La gestione delle terapie semintensive respiratorie in epoca COVID-19. Il ruolo delle Pneumologie italiane
Abstract
La Pneumologia Italiana ha svolto un ruolo centrale nella risposta sanitaria di contenimento della pandemia da SARS-CoV-2 moltiplicando sforzi, assistenza specialistica respiratoria e disponibilità di posti letto per i pazienti con polmonite da COVID-19. L’efficacia dell’intervento pneumologico è stata possibile principalmente grazie alla presenza e all’esperienza pluriennale delle Unità di Terapia Intensiva Pneumologica, integrate a livello ospedaliero nelle Unità Operative Complesse di Pneumologia. A metà maggio erano stati trattati e dimessi dalle Pneumologie italiane circa 10.000 pazienti, di cui il 42% trattato con ventilazione non invasiva (erano l’82% a marzo in piena pandemia) e il 17% con ventiloterapia invasiva. Le unità semintensive respiratorie hanno avuto un ruolo strategico nel raccordare l’attività tra le Rianimazioni e le Unità Operative Complesse a più bassa intensità. Il 22% dei pazienti ricoverati in Pneumologia è stato trasferito dalle Rianimazioni (step down), mentre l’11% è stato, a seguito di un aggravamento clinico, trasferito dalle Pneumologie alle Rianimazioni (step up). L’esito clinico di questa gestione è stato particolarmente positivo: la mortalità generale dei pazienti COVID-19 ricoverati nelle Pneumologie Italiane è stata pari al 12%, ovvero molto simile a quella che si registra nei reparti di medicina generale durante i mesi invernali. Questi dati confermano che per essere veramente efficace, la ventilazione non invasiva deve essere effettuata da personale medico specializzato esperto, nel caso specifico gli specialisti Pneumologi.
Esiste sul territorio nazionale una rete pneumologica che può assicurare una rapida risposta nell’evenienza di una seconda ondata di polmoniti da COVID-19, o comunque nel caso in cui sia necessario il trattamento di pazienti critici respiratori, incrementando e riconvertendo l’attività verso una particolare patologia come già si è verificato con buoni risultati durante la prima fase della pandemia COVID-19. I posti letto pneumologici, presenti in DEA di I e II livello, già impegnati nell’attività routinaria di assistenza ai pazienti critici e alla ventilazione, sono circa 920: essi dovrebbero rappresentare un primo nucleo, rapidamente disponibile, dei 4.225 posti letto di tipo semintensivo previsti nel Dispositivo Ministeriale. Le Società Scientifiche pneumologiche italiane ritengono che la valorizzazione delle competenze pneumologiche non rappresenti semplicemente un riconoscimento dell’impegno e del contributo della Pneumologia italiana nella gestione dell’epidemia da COVID-19, ma sia anche un’opportunità unica per tutto il Servizio Sanitario Nazionale per implementare rapidamente un’efficiente risposta di cura per tutti i pazienti affetti da patologie respiratorie.
Premessa
La Pneumologia ha svolto un ruolo centrale nella risposta sanitaria di contenimento della pandemia da SARS-CoV-2, moltiplicando sforzi, assistenza specialistica respiratoria e disponibilità di posti letto per i pazienti con polmonite da COVID-19, la manifestazione clinica più comune e la principale causa di morte dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2 durante la cosiddetta fase uno dell’epidemia.
L’impegno della Pneumologia italiana non si è però esaurito con il calo della diffusione dell’infezione, ma è proseguito con la riorganizzazione dell’attività pneumologica sia per affrontare al meglio un cauto ritorno alla normalità, che prevede una necessaria ma sorvegliata convivenza con il virus SARS-CoV-2 (avvio delle fasi due e tre), sia per rispondere in modo rapido e flessibile ad una possibile ondata di ritorno dell’epidemia nei mesi autunnali. Inoltre, durante la pandemia da COVID-19 la Pneumologia ha continuato a giocare un ruolo fondamentale per la gestione ospedaliera e territoriale del “carico” di patologia respiratoria acuta e cronica non-COVID-19 (ad esempio asma bronchiale, Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva - BPCO, fibrosi polmonari) diventata ormai da anni un’emergenza epidemiologica nazionale che grava pesantemente sulle risorse del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
L’efficacia dell’intervento pneumologico è stata possibile principalmente grazie alla presenza e all’esperienza pluriennale delle Unità di Terapia Intensiva Pneumologica (UTIP), integrate nelle Unità Operative Complesse (UOC) di Pneumologia.
Le UTIP sono aree specialistiche pneumologiche di monitoraggio e di trattamento dei pazienti affetti da Insufficienza Respiratoria Acuta (IRA) da causa polmonare ed extra-polmonare e/o da Insufficienza Respiratoria Cronica Riacutizzata (IRCR). Nelle UTIP vengono comunemente impiegate tecniche di monitoraggio prevalentemente non invasive (tra cui monitor multiparametrici, ecografia polmonare interventistica) e dove viene preferenzialmente, ma non esclusivamente, impiegata la ventilazione meccanica non invasiva (NIV), da sola oppure integrata con tecniche di supporto non-ventilatorio (ad esempio broncoscopia, High Flow Oxygen Therapy [HFOT], decapneizzazione e ultrafiltrazione). Inoltre, in UTIP trovano accoglienza i pazienti in fase di prolungato e/o difficile svezzamento dalla Ventilazione Meccanica (VM) di provenienza dalle Unità di Terapia Intensiva Generale e pazienti già svezzati, ma portatori di cannula endotracheale della quale vada valutata la possibilità di rimozione, o pazienti stabilizzati con parziale/totale dipendenza dalla ventilazione meccanica da avviare alla dimissione anche con l’ausilio di sistemi di telesorveglianza.
In sintesi, la mission della rete delle UTIP (semintensive o intensive di organo) inserite nel reparto pneumologico è quella di far fronte alla crescente richiesta di supporto respiratorio con gestione sia dell’acuzie respiratoria (prevalentemente, ma non esclusivamente basato sull’impiego di sistemi di assistenza respiratoria non invasiva) sia del post acuzie con aggancio al percorso di continuità assistenziale post dimissione (weaning prolungato e avvio a VM domiciliare). Questa strategia operativa si muove secondo la logica della razionalizzazione delle risorse economiche permettendo di ridurre il ricorso e la degenza dei pazienti critici in Rianimazione con outcome clinici immodificati 1. I dati nazionali del Gruppo Italiano per la valutazione degli interventi in Terapia Intensiva 2 confermano che circa il 40% dei pazienti che le Rianimazioni devono rifiutare sono quelli con patologia respiratoria perché considerati non abbastanza gravi per essere eleggibili a terapia intensiva o perché considerati end-stage e quindi non meritevoli di trattamento massimale (es. intubazione e ventilazione invasiva) 3.
Questo tipo di modello integrato a diversi livelli di intensità di cura specialistica dell’insufficienza di organo funziona in modo flessibile ed ergonomico secondo la logica dello step down e step up e ha dimostrato anche validità nel trattamento del paziente critico con polmonite grave da COVID-19, anche in presenza di multiple patologie associate, sia nella fase di acuzie che di dimissione.
Le linee di indirizzo organizzative per il potenziamento della rete ospedaliera per emergenza COVID-19 (art. 2, Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34) stabiliscono che, al fine di garantire un miglioramento della risposta del Servizio Sanitario Nazionale nei confronti di una possibile ripresa della pandemia da SARS-CoV-2 e di altre emergenze, devono essere attivati 4.225 posti letto di tipo semintensivo.
Scopo del presente documento è quello di analizzare i punti di forza e di debolezza dell’intervento della Pneumologia nel contesto dell’emergenza COVID-19 in Italia analizzando:
- i dati emersi nelle rilevazioni promosse da AIPO-ITS e le risposte della Pneumologia alla sfida COVID-19;
- una sintesi delle proposte di implementazione regionali della DGR 38 del Ministero della Sanità;
- il ruolo delle Società Scientifiche pneumologiche (AIPO-ITS e SIP/IRS);
con l’obiettivo di formulare proposte organizzative riguardo il ruolo delle UTIP e della Pneumologia in generale nel contesto della revisione delle aree semintensive.
Le risposte della Pneumologia alla sfida COVID-19: i dati delle indagini AIPO-ITS
Punti di forza
Riconversione delle Pneumologie in Terapie Semintensive ad indirizzo respiratorio (UTIP)
In risposta all’emergenza COVID-19, che si è manifestata prevalentemente nelle regioni del Nord-Centro Italia, e al fine di ricoverare e trattare in modo appropriato i pazienti con polmonite da COVID-19 con insufficienza respiratoria di vario grado, che è stata di gran lunga la principale causa di ricovero e di mortalità dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, i posti letto delle Pneumologie, ed in particolare delle semintensive respiratorie, sono stati più che raddoppiati ed interi reparti di Pneumologia con annesse semintensive sono stati trasformati in area UTIP - COVID-19.
I posti letto aggiuntivi di tipo semintensivo respiratorio (UTIP), nel campione delle UOC che hanno risposto al questionario, erano 861 a metà marzo e oltre 1.000 a fine maggio 4,5.
Rapidità e flessibilità della riconversione
La rapidità della risposta ai nuovi e drammatici bisogni sanitari è stata resa possibile grazie:
- all’expertise specifico degli specialisti Pneumologi, che da circa 30 anni si occupano di gestione dei pazienti critici complessi con grave insufficienza respiratoria conseguente a varie cause, spesso pazienti anziani con polimorbilità, in particolare di tipo cardiaco e metabolico 4. Il tipico paziente ricoverato con patologia cardio-respiratoria riacutizzata è quello con edema-scompenso cardiocircolatorio e BPCO riacutizzata;
- al preesistente setting organizzativo costituito dalle UTIP annesse alle Pneumologie caratterizzate dalla presenza di posti letto finalizzati alla ventilazione non invasiva e, nelle strutture più avanzate, invasiva e di personale paramedico addestrato all’assistenza dei pazienti in ventiloterapia non invasiva ed invasiva. Durante la pandemia, il setting organizzativo delle UTIP, con l’acquisizione di nuova strumentazione e personale, è stato rapidamente implementato nelle aree di semintensiva respiratoria di nuova apertura.
Al termine della prima fase epidemica circa il 35% delle unità semintensive respiratorie era dotato anche di camere a pressione negativa (il 27% di nuova acquisizione) 4.
Impegno della rete di ricerca clinica pneumologica sul territorio nazionale
Le Società Scientifiche pneumologiche si sono immediatamente attivate rispetto alle sfide poste da una malattia sostanzialmente sconosciuta, collaborando con gli specialisti di molte altre discipline, ottenendo importanti risultati:
- elaborazione di raccomandazioni di comportamento gestionale 6-12;
- innovative interpretazioni dei dati clinici e applicazione di tecniche ventilatorie avanzate, anche in gruppi ad alto rischio come i pazienti con fibrosi cistica, trapianto di polmone e asma grave 13-20;
- identificazione di marker genetici di rischio 22;
- analisi dell’epidemiologia dell’epidemia 23,24;
- miglioramenti nelle modalità di gestione dei pazienti COVID-19 25,26.
Esiti
Criticità dei pazienti trattati
La Pneumologia ha dimostrato rapidità e flessibilità di intervento contribuendo in modo significativo a contenere l’impatto sul Servizio Sanitario Nazionale dell’epidemia da COVID-19 4.
A metà maggio erano stati trattati e dimessi circa 10.000 pazienti, di cui il 42% trattato con ventilazione non invasiva (erano l’82% a marzo in piena pandemia) e il 17% con ventiloterapia invasiva 4.
Le unità semintensive respiratorie hanno avuto un ruolo strategico nel raccordare l’attività tra le Rianimazioni e le Unità Operative Complesse a più bassa intensità. Infatti, il 22% dei pazienti ricoverati in Pneumologia è stato trasferito dalle Rianimazioni in un percorso di step down, mentre l’11% è stato, a seguito di un aggravamento clinico, trasferito dalle Pneumologie alle Rianimazioni (step up): il 17% (519 su 3.079) dei pazienti con polmonite da COVID-19 è stato ventilato invasivamente nelle semintensive respiratorie più organizzate. I pazienti con polmonite da COVID-19 avevano diverse complicanze: nel 24% dei casi anosmia ed ageusia, nel 23% fenomeni trombo embolici, nell'11% danni cardiaci e nel 12% shock settico. Le complicanze sono state trattate in sede di semintensiva respiratoria, eccetto i casi di grave insufficienza multiorganica che hanno necessitato il trasferimento in Rianimazione. I dati indicano come la causa principale che ha condizionato il ricovero e l’esito finale del paziente è quasi sempre stata la polmonite da COVID-19 4.
Mortalità
La mortalità può essere considerata un esito grossolano della qualità dell’intervento sanitario, e comunque rappresenta l’outcome principale dell’efficacia dell’intero processo assistenziale, in particolare in un contesto emergenziale.
La mortalità generale dei pazienti ricoverati nelle Pneumologie è stata pari al 12%, ovvero molto simile a quella che si registra nei reparti di Medicina Generale durante i mesi invernali 26.
In particolare, la quantità di pazienti con sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) da COVID-19 ricoverati nelle semintensive respiratorie indica chiaramente il ruolo svolto dagli specialisti Pneumologi che hanno operato nella fase uno della pandemia. I pazienti critici con polmonite grave da COVID-19, giunti in Pronto Soccorso o che si sono aggravati in ossigenoterapia o che sono peggiorati durante un primo approccio con ventilazione non invasiva e che sono stati ritenuti non idonei ad un trattamento con ventilazione invasiva in Rianimazione – dopo attenta valutazione multidisciplinare – a causa della presenza di diverse comorbilità e per l’età molto avanzata, hanno spesso iniziato/proseguito la ventilazione non invasiva in area pneumologica. In tale setting, malgrado si trattasse di pazienti con prognosi ampiamente infausta, è stata registrata una mortalità complessiva pari al 31%, ovvero molto inferiore rispetto all’atteso. Questo dato supporta il ruolo cruciale della ventilazione non invasiva nella gestione di pazienti fragili, nei quali l’intubazione non è tollerata.
Per essere veramente efficace, la ventilazione non invasiva deve essere effettuata da personale medico specializzato esperto, nei casi descritti gli specialisti Pneumologi, specificatamente addestrato.
Nei mesi della pandemia gli specialisti Pneumologi hanno acquisito ulteriori competenze nella gestione dei pazienti con polmonite da COVID-19: questo patrimonio professionale non va disperso. Le informazioni acquisite dalle Pneumologie in “prima linea” sono state rapidamente condivise, attraverso canali di comunicazione remota, come i numerosi aggiornamenti realizzati via webinar dalle Società Scientifiche pneumologiche, e trasferite sul territorio nazionale in un processo virtuoso di analisi e reciproco confronto 28.
Primo intervento riabilitativo
Secondo l’indagine, nelle semintensive respiratorie, 404 pazienti precedentemente tracheotomizzati e ventilati invasivamente sono stati decannulati o svezzati dalla ventilazione, consentendo loro di acquisire una completa autonomia respiratoria. Inoltre, il 97% delle Pneumologie ha attivato percorsi di follow-up dei pazienti COVID-19 dimessi stimando una persistenza di sintomi e danni respiratori intorno al 30% 4,29.
Punti di debolezza
È importante, al fine di ridurre al minimo errori o sottovalutazioni, rilevare i principali punti di debolezza che sono emersi nelle tre indagini AIPO-ITS 4,5,30:
Ritardato coinvolgimento delle Pneumologie nell’emergenza COVID-19
Nella prima indagine, alla data del 24 febbraio 2020, solo il 12% delle Pneumologie era coinvolta nei piani di emergenza COVID-19 aziendali 30.
A distanza di un mese, il 24 marzo 2020, il 91% delle Pneumologie (il 100% di quelle del Nord-Centro Italia) erano in “prima linea” nel trattamento dei pazienti ricoverati per polmonite da COVID-19. Il ritardato coinvolgimento delle Pneumologie potrebbe essere una delle concause nella latenza di una risposta organizzata ed efficace alla pandemia di COVID-19 4. Il ritardato coinvolgimento è stato largamente condizionato anche dall’iniziale warning della World Health Organization (WHO) sull’impiego della ventilazione non invasiva e dell’HFNC, considerato addirittura dannoso e associato a aumento della mortalità per ritardo dell’intubazione dei pazienti con polmonite grave da COVID-19. Certamente nelle prime fasi della pandemia l’uso delle tecniche di assistenza non invasiva è stato considerato ad altissimo rischio di trasmissione di infezione agli operatori sanitari: peraltro, l’uso di locali a pressione negativa ha notevolmente ridotto tale rischio.
Inoltre, un ampio impiego della ventilazione invasiva (risultato superiore al 15% nei casi di polmonite moderata-grave) non è supportato da evidenze scientifiche ed è gravato da rischi di rapido collasso delle terapie intensive generali sature di pazienti COVID-19 intubati e richiedenti ventilazione meccanica invasiva prolungata con difficoltoso weaning.
Insufficienza dei posti letto di tipo semintensivo respiratorio
La necessità di aumentare significativamente i posti letti di semintensiva respiratoria durante la pandemia ha dimostrato in modo incontrovertibile che i letti di UTIP disponibili erano già insufficienti a fronteggiare il carico della patologia respiratoria acuta non candidabile alla terapia intensiva in epoca pre-COVID-19; tale gap può chiaramente spiegare i risultati drammatici in termini di mortalità durante le prime fasi della pandemia da COVID-19, laddove le terapie intensive sono state rapidamente saturate da pazienti intubati che non hanno avuto la possibilità di essere trattati in fase precoce con tecniche di assistenza non invasiva in UTIP. L’esempio più drammatico è quello della Regione Lombardia, dove solo l’11% dei pazienti con polmonite grave COVID-19 correlata è stato trattato con ventilazione non invasiva 31, rispetto all’esperienza delle altre Regioni, nelle quali è stato possibile “proteggere” le Terapie Intensive con un intervento tempestivo degli Pneumologi nelle aree di rapida riconversione in letti a più alta intensità di cura 4.
Tale intervento ha consentito inoltre una più rapida decongestione dei posti letto nelle Terapie Intensive, grazie all’accoglienza di pazienti con difficoltoso weaning dalla ventilazione meccanica con o senza tracheostomia. Espandere le aree di UTIP potrà in futuro prevenire il nuovo verificarsi di queste drammatiche circostanze 32.
Insufficienti indicazioni comportamentali
La mancanza di chiare indicazioni circa il comportamento da tenersi nei confronti dei cosiddetti pazienti “grigi” con polmonite suggestiva per infezione da COVID-19, ma RT-PCR (Reverse Transcriptase – Polymerase Chain Reaction) negativi al primo riscontro, ha certamente giocato un ruolo rilevante.
Nelle fasi iniziali dell’epidemia in molti protocolli aziendali e PDTA la negatività di un primo tampone per SARS-CoV-2 delle prime vie aeree escludeva automaticamente la polmonite da COVID-19. Gli Pneumologi sono stati promotori di una valutazione clinico-radiologica dei pazienti RT-PCR negativi al primo test con sospetta polmonite da COVID-19 al fine di evitare ricoveri inappropriati in aree comuni, fonti di possibili epidemie ospedaliere. Sono state pertanto attivate aree di osservazione COVID-19 ed esami di secondo livello come la fibrobroncoscopia (FBS) con lavaggio broncoalveolare (BAL) che ha una percentuale di positività e specificità decisamente superiore al tampone delle prime vie aree (98% vs 50-70%). Secondo i dati raccolti 4 sono state effettuate dalle Pneumologie oltre 500 broncoscopie nel periodo marzo-maggio, nel sospetto di polmonite da COVID-19: ciò allo scopo di consentire ricoveri appropriati in area COVID-19 e COVID-19 free. Anche per questa procedura diagnostica le iniziali raccomandazioni dei position paper delle maggiori Società Scientifiche internazionali sconsigliavano l’impiego del BAL per il rischio di trasmissione dell’infezione da coronavirus agli operatori sanitari; si tratta di un rischio sicuramente sovrastimato, in particolare quando l’indagine broncoscopica viene eseguita applicando le norme di sicurezza legate ai dispositivi di protezione individuale.
Chiusura programmata di 1.000 posti di semintensiva respiratoria gestiti dagli Pneumologi
Costituisce un elemento di fortissima preoccupazione, in previsione di una possibile ripresa epidemica autunnale, la programmata chiusura di oltre 1.000 posti letto pneumologici anche di tipo semintensivo, attivati nel periodo marzo-maggio 4.
In tal senso un’attenta valutazione dei programmi di apertura di 4.225 posti letto di tipo semintensivo, come indicato nella DGR 38, dovrà auspicabilmente tenere conto di tale dato affinché non ci si presenti nuovamente impreparati alle possibili nuove sfide dell’infezione da SARS-CoV-2.
Sintesi dell’applicazione regionale del disposto delle Direzioni Generali del Ministero della Salute: implicazione per i posti letto pneumologici
Nella Tabella I vengono presentati i dati rilevati dai Presidenti delle Sezioni Regionali AIPO-ITS riguardanti le disponibilità di posti letto delle Pneumologie utilizzati usualmente per il monitoraggio e la ventiloterapia nei pazienti critici respiratori, messi a confronto con i posti letto di tipo semintensivo attribuiti per Regione dalle linee di indirizzo organizzative per il potenziamento della rete ospedaliera per emergenza COVID-19 (art. 2 del Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34) 33.
Come indicato nel dispositivo delle Direzioni Generali del Ministero:
“È necessario riprogrammare e riorganizzare il fabbisogno e la disponibilità di posti letto di area intensiva e semi intensiva, con la necessaria dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione e monitoraggio (impianti di erogazione di ossigeno, aria compressa e vuoto, elettrici e di implementazione tecnologica) in modo che tali letti siano fruibili sia in regime ordinario, sia in regime di trattamento infettivologico per alta intensità di cure, anche prevedendo possibilità di bio-contenimento e/o di isolamento. Particolare attenzione andrà posta agli impianti di condizionamento e ricambio di aria”.
I posti letto di semintensiva vengono individuati prioritariamente per una quota dei posti letto convertibili in posti letto che garantiscono assistenza ventilatoria invasiva, in una percentuale dei posti letto di Pneumologia degli ospedali Hub sede di DEA di II livello, dotati di strumentazione diagnostica e di unità di malattie infettive.
Punti di forza
Posti letto
In totale sono attivi sul territorio nazionale circa 3.412 posti letto di Pneumologia, di cui circa il 30% è regolarmente utilizzato per il monitoraggio e la ventiloterapia di pazienti critici con insufficienza respiratoria secondaria a varie cause.
Questo dimostra che esiste sul territorio nazionale una rete pneumologica che può assicurare una rapida risposta nell’evenienza di una seconda ondata di polmoniti da COVID-19, o comunque nel caso in cui sia necessario il trattamento di pazienti critici respiratori, incrementando e riconvertendo l’attività verso una particolare patologia come già si è verificato con buoni risultati durante la prima fase della pandemia COVID-19. I posti letto pneumologici, presenti in DEA di I e II livello, già impegnati nell’attività routinaria di assistenza ai pazienti critici e alla ventilazione, sono circa 920: essi dovrebbero rappresentare un primo nucleo, rapidamente disponibile, dei 4.225 posti letto di tipo semintensivo previsti nel Dispositivo Ministeriale.
Formazione, attrezzature e adeguamenti strutturali
La formazione degli specialisti Pneumologi, come precedentemente sottolineato, si è intensificata nei mesi della pandemia COVID-19, così come il numero delle apparecchiature di monitoraggio e ventilazione. Il modello delle UTIP inserite nelle UOC di Pneumologia consente di condividere tra tutto il personale sanitario le conoscenze e le capacità per la migliore gestione dei pazienti critici ed inoltre permette un’ottimizzazione dell’impiego del personale medico ed infermieristico, rispetto al modello delle aree semintensive delocalizzate.
È intuitivo pertanto comprendere come gli investimenti globali necessari per ampliare e nel caso adeguare le terapie semintensive delle aree pneumologiche che sono state precedentemente utilizzate a tale scopo siano limitati e più razionali, rispetto a quello della creazione ex novo di aree semintensive.
Piani Regionali di attuazione al disposto delle Direzioni Generali del Ministero della Salute
Le Regioni hanno ricevuto l’indicazione di riconvertire 4.225 posti letto di tipo semintensivo per poter predisporre risposte sanitarie adeguate nei confronti di una possibile ondata di ritorno o a seguito dell’eventualità che si verifichino nuovi focolai locali di infezione da SARS-CoV-2.
Le Regioni stanno adottando modelli diversi di attivazione delle aree semintensive.
- Modello per intensità di cura con promozione di aree generiche multidisciplinari di tipo semintensivo: in questo caso i posti letto sono stati attribuiti per azienda ospedaliera/territoriale non tenendo conto delle aree di tipo semintensivo preesistenti e delle specialità. Questo modello è stato privilegiato da Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna.
- Modello misto che valorizza le attività di tipo semintensivo (UTIP) preesistenti. Sono state in tal senso potenziate o attivati posti letto di tipo semintensivo nelle Pneumologie. Questo ha anche consentito una distribuzione efficace in tutte le Province della Regione con modalità Hub e Spoke. Ovviamente i posti letto eccedenti le capacità di espansione delle UTIP pneumologiche sono stati attribuiti, come aree autonome o anche in condivisione, alle infettivologie, medicine e terapie intensive, comunque tutte le competenze e specialità lavorano in rete. Questo modello misto è stato preminente in Veneto, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna.
Punti di debolezza
I punti di debolezza di tale situazione rilevati dai Presidenti delle Sezioni Regionali AIPO – ITS nell’applicazione del disposto delle Direzioni Generali del Ministero della Salute sono numerosi, anche se tutti rimediabili o migliorabili. In sintesi:
- Il modello per intensità di cura è difficilmente implementabile considerata la totale imprevedibilità temporale di una eventuale seconda ondata epidemica: i tempi necessari per l’istruzione dei medici non pneumologi e del personale infermieristico affinché siano in grado di poter gestire in modo efficace il paziente critico respiratorio sono lunghi. È ampiamente dimostrato che una strategia ventilatoria non appropriata si associa ad un aumento della mortalità, in particolare nei pazienti critici 34,35. La bassa mortalità osservata nelle semintensive respiratorie supporta questa visione. Appare evidente che lo specialista Pneumologo ricopre un ruolo chiave nella gestione di tali aree, dove sono accolti pazienti con livelli di complessità gestionale che normalmente non rientrano nelle skill operative di altri specialisti, con potenziali importanti ripercussioni in termini di risk management.
- Nelle proposte aziendali di attivazione di aree semintensive comuni si potrebbe associare un depotenziamento/trasferimento di letti delle semintensive respiratorie alle aree comuni. Questa modalità organizzativa depotenzia la possibilità di una risposta efficace in caso di ripresa della patologia respiratoria da COVID-19. Inoltre, le risorse mediche ed infermieristiche necessarie per espandere l’attività delle semintensive respiratorie esistenti sono decisamente inferiori a quelle necessarie per delocalizzare queste attività.
- Territorialità. Alcuni Piani Regionali prevedono circa il 50-70% dei posti letto di semintensiva in un unico Centro Hub regionale. Per l’orografia di alcune Regioni si renderebbe necessario quindi, come già si è verificato nella fase uno della pandemia, il trasporto dei pazienti critici per lunghe distanze. Tale operazione si può effettuare in sicurezza solo quando il paziente è intubato, esponendo quindi un paziente ad un intervento invasivo che è possibile, in alcuni casi, evitare e che potrebbe, se non necessario, peggiorare la prognosi 36.
- La mancanza di codici specifici per l’attività delle semintensive respiratorie (UTIP) di fatto rende difficilmente evidente alle Regioni e agli Uffici Ministeriali preposti l’attività delle Pneumologie nell’emergenza COVID-19. Pertanto, i dati che abbiamo riportato al precedente punto 1 del presente elenco andrebbero rivalutati alla luce di un possibile bias interpretativo.
- Il vantaggio ipotetico di un’area multidisciplinare è quello di proteggersi da qualunque evento futuro; peraltro, questo assunto rimane tutto da dimostrare, in considerazione dei limiti da acquisizione di skill con target sulla gestione precoce del paziente critico respiratorio con sistemi non invasivi e dello svezzamento dalla ventilazione invasiva da parte di équipe senza adeguati learning curve e background clinico, tecnologico e fisiopatologico.
Proposte organizzative per la gestione delle aree semintensive COVID-19: il ruolo dello specialista Pneumologo
Proposta organizzativa dell’intervento dello Pneumologo in una Terapia semintensiva ad indirizzo multidisciplinare per far fronte ad una emergenza COVID-19
Premesso che l’intervento che riteniamo più efficace, sulla scorta della recente esperienza, è rappresentato da una implementazione ed ampliamento delle UTIP 37,38, dato che la mortalità dell’infezione da SARS-CoV-2 è principalmente dovuta allo sviluppo di una polmonite grave con insufficienza respiratoria ed il tempo che viene dato al paziente per recuperare una situazione di autonomia respiratoria, grazie ad una corretta ed esperta gestione della ventiloterapia e dell’insufficienza d’organo è, al momento attuale, in assenza di una terapia antivirale specifica, uno dei pochi interventi salvavita e comunque quello che trova le maggiori indicazioni, come dimostrato dai dati di mortalità precedentemente esposti.
Questa considerazione implica che i criteri organizzativi e strutturali delle aree semintensive comuni/multidisciplinari, secondo il modello per intensità di cura, che dovranno far fronte alla emergenza COVID-19 possono essere mutuati dalla lunga esperienza maturata in era pre-COVID-19 e dalla rete di UTIP funzionanti in larga parte secondo un modello integrato nel reparto pneumologico con documentata efficienza in termini di costo-utilità 39-41 e basati su standard internazionali 42,43. Tali criteri possono essere sintetizzati come segue.
Requisiti organizzativi, risorse umane ed expertise rilevanti
Dinamica gestionale intra-modulare (step down del paziente dalla UTIP alla degenza e step up in senso inverso) ed extra modulare (step up da Medicina Urgenza, altre degenze ordinarie e step down da Terapia Intensiva Generale) da parte della stessa équipe.
Guardia attiva dello pneumologo h 24. In presenza della UOC di Pneumologia locata in altra area dell’ospedale lo Pneumologo dovrebbe effettuare, durante il turno notturno, una guardia attiva sulle due aree di degenza.
Il numero degli Pneumologi presenti sarà proporzionale al numero dei pazienti in rapporto 1:4-6.
Il numero di infermieri per paziente varia da un rapporto di 1:4 (pari ad un minutaggio/letto/unità infermieristica per turno variabile da 360 a 480 minuti) a un rapporto > 1:3 (un minutaggio/letto/unità infermieristica per turno variabile > 480 minuti), dipendentemente dalla gravità dei pazienti e dalla intensità di trattamento (VM invasiva, supporto di altri organi disfunzionanti).
Impiego di tecniche di monitoraggio prevalentemente non invasive (utilizzo di monitor multiparametrici e interventi diagnostici estemporanei come l’ecografia polmonare e l’ecografia interventistica) e preferenzialmente di ventilazione meccanica non invasiva da sola o integrata con tecniche di supporto non ventilatorio (ad esempio broncoscopia, HFOT, decapneizzazione e ultrafiltrazione) con possibilità di ampliare l’intervento alla ventilazione invasiva con analoghe tecniche di supporto non ventilatorio.
Fondamentale l’addestramento del personale medico specialista pneumologico e infermieristico per la gestione e il monitoraggio dell’insufficienza respiratoria, con tecniche procedurali integrate (ad esempio broncoscopia, posizionamento drenaggi toracici, incannulamenti vasi centrali e arteriosi) e con management dell’analgosedazione.
La presenza di fisioterapisti con documentato training in ventilazione meccanica e svezzamento nel rapporto ottimale 1 per 6 pazienti. È necessaria la loro presenza per completare il programma multidisciplinare di svezzamento e cura, di adattamento alle metodiche non invasive e di mobilizzazione precoce.
È urgente il riconoscimento come Unità di Terapia Intensiva Pneumologica (UTIP) dei letti già dedicati al monitoraggio e alla ventiloterapia dei pazienti critici respiratori. Ciò comporterà l’adeguamento del personale e opportune verifiche sulla rete di distribuzione dell’ossigeno fino al letto del paziente.
Per i criteri strutturali delle aree semintensive multidisciplinari si rimanda alla Appendice 1. I suddetti criteri sono mutuati da quelli delle UTIP.
Punti di debolezza
Di fatto un’area unica di tipo semintensivo multispecialistica potrebbe comportare una maggior frammentazione dell’assistenza del paziente, come già si verifica in alcuni modelli di assistenza per intensità di cura dove l’hospitalist deve raccogliere il parere di diversi specialisti con funzioni meramente organizzative. Quindi nei fatti non si realizza una gestione della complessità, ma una gestione più complessa e difficile della quotidianità clinica.
La gestione pneumologica dei pazienti critici COVID-19 è stata efficace perché già erano presenti nella cultura medica dello Pneumologo competenze radiologiche, infettivologiche ed intensivistiche. In questo senso la multidisciplinarietà non può essere solo una etichetta, ma deve essere acquista in anni di lavoro clinico e perché il lavoro clinico sia efficace è necessario che il modello organizzativo e le competenze coincidano in un’unica figura professionale come già si verifica in campo intensivistico.
Non bisogna dimenticare che lo Pneumologo è di fatto un internista con specializzazione operativa in ambito respiratorio e pertanto rappresenta la figura più adatta a dirigere le aree multidisciplinari.
Conclusioni
I dati presentati dimostrano l’efficacia del modello organizzativo delle semintensive respiratorie nella gestione dell’emergenza COVID-19: riteniamo che questo modello organizzativo dovrebbe essere implementato per preparare il Servizio Sanitario Nazionale al meglio rispetto a possibili future riprese epidemiologiche della pandemia così come alla quotidiana gestione della convivenza con l’infezione da SARS-CoV-2, almeno fino a quando non sarà possibile un esteso utilizzo di un’efficace terapia vaccinale.
Abbiamo verificato la presenza di circa 900 letti di Pneumologia, in tutta Italia, già dedicati al monitoraggio e alla ventiloterapia dei pazienti critici respiratori. Questi posti letto, in ottemperanza al disposto delle Direzioni Generali del Ministero della Salute, potrebbero essere incrementati o mantenuti nel caso in cui siano presenti i criteri organizzativi delle UTIP precedentemente esposti e gli altri posti letto adeguati a tali criteri, al fine di offrire uno standard di qualità delle prestazioni omogeneo su tutto il territorio nazionale. Un significativo e positivo passo in avanti è già stato effettuato durante la fase uno dell’emergenza COVID-19 e pertanto si tratterebbe di un piano interventi facilmente e rapidamente realizzabile.
Dei 4.250 posti letto di tipo semintensivo attribuiti al territorio nazionale, circa 1.000 potrebbero essere saturati dalle Unità di Terapia Intensiva Pneumologiche: ovviamente il numero eccedente (oltre 3.000 posti letto) dovrà trovare una nuova allocazione, a seconda delle realtà aziendali locali (modello misto secondo la definizione al punto B, pag. 147).
Il modello misto sembra il più razionale dal punto di vista dell’efficacia clinica, in quanto consente di ottimizzare le esperienze consolidate dal punto di vista dell’economia sanitaria e perché utilizza al meglio spazi e attrezzature già esistenti. La Regione Lombardia è in una fase interlocutoria più flessibile verso questa modalità organizzativa 15. Pertanto sollecitiamo, anche a livello nazionale, il riconoscimento delle UTIP mediante l’attribuzione di uno specifico codice sanitario.
L’incremento dei posti letto di UTIP risponde ad un duplice obiettivo: quello di poter soddisfare le necessità assistenziali dei pazienti respiratori critici e quello di poter essere rapidamente trasformati ed utilizzati per il trattamento dei pazienti con polmoniti da COVID-19 o di altre condizioni patologiche critiche emergenziali.
L’expertise dello Pneumologo in questi ultimi 20 anni è notevolmente mutato, evolvendosi sia verso indirizzi specialistici strumentali, come ad esempio la Pneumologia Interventistica, sia verso la gestione del paziente respiratorio critico complesso e le critical care 43,44: gli importanti risultati ottenuti nella drammatica sfida della pandemia da COVID-19 ne sono la dimostrazione.
La valorizzazione delle competenze pneumologiche non rappresenta quindi solo un riconoscimento dell’impegno e del contributo della Pneumologia nella gestione della pandemia da COVID-19, ma anche un’opportunità unica per il Servizio Sanitario Nazionale per implementare rapidamente un’efficiente risposta di cura per i pazienti affetti da patologie respiratorie.
Appendice 1
Requisiti strutturali
La superficie totale deve essere uguale a 2,5-3 volte il totale dell’area di degenza, da articolarsi nei seguenti spazi (oltre l’area di degenza):
- zona filtro per i degenti;
- zona filtro per il personale addetto;
- locale per i pazienti infetti dotato di zona filtro (almeno una stanza a degenza singola adeguata per accogliere anche pazienti che necessitino di isolamento respiratorio a pressione negativa);
- locale per il personale medico (locale di lavoro);
- stanza per il medico di guardia (anche in prossimità);
- locale di lavoro per il personale infermieristico;
- deposito per presidi sanitari e altro materiale pulito (deve essere di dimensioni adeguate al deposito delle apparecchiature);
- deposito per il materiale sporco, dotato di vuotatoio;
- servizi igienici per il personale;
- spogliatoio per il personale (anche centralizzato);
- ambiente per disinfezione/lavaggio attrezzature/materiali (dotato di lavelli, prese gas medicali, prese vuoto, prese corrente);
- locale per caposala;
- segreteria o area amministrativa (deve essere garantita la funzione);
- cucinetta;
- postazione di lavoro infermieristica, dotata di centrale di monitoraggio.
Devono inoltre essere previste:
- area attesa visitatori (nell’immediato esterno dell’U.O.);
- area ricevimento parenti (preferibile nell’immediato esterno dell’U.O.).
Devono essere previsti almeno 15 m2/pl (per le strutture esistenti), 20 m2/pl per le degenze singole e 16 m2 per le degenze multiple (per le strutture di nuova progettazione).
La degenza multipla deve essere strutturata in modo da garantire la privacy del paziente.
Devono essere previsti:
- superfici di pavimenti, pareti e soffitti continue, non scalfibili, lavabili e trattabili con disinfettanti, raccordate ad angoli smussi;
- ampiezza delle porte e dei percorsi all’interno dell’U.O. tale da consentire lo spostamento dei letti;
- pensili e/o travi a soffitto per l’appoggio di apparecchiature e presidi per favorire l’accesso, le manovre e la pulizia.
Deve essere possibile una buona visione dei pazienti dalla postazione infermieristica.
La distanza tra due letti non deve essere inferiore a 1,5 m (per le strutture esistenti), 2,5 m (per le strutture di nuova progettazione).
Deve essere previsto un adeguato spazio dietro alla testata letto per garantire le manovre assistenziali.
Requisiti tecnologici
Impianti
- Le aree di degenza devono essere predisposte per garantire l’isolamento e mantenimento di pressione negativa o positiva a seconda delle necessità.
- Le degenze singole devono essere predisposte come aree di isolamento (per pazienti infettivi o immunodepressi), devono essere collocate preferibilmente all’estremità del reparto.
- L’impianto di climatizzazione deve garantire:
- una temperatura interna invernale ed estiva compresa tra i 20 e 24°C;
- una umidità relativa estiva e invernale compresa tra 40 e 60%;
- un numero di ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo) pari a 12 v/h;
- bonifica dell’aria attraverso filtri semi-assoluti, in grado di trattenere le particelle del diametro di 5 micron;
- velocità dell’aria nelle zone di degenza non superiore 0,8 m/sec;
- impianto di aspirazione centralizzato (vuoto) tale da garantire una pressione minima di aspirazione di 500 mmHg (40 L/min per ciascuna presa);
- impianto centralizzato di gas medicali;
- impianto allarme di segnalazione esaurimento dei gas medicali;
- impianto per la rilevazione degli incendi;
- sistema di allarme per impianti elettrici.
Nella U.O. devono essere presenti le seguenti attrezzature:
- ventilatori meccanici life-support (1 per pl + 1 d’emergenza);
- lampada scialitica per pl;
- aspiratori per broncoaspirazione;
- un defibrillatore (possibilmente corredato di stimolazione cardiaca transcutanea);
- un diafanoscopio a parete/monitor per la visualizzazione di diagnostica per immagini;
- frigoriferi per la conservazione dei farmaci e emoderivati;
- stimolatore cardiaco per stimolazione esterna;
- broncofibroscopio;
- apparecchio radiologico prontamente disponibile;
- sistema di pesatura del paziente allettato;
- attrezzatura per il trasporto su barella del paziente critico comprendente monitor/defibrillatore con ECG, pressione NIBP (Noninvasive Blood Pressure Amplifier); saturimetro, bombola di ossigeno, respiratore portatile;
- carrello emergenze;
- almeno una presa elettrica per apparecchio di radiologia per area di degenza;
- 1 lavello ogni 4 pl, con rubinetti ad apertura non manuale ed asciugatura usa e getta per le strutture esistenti (1 ogni 2 pl per le strutture di nuova progettazione; 1 ogni pl per le degenze singole);
- apparecchi radio e TV (desiderabile);
- emogasanalizzatore;
- ecografo;
- solleva pazienti;
- presidi per la prevenzione delle piaghe da decubito;
- sistemi di termoregolazione del paziente;
- disponibilità in sede di apparecchiature per emofiltrazione/dialisi;
- moduli o sistemi di rilascio per l’ossigenoterapia ad alto flusso umidificato e riscaldato;
- impianto elettrico di continuità per sistemi di monitoraggio e apparecchiature atte al sostegno delle funzioni vitali.
Per ogni pl devono essere presenti le seguenti attrezzature:
- 1 sistema di allertamento (1 per le degenza singola, 1 per area di degenza);
- una sorgente luminosa;
- 16-20 prese di corrente;
- prese vuoto: 2 per pl (desiderabile 3);
- prese per O2: 3 per pl (desiderabile 4);
- prese per aria compressa: 2 per pl (desiderabile 3).
Le prese dei gas medicali e del vuoto devono essere identificate con appositi colori e non posizionate ad altezza d’uomo per evitare lesioni al volto in caso di de connessione.
- ventilatore meccanico completo di umidificatore (+ 1 di riserva ogni 6/8 pl) dotato di diverse modalità di ventilazione, forniti di sistemi di allarme standardizzati per la sicurezza dell’utente;
- letto attrezzato con possibilità di assunzione della posizione di Trendelemburg e anti-Trendelemburg, dotato di presidi antidecubito;
- sistema di ventilazione manuale;
- sistema di aspirazione;
- 4 pompe da infusione per pl;
- una pompa per nutrizione enterale per pl.
Attrezzature di monitoraggio
- monitor per la rilevazione dei parametri vitali con trend dei parametri, allarmi sonori e visivi, simultanea visione nel display di almeno 4 tracce fra le seguenti:
- ECG;
- PA non invasiva;
- almeno due canali di pressione invasiva;
- pulsossimetro;
- monitoraggio della ventilazione:
- capnometria;
- volumi;
- pressione;
- frequenza;
- % di O2 della miscela inspirata (disponibile).
- portata cardiaca e valori derivati (disponibile);
- temperatura (centrale e cutanea);
- monitoraggi del paziente con videosorveglianza addizionali (auspicabili):
- funzione respiratoria;
- rilevazione delle aritmie;
- possibilità di registrazione on line della traccia elettrocardiografica;
- analisi del tratto ST-T;
- calorimetria indiretta.
- sistema computerizzato di analisi ed elaborazione dei dati monitorizzati: molto auspicabile;
- centro di controllo dei monitoraggi.
Figure e tabelle
Situazione attuale Pneumologia | Documento Direzione Generale MIN SAL | ||||
---|---|---|---|---|---|
Totale UO di Pneumologia presenti in Regione | Totale posti letto di Pneumologia presenti in Regione | Posti letto di Pneumologia solitamente occupati da pazienti ventilati/ monitorizzati | Terapia semintensiva posti letto(PL da riconvertire) | ||
Cod.Regione | Regione | % | |||
10 | Piemonte | 10 | 195 | 10,0% | 305 |
20 | Valle d’Aosta | 1 | 9 | 60,0% | 9 |
30 | Lombardia | 34 | 490 | 29,0% | 704 |
41 | PA di Bolzano | 2 | 23 | 30,0% | 37 |
42 | PA di Trento | 2 | 32 | 31,0% | 38 |
50 | Veneto | 15 | 281 | 20,0% | 343 |
60 | Friuli-Venezia Giulia | 5 | 79 | 21,0% | 85 |
70 | Liguria | 4 | 81 | 20,0% | 109 |
80 | Emilia-Romagna | 17 | 301 | 20,0% | 312 |
90 | Toscana | 14 | 169 | 25,0% | 261 |
100 | Umbria | 3 | 60 | 20,0% | 62 |
110 | Marche | 6 | 112 | 22,0% | 107 |
120 | Lazio | 25 | 405 | 25,0% | 412 |
130 | Abruzzo | 4 | 67 | 70,0% | 92 |
140 | Molise | 0 | 0 | 0,0% | 21 |
150 | Campania | 17 | 250 | 25,0% | 406 |
160 | Puglia | 14 | 356 | 25,0% | 282 |
170 | Basilicata | 4 | 50 | 15,0% | 39 |
180 | Calabria | 8 | 124 | 20,0% | 136 |
190 | Sicilia | 12 | 245 | 10,0% | 350 |
200 | Sardegna | 5 | 83 | 35,0% | 115 |
TotaliDati Lombardia e Lazionon confermati | 202 | 3.412 | 920 | 4.225 | |
Totale Italia UO Pneumologia | Totale Italia posti letto di Pneumologia | Numero medio di posti letto di Pneumologia solitamente occupati da pazienti ventilati/ monitorizzati |
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