La terapia antifibrotica della fibrosi polmonare idiopatica
Abstract
La fibrosi polmonare idiopatica è la forma più grave di pneumopatia interstiziale diffusa, avendo un’impronta progressivamente fibrosante. La sua etiologia è tuttora ignota, mentre si sta chiarendo sempre più la sua patogenesi, dalla comprensione della quale deriva la possibilità di utilizzo di due nuovi farmaci antifibrotici, il pirfenidone ed il nintedanib. Entrambi agiscono interferendo con il declino funzionale della malattia, rallentandolo, per cui l’endpoint della attività dei due farmaci è la riduzione della capacità vitale forzata (CVF). I due farmaci presentano buona tollerabilità e rappresentano un bridge per il trapianto polmonare. La pipeline di nuovi farmaci antifibrotici in sperimentazione è molto ricca.
Introduzione
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) rappresenta una rara pneumopatia interstiziale diffusa, ad eziopatogenesi sconosciuta e a prognosi infausta, con coinvolgimento limitato al parenchima polmonare. La malattia presenta un decorso cronico con deterioramento della funzione polmonare fino all’insufficienza respiratoria conclamata e all’exitus (sopravvivenza mediana alla diagnosi di 2,5/3,5 anni) 1,2. Il sottostante substrato patogenetico, è rappresentato da un’aberrante risposta profibrotica sostenuta dai ripetuti microtraumatismi dell’epitelio alveolare; il conseguente massivo rilascio di mediatori come il fattore di crescita trasformante β (TGF-β), si traduce nel progressivo accumulo di miofibroblasti, con sintesi e deposito di eccessive quantità di proteine della matrice extracellulare (ECM), come il collageno di I, III e IV tipo e la fibronectina, il cui accumulo nella regione alveolare determina il decadimento della funzione respiratoria.
Prognosi
Le esacerbazioni acute dell’IPF (deterioramenti respiratori con evidenza di nuova opacizzazione o consolidamento a vetro smerigliato alla TC) possono verificarsi in qualsiasi momento nel corso della malattia e sono associate a mortalità elevata 3. La maggior parte dei pazienti con IPF muore per una esacerbazione o per insufficienza respiratoria 4,5. È fondamentale iniziare precocemente un trattamento antifibrotico, per cercare di rallentare l’andamento di tale patologia, così aggressiva e con una prognosi così infausta.
La diagnosi ha notevole impatto sia sulla qualità della vita (QoL) dei pazienti sia dei caregiver 6. Pertanto, oltre alle terapie antifibrotiche è importante programmare e fornire cure palliative tempestive ed efficaci, con l’avanzare della malattia 7.
Sebbene con un andamento diverso, la funzione polmonare diminuisce in tutti i pazienti con IPF. Diversi studi dimostrano che la maggior parte delle persone con IPF mostra un declino della capacità vitale forzata (FVC), con solo l’8% dei pazienti che mostra stabilità nella FVC per 1 anno 8. Pazienti che hanno una IPF in forma lieve o moderata hanno una riduzione media di FVC di 150-200 ml all’anno 9.
Terapia antifibrotica
L’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) di pirfenidone e nintedanib, due farmaci antifibrotici in grado di modificare la storia naturale della malattia, ha rivoluzionato il trattamento dell’IPF, in precedenza limitato alla sola terapia di supporto e al trapianto polmonare 10. Il pirfenidone, farmaco con proprietà sia antinfiammatorie che antifibrotiche, riduce i livelli sia di TNF-α, che del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF) e del fattore di crescita trasformante β (TGF-β) 11; l’azione antifibrotica del nintedanib, inibitore delle tirosin chinasi intracellulari, è legata all’interazione con i recettori per il PDGF, per il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) e per il fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) 12-14, con possibili azioni anche sulla “normalizzazione” dell’architettura microvascolare, distorta dalla fibrosi 15. Poiché attualmente in letteratura sono disponibili solo poche evidenze sull’efficacia relativa dei due farmaci, la scelta di prescrivere pirfenidone o nintedanib è basata sul peso che possono avere gli eventuali effetti collaterali, oltre che sulle comorbilità e sull’utilizzo di farmaci concomitanti 16,17.
Pirfenidone: effetti su funzionalità respiratoria e sopravvivenza
Il pirfenidone, un derivato della piridina con spiccate proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e antifibrotiche 11, regola la concentrazione del TGF-β, inibendo la proliferazione dei fibroblasti e stimolando la sintesi di collagene. Lo studio di fase 2 di Azuma e collaboratori, in cui sono stati arruolati 107 soggetti in Giappone, ha evidenziato una riduzione del declino della capacità vitale nei pazienti trattati con pirfenidone (p = 0,037) che è stato ridotto (a 9 mesi differenza media con i pazienti trattati con placebo di 100 ml); inoltre nei pazienti trattati con pirfenidone, a 9 mesi dall’inizio della terapia antifibrotica, è stata rilevata anche una diminuzione significativa degli episodi di esacerbazioni acute (14% nei pazienti trattati con placebo rispetto a nessuno in quelli trattati con pirfenidone, p = 0,003) 18. Nella fase 3 dello stesso studio, è stata osservata dopo 52 settimane di trattamento con pirfenidone una riduzione della variazione media della capacità vitale di 70 ml (p = 0,042) ed un miglioramento del tempo di sopravvivenza libero da progressione (p = 0,028) 19.
Gli studi CAPACITY 004 e 006 (Clinical Studies Assessing Pirfenidone in idiopathic pulmonary fibrosis: Research of Efficacy e Safety Outcomes), sono stati condotti in Europa e Nord America 20. Nello studio 004, che ha arruolato 435 soggetti, è stato riscontrato un calo nel declino della FVC a 72 settimane dall’inizio della terapia con pirfenidone (posologia di 2400 mg/die) con una differenza di 4,4 % con il gruppo placebo (p = 0,001). Nello studio 006, invece, tale differenza di variazione della FVC a 72 settimane con il gruppo placebo è risultata essere non significativa. Nell’analisi aggregata, la variazione media della FVC a 72 settimane è stata di -11,0% nel gruppo placebo rispetto a -8,5% nel gruppo pirfenidone (p = 0,005); circa il 21% dei pazienti trattati con pirfenidone ha avuto una diminuzione della percentuale di FVC prevista prossima al 10% rispetto al 31% presente nel gruppo placebo (p = 0,003) (Tabb. I, II).
Nello studio ASCEND (Assessment of Pirfenidone to Confirm Efficacy and Safety in Idiopathic Pulmonary Fibrosis), il pirfenidone ha determinato una riduzione relativa del 47,9% della proporzione di pazienti con calo assoluto della percentuale di FVC prevista di 10 punti o che sono morti 21. La riduzione media della FVC è stata di 235 ml nel gruppo pirfenidone rispetto a 428 ml nel gruppo placebo (p < 0,001); inoltre con il pirfenidone si è registrato un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (p < 0,001) ed una riduzione del deterioramento della distanza percorsa a piedi di 6 minuti (p = 0,04).
L’analisi dei dati aggregati degli studi CAPACITY e ASCEND, ha evidenziato ad un anno dall’inizio della terapia antifibrotica con pirfenidone una riduzione del 48% del rischio di mortalità per tutte le cause (p = 0,01) ed una riduzione del 68% del rischio di morte per IPF rispetto al gruppo placebo (p = 0,006) [f]. Ley et al. hanno inoltre riscontrato nei pazienti trattati con pirfenidone un rischio inferiore ad un anno di ospedalizzazione da cause non necessariamente correlate a coinvolgimento delle vie respiratorie 22.
Nintedanib: effetti su funzionalità respiratoria e sopravvivenza
Il nintedanib è un inibitore aspecifico della tirosin chinasi con effetti pleiotropici, responsabile della soppressione di diversi recettori coinvolti nel signaling cellulare, inclusi quello per il fattore di crescita dei fibroblasti (TGF-β r), per il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (EDGF r) e per il fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF r). La sua efficacia nell’IPF è stata studiata nello studio di fase 2 TOMORROW (To Improve Pulmonary Fibrosis with BIBF-1120) ed in due studi di fase 3 (INPULSIS-1 e 2) 23. Nello studio TOMORROW, il nintedanib (posologia di 150 mg/due volte al giorno) ha determinato una diminuzione del 68% del tasso di riduzione della funzione polmonare (FVC), un numero minore di esacerbazioni ed una preservata qualità di vita correlata con la salute 14.
I risultati di INPULSIS-1 e 2, due studi analoghi condotti per 52 settimane, hanno evidenziato una significativa riduzione del declino della FVC con nintedanib a differenza del placebo: -114,7 ml con nintedanib vs -239,9 ml con placebo [p < 0,001] in INPULSIS-1; -113,6 mL con nintedanib vs -207,3 mL con placebo [p < 0,001] in INPULSIS-2 23 (Tabb. III, IV).
Un’importante differenza tra i due studi è stato il riscontro in INPULSIS-2 di un significativo vantaggio in termini di tempo necessario per la prima riacutizzazione (hazard ratio, 0,38; 95% CI, da 0,19 a 0,77; p = 0,005). Nell’analisi aggregata dei due studi, tuttavia, tale differenza nel tempo intercorrente alla prima esacerbazione, non è stata evidenziata tra i gruppi nintedanib e quello placebo, sebbene aumentato nel primo gruppo; inoltre non è stata osservata alcuna riduzione del tasso di mortalità.
Timing di inizio per la terapia antifibrotica ed effetti in base a pattern radiologico e fase di malattia
Il trattamento tempestivo della IPF è fondamentale per preservare la funzione polmonare, ridurre il rischio di riacutizzazioni acute e migliorare l’outcome. Sebbene la terapia antifibrotica dovrebbe essere iniziata in tutti i pazienti con IPF, risulta essere cruciale la scelta del corretto timing di inizio terapia.
È intuitivo che il prolungamento della sopravvivenza e il mantenimento della qualità della vita secondari alla terapia risultino essere massimi nei pazienti con funzione polmonare preservata. L’analisi post-hoc dei dati degli studi CAPACITY e ASCEND ha dimostrato come il pirfenidone determini un beneficio simile nei pazienti con funzione polmonare preservata (FVC% prevista > 80% o stadio GAP I) ed in quelli con malattia avanzata e con funzione polmonare compromessa (FVC% prevista < 80% o GAP stadio II-III) 24.
I risultati di INMARK, studio clinico randomizzato in doppio cieco di valutazione del nintedanib contro placebo (12 settimane), seguito da un periodo di studio in aperto (40 settimane) in pazienti con fibrosi polmonare idiopatica (IPF) suggeriscono il trattamento tempestivo con l’antifibrotico per rallentare la progressione della malattia. Nel periodo di 12 settimane il tasso di deterioramento della FVC è stato inferiore nei pazienti trattati con nintedanib, rispetto a quello nei soggetti trattati con placebo [5,9 (18,5) mL/12 settimane nel gruppo nintedanib e -70,2 (13,1) mL/12 settimane nel gruppo a placebo] 25.
L’analisi dei dati degli studi INPULSIS mostra che il trattamento con nintedanib determina un analogo rallentamento nel declino della FVC sia nei pazienti con funzione polmonare preservata (percentuale FVC prevista > 90%) che in quelli con funzionalità polmonare compromessa (FVC% prevista < 90%); risultati analoghi sono stati ottenuti anche quando i dati sono stati analizzati utilizzando un cut-off dell’FVC pari al 70% del previsto 26.
Sebbene le informazioni sull’efficacia della terapia antifibrotica nei soggetti con malattia grave (FVC < 50%) risultino scarse, dati iniziali emergenti dallo studio di estensione in aperto dei trial INPULSIS (INPULSIS-ON), evidenziano un beneficio analogo nei pazienti con funzione polmonare avanzata (FVC < 50%) e quelli con malattia meno avanzata 27.
Pertanto, sebbene la terapia con agenti antifibrotici (pirfenidone o nintedanib) debba essere proposta a tutti i pazienti con IPF, si consiglia di riservarla solo a quelli con capacità vitale forzata > 50%.
Dopo un primo studio di fattibilità 18, studi prospettici hanno dimostrato che il pirfenidone riduce il declino della FVC nei pazienti con IPF 28. L’analisi post hoc degli studi cardine internazionali di fase III ha evidenziato nei pazienti trattati con pirfenidone una significativa riduzione del tasso di ospedalizzazione per complicanze respiratorie, progressione di malattia, morte, dispnea e miglioramento della distanza percorsa a piedi in 6 minuti (6MWT) e della qualità di vita correlata alla salute (HRQL) 29,30. Inoltre, il pirfenidone mostra un adeguato profilo di sicurezza e tollerabilità 31. Il nintedanib è un inibitore della tirosin chinasi i cui effetti inibitori sulla proliferazione e differenziazione dei fibroblasti sono stati dimostrati da analisi in vitro 32. Studi di fase II e III hanno descritto effetti significativi sulla riduzione del declino funzionale polmonare e sul prolungamento del tempo alla prima esacerbazione acuta 14. Le analisi post hoc hanno mostrato effetti consistenti di nintedanib nel ridurre il declino della FVC indipendentemente dal pattern radiologico sottostante, dalla presenza di enfisema o da altre importanti caratteristiche di base 33,34.
Effetti degli antifibrotici su sintomi e qualità della vita
Né nintedanib né pirfenidone hanno dimostrato efficacia nel ridurre dispnea, tosse e nel migliorare la qualità della vita 35. Non è chiaro se questo sia dovuto ad una significativa mancanza di efficacia delle terapie antifibrotiche sui sintomi o a bias nella conduzione di questi studi, essendo stati condotti in pazienti con lieve/moderata compromissione della funzionalità polmonare al basale solamente per un anno. I dati degli studi clinici 36 e dei registri dei pazienti 37 suggeriscono che un significativo peggioramento della FVC sia associato ad una maggiore compromissione della qualità della vita valutata utilizzando il St George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ), il Questionario sulla mancanza di respiro dell’Università della California di San Diego (UCSD-SOBQ) e i domini della tosse del Questionario per la valutazione della tosse e dell’espettorato (CASA-Q). Il peggioramento della FVC è anche associato a una riduzione della capacità di esercizio dei pazienti 38,39. Questi elementi suggeriscono come l’utilizzo di terapie antifibrotiche possa ridurre la velocità con cui la sintomatologia, la capacità funzionale e la qualità della vita peggiorino. Inoltre, nelle persone con IPF la relazione tra il declino della FVC e il peggioramento del HRQL non risulta essere lineare.
Problematiche associate a ritardo dell’inizio del trattamento farmacologico
Nonostante la diagnosi di IPF sia spesso ritardata per errata interpretazione della sintomatologia, attribuita a condizioni comuni come BPCO, asma o malattie cardiache, con conseguente rinvio tardivo a centri specialistici 40-42, i sottostanti processi responsabili del declino della funzione polmonare sono già in atto da tempo.
Sebbene la fornitura di terapie antifibrotiche sia in aumento, il loro uso nei pazienti con IPF è tutt’altro che universale. I dati provenienti da Europa e Stati Uniti suggeriscono che solo circa il 60% dei pazienti con IPF sta assumendo nintedanib o pirfenidone 43. Una recente indagine internazionale ha rilevato come quasi un quarto degli pneumologi fosse maggiormente preoccupato per gli effetti collaterali della terapia farmacologica piuttosto che per il rischio di progressione della malattia, a differenza dei pazienti, le cui preoccupazioni erano centralizzate sulla prevenzione della progressione di malattia piuttosto che sugli effetti collaterali dei farmaci, riferendo il desiderio di ricevere maggiori informazioni sul profilo farmacologico e sull’impatto sulla malattia degli stessi 44.
Profilo di sicurezza degli antifibrotici
Il profilo di sicurezza di questi farmaci è stato valutato grazie ai maggiori studi registrativi. Le terapie antifibrotiche sono associate a eventi avversi gastrointestinali 45. L’effetto indesiderato più comune di nintedanib è la diarrea, che è stata segnalata nel 62,4% dei soggetti trattati rispetto al 18,4% dei soggetti con placebo, negli studi INPULSIS, ma ha portato all’interruzione permanente del trattamento solo nel 4,4% del gruppo nintedanib 46. Il pirfenidone è più comunemente associato a nausea e diminuzione dell’appetito rispetto alla diarrea 47,48 e se ne raccomanda l'assunzione durante o dopo un pasto per ridurre al minimo i problemi gastrointestinali. Il pirfenidone è anche associato a eruzione cutanea e fotosensibilità, quindi i pazienti devono essere avvisati di ridurre al minimo l’esposizione solare e di utilizzare creme ad alto fattore di protezione. Sia nintedanib che pirfenidone sono stati associati ad aumenti degli enzimi epatici. I pochi dati disponibili sulla tollerabilità della terapia di associazione tra nintedanib e pirfenidone, sembrano mostrare un profilo di eventi avversi coerente con quelli dei singoli farmaci 49,50.
Tale profilo di sicurezza dei due farmaci è stato confermato dallo studio di Galli, che ha dimostrato un tasso di tollerabilità e di efficacia nel rallentare la progressione di malattia sovrapponibile a quanto riportato in letteratura; viene però segnalata una maggiore incidenza di riacutizzazione di IPF ad un anno nei pazienti in terapia con pirfenidone (16,3%) rispetto a quelli in terapia con nintedanib (10,5%), sebbene tale riscontro possa essere legato ad un bias di selezione (sono stati inclusi nello studio soggetti con un grado di compromissione respiratoria più avanzato rispetto al baseline). Nonostante il tasso di tollerabilità risulti maggiore nei pazienti in terapia con pirfenidone rispetto a quelli con nintedanib (66,7% vs 52,6%), i tassi di sospensione del farmaco a seguito di un evento avverso sono risultati essere sovrapponibili, principalmente legati a reazioni cutanee nel caso del pirfenidone (20,9%) e a interessamento gastrointestinale nel caso del nintedanib (26,3%) 51.
La gestione degli effetti collaterali è importante per aiutare i pazienti a continuare il trattamento. Un adeguato controllo degli effetti collaterali senza riduzione dei benefici connessi al trattamento richiede l’aggiustamento della dose o l’interruzione del trattamento 52. La maggior parte dei pazienti è in grado di tollerare la terapia antifibrotica e le interruzioni dovute a eventi avversi diminuiscono nel tempo 53.
Confronto tra i due farmaci
Il confronto tra i due farmaci evidenzia che, sebbene entrambi portino ad un beneficio simile riducendo il declino della FVC, una riduzione della mortalità è stata dimostrata solo con pirfenidone, mentre una riduzione del numero delle riacutizzazioni è stata dimostrata solo con nintedanib (Tab. V) 54.
Nonostante non siano state trovate differenze significative tra pirfenidone e nintedanib in termini di progression free survival (espresso dal dimezzamento dei tassi di riduzione della FVC e della DLCO) e di mortalità, lo studio di Cameli ha evidenziato un maggiore deterioramento della DLCO dopo un anno di terapia con pirfenidone rispetto al nintedanib, sebbene tendesse a normalizzarsi dopo il primo anno di follow-up, attribuendo alle proprietà antiangiogeniche del nintedanib il più marcato rallentamento del declino della capacità di diffusione polmonare.
Lo studio di Moor per la prima volta pone l’accento sulla centralità del paziente nello scegliere la terapia antifibrotica, attraverso una valutazione soggettiva delle aspettative, delle esperienze e della soddisfazione in merito ad efficacia, effetti collaterali e facilità d’uso utilizzando il questionario PESaM: le esperienze dei pazienti e la soddisfazione dopo tre e sei mesi di trattamento antifibrotico sono state relativamente positive e comparabili tra nintedanib e pirfenidone. Le aspettative dei pazienti sull’efficacia prima dell’inizio del trattamento erano leggermente superiori alle esperienze successive, sottolineando la necessità di una gestione realistica delle aspettative durante il decorso della malattia 53.
Nella scelta della terapia antifibrotica, il medico ha il dovere di informare il paziente circa i benefici legati ad entrambi i farmaci, spiegando come nessuno dei due risolva in maniera completa la sintomatologia o rappresenti una cura definitiva per la malattia, avendo entrambi lo scopo di rallentare la progressione della fibrosi. Dovrebbe essere inoltre spiegato che, in base alle evidenze attuali, il pirfenidone si caratterizza per un maggiore tasso di riduzione della mortalità e delle ospedalizzazioni a differenza del nintedanib che ha dimostrato una maggiore riduzione del rischio di riacutizzazioni. I pazienti devono essere edotti circa la differente incidenza con i due farmaci degli effetti avversi, la diversa posologia e la differenza di costo.
Pirfenidone: dosaggio ed effetti collaterali
Il pirfenidone deve essere somministrato con una posologia iniziale di 267 mg tre volte al giorno, che va aumentata gradualmente nel corso di un periodo di 14 giorni fino al raggiungimento della dose giornaliera raccomandata di nove capsule al giorno con dose complessiva di 2400 mg al giorno seguendo lo schema sottostante:
- dal giorno 1 al giorno 7: una capsula, tre volte al giorno (801 mg/giorno);
- dal giorno 8 al giorno 14: due capsule, tre volte al giorno (1602 mg/giorno);
- dal giorno 15 in avanti: tre capsule, tre volte al giorno (2403 mg/giorno).
Gli effetti avversi più comuni includono nausea (35%), eruzione cutanea fotosensibile (30%), dispepsia (20%), vertigini (20%), vomito (15%), artralgie (10%), insonnia (10%), perdita di appetito o di peso (10%) ed epatite. Una riduzione degli effetti collaterali gastrointestinali può essere ottenuta assumendo le compresse in concomitanza o dopo i pasti, prevenendo le reazioni fotosensibili riducendo al minimo l’esposizione alla luce solare. I test di funzionalità epatica devono essere eseguiti prima di iniziare la terapia monitorando tali parametri ogni due settimane per il primo mese, ogni mese per i cinque mesi successivi e poi ogni tre mesi. In caso di innalzamento > 3 volte il limite superiore della norma (3×ULN), si può ricorrere a un monitoraggio più frequente o alla riduzione/interruzione temporanea della dose. Un aumento > 3×ULN ma < 5×ULN con concomitante sintomatologia legata a danno epatico o un aumento > 5×ULN deve indurre l’immediata sospensione del farmaco.
Qualora il paziente non tolleri la dose raccomandata (2400 mg/giorno), questa può essere temporaneamente ridotta di 600 mg al giorno, tentando un aumento più graduale della posologia. Nel caso in cui il paziente non tolleri la dose completa nonostante i ripetuti tentativi di aumento della dose, viene stabilita una dose inferiore, con efficacia parziale o addirittura nulla, essendo la maggior parte delle prove di efficacia del pirfenidone eseguite con posologia di 2400 mg die. Una mancata risposta al pirfenidone pone indicazione alla terapia alternativa con nintedanib.
Nintedanib: dosaggio ed effetti collaterali
Il nintedanib viene prescritto alla dose di 150 mg due volte al giorno da somministrare con il cibo e a distanza di circa 12 ore. La diarrea è l’effetto avverso più comune (60%), meno frequenti sono nausea (25%), tosse (15%), rinofaringite (10%), vomito (10%), diminuzione dell’appetito e perdita di peso (10%): raramente si registra un aumento del rischio di sanguinamento (più comunemente epistassi) o di eventi trombotici arteriosi. Deve essere eseguito il monitoraggio dei test di funzionalità epatica. La presenza di effetti avversi intollerabili giustifica una riduzione della dose fino a 100 mg due volte al giorno. L’insorgenza di diarrea pone indicazione ad adeguata idratazione ed utilizzo di agenti anti-motilità (loperamide). La mancata risoluzione della sintomatologia giustifica l’interruzione del farmaco, tentando una ripresa del trattamento dopo alcuni giorni.
Terapia di associazione
L’efficacia della terapia antifibrotica nell’IPF è stata studiata solo in monoterapia con pirfenidone o nintedanib, a differenza della combinazione dei due farmaci che non è stata analizzata. Lo studio INJOURNEY, in cui è stata analizzata la farmacocinetica di nintedanib e pirfenidone, non ha evidenziato nessuna riduzione della concentrazione plasmatica se somministrati contemporaneamente 10,47.
È degna di nota l’aumentata insorgenza di effetti collaterali gastrointestinali con la somministrazione simultanea dei due farmaci rispetto all’assunzione del solo nintedanib (70% vs 52%). In base alla mancanza di dati sull’efficacia della terapia di associazione, attualmente viene indicata solo la monoterapia. Nessuno dei due farmaci presenta una superiorità assoluta, non essendo mai stati analizzati pirfenidone e nintedanib in studi comparativi di efficacia.
Follow-up della terapia
Nelle linee guida ATS/ERS del 2011 la progressione di IPF è definita come una diminuzione assoluta della percentuale di FVC prevista di 10 punti 55, sebbene ciò non denoti necessariamente il fallimento del trattamento. Questo perché il tasso di declino della funzione polmonare varia da paziente a paziente e nello stesso paziente in tempi diversi. Studi post-hoc sull’efficacia del pirfenidone hanno evidenziato come i pazienti con declino della FVC prevista del 10% durante i primi tre-sei mesi di trattamento, mostrino un decadimento più lento nei sei mesi successivi rispetto al placebo 56. Pertanto, anche dopo la progressione della malattia è possibile ottenere benefici continuando la terapia per un periodo di tempo maggiore con lo stesso farmaco o switchando ad un altro trattamento: una buona tolleranza ed una riduzione non significativa della funzione polmonare (riduzione della FVC < 10%), pongono indicazione a continuare la terapia in corso; l’insorgenza di effetti collaterali o un significativo calo della funzione polmonare (riduzione della FVC > 10%) pongono indicazione ad un cambiamento della terapia.
Dopo aver iniziato la terapia antifibrotica, indipendentemente dal farmaco utilizzato, è necessario attuare uno stretto monitoraggio del paziente, in particolare durante la fase iniziale del trattamento.
Oltre al monitoraggio della funzionalità epatica, la spirometria e lo studio della DLCO devono essere eseguiti ogni tre mesi per il primo anno e successivamente ogni sei mesi, se le condizioni cliniche e la funzionalità polmonare rimangono stabili [utili in presenza di combined pulmonary fibrosis and emphysema (CPFE)] 57.
Il 6 minute walking test (6MWT), da ripetere ogni 6 mesi, risulta essere di particolare utilità prognostica, analizzando la distanza percorsa necessaria per determinare desaturazione ossiemoglobinica e le sue variazioni nel tempo 58.
La TC di follow-up non è indicata di routine, venendo eseguita solamente in caso di rapido declino della funzione polmonare, infezione delle alte vie aeree o altre complicanze.
L’esacerbazione acuta di IPF (AE-IPF), che annualmente colpisce dall’1 al 20% dei pazienti IPF e che può insorgere in qualsiasi fase della malattia, viene definita come deterioramento acuto della funzione respiratoria clinicamente significativo associato alla comparsa di nuove anomalie alveolari diffuse 3,55,59-61. Tali peggioramenti respiratori ad eziologia non nota, definiti anche come fase accelerata di malattia, vanno differenziati da quelli secondari a noxae identificate. I criteri proposti dall’IPF Clinical Trials Network (IPFnet) per la definizione di AE-IPF, modificati dall’International Working Group 226 includono: (i) diagnosi accertata di IPF; (ii) peggioramento clinico o aumento della dispnea con durata inferiore a di un mese con riduzione della PaO2 > 10 mmHg; (iii) comparsa di nuove alterazioni radiologiche all’HRCT [ground glass opacity (GGO) in entrambi i campi polmonari con/senza consolidamento, sovrapposti al pattern UIP]; (iv) esclusione di altre cause note di danno acuto come embolia polmonare, scompenso cardiogeno o altra causa identificabile di danno alveolare diffuso (tossicità farmaco-indotta o radio-indotta, sepsi, traumi, contusione polmonare, aspirazione, embolia gassosa, danno da riperfusione, pancreatite acuta) 62. Si parla di sospetta esacerbazione acuta qualora, nonostante tutti i suddetti criteri siano soddisfatti, non risulti disponibile l’HRTC.
Tali esacerbazioni acute si verificano prevalentemente nella fase avanzata di malattia, risultando correlate alla gravità dell’IPF sottostante con un tasso di mortalità alto (40-96%) ed una sopravvivenza mediana di tre mesi nonostante l’instaurazione della terapia 63-65.
Tra i principali fattori scatenanti ricordiamo infezioni respiratorie, aspirazione, tossicità da farmaci, inquinamento atmosferico, lavaggio broncoalveolare (BAL), biopsia polmonare e procedure chirurgiche 66-71.
Fallimento o successo del trattamento
Definire tale trattamento efficace è difficile quando l’obiettivo dell’antifibrotico è semplicemente quello di rallentare la progressione di malattia. Un calo di FVC del 10% è considerato la soglia che definisce il “fallimento del trattamento”, ma dati da analisi delle coorti di CAPACITY e ASCEND hanno dimostrato che i pazienti hanno avuto un calo del 10% di FVC nel primo semestre sia nel braccio pirfenidone che placebo, con un risultato migliore per coloro che hanno continuato con pirfenidone rispetto a quelli nel braccio placebo 72. I pazienti che hanno continuato a prendere il farmaco, non importa quanto significativo fosse il calo della FVC, hanno avuto un declino della funzione respiratoria minore del braccio placebo. Se lo stesso vale per il nintedanib è incerto.
Aspetti educazionali
L’utilizzo degli antifibrotici non rappresenta l’unica terapia per la IPF. La gestione del paziente deve essere a 360°, e deve comprendere anche:
- la riabilitazione polmonare: aiuta a gestire meglio i sintomi, migliorare la resistenza fisica e ridurre l’impatto dell’IPF sulla vita del paziente;
- ossigenoterapia: può essere necessario usare l’ossigeno costantemente oppure solo durante l’attività fisica;
- trattamento di altre patologie: il reflusso gastroesofageo, l’OSA, la malattia coronarica possono peggiorare i sintomi dell’IPF;
- trapianto di polmone: opzione limitata al basso numero di organi disponibili e ai limiti previsti di età.
Cure palliative e fine vita
Essendo l’IPF una malattia senza possibilità di guarigione, con progressione inevitabile all’exitus, è fondamentale assicurare l’accesso alle cure palliative per la gestione della malattia e alle cure di fine vita, riconoscendo l’imprevedibilità del progresso degenerativo e l’impatto psicologico ed emotivo della malattia attraverso l’accesso tempestivo ai servizi di supporto per pazienti e famiglie.
Ricevere supporto psicologico è molto importante per i pazienti, aiutando ad accettare la malattia, a ridurre le sofferenze fisiche ed emotive e a migliorare la qualità di vita. Può aiutare ad accettare il trattamento e gli effetti collaterali dei farmaci; in stadio avanzato, può sostenere nella pianificazione di fine vita e nella scelta di un hospice o della propria casa come ultima residenza.
Informarsi sulle opzioni terapeutiche può migliorare la qualità di vita, discutendo delle proprie disposizioni di fine vita con professionisti e coinvolgendo, quando possibile, i familiari stretti. Le cure palliative sono finalizzate a dare sollievo dal dolore fisico e attenuare i più ampi fattori di stress e i problemi associati alla malattia, migliorando la qualità di vita del paziente, dei suoi familiari e caregiver 73.
Le cure palliative prevedono, tra l’altro:
- la pianificazione delle cure avanzate;
- l’educazione del paziente e della persona che se ne prende cura 74.
A prescindere dallo stadio di progressione della malattia, le cure palliative dovrebbero essere parte integrante dell’assistenza globale fornita al paziente 10. Le cure palliative, oltre ad aiutare nella gestione delle crisi respiratorie, possono includere anche terapie per ridurre i sintomi della tosse e il disconfort ad esso correlato (sensazione di isolamento e imbarazzo, ostacolando la comunicazione con altre persone).
Trattamento di altre interstiziopatie, non IPF
Il nintedanib può essere utilizzato anche in una interstiziopatia secondaria a sclerosi sistemica. Nello studio SENSCIS 576 pazienti hanno ricevuto almeno una dose di nintedanib o placebo; il 51,9% aveva una sclerosi sistemica cutanea diffusa e il 48,4% stava assumendo micofenolato al basale. Nell’analisi dell’end-point primario, il declino della FVC era -52,4 ml all’anno nel gruppo nintedanib e -93,3 ml all’anno nel gruppo placebo (differenza, 41,0 ml all’anno; intervallo di confidenza al 95% [CI], da 2,9 a 79,0; P = 0,04). La variazione rispetto al basale nel Rodnan skin score ed il SGRQ alla settimana 52 non differivano significativamente tra i gruppi di studio, con differenze di -0,21 (IC 95%, da -0,94 a 0,53; P = 0,58) e 1,69 (95% CI, da -0,73 a 4,12), rispettivamente. La diarrea, l’evento avverso più comune, è stata segnalata nel 75,7% dei pazienti nel gruppo nintedanib e nel 31,6% nel gruppo placebo.
Prescrivibilità degli antifibrotici
Non tutti gli pneumologi possono prescrivere gli antifibrotici, che sono sotto stretto monitoraggio da parte dell’AIFA. Centri prescrittori esperti sono stati individuati sul territorio nazionale da parte delle Regioni.
I criteri AIFA di eleggibilità per la prescrizione di pirfenidone, riservata alle forme lievi-moderate, sono:
- età tra 40-80 anni;
- esclusione di cause note di malattia;
- quadro “UIP Consistent (Usual Interstitial Pneumonia)” alla HRTC del torace oppure in caso di quadro “UIP possible” presenza di biopsia polmonare chirurgica che dimostri un pattern UIP probabile, o definito per i pazienti tra 40 e 50 anni, oppure biopsia transbronchiale non suggestiva di altra diagnosi per i pazienti tra 50 e 80 anni. Questi criteri non sono stati aggiornati in base alle nuove linee guida, il quadro UIP possible alla HRCT va interpretato come UIP probable secondo le nuove linee guida, comunque la conferma istologica è necessaria nelle forme non UIP certa alla HRCT;
- IPF lieve-moderata ovvero parametri di funzionalità respiratoria pari a FVC > 50% e DLCO > 35% del teorico.
Anche la prescrizione di nintedanib è riservata alle forme lievi-moderate, tuttavia ha una soglia più bassa per la DLCO.
I criteri AIFA di eleggibilità per la prescrizione di nintedanib sono:
- diagnosi di IPF in accordo con le linee guida internazionali;
- esclusione di cause note di malattia;
- IPF lieve-moderata ovvero parametri di funzionalità respiratoria pari a FVC > 50% e DLCO > 30% del teorico.
Figure e tabelle
Pirfenidone2403 mg/giorno(N = 174) | Placebo(N = 174) | |
---|---|---|
Declino ≥ 10% o morte o trapianto polmonare | 35 (20%) | 60 (34%) |
Declino < 10% | 97 (56%) | 90 (52%) |
Nessun declino (variazione di FVC > 0%) | 42 (24%) | 24 (14%) |
Pirfenidone2403 mg/giorno(N = 171) | Placebo(N = 173) | |
---|---|---|
Declino ≥ 10% o morte o trapianto polmonare | 39 (23%) | 46 (27%) |
Declino < 10% | 88 (52%) | 89 (51%) |
Nessun declino (variazione di FVC > 0%) | 44 26%) | 38 (22%) |
INPULSIS-1 | INPULSIS-2 | INPULSIs-1 e INPULSIS-2(dati aggregati) | ||||
---|---|---|---|---|---|---|
Placebo | Ofev150 mg due volte al giorno | Placebo | Ofev150 mg due volte al giorno | Placebo | Ofev150 mg due volte al giorno | |
Numero a rischio | 204 | 309 | 219 | 329 | 423 | 638 |
Pazienti che hanno manifestato eventi, n% | 11 (5,4) | 19 (6,1) | 21 (9,6) | 12 (3,6) | 32 (7,6) | 31 (4,9) |
Confronto verso placebo1 | ||||||
Valore p | 0,6728 | 0,0050 | 0,0823 | |||
Hazard ratio | 1,15 | 0,38 | 0,64 | |||
IC 95% | (0,54; 2,42) | (0,19; 0,77) | (0,39; 1,05) |
INPULIS-1 | INPULIS-2 | INPULIS-1 e INPULIS-2 (dati aggregati) | ||||
---|---|---|---|---|---|---|
Placebo | Ofev150 mg due volte al giorno | Placebo | Ofev150 mg due volte al giorno | Placebo | Ofev150 mg due volte al giorno | |
Numero di pazienti analizzati | 204 | 309 | 219 | 329 | 423 | 638 |
Tasso (ES) di declino in 52 settimane | - 239,9(18,71) | -114,7(15,33) | -207,3(19,31) | -113,6(15,73) | -223,5(13,45) | -113,6(10,98) |
Confronto verso placebo | ||||||
Differenza | 125,3 | 93,7 | 109,9 | |||
IC 95% | (77,7; 172,8) | (44,8; 142,7) | (75,9; 144,0) | |||
Valore p | < 0,0001 | 0,0002 | < 0,0001 |
Pirfenidone | Nintedanib | |
---|---|---|
Indicazioni | Trattamento della fibrosi polmonare idiopatica da lieve a moderata | Trattamento della fibrosi polmonare idiopatica.Trattamento delle malattie interstiziali polmonari (ILD) fibrosanti croniche con fenotipo aggressivo.Trattamento della malattia interstiziale polmonare associata a sclerosi sistemica (SSc-ILD) |
Evidenza di efficacia | Trials CAPACITY 1, CAPACITY 2, ASCEND | Trials INPULSIS 1, INPULSIS 2 |
Principale outcome coinvolto | ||
Sopravvivenza libera da progressione | Prolungata del 26% | Nessuna evidenza |
Mortalità | Ridotta (hazards ratio 0,52) | Nessuna evidenza |
Frequenza delle esacerbazioni | Evidenze insufficienti | Ridotta |
Rischio di ospedalizzazioni correlate a coinvolgimento polmonare | Ridotto | Nessuna evidenza |
Principali effetti collaterali | Nausea, rash cutaneo, dispepsia | Diarrea, nausea, sintomi del tratto respiratorio superiore |
Posologia | 3 capsule da 267 mg x 3 volte/die, per un totale di 2403 mg/dieTitolazione in un periodo di 14 giorni:• dal giorno 1 al giorno 7: 1 cp x 3/die (801 mg/die)• dal giorno 8 al giorno 14: 2 cp x 3/die (1602 mg/die)• dal giorno 15 in avanti: 3 cp x 3/die (2403 mg/die) | 1 capsula da 150 mg x 2/die1 capsula da 100 mg x 2/die (solo in caso di intolleranza alla formulazione da 150 mg) |
Classe di rimborsabilità e regime di fornitura | Prescrizione riservata ai centri ospedalieri ed agli specialisti pneumologi | Prescrizione riservata ai centri ospedalieri ed agli specialisti pneumologi |
Costo | 67,55 euro al mese(23,080 euro all’anno) | 675,55 euro al mese(22,676 euro all’anno) |
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