La genesi dell’orrore. Nascita e ideologia dell’Eugenetica e delle sue conseguenze - Prima parte
Abstract
Un saggio dedicato all’origine dell’applicazione pratica delle teorie derivate dall’Eugenetica nel regime nazista. Questa vicenda deve essere conosciuta nei suoi dettagli per meglio comprendere i pericoli che rimangono presenti nella Scienza moderna, la quale tende a seguire in modo acritico il metodo sperimentale senza una riflessione etica indispensabile sulle conseguenze delle proprie ricerche. Gli orrori provocati dalla sperimentazione medica dei nazisti rimangono come testimonianza efficace a non dimenticare questi pericoli e segnano la necessità di migliorare la preparazione dei medici anche da un punto di vista bioetico e filosofico.
Articolo
Tiergarten è un quartiere di Berlino che si trova a Ovest del centro cittadino, un quartiere nei pressi del grande e famoso giardino zoologico della capitale tedesca dove negli Anni Trenta del secolo XX era situato il Gemeinnützige Stiftung für Heil und Anstaltspflege, che potrebbe essere definito come il Ministero della Salute dell’epoca nazista. Questo Ministero si trovava al n. 4 di Tiergartenstrasse e appunto con il nome di Programma T4, derivato dalla sede di questo ente pubblico, che era in realtà un sottosegretariato alle dipendenze del Ministero degli Interni, fu indicato un programma di eutanasia attiva che ebbe inizio in gran segreto alla fine del 1938 1. In realtà in questo caso appare difficile utilizzare il termine Eutanasia, con il quale si dovrebbe definire semmai un intervento legato alle condizioni dei malati terminali affetti da condizioni di salute troppo compromesse. Pazienti ormai inguaribili, legati in modo indissolubile a situazioni che provocano loro dolore insanabile, una frustrazione e la perdita dell’autosufficienza. Nel caso degli interventi di brutale eugenetica messi in atto dai Nazisti si trattò invece di veri e propri omicidi condotti a carico dapprima di adulti affetti da malattie mentali e da alterazioni fisiche gravi, per estendersi poi alla soppressione attiva di centinaia di bambini, sia malati, che semplicemente facenti parti di una componente della società tedesca, come gli Ebrei, da destinare all’annichilimento. Si fa tradizionalmente partire l’intervento di soppressione dei gravi malformati e dei malati inguaribili da una lettera di un padre della città di Lipsia che venne indirizzata ad Adolf Hitler in persona nell’estate del 1939. In questa missiva, la quale venne come tutte filtrata dalla cancelleria privata del dittatore, un genitore chiedeva di porre fine alla vita del figlio adolescente affetto da gravi malformazioni fisiche e da un grave deficit psichico. Hitler fu colpito da questa supplica e immaginò forse in quel contesto di iniziare un programma ampio di “purificazione” della società tedesca attraverso l’eliminazione dei soggetti considerati inabili a vivere una vita socialmente utile. Il Führer non era nuovo a questi propositi che accarezzava da tempo e a cui aveva accennato in molti discorsi pubblici. La sua formazione giovanile, segnata da un tentativo frustrato di entrare come allievo all’Accademia di Belle Arti di Vienna, aveva comunque predisposto l’animo del giovane Hitler all’ammirazione per la perfezione e la potenza rappresentativa della statuaria classica e della pittura simbolista. Uno dei suoi quadri preferiti era infatti l’angoscioso e un po’ lugubre “L’isola dei morti” del pittore svizzero Arnold Böcklin (1827-1901) di cui entrò in possesso di una delle versioni realizzate dallo stesso autore e da cui non si separava mai. Hitler aveva una predisposizione naturale e scolastica per il disegno tecnico e molti suoi acquarelli del periodo giovanile sono infatti rappresentazioni minuziose di facciate di palazzi di Vienna e di Monaco di Baviera. Una costante ideologica della visione artistica di Hitler era costituita dal suo disprezzo per la così detta Arte degenerata, intendendo con questa definizione una rappresentazione pittorica e scultorea che si allontanasse nella purezza del contorno e dell’ornato dalla realtà. Una realtà che doveva invece essere enfatizzata e resa più che reale dalla mano dell’artista, la quale doveva tendere alla perfetta illustrazione delle virtù antropologiche e culturali del popolo tedesco e quindi alla enfatizzazione delle capacità della presunta Razza Ariana.
Il momento di maggior rilievo in questa campagna di imposizione di diversi e nuovi canoni di natura estetica, oltre che sociali, si verificò nell’anno 1937 a Monaco di Baviera. Venne organizzata una mostra dedicata alla Entartete Kunst, cioè all’Arte degenerata. Lo scopo della mostra consisteva in una missione educativa di illustrazione al popolo tedesco quali forme e quali autori e opere dovessero essere messi al bando. Si affermò come vi fossero manifestazioni di un’arte da proscrivere che non poteva essere accettata come emanazione di una razza superiore, quella ariana. Un’arte degenerata di questo tipo avrebbe potuto essere sostenuta soltanto dagli Ebrei e dai loro infimi referenti politici, i Bolscevichi comunisti. Gli artisti più rappresentativi delle diverse correnti stilistiche moderne vennero dichiarati malati e messi al bando. I nomi più rappresentativi presenti nella mostra di Monaco, che ebbe però oltre un milione di visitatori, erano quelli Otto Dix, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Emil Nolde, Edward Munch e molti altri. Di questi artisti, forse il più esecrato dal regime nazista fu Pablo Picasso per i suoi quadri cubisti e ispirati all’arte africana. Si trattava di una pratica legata a una razza inferiore e che per giunta osava infrangere gli stilemi dell’armonia e della proporzione classica. Anni dopo e negli scritti di Julius Rosemberg, il teorico del Nazionalsocialismo, ritroveremo il culto della perfezione del corpo come avveniva nell’antica Sparta. I Dori che avevano fondato la città guerriera della Laconia erano infatti considerati da Rosemberg dei precursori e dei campioni della razza ariana da imitare 2,3. Le immagini del film “Il Trionfo della volontà”, girato dalla regista Leni Riefenstahl nel 1934 nel contesto del grande raduno di Norimberga di quell’anno, illustrano con dovizia di particolari la perfezione dei corpi dei militanti nazisti e tedeschi che popolano quei fotogrammi. Anche i resoconti dei discorsi pubblici di Hitler sono pervasi dal ricorso a metafore di tipo medico e biologico. Quando il dittatore si scagliava contro gli Ebrei utilizzava spesso dei termini medici, accusandoli di essere dei bacilli, dei parassiti oppure una vera e propria malattia sociale. L’ideologia nazista adottò con favore questa terminologia di facile comprensione per le grandi masse. Si costruì lentamente l’immagine completamente artificiale del Corpo del Popolo Tedesco (Volkskörper) che era minacciato anche in senso biologico da molteplici fattori, come i nati malformati, i malati inguaribili e naturalmente gli Ebrei, cui doveva essere proibito mescolare il proprio patrimonio ereditario con la razza ariana, la quale doveva invece conservare la propria purezza genetica e semmai accentuarla. Alcuni gerarchi nazisti interpretarono la vittoria del Nazionalsocialismo come un vero e proprio processo di natura biologica, un’operazione di igiene pubblica che doveva essere inarrestabile. Le Leggi di Norimberga del settembre 1935 resero illegali i matrimoni e i rapporti extraconiugali tra ariani ed ebrei e costituirono la base giuridica su cui condurre ulteriori operazioni in difesa della razza germanica, tra cui un’indagine prematrimoniale che escludesse il più possibile ogni contaminazione genetica tra i giudei e gli ariani 2,4.
Con una lettera su carta intestata recante il semplice nome di Adolf Hitler e il simbolo dell’aquila nazista e che venne indirizzata a Philipp Bouhler (1899-1945), un alto funzionario di partito e generale delle SS, capo della cancelleria privata del Führer e al dottor Karl Brandt (1904-1948), il suo medico di fiducia e accompagnatore personale, Hitler nel settembre del 1939 ordinò di istituire e di organizzare un procedimento attivo di eliminazione degli adulti e di giovani esseri umani portatori di disabilità mentali e fisiche. La breve lettera che il Führer scrisse sotto l’impressione della supplica di Lipsia fu dettata nell’ottobre del 1939 e retrodata al giorno primo settembre, il quale segnò l’inizio dell’invasione della Polonia e della Seconda Guerra Mondiale. La direttiva, un ordine che non ammetteva repliche e che si è salvata incredibilmente dalle distruzioni del conflitto mondiale, si commenta apparentemente da sola nella propria semplicità, ma contiene in realtà dei meta messaggi più complessi:
Chi erano i destinatari di tale missiva riservata, ma scritta su carta intestata personale del dittatore, quindi di fatto un ordine di servizio ineludibile vero e proprio cui non era possibile sottrarsi pena un’accusa di tradimento?
Karl Brandt (1904-1948) era un medico alsaziano, brillante negli studi e dall’intelligenza vivace. Alto e di aspetto gradevole, proveniva da una famiglia di medici ed era diventato un giovane chirurgo di sicuro avvenire quando entrò nel Partito Nazista nel 1932 e poi nelle SS, di cui salì rapidamente i gradini della scala gerarchica grazie al suo rapporto personale di fiducia con Hitler di cui divenne, insieme all’architetto Albert Speer, uno dei pochi e sinceri amici. Brandt nella sua giovinezza aveva subito l’influenza di due figure di medici di elevato profilo morale. Il primo fu Albert Schweitzer (1875-1965), alsaziano come lui ma dalle evidenti diversità caratteriali e finalità etiche. La scelta del medico e missionario Schweitzer di trasferirsi in un territorio africano di sovranità francese, oltre che le diversità ideologiche, impedirono a Brandt di seguirlo, perché la rivendicazione di essere ricompresi nella nazione germanica e sottrarsi al dominio francese sull’Alsazia era per lui prevalente su ogni altro obiettivo. Per seguire Schweitzer il giovane Karl Brandt avrebbe dovuto prendere la cittadinanza francese e sottoporsi al servizio militare tra le fila delle truppe che avevano occupato la sua regione d’origine dopo la sconfitta del 1918. Questa scelta era per lui improponibile. La seconda personalità della medicina che influenzò la carriera e la preparazione professionale di Brandt fu Ferdinand Sauerbruch (1875-1951), uno dei più brillanti e innovativi chirurghi europei del suo tempo. Sauerbruch era celebre per l’assoluta onestà intellettuale e il disinteresse professionale, oltre che per la genialità delle innovazioni da lui introdotte nella tecnica chirurgica, una caratteristica che gli permise di attraversare indenne gli anni delle due Guerre Mondiali 4,5.
La personalità di Brandt era controversa, legata a un facile entusiasmo per delle figure autorevoli e dalle decisioni nette e radicali. Si può immaginare che la conoscenza e la frequentazione ravvicinata con Hitler abbiano promosso un sentimento di sudditanza e di ammirata acquiescenza. Numerose testimonianze sul carattere del giovane Brandt lo descrivono come un uomo dalla forte tensione morale e animato da principi di sincera filantropia. Lui stesso, anche dopo la cattura da parte degli Alleati e durante il processo di Norimberga ai medici che si erano compromessi con il Nazismo, rivendicò sempre di aver agito secondo i dettami della propria coscienza. È stato sostenuto che l‘adesione di Brandt al Nazismo facesse parte di un desiderio di rivendicare il ritorno dell’Alsazia sotto la patria tedesca dopo la perdita a favore della Francia legata alla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale. Esistono tuttavia alcuni fotogrammi a colori significativi tratti da uno dei film amatoriali girati dall’amante di Hitler, Eva Braun, nella residenza preferita dal dittatore, il rifugio montano del Berghof. Il filmato in 16 mm risale probabilmente all’estate del 1940 con la Germania trionfate su ogni campo di battaglia dell’Europa e le immagini che riguardano Brandt lo mostrano intento a osservare da vicino e con una manifesta deferenza un Hitler sorridente. Il fatto che Brandt mostrasse verso il Führer una sudditanza psicologica evidente e una totale obbedienza viene confermato da una sua dichiarazione avvenuta dopo l’arresto alla fine della guerra:
Che l’ordine contenuto nella lettera di Hitler del 1939 fosse di natura ancora più vincolante di una semplice legge dello stato lo affermò lo stesso Brandt in una dichiarazione davanti al Tribunale di Norimberga sette anni dopo:
Le parole del medico Brandt sono significative. La fedeltà al dittatore lo obbligava a eseguire l’ordine ricevuto ma allo stesso tempo, in quanto medico, egli era legato alla legge della natura che era la legge della ragione ed era in nome di questa che aveva agito sovvertendo il Giuramento di Ippocrate che imponeva di rifiutare sempre e comunque l’eutanasia. In questo Brandt risultò un prodotto perfetto dell’ideologia sociale e della sperimentazione scientifica moderna codificata al finire dell’Illuminismo tra il XIX e il XX secolo. Una serie di precetti e credenze ineludibili capaci di approvare ogni tipo di protocollo di indagine per presunte ragioni superiori e per superiori si intendevano quelle dello Stato, dell’Autorità e della Collettività. In un certo senso Brandt era una conseguenza di quella Scienza amorale nata dalla Filosofia utilitaristica anglosassone tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo che aveva visto tra i suoi massimi esponenti Jeremy Bentham (1748-1832). Il filosofo inglese aveva immaginato un mondo in cui le istanze di felicità dei singoli fossero subordinate alla capacità dello Stato di assicurare un’equa suddivisione delle opportunità purché non si alterasse l’equilibrio conferito dall’obbedienza alle leggi. Dall’eredità di Bentham era nata la visione moderna del carcere inteso come un luogo di sorveglianza e di correzione e sempre da questa intuizione, al carcere di tipo educativo si era affiancata l’altra grande istituzione moderna, l’ospedale. Quest’ultimo era un luogo di segregazione momentanea in cui l’individuo rinunciava momentaneamente alle proprie libertà e ai propri diritti per potere ottenere un bene superiore, vale a dire la guarigione dalle malattie 6.
Nella prima metà del XIX secolo un altro filosofo inglese, John Stuart Mill (1806-1873), cercò di rendere più chiaro ed efficiente il processo conoscitivo di tipo scientifico e lo fece ponendo in risalto il metodo induttivo. Questa forma di ragionamento conoscitivo è ancora oggi la più utilizzata negli ambiti di ricerca delle scienze sperimentali, ivi compresa la medicina. L’induzione si può definire come un’operazione logica consistente nello scoprire e provare l’attendibilità di proposizioni scientifiche teoriche attraverso una costruzione sequenziale del pensiero. Questo metodo di lavoro costituisce la base della conoscenza scientifica moderna. Per Stuart Mill il processo induttivo aveva la capacità di ragionare su forme sempre diverse di conoscenza intorno a ogni problema. Mill credeva sinceramente che il processo induttivo fosse capace di ogni dimostrazione relativa agli eventi naturali. Le sue parole a riguardo suonano ancora oggi come profetiche e costitutive di un intero e rassicurante mondo di valori e di sapienze condivise in ambito scientifico:
Il ragionamento di Mill, che potrebbe apparire di primo acchito condivisibile, conteneva tuttavia al suo interno due errori. Il primo di questi era costituito dall’affermazione che una sequenza causale di eventi fosse necessariamente sicura e affidabile. Questa ipotesi avrebbe potuto essere vera per fenomeni simili ma diventava difficile da mantenere affidabile nel caso degli eventi naturali. In medicina le relazioni tra le cause e i loro effetti non derivano soltanto dall’interazione di due fenomeni ma da una pluralità di fattori. Consideriamo ad esempio lo svolgersi di una sequenza complessa di reazioni biochimiche, come quella che si produce nel Ciclo di Krebs o Ciclo degli Acidi Tricarbossilici della respirazione cellulare. Lo svolgersi di ogni tappa di questo processo biochimico non sarà lo stesso in ogni caso ma dipenderà dalla presenza di un certo numero di fattori non sempre prevedibili e controllabili nelle loro interazioni, come la temperatura, la quantità di substrato disponibile per le reazioni chimiche, l’equilibrio tra gli altri composti biochimici, ecc.
La seconda critica al pensiero di Stuart Mill si poteva costruire sulla sua definizione di un concetto di casualità, secondo il quale a una causa A conseguirebbe l’effetto B. Facendo valere per ogni cosa una conoscenza strettamente empirica, secondo l’argomentazione di Mill si dovrebbe concludere che una Legge di casualità generale si regga su di un processo induttivo. Invece tutti gli argomenti di tipo induttivo che potrebbero spiegare una legge causale che fosse a loro legata finirebbero per mostrare un punto di arrivo legato a delle conclusioni autoreferenziali. Sarebbero inficiati da una caratteristica di tautologia e produrrebbero un sapere che si manifesterebbe come tale per il semplice fatto di mettere in mostra dei risultati parziali e legati comunque alla sequenza tra causa ed effetto. Mill tentò di uscire da questo circolo logico di tipo vizioso attraverso l’evocazione del Concetto di verità necessaria perché sostenuta dall’esperienza. Purtroppo nessuna verità, nemmeno se fosse risultata la più chiara ed evidente, avrebbe potuto escludere in assoluto che le cose avrebbero potuto manifestarsi ed evolvere in modo differente in diversi contesti, oppure in casi di imprevedibile variazione di alcune condizioni.
La storia delle scoperte scientifiche era attraversata da questi episodi. Sarebbe come se si affermasse nel campo della biochimica che non vi sia che un solo modo di metabolizzare il glucosio dal momento che questo era stato verificato attraverso la sperimentazione di una sequenza conosciuta di tappe metaboliche. Invece sappiamo che al contrario e in condizioni diverse del milieu biochimico dell’organismo, come si verifica nei tessuti tumorali o nel diabete, le cose potrebbero andare in modo differente 8.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
- Lifton RJ. La psicologia del genocidio. Rizzoli: Milano; 2003.
- Mosse GL. Le origini culturali del Terzo Reich. Il Saggiatore: Milano; 2015.
- Spotts F. Hitler e il potere dell’estetica. Johan & Levi Editore: Monza; 2012.
- Ernst E. Commentary: The Third Reich – German physicians between resistance and participation. Int J Epidemiol. 2001; 30:37-42.
- Schmidt U, Brandt K. The Nazi doctor: medicine and power in the Third Reich. Bloomsbury USA Academic: London - New York; 2007.
- Bentham J. Introduzione ai principi della morale e della legislazione. UTET: Torino; 1998.
- Mill JS. A system of logic, ratiocinative and inductive (Un sistema di logica raziocinativa e induttiva). Ubaldini Ed: Roma; 1968.
- Perozziello FE. Storia del Pensiero Medico. III e IV volume. Mattioli: Fidenza (Parma); 1885.
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