuni concetti assodati e dare uno sguardo al futuro prossimo.
Lo scopo di questo articolo è sintetizzare recenti novità di alcune delle più diffuse ILD, dando uno spunto di confronto tra gli approcci diagnostico-terapeutici attualmente in atto e i possibili risvolti futuri. Questo articolo vuole essere uno spunto di riflessione su una materia ricca di argomenti e in continua evoluzione, offrendo qualche indicazione pratica di approfondimento.
Contenuto
La presenza di fibrosi è una caratteristica distintiva di un gruppo di patologie polmonari progressive che include la fibrosi polmonare idiopatica (IPF), ma non è limitata a questa malattia (Fig. 1); si tratta di un meccanismo complesso di riparazione tissutale in risposta a vari insulti, che diventa patologico. La recente e più ampia interpretazione del “fenotipo progressivo fibrosante” dal punto di vista clinico e fisiopatologico ha l’intento di approcciare pazienti non IPF, che tuttavia presentano una malattia con le stesse caratteristiche di IPF in termini di comportamento clinico indipendentemente dall’identificazione di un pattern di usual interstitial pneumonia (UIP) 1. Tuttavia questi pazienti attualmente non possono beneficiare di terapia antifibrotica. I dati dello studio INBUILD 2 supportano infatti l’ipotesi che le ILD progressive fibrosanti (PF-ILD) abbiano simili meccanismi fisiopatologici, indipendentemente dalla diagnosi di base; tale gruppo ha mostrato un rallentamento della progressione in termini di declino di capacità vitale forzata (FVC) quando trattato con nintedanib, aprendo così ad una nuova ipotesi terapeutica, ancora in attesa di valutazione AIFA.
L’IPF rappresenta la patologia che più di tutte ha stimolato l’interesse della comunità scientifica negli ultimi decenni. Le ormai note molecole approvate e in uso da anni (pirfenidone e nintedanib) 3 hanno dimostrato di rallentare la progressione di malattia ma non si sono dimostrate efficaci nell’arrestarne l’evoluzione e tanto meno provocarne una regressione. Da questo deriva la necessità di nuovi approcci terapeutici. In tale ottica sono in corso di studio di fase II o III alcune molecole che hanno iniziato a presentare risultati promettenti: pentraxina 2, galectina 3 e pamrevlumab 4-6. Lo scopo è di andare ad agire a diversi livelli del processo fibrogenetico, valutando l’effetto sulla progressione di malattia misurata come declino della funzionalità respiratoria.
Infine il cortisone, che per anni ha rappresentato un’opzione terapeutica di prima scelta, è stato progressivamente relegato al trattamento delle riacutizzazioni di malattia, rappresentando più una consolidata consuetudine di utilizzo che una giustificazione eziopatogenetica.
Un altro grande capitolo è rappresentato dalle interstiziopatie secondarie a connettivopatie (CT-ILD). Si tratta di un gruppo di patologie il cui trattamento prevede la terapia della malattia di base (sia essa artrite reumatoide, dermatomiosite, sclerodermia, Sjogren, ecc.) ma, poiché l’interessamento polmonare è spesso causa di disabilità e morte in questi pazienti, risultano promettenti i dati emersi dagli studi INBUILD 2 e SCENSIS 7, che mostrano come nintedanib determini una riduzione del declino di FVC in questa popolazione. In anni recenti è poi emerso un gruppo di ILD che è stato definito come interstiziopatie con caratteristiche autoimmuni (IPAF). Si tratta di pazienti che si presentano spesso con un quadro interstiziale (UIP o nonspecific interstitial pneumoniae, NSIP), ma che contestualmente hanno una positività a un titolo anticorpale nello spettro reumatologico, non tale da determinarne una diagnosi definita. Tali pazienti rappresentano quindi uno dei maggiori campi di incertezza diagnostico-terapeutica del momento: non sono ancora universalmente accettati i criteri diagnostici (la positività di determinati anticorpi, in particolare quella degli anticorpi specifici per miositi), né il miglior approccio terapeutico (terapia immunosoppressiva, methotrexate, antifibrotici) 8.
Per quanto riguarda le polmoniti da ipersensibilità (HP) ci sono numerose novità e alcune certezze, a partire dalla strategia terapeutica che parte dalla distinzione in due forme, non fibrotica e fibrotica (in accordo alle nuove LG ATS 2020) 9. Nel primo caso, il noto approccio prevede terapia steroidea (prednisone) al dosaggio di 0,5 mg/Kg/die con lento tapering al minimo dosaggio utile, mentre gli immunomodulatori sono off label seppure saltuariamente utilizzati. Nelle forme fibrotiche progressive, dopo essersi accertarti dell’allontanamento del sospetto antigene scatenante, è possibile valutare la terapia antifibrotica. Nintedanib 2, in particolare, ha mostrato una significativa riduzione del declino annuale di FVC. L’utilizzo di tale farmaco per questa categoria di ILD è ancora off label e in fase di approvazione AIFA. Un ulteriore elemento di novità che coinvolge questo gruppo, in particolare la forma fibrosante di HP, è la possibilità di approfondire la diagnostica mediante criobiopsia 9. Questa metodica necessita di ulteriori validazioni, tuttavia è da considerare secondo recenti evidenze scientifiche come possibile metodica alternativa alla biopsia chirurgica in sospette ILD, utile al raggiungimento di una diagnosi in sede di discussione multidisciplinare 10. La sarcoidosi rappresenta ancora a tutt’oggi uno dei maggiori enigmi in ambito di patologia polmonare sia dal punto di vista eziopatogenetico che terapeutico. Il trattamento di questa patologia è indicato quando essa è sintomatica e progressiva o quando vi è un coinvolgimento di organi critici, in particolare occhi, cuore e SNC 11; sintomi apparentemente minori come la fatica sono tuttora ambito aperto di discussione per valutare il miglior momento di inizio della terapia. Gli steroidi sistemici al dosaggio di 20-40 mg/die rimangono il farmaco di prima scelta con un rischio di trattamento a medio-lungo termine in almeno la metà dei casi e rischi di effetti avversi e di scarsa qualità di vita associati a tale uso prolungato anche a basso dosaggio. Tra i principali effetti collaterali l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, l’osteopenia fino all’osteoporosi, l’aumento ponderale, l’assottigliamento cutaneo. Per tale motivo, nel trattamento cronico, una volta raggiunto il dosaggio minimo di steroide efficace, è possibile valutare una terapia di seconda linea rappresentata da farmaci risparmiatori di steroide (azatioprina, methotrexate, micofenolato mofetile) sebbene al momento non ve ne siano di approvati, sono di comune utilizzo 11. Infine esiste una terza linea di trattamento nelle forme più avanzate di sarcoidosi rappresentata dall’opzione di utilizzo di farmaci biologici, in particolare nelle forme ad interessamento neurologico (infliximab e ciclofosfamide), e terapia antifibrotica nelle forme fibrosanti di interessamento polmonare 2,12.
Implicazioni applicative
In conclusione, il tema delle ILD rappresenta un argomento di discussione e di aggiornamento continuo. Alcuni spunti dal risvolto pratico sono sintetizzati nei seguenti key messages: la discussione multidisciplinare dei casi clinici è un momento fondamentale nel percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti con ILD, elemento talvolta dirimente per casi complessi, dove anche il dato istologico non è di univoca interpretazione; la diagnostica istologica è ampliata dalla possibilità di considerare, in determinati casi e in centri di comprovata esperienza, la criobiopsia come alternativa alla diagnosi chirurgica; è necessario porre attenzione ad alterazioni interstiziali anche di minima entità (Interstitial lung abnormalities, ILA) evidenziabili in quadri HRCT, che in alcuni casi possono rappresentare stadi precoci di malattia, tuttora ambito di discussione 13; la condivisione delle informazioni, i risultati dei trial e la creazione di nuovi registri internazionali sta offrendo nuovi spunti di indagine e materiale cui attingere per la ricerca eziopatogenetica.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
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