Microbiota e risposta infiammatoria nella broncopneumopatia cronica ostruttiva
Abstract
Nei pazienti con BPCO, le infezioni batteriche e virali rivestono un ruolo rilevante nel peggioramento della funzione polmonare favorendo la progressione della malattia. La risposta infiammatoria contro le infezioni batteriche e virali delle basse vie aeree può essere un indicatore specifico di progressione di malattia. Il controllo della risposta infiammatoria polmonare, in patologie croniche come la BPCO, potrebbe ridurre il rischio di declino della funzione polmonare. Scopo del nostro lavoro è la revisione dei dati sull’interazione tra il microbiota e l’ospite e sulla alterazione della risposta immunitaria nella BPCO stabile ed esacerbata. Saranno esaminate le vie molecolari prevalenti in queste diverse condizioni cliniche. Sarà discusso anche il ruolo dei macrofagi, dell’autofagia e della NETosi nel contesto delle infezioni polmonari in pazienti affetti da BPCO.
Introduzione
L’apparato respiratorio umano di soggetti sani è popolato da diverse specie di batteri e virus che hanno, nella maggior parte dei casi, una relazione simbiotica con l’ospite. Pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) hanno un microbiota delle vie aeree diverso rispetto ai soggetti sani e mostrano maggiore infiammazione bronchiale che determina progressione di malattia 1,2.
Il microbiota, in pazienti con BPCO, varia la sua composizione durante le riacutizzazioni e si modifica con l’avanzare della malattia. Alterazioni nelle cellule del sistema immunitario in pazienti BPCO possono determinare una differente patogenicità di virus e batteri 3. La loro interazione con il sistema respiratorio dei pazienti BPCO è una delle maggiori cause di esacerbazione e potrebbe aumentarne l’infiammazione bronchiale 4.
La colonizzazione/infezione di microorganismi nelle vie aeree, associata a stress ossidativo e a processi infiammatori, causa il peggioramento progressivo dei flussi delle vie aeree e delle manifestazioni di malattia 5.
In questa review discuteremo dei dati sull’interazione tra il microbioma e l’ospite e sull’alterazione della risposta immunitaria nella BPCO stabile e durante esacerbazione.
Batteri e virus in BPCO
Batteri in BPCO stabile
L’utilizzo di metodi non colturali, come la reazione a catena quantitativa della polimerasi (qPCR), ha evidenziato come i polmoni di individui sani siano colonizzati da popolazioni di batteri 6 differenti rispetto ai broncopatici cronici 7.
Le specie isolate nelle basse vie aeree di pazienti BPCO sono prevalentemente Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Moraxella catarrhalis e, nei più gravi, Pseudomonas aeruginosa 8,9.
È stata riportata una correlazione positiva tra il carico batterico nelle vie aeree e l’infiammazione bronchiale 10. Il numero di M. catarrhalis, H. influenzae, S. pneumoniae risulta correlato al grado di infiammazione bronchiale 11. Barker et al. hanno dimostrato che la presenza di batteri nelle vie aeree di pazienti BPCO stabili, correla positivamente con IL-1b, IL-10 and Tumor Necrosis Factor alpha (TNF-α) e negativamente con CCL13 12. Batteri come Haemophilus e Moraxella possono stimolare 3-5 volte in più la secrezione di IL-10, IL-12p70 e IL-23 in cellule dendritiche rispetto ad altri batteri commensali gram positivi come gli Actinomiceti 13. Specie di Prevotella riescono a ridurre del 50% la secrezione di IL-12p70 indotta da Haemophilus in cellule dendritiche 13. Alcuni gram negativi e i loro lipopolisaccaridi inducono la produzione di specifiche citochine che stimolano componenti del sistema immunitario innato e la risposta infiammatoria mediata dai Toll-like receptor 4 (TLR4) 13.
Erb-Downward et al. hanno evidenziato in campioni ottenuti da lavaggio broncoalveolare di pazienti affetti da BPCO una riduzione della varietà del microbiota rispetto a individui sani 14. La riduzione della varietà batterica è stata osservata nell’espettorato di pazienti BPCO stabili con una malattia più grave. Si è ipotizzato quindi che, con il progredire della malattia, vi sia una sostituzione della normale flora con specie batteriche normalmente poco rappresentate in pazienti con malattia meno severa 15. Questa alterazione del microbiota potrebbe indurre ulteriore infiammazione polmonare e peggiorare la malattia 15. È stato riportato in pazienti BPCO gravi un aumento relativo di proteobatteri e actinobatteri associato a una riduzione del phylum dei Firmicutes 16.
L’alterazione del microbiota è correlata con una maggior estensione di enfisema e di infiltrazione di cellule immunitarie nel polmone 16,17. Differenze nella composizione del microbiota sono state osservate in pazienti con quadro TAC di enfisema polmonare o di ispessimento delle pareti bronchiali da bronchite cronica rispetto a pazienti senza alterazioni TAC del parenchima polmonare 18.
Un’approfondita conoscenza del microbiota polmonare risulterebbe utile nel comprendere la relazione tra microbiota e fenotipi clinici della BPCO.
Batteri isolati nella fase di riacutizzazione di BPCO
Le esacerbazioni in pazienti BPCO sono associate a cambiamenti dell’infiammazione delle vie aeree e della composizione del microbiota. Una metanalisi ha isolato batteri in circa il 50% delle esacerbazioni in pazienti BPCO 19. L’isolamento di nuovi ceppi di H. influenzae, M. catarralis o S. pneumoniae nell’espettorato di pazienti BPCO è correlato a un’aumentata possibilità di esacerbazione 20. I Pazienti soggetti a frequenti esacerbazioni hanno un’alta probabilità di sviluppare una disbiosi polmonare 21. Cambiamenti nel microbiota possono permettere di discriminare tra diversi tipi di esacerbazioni di differente eziologia. Wang et al. hanno osservato una più ampia differenza nei cambiamenti del microbiota paragonando le riacutizzazioni batteriche con quelle eosinofile 22. Durante le riacutizzazioni batteriche gli autori hanno riportato una riduzione degli streptococchi e un aumento degli Haemofili, mentre le esacerbazioni eosinofile inducono una riduzione del rapporto Proteobatteri/Firmicutes 22. È stato osservato un sottogruppo di BPCO con un alto rapporto di Gammaproteobacteria/Firmicutes nell’espettorato durante un’esacerbazione. Questo è fortemente correlato alla riduzione del FEV1 e all’incremento degli indicatori di infiammazione 23,24. Una possibile spiegazione può essere data dal fatto che i Proteobatteri sono un phylum di batteri gram negativi che includono Pseudomonas, Acinetobacter, Haemophilus and Moraxella che esplicano un’azione proinfiammatoria sulle vie aeree. Questi, quindi, potrebbero aumentare il livello di infiammazione polmonare determinando la riduzione del FEV1 e l’aumento degli indici di infiammazione; d’altro canto i Firmicutes includono batteri gram positivi come gli streptococchi e i lactobacilli che non mostrano tale azione proinfiammatoria. Si è osservato inoltre che il gruppo con alto rapporto Gammaproteobacteria/Firmicutes beneficia della terapia antibiotica rispetto ad altri gruppi di pazienti con alto o bilanciato rapporto Firmicutes/Gammaproteobacteria.
Studi più recenti condotti sull’espettorato di pazienti GOLD 2 e 3 in stato di stabilità e 6 giorni dopo un’esacerbazione, hanno confermato una variazione del microbiota corrispondente a un incremento di Firmicutes e Proteobatteri 23. Wilkinson et al. hanno dimostrato un aumentato rischio di riacutizzazione associato con l’isolamento di nuovi ceppi di batteri come Moraxella Catarralis nelle vie aeree di pazienti BPCO 23.
Virus nella BPCO stabile
Lo sviluppo dei metodi di PCR quantitativa ha permesso l’osservazione nelle basse vie aeree di pazienti BPCO stabili di una variegata comunità virale. Seemungal et al. hanno osservato la presenza di virus in aspirati nasali e campioni di sangue in pazienti con BPCO stabile 25. Gli autori hanno individuato Rhinovirus (RV), coronavirus, parainfluenza virus e clamidia in più del 16% dei campioni raccolti da 68 pazienti. Il virus respiratorio sinciziale (VRS) era il più isolato tra tutti i virus (27,5% dei campioni). Wilkinson et al. hanno osservato in uno studio longitudinale la persistenza di VRS nel 79,7% dei 74 pazienti arruolati e hanno dimostrato che la persistenza dei VRS nelle vie aeree del BPCO era correlata a più alti livelli di infiammazione e di declino della funzione respiratoria 26. La presenza di coronavirus e virus dell’influenza è stata confermata in campioni di tessuto polmonare da pazienti BPCO sottoposti a chirurgia per tumore polmonare. Gli autori hanno riportato una correlazione diretta tra la presenza di cellule infiammatorie e il carico totale virale 27.
Matsuse e colleghi 28 hanno evidenziato la presenza della proteina adenovirale E1A nelle vie aeree di pazienti con BPCO e hanno ipotizzato la possibilità di una infezione virale latente nei pazienti esaminati. Tale condizione potrebbe contribuire ad aumentare il danno e l’infiammazione causato dal fumo di sigaretta. Il virus di Epstain-Barr (VEB) e il citomegalovirus (CMV) sono stati trovati nelle vie aeree di pazienti affetti da BPCO ed è stato descritto che la prevalenza di VEB correla positivamente con la gravità della malattia e il grado di infiammazione 28.
Il significato di questa correlazione non è chiaro. Si potrebbe ipotizzare che gli herpesvirus riscontrati nelle vie aeree dei pazienti affetti da BPCO aumentino l’infiammazione aggravando la malattia o in alternativa che le alterazioni del sistema immunitario locale e l’infiammazione presente nei pazienti più compromessi associata all’uso di steroidi inalatori ne favoriscano loro persistenza. Anche se la presenza di virus nelle vie aeree di BPCO stabili è ben documentata 29, questa è stata riportata con una percentuale molto variabile che va dal 6,25% al 79,7% 30,26. Questa variabilità può dipendere da tanti fattori tra cui l’uso di farmaci come steroidi, la gravità della malattia e il tempo di prelievo dei campioni. Altre possibili spiegazioni potrebbero essere date dalla mancanza di suscettibilità di alcuni gruppi di BPCO alle infezioni virali e dalla persistenza di alcuni virus nelle vie aeree 31.
È stato osservato che il carico virale negli anelli bronchiali e nel parenchima polmonare di pazienti con BPCO lieve/moderata è simile a quello dei fumatori con funzione polmonare normale. Tali risultati, associati a livelli relativamente alti di markers virus correlati in campioni di tessuto dalle larghe vie aeree e dal parenchima polmonare, suggeriscono uno stato di attivazione della mucosa bronchiale in questi pazienti 32.
Virus nella fase di riacutizzazione della BPCO
In questi ultimi anni è stato meglio definito il ruolo dei virus come trigger delle esacerbazioni nella BPCO. Due metanalisi 33,34 hanno mostrato come la presenza di virus nel 40% delle esacerbazioni. Sono stati identificati prevalentemente: RV, influenza A, VRS, metapneumovirus, coronavirus, adenovirus e parainfluenzavirus 34,35.
In pazienti ospedalizzati la presenza di virus respiratori è stata osservata nel 29,2% dei tamponi nasofaringei, aspirati bronchiali e campioni da lavaggio bronco alveolare. Il 60,2% di tutti i virus identificati erano picornavirus (VR o enterovirus) e influenza virus 36. La presenza di virus nelle vie aeree di soggetti con BPCO varia da circa il 60% 25 ad approssimativamente il 20% 37. Questa ampia variabilità potrebbe essere spiegata dalle differenze geografiche, dalla prevalenza dei frequenti esacerbatori nelle popolazioni studiate, dal diverso tempo e punto di raccolta dei campioni nelle vie aeree e dalle diverse tecniche di isolamento del virus 38.
Alcuni virus come i VRS possono causare sintomi gravi associati a una riduzione della funzione polmonare che dura per parecchie settimane 39. Questo è conseguenza del fatto che i VRS possono stimolare la produzione di citochine pro-infiammatorie come l’IL-8 nelle vie aeree di pazienti BPCO in maniera maggiore rispetto ai controlli sani 40. Seemungal et al. hanno osservato che i pazienti che hanno avuto una esacerbazione virale hanno una più alta mediana giornaliera del tempo totale di recupero dai sintomi, una più alta conta dei sintomi giornalieri e una più alta frequenza di esacerbazioni rispetto a quei pazienti che non hanno avuto un’infezione virale. Gli autori hanno isolato virus nel 64% degli 83 pazienti riacutizzati selezionati e hanno osservato una co-infezione con VRS e altri virus respiratori nel 6,5% dei pazienti 25.
Mc Manus et al. hanno osservato un incremento della gravità della malattia in pazienti con co-infezione virale 41, mentre Ko et al. 37 hanno riportato un aumento della gravità per quei pazienti con una positività della PCR nell’aspirato nasofaringeo e nelle colture virali rispetto a quelli con la positività solo della PCR nell’aspirato nasofaringeo. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che la positività della coltura virale indica la presenza di virus attivi e replicanti. La positività alla PCR per i virus dimostra solo la presenza del loro DNA/RNA, ma non dimostra la presenza di replicazione virale che induce la riacutizzazione a meno che non ne sia determinata la carica virale 42.
In un modello in vivo di riacutizzazione virale in BPCO con malattia moderata Mallia et al. 43 hanno dimostrato la capacità del RSV di indurre una riacutizzazione dopo la sua inoculazione nelle vie aeree.
I virus possono alterare l’ambiente dell’ospite favorendo una infezione batterica secondaria. Pazienti con co-infezione batterica/virale hanno una grossa limitazione della funzione respiratoria e una più lunga degenza ospedaliera 44. La co-infezione da virus e batteri nelle vie aeree di broncopatici cronici è in grado di stimolare una più alta produzione di citochine proinfiammatorie come la IL-6, di biomarkers di infiammazione come la proteina C reattiva e la procalcitonina rispetto a un’infezione causata da un solo agente eziologico 45. Co-infezioni da virus e batteri sono state trovate in una percentuale relativamente alta di pazienti da Wilkinson et al. 30,46 e Papi et al. 30, 46. Questi autori hanno trovato virus rispettivamente nel 41% e nel 48% dei pazienti esacerbati e coinfezioni virali rispettivamente nel 29% e 25% dei campioni. Mallia et al. 43 hanno osservato un’infezione batterica successiva nel 60% di pazienti infetti da RV. Risultati simili sono stati osservati da Molyneaux et al. 47, che hanno descritto una sovra-crescita batterica, specialmente di H. influentiae, che persisteva per più di un mese dopo un’infezione sperimentale con RV in pazienti BPCO. I virus influenzali sono molto efficienti nel favorire la sovracrescita batterica e la successiva infezione secondaria da batteri patogeni come S. aureus, S. pneumoniae, e H. influentiae 48 in soggetti normali e in pazienti BPCO. L’analisi di campioni di polmone ottenuti da persone decedute per influenza pandemica nel 1918 e nel 2009 ha mostrato che la causa più comune di morte era una polmonite batterica secondaria 49. L’influenza aveva un decorso più grave in pazienti BPCO, aumentandone il rischio di morte 49 e di ammissione in ospedale 50 rispetto ai soggetti senza BPCO.
L’abilità dei virus respiratori nel favorire un’infezione batterica secondaria è dovuta a numerosi fattori. Virus come quelli dell’influenza e RV sintetizzano proteine con attività immunosoppressiva. La proteina 1 non strutturale dell’influenza riduce l’attività del sistema della caspasi 1 51, che è fondamentale contro le infezioni batteriche 52 e la proteina G dell’RV, in vitro, ostacola la produzione di interferone (IFN) alfa e beta e altera l’attività del sistema immunitario adattivo 53. I virus respiratori possono usare a loro vantaggio certi meccanismi di morte cellulare come l’apoptosi, l’autofagia, la necroptosi e la piroptosi. Una delle funzioni di questi meccanismi è di aiutare il sistema immunitario nello stimolare la produzione di citochine proinfiammatorie e nel presentare componenti virali e batteriche alle cellule T per una risposta immune adattiva 54. I virus respiratori influenzali sono forti induttori di apoptosi nelle fasi precoci di infezioni ma inducono piroptosi durante le fasi tardive di infezione 55. L’emoagglutinina del virus dell’influenza e la proteina M2 stimolano entrambe l’autofagia, mentre la proteina M2 blocca il processo di fusione del lisosoma con l’autofagosoma 56. In questo modo il virus riduce la possibilità per le cellule di degradare le sue componenti e usa gli autofagosomi per ottimizzare la propria replicazione 57.
Le infezioni virali possono facilitare la colonizzazione batterica danneggiando direttamente le cellule epiteliali 58 o favorendone l’espressione di molecole di adesione come la fibronectina, ICAM-1 e il recettore del fattore attivante le piastrine 59.
I virus stimolando una risposta immunitaria di tipo Th1 aumentano i livelli di IL-12, IFN-γ, IL-2 e TNF-α60. Questa risposta polarizzata potrebbe alterare l’equilibrio tra la secrezione di IL-17 e IL-10 aumentando la suscettibilità a una successiva infezione batterica 61.
Le proteine NS1 e NS2 dell’VRS alterano direttamente la maturazione delle cellule dendritiche umane (CD) riducendone l’efficienza nella risposta immune 62. I virus dell’influenza sono capaci di inibire la funzione dei neutrofili. Il virus dell’influenza e l’VRS stimolano la secrezione di trappole extracellulari dei neutrofili (NETs) con una attività antimicrobica ridotta 63, che diventano inefficaci nel catturare i batteri ma che potrebbero contribuire a peggiorare l’infiammazione e il danno tissutale nelle vie aeree.
Alterata risposta immunitaria verso batteri e virus nella BPCO
Macrofagi, cellule dendritiche, neutrofili e linfociti
I Macrofagi giocano un ruolo importante nell’orchestrare i processi infiammatori nei pazienti BPCO attraverso il rilascio di mediatori proinfiammatori che includono proteasi, citochine, chemochine e molecole correlate allo stress ossidativo 1,64. In tali pazienti, queste cellule, hanno mostrato un’attività fagocitica ridotta che può aumentare la persistenza dei processi infiammatori e compromettere la clearance di batteri e virus patogeni 39,65. Questo potrebbe essere spiegato dall’osservazione che l’esposizione al fumo di sigaretta e agli inquinanti aerei danneggia l’attività fagocitica dei Macrofagi Alveolari (MA) 66. L’efferocitosi dei macrofagi, funzione che elimina i neutrofili e le cellule strutturali apoptotiche e così facendo previene il rilascio di molecole proinfiammatorie intracellulari, risulta anch’essa alterata in pazienti BPCO, specie dopo l’esposizione al fumo di sigaretta 67-69. Un altro meccanismo alterato della fagocitosi/efferocitosi dei MA è l’alterazione della via di segnalazione della chinasi e la riduzione della produzione intracellulare di specie reattive dell’ossigeno (Reactive oxygen species – ROS) 70. Queste alterazioni nella funzione dei macrofagi potrebbero contribuire ad aumentare il carico batterico e modificare la composizione del microbiota nelle vie aeree di pazienti BPCO. Le cellule dendritiche mature CD83+ sono ridotte nell’espettorato di pazienti BPCO stabili rispetto ai gruppi di controllo 71. È stata osservata inoltre una riduzione di CD nell’epitelio e nella lamina propria rispetto a controlli sani 72 e una diminuzione del recettore per le chemochine CCR5 espresso da CD e coinvolto nell’uptake di antigeni microbici 73. Questi dati supportano l’ipotesi di un funzionamento alterato delle CD nei BPCO. García-Valero et al. hanno osservato nelle vie aeree di pazienti affetti da BPCO una ridotta espressione di IFN-β, citochina prodotta da cellule dendritiche ma anche da macrofagi interstiziali e cellule epiteliali. Questa ridotta produzione potrebbe spiegare l’aumentata suscettibilità di questi pazienti alle infezioni virali acute 74. Più recentemente, è stata riportata, un’aumentata citotossicità delle cellule NK contro le cellule epiteliali polmonari primariamente mediata dall’attivazione delle cellule CD polmonari attraverso la via dell’IL-15 e dell’IL-15Rα 75. Le CD circolanti mostrano alla citometria un profilo di attivazione aumentato contribuendo a un incremento di cellule T CD8+ che producono IFN-γ e IL-17 76. Il numero di neutrofili è incrementato nell’espettorato, BAL, biopsie bronchiali e vie aeree periferiche dei pazienti BPCO rispetto ai controlli 1,2,5. Contemporaneamente sono aumentate le molecole che stimolano la migrazione e l’attivazione dei neutrofili. La proteina-1 infiammatoria dei macrofagi è aumentata nell’epitelio bronchiale di BPCO gravi rispetto a pazienti con malattia lieve o controlli fumatori 2. L’analisi delle chemochine proneutrofiliche mostra un maggior livello di RANTES (CCL5) e NAP-2 (CXCL7) in biopsie bronchiali di pazienti con BPCO grave comparati a controlli non fumatori 2,77. Ciò può contribuire a una maggiore permanenza di queste cellule nel tessuto bronchiale dei pazienti con BPCO grave. Mallia et al. 78 hanno osservato in pazienti infettati da rinovirus, durante l’esacerbazione, un aumentato reclutamento polmonare di neutrofili CD11b+. Il rilascio recentemente descritto delle NETs è un importante meccanismo immune che è capace di catturare i patogeni 79. Un eccesso nella formazione di NET danneggia l’epitelio e può condurre a un danno al tessuto polmonare osservato in pazienti con BPCO 80. La secrezione di NET è aumentata durante le infezioni respiratorie virali e questo potrebbe causare un danno ai tessuti aggiuntivo 63. L’evasione ai NET, da parte dei patogeni, potrebbe aumentarne la resistenza alle loro component microbicide, aumentando così il rischio di infezioni respiratorie nella BPCO 81. Sono comunque necessari più studi dettagliati per meglio definire il ruolo della formazione dei NET e della loro evasione da parte dei patogeni nelle differenti condizioni cliniche dei pazienti BPCO 80. I linfociti, principalmente CD8+, sono isolati nelle biopsie bronchiali di pazienti BPCO con malattia lieve/moderata mentre il loro numero decresce con la progressione della malattia 82. I linfociti campionati dal sangue periferico di pazienti BPCO mostrano una maggiore tendenza ad andare in apoptosi e una ridotta capacità di degranulare proteine citotossiche rispetto a linfociti di soggetti sani 83. La proliferazione di cellule T regolatorie, funzionalmente soppressive, osservate nelle vie aeree di pazienti BPCO contribuisce ulteriormente alla riduzione dell’attività delle cellule CD8+ in risposta a batteri e virus 84. Geerdink et al. hanno osservato risultati simili nel sangue di BPCO frequenti riacutizzatori descrivendo una riduzione nel numero delle cellule T CD4+ e delle cellule T CD8+ rispetto ai pazienti non frequenti riacutizzatori. Gli autori hanno ipotizzato che la causa fosse dovuta alla stimolazione cronica di un elevato numero di antigeni di batteri e virus persistenti nelle loro vie aeree. Secondo gli autori, la riduzione di questa popolazione di linfociti favorirebbe le frequenti esacerbazioni 85. Le alterazioni delle cellule infiammatorie in pazienti che sembrano essere più suscettibili alle riacutizzazioni indipendentemente dalla gravità della malattia dovrebbero essere meglio comprese 31. Tutto ciò potrebbe permettere lo sviluppo di trattamenti personalizzati basati sulla risposta infiammatoria dei pazienti. Inoltre, si dovrebbe meglio comprendere come le alterazioni del sistema immune condizionino la risposta ai vari patogeni come batteri e virus.
Conclusioni
Studi recenti su pazienti BPCO stanno chiarendo il ruolo del microbiota nell’infiammazione e nel deterioramento della funzione polmonare. Questi microorganismi possono influenzare la risposta del sistema immune innato e adattivo nei polmoni dei pazienti affetti da BPCO. Sono stati pubblicati dati promettenti che mostrano la stretta relazione tra la colonizzazione di batteri e virus e le conseguenze dell’alterazione di queste componenti sullo stato infiammatorio polmonare. Le complesse azioni che coinvolgono le cellule immunitarie, che attivano le risposte infiammatorie innate e cellulo-mediate interagendo con stimoli esterni batterici, virali e ossidanti, potrebbero essere responsabili delle conseguenze cliniche della limitazione al flusso irreversibile delle vie aeree, del rimodellamento polmonare e dell’enfisema che sviluppano questi pazienti.
Comprendere le dinamiche di questi cambiamenti strutturali e infiammatori, dovuti alla colonizzazione batterica e virale, in condizioni cliniche differenti e in differenti fenotipi di pazienti BPCO potrebbe migliorare la nostra conoscenza dei meccanismi patologici e molecolari sottostanti alla BPCO.
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