Evidenza e compassione - Quarta parte
Abstract
La nozione di Evidenza è una delle più ambigue che la filosofia e il pensiero umano abbiano mai potuto contemplare. Definire l’evidenza vuol dire per prima cosa essere sicuri che questa idea contenga un significato affidabile. Tutto il mondo della natura segue invece leggi probabilistiche, legate alla presenza della Seconda Legge della Termodinamica. L’ideologia della fine del XIX secolo contemplava una costruzione del percorso di conoscenza e di progresso di tipo lineare, legato a mete certe da raggiungere, un progettare e un fare dello scienziato che consisteva nel frammentare ogni problema in tanti quesiti più semplici i quali fossero a loro volta risolvibili. L’accrescere la conoscenza su di un determinato fenomeno avrebbe portato inevitabilmente alla comprensione dello stesso. Era come se lo studioso della natura si fosse trovato di fronte a un libro fatto da pagine che recavano un unico quesito cui rispondere, ottenere la risposta a una di quelle pagine avrebbe consegnato il lasciapassare per poter leggere la successiva. Il versante opposto del termine di Evidenza finì con l’essere rappresentato, nelle attività scientifiche, dal sentimento della Compassione. Tuttavia anche questa disposizione dell’animo umano rivelò delle ambiguità di significato e di obiettivi dipendenti da chi aveva formulato e praticato la Compassione stessa.
Articolo
Nel gennaio del 1933 il Nazismo prese il potere in Germania attraverso delle libere elezioni. Il più importante filosofo allora vivente, Edmund Husserl, venne allontanato dall’insegnamento che teneva presso l’università di Friburgo in Bresgovia perché ebreo. In seguito Husserl, la cui figura era circondata dal rispetto e dall’ammirazione di tutta l’Europa democratica, fu invitato a tenere dei cicli di conferenze presso i più prestigiosi ambiti ed enti culturali del Continente. Ne scaturì un libro di saggi che rimarrà inedito anche dopo la morte del suo autore nel 1938 e sarà riscoperto e pubblicato solo nel 1954 quando la strage immane della Seconda Guerra Mondiale si sarà allontanata (Fig. 1).
Secondo Husserl la crisi delle Scienze Occidentali, che gli appariva come manifesta e incontrovertibile, non riguardava la sicurezza della metodologia utilizzata e il progresso tecnico nel realizzarla che seguivano le indagini dei ricercatori. La ricchezza dello sviluppo tecnologico coincideva con l’oscurità del fine da raggiungere e l’assenza di un’etica da rispettare. Veniva seguito un modello di sviluppo puramente fisico nello studio della materia cui conseguiva un disinteresse nei confronti delle conseguenze etiche delle scoperte (Fig. 2).
In quell’Europa che si avviava verso la notte profonda del Nazifascismo trionfante la molteplicità dei risultati scientifici divenne parallela all’oscurità intorno ai fondamenti e ai significati della ricerca. I successi delle scienze, medicina compresa, avevano subìto e insieme provocato una mutazione ideologica nell’umanità europea che era stata manipolata e ridotta ad attendersi un fine pratico da ogni scoperta, non un perfezionamento etico oppure un bene collettivo da dividere con generosità tra gli uomini 2.
Scrisse Edmund Husserl come le scienze di fatto creassero uomini di fatto e questi uomini nuovi e diversi avessero smarrito il senso etico della ricerca e della conoscenza e fossero pronti a darsi delle risposte senza avere prima ragionato sulle domande che avrebbero potuto generarle. Se si fosse passati da soggetti capaci di un pensiero autonomo a individui che subivano e accettavano in modo acritico la conseguenza di voleri decisi da altri si sarebbero ottenuti gli effetti richiesti dal potere totalitario che era stato il committente di tali scienziati, un’autorità priva di etica e di filantropia e che non era interessata ad altro che alla supremazia sugli altri individui. Alcuni di questi ricercatori, affascinati e tentati allo stesso tempo come nuovi Faust dalla prospettiva del potere e dei riconoscimenti promessi dal regime in cui vivevano, divennero pertanto disposti a sacrificare l’esistenza degli altri esseri umani se costoro si fossero trovati sul versante sbagliato e perdente della Storia. Era nata in Germania una sintesi ideologica aberrante e perfettamente funzionale a quello che sarebbe stato il giuramento delle SS, le quali erano tenute per prima cosa a una fedeltà assoluta e incondizionata alla volontà di Adolf Hitler, quindi al potere assoluto del capo, di colui che indicava la strada e che non poteva essere indotto in errore. L’avere accettato come un paradigma perverso un modello di indagine fisica della realtà, estrapolata da un contesto di sfida etica e insieme razionale per migliorare le condizioni del genere umano, avere rinnegato una vicenda e un insegnamento di humanitas nati nell’Antichità classica, aveva generato un perfetto risultato negativo in cui «le scienze di fatto creavano uomini di fatto» come aveva affermato Husserl e la cosa era divenuta drammaticamente vera 3,4.
Questi uomini nuovi venivano creati e manipolati come attraverso le immagini fortemente evocative del film Metropolis del 1927 di Fritz Lang, che mostravano la città cupa dei subumani, dei lavoratori sfruttati nei sotterranei di un’immensa metropoli fino allo sfinimento e senza alcuna possibilità di redenzione. Archetipi dei futuri reclusi nei campi di concentramento di là e da poco a venire, in cui “il lavoro avrebbe reso liberi”, in attesa di una morte inevitabile, sperata come una liberazione. Il fine, anche in medicina, sembrò giustificare i mezzi per raggiungerlo, senza valutare che l’inseguire la soluzione di un problema a qualsiasi prezzo e senza ripensamenti avrebbe aperto altri e laceranti interrogativi morali oltre che scientifici. Alcuni gerarchi nazisti parlarono scopertamente di aver instaurato un regime di natura biologica, destinato a migliorare la razza umana attraverso la supremazia di una presunta stirpe di ariani 5.
Un comportamento di prevaricazione nei confronti degli altri esseri umani avrebbe provocato l’identificarsi con quel Dio che si era volutamente tenuto fuori dalla scienza e la conseguenza di tale interpretazione del sé avrebbe generato ricadute tali che molte generazioni non sarebbero bastate a eliminare o circoscrivere. All’origine dei molti dei mali della medicina rimase la decisione di relegare la Compassione in un angolo nascosto della personalità del medico insieme a un’istruzione e una formazione legata all’interazione umana e all’ascolto che venne messa in secondo piano. La compassione è uno dei sentimenti più universali che si conoscano e consiste nell’identificazione della sofferenza e del disagio dell’altro come una propria condizione, l’accorgersi di una diminuzione di dignità, l’essere affetti da una ferita condivisa. Costituiva un punto di partenza irrinunciabile per favorire un intervento del medico che fosse anche un gesto umano e non si fermasse all’esibizione e all’utilizzo della tecnica 6.
Educare alla compassione poteva destabilizzare l’idolatria dell’evidenza e dell’acquiescenza acritica alla logica binaria della scienza moderna più di mille ragionamenti teoretici. Rimangono un punto fermo le parole di Arthur Schopenauer sulla compassione che furono ignorate nella loro sostanza durante la nascita e l’affermazione del Nazismo da quello stesso contesto sociale germanico che aveva dato i natali al filosofo:
Altri aspetti del pensiero di questo filosofo divennero paradossalmente degli elementi costitutivi dell’aberrante ideologia totalitaria di Adolf Hitler che si compiaceva di citare a memoria detti e frasi di questo pensatore. La nascita di Schopenauer nell’anno 1788 nella città di Danzica, allora da poco divenuta prussiana, sembrava essere un segno del destino che legherà questo luogo all’inizio della Seconda Guerra Mondiale il primo settembre del 1939. L’antisemitismo del filosofo, un misantropo e misogino che detestava tutte le religioni praticate in Occidente, dall’Ebraismo al Cristianesimo, finirà per affascinare lo stesso Hitler, tanto che la scelta della svastica operata dal dittatore tedesco pare sia stata influenzata dalla divulgazione che Schopenauer fece in Germania delle religioni orientali e del loro patrimonio simbolico 8,9.
A ulteriore prova di quanto anche i migliori propositi possano evolvere e poi scivolare nelle peggiori disgrazie, conviene a questo punto citare un racconto di uno scrittore che dell’eccessiva fiducia nelle possibilità della conoscenza umana applicata al progresso scientifico aveva fatto oggetto una serie di riflessioni. Nel 1925 il medico e scrittore russo Michail Bulgakov pubblicava un romanzo breve e suggestivo dal titolo Uova fatali (Fig. 3). Si trattava di un apologo ironico nonostante la drammaticità dei particolari del racconto. Eccone in breve la storia 10.
Un brillante scienziato, il professor Persikov, scopriva nella Russia socialista agli albori dello Stalinismo la capacità di un misterioso raggio di luce rossa, ottenuto casualmente in laboratorio, di stimolare la crescita delle cellule e di accelerare la moltiplicazione degli esseri viventi. Dalla verifica del fenomeno in vitro alla sua rapida applicazione in vivo il passo sarà breve, imposto dalle esigenze governative di procurare rapidamente nuove fonti alimentari alla popolazione. Le uova di gallina saranno il primo impiego pratico, come deciso dalle autorità e dal Partito comunista, perché un virus misterioso aveva nel frattempo decimato il pollame russo e la priorità era diventata la ricostruzione del patrimonio avicolo e delle riserve alimentari della nazione. Purtroppo e per uno scambio accidentale legato alle imperscrutabili ragioni della burocrazia, verranno fornite al laboratorio incaricato di effettuare l’esperimento di moltiplicazione dei polli delle uova di anaconda invece che di gallina e il risultato sarà la creazione di un numero sterminato di mostri antropofagi che inizieranno a mietere vittime, oltre che a riprodursi in modo illimitato. Soltanto un avvenimento imprevisto, una forte nevicata in una piena e calda estate, porrà fine al terribile flagello, ma il popolo inferocito provvederà a distruggere il laboratorio e a sopprimere l’inventore e i suoi collaboratori. Il racconto della disgrazia rimarrà a illuminare sui pericoli di una strada che la scienza potrebbe percorrere dopo avere perso il senso della misura, affascinata da una illimitata fiducia nelle proprie possibilità 8.
L’unico antidoto a questo stato di cose era e rimane la riflessione etica condotta attraverso lo studio e l’esempio di maestri sicuri. I totalitarismi del terzo decennio del XX secolo sovvertirono per prima cosa questa priorità. Presentarono innumerevoli falsità come delle assolute certezze utilizzando con abilità i primi mezzi di comunicazione di massa, il cinema e la radio. In questo modo fu possibile fare accettare comportamenti aberranti a moltitudini di persone e annullare la naturale predisposizione umana alla compassione. Anche in questo caso e una volta di più la scienza positivistica e la medicina moderna nate nel XIX secolo, prive di una sicura consapevolezza culturale, mostrarono tutta la propria inadeguatezza etica. I risultati furono disastrosi.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
- Popper KR. Logica della ricerca e società aperta. La Scuola: Brescia; 1989.
- Husserl E. La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Il Saggiatore: Milano; 2015.
- Mosse GL. Le origini culturali del Terzo Reich. Il Saggiatore: Milano; 2015.
- Perozziello FE. Storia del pensiero medico. IV Volume. Mattioli: Fidenza (Parma).
- Lyfton R. I medici nazisti. Rizzoli: Milano; 2002.
- Prete A. Compassione. Storia di un sentimento. Bollati Boringhieri: Torino; 2013.
- Schopenhauer A. Il fondamento della morale. Laterza: Roma-Bari; 2005.
- Chevalier Y. L’antisemitismo. IPL: Milano; 1991.
- Gough HC. Studies of social intolerance: I. Some psychological and sociological correlates of anti-Semitism. J Soc Psychol. 1951; 33:237-246. DOI
- Bulgakov M. Le uova fatali. Mondadori: Milano; 2019.
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