Impatto delle patologie respiratorie croniche: gestione a lungo termine e ruolo della riabilitazione
Abstract
I dati recenti e i nuovi indicatori a nostra disposizione stanno mostrando come una popolazione progressivamente più longeva debba affrontare sempre più a lungo nel tempo gli effetti negativi e invalidanti delle patologie croniche, comprese le patologie respiratorie. Ciò viene a riflettersi in un impatto importante sulle risorse dei Servizi Sanitari Nazionali, in costi maggiori riferiti alla gestione delle nuove opzioni terapeutiche, delle ospedalizzazioni e del declino funzionale dei pazienti. In questo contesto, un intervento globale e a lungo termine, dunque non focalizzato solo sull’acuzie ma anche sul follow up sul territorio che comprenda anche la riabilitazione, potrebbe rappresentare una prima soluzione a questa problematica sempre più emergente.
Introduzione
A fronte di dati che, sempre con maggior forza, mettono in evidenza l’effetto invalidante della sintomatologia delle patologie respiratorie croniche su una popolazione che sta sempre più invecchiando e nel contempo sempre più esponendosi agli esiti della cronicità, non si può far a meno di porre l’attenzione sulla necessità della presa in carico globale di questi pazienti, dal momento dell’acuzie fino (e soprattutto) al proseguimento delle terapie al domicilio, di cui la riabilitazione rappresenta uno degli elementi cardini per intervenire sulla disabilità e il deperimento funzionale.
In questo articolo presenteremo dati recenti riferiti all’impatto delle patologie respiratorie croniche, con la disabilità definita in termini di gravità globale della malattia (DALY), anni di vita persi a causa della morte prematura rispetto all’aspettativa di vita (YLL) e anni vissuti con una disabilità che inficia la qualità di vita (YLD), numeri che portano con sé il peso crescente di una richiesta d’intervento a lungo termine che purtroppo spesso si scontra con una indisponibilità di risorse da parte del sistema sanitario.
Epidemiologia
Nel 2019 la cardiopatia ischemica è stata responsabile del 16% (8,9 milioni) dei decessi totali del mondo, classificandosi come la prima causa di morte a livello globale. L’ictus e la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) sono state la seconda e la terza causa di morte, responsabili rispettivamente di circa l’11% e il 6% dei decessi totali 1. Tra il 2005 e il 2015 i tassi di mortalità standardizzati per età sono diminuiti del 22,9% per la BPCO e del 31,3% per l’asma, mentre i decessi totali dovuti a queste cause non differiscono in modo significativo 2 (Figg. 1 e 2).
Dopo le malattie cardiocircolatorie e il cancro, le malattie respiratorie sono state la terza causa di morte in Europa, con una media di 75 morti per 100.000 abitanti nel 2016. Stando a quanto riportato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation, che esegue valutazioni per l’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS, a oggi la prima causa di morte in Europa e in Asia Centrale è il COVID-19 3. All’interno di questo gruppo di malattie, le malattie respiratorie croniche a carico delle basse vie aeree sono state la causa più comune di mortalità, seguite da altre malattie respiratorie delle basse vie e dalla polmonite. Le malattie respiratorie sono legate all’età, con la grande maggioranza dei decessi per queste malattie registrati tra le persone di 65 anni o più 4. La prevalenza media di BPCO in Europa si attesta attorno al 12,4% 5.
Nello studio di Ferrante et al. 6 la prevalenza di malattie respiratorie croniche nella popolazione adulta italiana è del 7,0%: 3,4% solo asma, 2,6% solo BPCO e 1,0% ACOS (Asthma-COPD Overlap Syndrome), cioè la sovrapposizione delle due precedenti. La prevalenza è significativamente più alta tra le persone anziane (1,85%), quelle con un basso livello di istruzione (1,38%) e quelle con difficoltà economiche (1,88%). Al contrario, la prevalenza è significativamente più bassa tra le persone che vivono nel Sud Italia (0,89%).
Secondo le stime del sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) 7 la prevalenza nella popolazione italiana della condizione di policronicità, cioè la presenza di almeno due patologie croniche, si stima essere attorno al 4%. La variabilità regionale della cronicità non descrive un chiaro gradiente geografico, perché si registrano prevalenze più elevate in alcune Regioni del meridione, come in Sardegna (24%) o in Campania (20%) ma anche tra le Regioni del Nord come in Liguria o in Friuli Venezia Giulia (20%). Analogamente accade per la policronicità.
L’impatto delle patologie respiratorie croniche
Con il miglioramento delle condizioni materiali nei Paesi sviluppati e la cosiddetta “svolta epidemiologica”, dovuti anche allo sviluppo di nuove e specifiche terapie nonché all’introduzione delle vaccinazioni di massa, il conseguente allungamento dell’aspettativa di vita ha imposto una nuova attenzione per la messa a punto di indicatori che potessero fornire informazioni non solo su grossolane misure come la mortalità, ma fossero anche in grado di descrivere la qualità della vita guadagnata con i diversi tipi d’intervento. Questi indicatori sono utili per confrontare lo stato di salute di una popolazione nel tempo e nello spazio, consentono di quantificare le disparità nelle condizioni di salute di una popolazione e valutare, con la giusta importanza, gli effetti provocati dagli eventi non mortali sullo stato di salute della popolazione, permettono di informare il dibattito sulle priorità relative alla programmazione dei servizi sanitari, di ricerca e di sviluppo e anche di migliorare la formazione professionale in campo sanitario. Diversamente dalle tradizionali misure di mortalità e morbosità consentono inoltre di comparare i benefici di interventi sanitari diversi, finendo per costituire pertanto una base razionale di valutazione costo-efficacia alle politiche sanitarie 8.
Il Disability-Adjusted Life Year o DALY (in italiano: attesa di vita corretta per disabilità) è una misura della gravità globale di una malattia, espressa come il numero di anni persi a causa della malattia, per disabilità o per morte prematura. È un indice sintetico, differenziato per età, sesso e causa, che somma gli anni di vita persi a causa della morte prematura rispetto all’aspettativa di vita (YLL - Years of Life Lost) e gli anni vissuti con una disabilità che inficia la qualità di vita (YLD - Years Lived with Disability). A loro volta lo YLL è il prodotto tra numero di morti e anni di vita persi per una determinata condizione, mentre lo YLD è il prodotto tra incidenza, durata media e gravità della malattia 9.
L’indice HALE (Healthy Life Expectancy) descrive il numero medio di anni che una persona può aspettarsi di vivere in “piena salute”. Il Socio-Demographic Index (SDI) invece è un indicatore sintetico creato per individuare le condizioni sociali ed economiche che determinano lo stato di salute in una data località 10. Infine l’Healthcare Access and Quality Index (HAQ) descrive i tassi di mortalità per cause che potrebbero essere evitate con un’assistenza medica tempestiva ed efficace (nota anche come “mortalità evitabile”) 11.
Un recentissimo studio 12 che analizza i dati del Global Burden Disease Study 2019 evidenzia come a livello mondiale il 4,1% dei DALY attribuibili a ogni causa per l’anno 2019 (2.530 milioni) riguardino le malattie respiratorie croniche (104 milioni). Di questi sono responsabili la BPCO per il 71,5% (74,4 milioni) e l’asma per il 20,7% (21,5 milioni). Per quanto concerne l’Italia il 3,7% dei DALY attribuibili a ogni causa (18,1 milioni) riguarda le patologie respiratorie croniche (669.000) e di questi ultimi il 75,5% sono dovuti alla BPCO (505.000), mentre il 15,8% all’asma (106.000).
L’apparente contraddizione tra aumento di DALY in numero assoluto e diminuzione di DALY standardizzati per età (Tab. I) può essere spiegata dal costante invecchiamento della popolazione a causa dell’aumento della vita media (Fig. 3).
Da uno studio pubblicato su Lancet nel 2017 13, emerge che i DALY causati dalla BPCO sono costituiti per più dell’80% da YLL. Al contrario, l’asma, nonostante sia altamente prevalente in tutte le fasce di età, ha una mortalità inferiore rispetto alla BPCO e di conseguenza i DALY causati sono formati per lo più da YLD (poco più del 60%).
In Italia il concetto di patient-centered primary care sta diventando sempre più strutturato e garantisce, tra le altre cose, seppur con non poche difficoltà, una discreta facilità nell’accesso alle cure sanitarie. Con un indice HAQ di 81,54, l’Italia si è classificata al nono posto a livello globale, mostrando un aumento costante dal 1990 al 2016 in linea con gli altri primi 12 Paesi 14.
A supporto di quanto detto fin qui, nell’ottica di far emergere la differenza di composizione dei DALY dovuti alle patologie respiratorie croniche tra la situazione globale (SDI 0,65) e quella italiana (SDI 0,8), si riportano nella Tabella II i dati riguardanti prevalenza, incidenza, numero di morti, DALY, YLL e YLD (non standardizzati per età) stimati nel 2019.
Costi associati
La valutazione del peso economico delle malattie croniche rappresenta un punto di interesse costante nell’agenda dei responsabili dei Servizi Sanitari Nazionali, che si trovano ad affrontare una necessità sempre crescente di conciliare le limitate risorse economiche disponibili con l’invecchiamento della popolazione e la costante aggiunta di nuove opzioni terapeutiche. La crisi economica e il definanziamento della sanità pubblica 15 hanno peggiorato il contesto.
Nel 2011 la stima del problema economico costituito dalla BPCO e dall’asma, sia diretto (sistema sanitario) che indiretto (mancata produzione), ammontava a circa 82 miliardi ai quali si somma il valore monetizzato dei DALY che raggiunge circa 131 miliardi arrivando ad un costo totale di circa 213 miliardi di euro. Il costo medio annuale per caso è stimato essere di 6.147€ per la BPCO e 7.443€ per l’asma, inferiori agli 86.217€ della tubercolosi e i 364.213€ del cancro al polmone 16.
Una delle prime valutazioni in Italia del costo della BPCO è stata nel 2002 attraverso uno studio multicentrico condotto nel Triveneto (Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia), area geografica che corrispondeva a 5,5 milioni di abitanti. Il costo medio per paziente all’anno è stato di 1.801€ (range 1.500-3.912€) e dipendeva dalla gravità della BPCO e dalla presenza di comorbilità 17.
Nel 2008, lo studio SIRIO 18 ha fornito la prima stima del peso economico delle malattie respiratorie (asma e BPCO) in Italia e nel 2015 è stato pubblicato l’aggiornamento 19: i costi diretti hanno rappresentato l’89,1% dei costi totali. Il costo medio annuo totale per paziente è stato di 3.291€, 20,8% più alto di quello stimato nel 2008 (2.724€) in una coorte di pazienti simile (in termini di età, distribuzione del sesso e gravità della malattia). I costi di ospedalizzazione (1.970€) corrispondevano al 60% del totale e al 67% dei costi diretti, così come confermato dallo studio di Blasi et al. 20. Il costo totale della BPCO ha rappresentato 0,8 punti del PIL nazionale nel 2015.
Anche se in misura minore rispetto al 2002 e al 2008, i risultati dello studio condotto nel 2015 hanno confermato ancora una volta che il costo della BPCO è in sostanziale aumento, e che in Italia esiste una chiara tendenza a gestire la BPCO in ambito ospedaliero, indipendentemente dalla sua gravità intrinseca 21.
Il dato incoraggiante osservato da Dal Negro et al. 19 riguarda la diminuzione significativa dei costi diretti e indiretti del 17,7% (corrispondenti in media a 584€ per paziente) nei soggetti che sono stati seguiti presso un centro specializzato per la cura delle patologie respiratorie che pone le basi dell’approccio terapeutico su evidenze scientifiche.
I tre fattori più importanti che determinano i costi economici e sociali della BPCO sono la gravità della malattia, le frequenti esacerbazioni e la presenza di comorbilità, che sono molto comuni nei pazienti BPCO (30-57%) 22. A tal proposito un recentissimo studio riguardante la ULSS 6 Euganea (Padova, Veneto) 23 ha evidenziato come l’utilizzo di risorse di ogni tipo e riguardanti ogni livello assistenziale è fortemente correlato con il numero di comorbilità. Da questo aspetto sono influenzati di conseguenza anche i costi che in media si attestano sui 4.261€ annui per paziente, ma che oscillano dai 1.159€ per chi non ha comorbilità ai 9.667€ per le persone che presentano 6 o più patologie coesistenti oltre a quella respiratoria per cui sono stati presi in esame.
Il problema della sottodiagnosi
Abbattere l’elevato tasso di sottodiagnosi della BPCO rappresenta una delle principali sfide dei moderni servizi sanitari. In uno studio spagnolo 24 il 74,7% degli individui con ostruzione non reversibile del flusso aereo compatibile con la BPCO non aveva ricevuto alcuna diagnosi prima della partecipazione allo studio. Questo dato è estremamente importante perché la diagnosi e la categorizzazione dei pazienti sono spesso sbagliate quando non viene utilizzata la spirometria come esame principale 25. Il ritardo di diagnosi che ne scaturisce può compromettere l’andamento della malattia, velocizzare la comparsa di disabilità e limitazione funzionale e, di conseguenza, inficiare negativamente i parametri indicativi che quantificano l’impatto di una determinata condizione patologica sulla popolazione.
Tra le iniziative da poter promuovere per facilitare la corretta diagnosi di BPCO specialmente a livello territoriale sicuramente c’è la promozione dell’uso della spirometria. A questo proposito, un programma di formazione basato su workshop teorici e pratici e follow-up supervisionati delle spirometrie ha migliorato significativamente la capacità dei medici di medicina generale di eseguire e interpretare i test spirometrici 26. Il gruppo di lavoro della European Respiratory Society Harmonising Education in Respiratory Medicine for European Specialists (HERMES) ha proposto l’ambizioso compito di preparare un processo di accreditamento per la spirometria creando la cosiddetta European Spirometry Driving Licence 27. Questo processo di accreditamento definisce attività e documenti uniformi da utilizzare come criteri misurabili per le istituzioni che formano professionisti della salute in esecuzione e interpretazione della spirometria.
La riabilitazione nelle patologie respiratorie croniche
Nel 2019 a livello globale, sono stati 2,41 miliardi (+63% rispetto ai 1,48 miliardi del 1990) gli individui che durante il corso della malattia avrebbero beneficiato di servizi di riabilitazione (310 milioni di YLD). I tassi di prevalenza standardizzati per età e i tassi di YLD hanno mostrato modesti cali rispetto al 1990, indicando che il grande aumento dei casi è dovuto alla crescita e all’invecchiamento della popolazione. Milioni di persone soffrono a causa di una condizione di salute che, in un ambiente sfavorevole, diventa disabilità. Usare un linguaggio comune e cercare di affrontare i problemi della salute e della disabilità in maniera multidisciplinare può essere un primo passo per cercare di diminuire gli YLD 28.
Un aspetto importante di prevenzione e contenimento del declino funzionale che si associa alle patologie croniche è rappresentato dall’adozione di corretti stili di vita che prevedano l’abbandono dell’abitudine tabagica, adeguati regimi dietetico-alimentari e una regolare attività fisica. Quest’ultima in particolare, se molto ridotta, è predittiva di una prognosi sfavorevole 29,30, di una ridotta qualità di vita e di un maggior rischio di ospedalizzazione 31,32 e mortalità 33, ma come riportano le evidenze, di norma, i pazienti BPCO sono nettamente meno attivi rispetto ai loro coetanei in buona salute 34.
Contrariamente a ciò che ci si può aspettare, aumentare la capacità di esercizio dei pazienti con BPCO mediante programmi specifici di ricondizionamento allo sforzo di breve durata non si traduce in un aumento della quantità di attività fisica giornaliera e cambiamenti nello stile di vita 35-37. Risultati opposti si sono ottenuti invece proponendo interventi di vario tipo ma a lungo termine 38,39.
Lo studio di Robinson e collaboratori pone in risalto la questione inerente gli ostacoli verso lo svolgimento di attività fisica di persone con BPCO e le possibili soluzioni per facilitarne l’esecuzione e giunge alla seguente conclusione: se da una parte la scarsa possibilità di interfacciarsi con i sanitari, l’ansia 40, la paura 41 e la dispnea da sforzo 42, possono portare a una progressiva riduzione dell’attività fisica, dall’altra la percezione di un supporto e monitoraggio continuo, l’interazione tra pazienti e l’aumento della consapevolezza della necessità di gestire al meglio la propria malattia, possono favorirla 43.
Differentemente dalla prevenzione primaria e secondaria, sembra ancora mancare una consapevolezza diffusa e condivisa su missione e funzione del monitoraggio continuo di aderenza alle terapie e della continuità assistenziale, destinate ad avere una rilevanza sempre maggiore nel futuro anche prossimo in ragione dei fenomeni di transizione demografica in atto. L’invecchiamento della popolazione, infatti, incide sui bisogni sanitari perché il quadro epidemiologico conseguente vede il prevalere delle patologie cronico-degenerative (oltre alle malattie legate direttamente all’invecchiamento e alle condizioni socio-economiche) che se non adeguatamente prese in carico possono esitare in stati più o meno gravi di disabilità. Questa domanda legata all’invecchiamento della popolazione e alla cronicità (che già si è formata e, sempre più, si formerà, con il passare del tempo) può essere differentemente letta sia in termini di sostenibilità, che di impatto economico, che di possibilità di risposta 44.
Conclusione
In un mondo che invecchia è doveroso porre l’attenzione sulle disabilità e sul concetto di funzione e cioè quell’insieme di attività dei vari sistemi e strutture corporee, osservate però in un contesto che non astrae il corpo dall’ambiente, ma al contrario ne valorizza l’esistenza tenendo in considerazione le attività e la partecipazione come aspetti fondamentali del funzionamento individuale e sociale. Il funzionamento e la disabilità di una persona sono concepiti come un’interazione dinamica tra le condizioni di salute (malattie, disturbi, lesioni, traumi, etc.) e i fattori contestuali sia personali che ambientali. Il recupero della funzione è l’obiettivo finale della riabilitazione, e in quanto tale dovrebbe far crescere la consapevolezza dell’importanza di questi interventi tenendo soprattutto conto che la funzione è considerata il terzo indicatore di salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme alla mortalità e alla morbilità 45.
Figure e tabelle
Causa | DALY | DALY per 100.000 (standardizzati per età) | |||||
---|---|---|---|---|---|---|---|
1990 | 2010 | 2019 | 1990 | 2010 | 2019 | ||
Globale | PRC | 85.700.000 | 93.600.000 | 104.000.000 | 2.110 | 1.470 | 1.290 |
BPCO | 59.200.000 | 66.700.000 | 74.400.000 | 1.540 | 1.070 | 926 | |
Asma | 22.300.000 | 20.400.000 | 21.500.000 | 476 | 304 | 274 | |
Italia | PRC | 677.000 | 631.000 | 669.000 | 819 | 574 | 539 |
BPCO | 428.000 | 460.000 | 505.000 | 482 | 348 | 325 | |
Asma | 185.000 | 113.000 | 106.000 | 260 | 172 | 164 |
Causa | Prevalenza | Incidenza | Morti | DALY | YLL | YLD | |||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Totali | DALY % | Totali | DALY % | ||||||
Globale | PRC | 454.557.400 | 77.625.300 | 3.972.410 | 104.000.000 | 71.107.000 | 68 | 32.893.000 | 32 |
BPCO | 212.336.000 | 16.214.800 | 3.280.042 | 74.400.000 | 54.599.200 | 73 | 19.800.800 | 27 | |
Asma | 262.405.200 | 36.979.300 | 460.890 | 21.500.000 | 11.360.400 | 53 | 10.139.600 | 47 | |
Italia | PRC | 5.497.400 | 515.300 | 28.849 | 669.000 | 368.900 | 55 | 300.100 | 45 |
BPCO | 3.253.100 | 258.700 | 25.711 | 505.000 | 319.900 | 63 | 185.100 | 37 | |
Asma | 2.561.100 | 20.100 | 490 | 106.000 | 7.900 | 7 | 98.100 | 93 |
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