Il ruolo della fisiopatologia respiratoria nella Pneumologia del 2021
Abstract
Il periodo pandemico sta mettendo a dura prova l’organizzazione dei nostri laboratori di fisiopatologia respiratoria soprattutto a causa dell’aumentato rischio di trasmissione di SARSCoV- 2. Solo una profonda riorganizzazione e la stretta osservanza di norme di disinfezione potranno garantire di lavorare in sicurezza sia agli operatori che ai pazienti. L’impulso a nuove tecnologie utili nello studio della funzione respiratoria potrà apportare nuovo vigore ad una disciplina essenziale per la comprensione dei meccanismi fisiopatologici alla base di ogni singola patologia respiratoria.
Inquadramento
Il periodo storico che siamo stati costretti a vivere ha radicalmente mutato l’approccio che noi tutti eravamo abituati ad avere nei confronti della pratica medica. A più di un anno dall’inizio della pandemia siamo ora invitati a ragionare non solo sugli sforzi e sugli errori eventualmente compiuti ma soprattutto su come organizzare e rimodulare le nostre pratiche future per rispondere anche a nuove, differenti ed inattese esigenze cliniche. È indubbio che la Pneumologia in particolare sia stata “travolta” da questa inaspettata emergenza sanitaria. Ciò ha purtroppo comportato che la pressoché totalità di risorse e sforzi sia stata spesa sinora per la gestione del COVID-19 sottraendo, nostro malgrado, tempo ed attenzione alle patologie proprie della nostra disciplina.
In accordo con le raccomandazioni diramate da diverse società scientifiche nazionali ed internazionali 1,2 i test funzionali respiratori sono state tra le prime procedure ad essere drasticamente ridotte sin dal primissimo inizio della pandemia, in considerazione dell’elevato rischio di contagio interpersonale e nei confronti degli operatori sanitari dedicati all’esecuzione dei test. Gli sforzi rivolti all’individuazione di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI), all’organizzazione di percorsi più appropriati per i pazienti ed all’utilizzo di corrette misure di disinfezione hanno reso possibile, pur con inevitabili disagi e limitazioni, la progressiva ripresa dell’attività dei laboratori di fisiopatologia respiratoria. Ciò si è verificato, comunque, in maniera difforme sul territorio nazionale.
Evidenze
Come sappiamo, lo studio funzionale polmonare sta alla base della comprensione dei meccanismi fisiopatologici che sottendono ad ogni forma di malattia respiratoria per cui l’esigenza di riappropriarsi dell’utilizzo routinario dei comuni test di funzionalità è una necessità imprescindibile per una disciplina specialistica che punti alla medicina di precisione e non di approssimazione. Le decisioni riguardanti lo svolgimento dei test di funzionalità polmonare devono bilanciare i potenziali rischi di contagio con la necessità di una valutazione volta a prendere decisioni terapeutiche. La situazione pandemica è in continua evoluzione e il rapporto rischio/beneficio continuerà a cambiare nel tempo e nelle diverse aree geografiche del nostro territorio. Certo è che l’onda lunga ed il procrastinarsi della fine dell’emergenza stanno mettendo a dura prova la gestione dei nostri pazienti. Per i soggetti affetti da malattie respiratorie croniche è indubbio il rischio crescente di una diagnosi ritardata e di subire una non ottimale gestione della propria malattia, proprio a causa del ridotto o difficile accesso ai test di funzionalità polmonare 3 (Fig. 1).
Già in epoca pre-pandemica, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, più di 3 milioni di persone nel mondo morivano ogni anno di BPCO pari a circa il 6% di tutti i decessi a livello globale, individuandosi come terza causa di morte 4. Nonostante queste statistiche allarmanti, tuttavia, oltre il 50% delle persone affette da BPCO non veniva ancora diagnosticato 5. L’attuale situazione rischia di aggravare questa situazione e vanificare gli sforzi compiuti negli ultimi anni nel promuovere l’esecuzione dei test funzionali per giungere alla corretta diagnosi ed impostare la più adeguata terapia.
È ormai noto come i polmoni siano l’organo più colpito durante COVID-19. La letteratura sulla pregressa infezione da SARS-CoV-2 riporta come i pazienti possano manifestare una compromissione persistente della funzione respiratoria anche diversi mesi dopo il termine della fase acuta. Le alterazioni più importanti e frequenti riguardano la diffusione A-C del CO (DLCO), ridotta in quasi il 40% dei pazienti, ed il rischio per alcuni soggetti di sviluppare una patologia fibrosante post-infezione 6. Il follow-up funzionale risulta dunque cruciale per monitorare tali pazienti, mostrandosi utile anche per la scelta di eventuali esami radiologici di controllo con un possibile risparmio di dose di esposizione per il paziente. La dispnea è inoltre il sintomo più comunemente lamentato dai pazienti affetti da sindrome “long-COVID-19” con una prevalenza fino al 60% dei casi 7. Ciò è vero anche quando il quadro funzionale cardio-respiratorio risulta pressoché normale, rimarcando la necessità di discernere tra l’eziologia polmonare o extra-polmonare del sintomo riferito, tramite l’esecuzione dei test. In tali casi la genesi del sintomo sembrerebbe attribuibile a modificazioni neuro-vegetative ed ad una possibile compromissione del tronco cerebrale post-infezione 8.
Per quanto tempo, quindi, possiamo permetterci ancora di procrastinare la ripresa della normale attività dei laboratori di fisiopatologia respiratoria? Come assumersi la responsabilità delle mancate risposte richieste da tali pazienti? Molti pazienti COVID-19 richiederanno loro stessi test di follow-up sicuri ed accessibili per monitorare il proprio recupero funzionale, mettendo a dura prova l’organizzazione dei nostri laboratori e sollevando questioni di sicurezza e fattibilità.
Implicazioni operative
La crisi conseguente al COVID-19 rappresenta un’opportunità unica per ripensare a come riorganizzare le nostre attività. La disponibilità di laboratori sicuri ed adeguatamente areati, di personale sanitario specializzato e la richiesta della giusta attenzione da parte delle amministrazioni sanitarie a tali problematiche potranno risultare la chiave di volta per la risoluzione di questo complesso processo. L’emergenza di una nuova patologia polmonare COVID correlata necessiterà di spazi, risorse e tempo che i fisiopatologi dovranno poter dedicare allo studio di questi pazienti, tra l’altro sempre più numerosi. Accanto ai più comuni test di funzionalità respiratoria, gold standard per la diagnosi, ai funzionalisti è ora richiesto un sforzo ulteriore: lo sviluppo, l’utilizzo e la promozione di nuove tecnologie utili allo studio funzionale respiratorio. L’oscillometria ad impulsi, la misura dell’ossido nitrico espirato e la prossima disponibilità di tecnologie indossabili, capaci di fornire un monitoraggio in continuum di alcuni parametri respiratori 9, possono rappresentare l’inizio di una nuova era ed infondere nuova linfa a questa disciplina. Lo sforzo di noi tutti andrebbe dunque orientato non tanto al “se” sia ora possibile riprendere l’attività dei nostri laboratori ma al “come” tale obiettivo possa essere raggiunto 2.
Key messages
- L’importanza della fisiopatologia come disciplina di base impone la ripresa dell’esecuzione dei test di funzionalità respiratoria.
- Riorganizzazione, aderenza a rigide norme di disinfezione e prevenzione della trasmissione di SARS-CoV-2 potranno consentire una sicura attività dei nostri laboratori specie se affidati a personale qualificato.
- Lo sviluppo di nuove tecnologie per la diagnostica funzionale potrà dare nuovo impulso a questa disciplina che sta alla base della comprensione dei meccanismi fisiopatologici di ogni singola patologia respiratoria.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
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