Deficit alfa 1 antitripsina e rischio intermedio: il caso di un eterozigote per l’allele MWurzburg
Abstract
Il deficit di alfa 1 antitripsina è responsabile di differenti patologie respiratorie in pazienti omozigoti con proteina gravemente deficitaria. Talora si riscontra compromissione polmonare anche in pazienti con deficit intermedio, in condizione di eterozigosi. Descriviamo il caso di una donna affetta da oltre 10 anni da broncopneumopatia cronica ostruttiva ed enfisema con frequenti riacutizzazioni. La donna, dopo approfondimento diagnostico, risulta eterozigote per mutazione rara, viene trattata con terapia sostitutiva ottenendo un miglioramento clinico e funzionale. La diagnosi precoce in questi pazienti è pertanto essenziale per evitare l’esposizione al fumo o fornirne una motivazione ulteriore alla cessazione per ridurre il rischio di danno polmonare.
Introduzione
Il deficit di alfa 1 antitripsina è una patologia rara con prevalenza 1-5/10.000 (dati europei) 1. La malattia è causata da mutazioni del gene SERPINA1 (14q32.1) ed è trasmessa con modalità autosomica codominante, con penetranza incompleta ed espressività variabile 1. Il deficit di alfa 1 antitripsina è responsabile di numerose manifestazioni a carico dell’apparato respiratorio, quali enfisema polmonare, Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), asma, bronchiettasie. Tali patologie si sviluppano in pazienti omozigoti, cioè qualora ambedue gli alleli siano compromessi, con proteina gravemente deficitaria. In letteratura è descritta la condizione di deficit di alfa 1 antitripsina di grado intermedio che si realizza prevalentemente in pazienti eterozigoti che presentino un solo allele mutato codificante, quindi proteina più o meno deficitaria, e con un danno anatomico funzionale di gravità variabile a seconda del tipo di mutazione e dell’eventuale prolungata esposizione a fattori di rischio ambientali e/o professionali che possano innescare il reiterato lesivo processo infiammatorio 2.
Caso clinico
Presentiamo il caso di una donna di 56 anni, casalinga, ex fumatrice 40 p/y, con diagnosi da circa 10 anni di BPCO e insufficienza respiratoria da sforzo in ossigenoterapia intermittente, Body Mass Index (BMI) 17,5. La paziente presentava bronchiti ricorrenti, con otto riacutizzazioni per anno trattate con antibiotici e steroidi con risoluzione della sintomatologia. Almeno quattro ospedalizzazioni negli ultimi 3 anni; polmonite con isolamento di Klebsiella nel 2016. Giungeva alla nostra valutazione nel novembre 2017 per febbre, tosse, espettorato purulento, emoftoe. La radiografia standard mostrava area di addensamento parenchimale in regione medio base destra. L’esame microbiologico dell’espettorato rivelava la presenza di Bordetella bronchiseptica, carica batterica: 1.000.000 CFU/mL. La paziente veniva ricoverata per insufficienza respiratoria ipossiemica ipercapnica e trattata con terapia medica e ventilazione meccanica non invasiva durante la degenza. La TC torace evidenziava diffusi avanzati segni di enfisema centrolobulare confluente a tratti macrobolloso, in tutti i lobi, prevalente alle basi con bolle di maggiori dimensioni nel segmento anteriore del lobo inferiore destro. Collasso del lobo medio inveterato con scarso enhancement dello stesso, con broncogramma periferico e centrale conservato, assenza di bronchiectasie (Fig. 1). Alla rivalutazione funzionale basale, post dimissione, la spirometria mostrava una compromissione ventilatoria di tipo ostruttivo di grado severo (FVC 0,85L - 39% pr; FEV1 0,54L- 30% pr) con incrementato volume residuo pari a 4,2L, 260pt e DLco 27% del predetto. Emogasanalisi in a/a: PO2 61 mmHg, PCO2 49 mmHg, pH 7,47, HCO3- 34,9 meq/L. Il test del cammino veniva interrotto al terzo minuto per dispnea insopportabile e desaturazione patologica pari a SaO2 79%. Gli esami di laboratorio di controllo rivelavano dosaggio sierico di alfa 1 antitripsina pari a 1,00 (vn 0,9-2 g/L) con una PCR nella norma. Alla luce del quadro clinico e del dosaggio sierico ai limiti inferiori veniva effettuato lo screening genetico per carenza congenita di alfa 1 antitripsina che definiva la presenza in condizione di eterozigosi della mutazione MWurzburg (p.Pro393Ser). Data la giovane età e la grave compromissione funzionale, dopo colloquio informativo con la paziente e i familiari, si decideva di iniziare terapia sostitutiva con alfa 1 antitripsina umana alla dose di 60 mg/Kg di peso corporeo, una volta a settimana. Veniva inoltre indirizzata a valutazione multidisciplinare presso centro di riferimento per trapianto polmonare. La paziente ha ben tollerato il trattamento; durante il primo anno di terapia ha presentato una sola riacutizzazione nel corso del primo mese. Il dosaggio sierico rivalutato periodicamente risultava > 1,30 g/dL. All’ultima valutazione funzionale la spirometria mostrava un deficit disventilatorio ostruttivo di grado severo (FEV1 0,65 L -34% pr; FVC 1,93 L -85% pr) con volume residuo pari a 1,62 L -104%pr e DLco 25% del predetto (Tab. I). Emogasanalisi in a/a: PO2 67 mmHg, PCO2 39 mmHg, pH 7,42, HCO3- 28 meq/L. La paziente resta in follow-up.
Discussione
La mutazione MWurzburg rappresenta una delle varianti rare più frequenti nella popolazione caucasica 3,4. È una variante deficitaria considerata polimerogenica 5 che determina principalmente enfisema polmonare. Il paziente eterozigote presenta una quantità di proteina nel range di normalità in circolazione che talora non garantisce la “normale protezione” contro agenti esterni quali fumo di sigaretta e/o esposizione professionale e/o agenti microbici 5. Pertanto il paziente eterozigote presenta un dosaggio sierico di alfa 1 antitripsina ridotto, ma in un range considerato di “rischio intermedio” per lo sviluppo di segni e sintomi riconducibili al suo genotipo. La nostra paziente aveva effettuato numerose visite specialistiche a partire dall’età di 45 anni, quando si identificavano i primi segni clinici. Il danno funzionale è stato progressivamente maggiore sino all’insufficienza respiratoria, comparsa dopo 10 anni. La sintomatologia in questi pazienti può essere misconosciuta per lungo tempo e la diagnosi può essere molto tardiva, come nel nostro caso. Il ritardo diagnostico dai dati del registro risulta di circa 8-9 anni ed è superiore ai dati noti per Stati Uniti e Germania (circa 6 anni) 6. Tali dati indicano la necessità di promuovere maggiore sensibilizzazione verso questa condizione genetica. Va considerato come la stessa combinazione allelica possa dare luogo a diversi fenotipi clinici, anche a causa della variabilità delle interazioni gene-ambiente. In letteratura, la maggior parte degli studi sul deficit intermedio di alfa 1 antitripsina si focalizza sui soggetti PI*MZ. Dai dati esistenti emerge che vi sono sicuramente fattori non noti ad oggi che modulano l’espressione della proteina 7. Vi sono studi che hanno documentato la possibile azione di geni modificatori, il che potrebbe spiegare quadri clinici differenti, di diversa gravità, in pazienti con una stessa mutazione o con mutazioni rare 8. Inoltre, in questi soggetti il fumo di sigaretta svolge indubbiamente un effetto modificatore importante, dal momento che è stato evidenziato un aumentato rischio di sviluppare BPCO nei soggetti PI*MZ fumatori, rispetto ai non fumatori 9,10. La diagnosi precoce in questi pazienti è pertanto essenziale per evitare l’esposizione al fumo o fornirne una motivazione ulteriore alla cessazione per ridurre il rischio di danno polmonare. Infine, è necessario che il dosaggio dell’alfa 1 antitripsina sia effettuato in tutti i pazienti asmatici e BPCO almeno una volta nella vita, come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’identificazione di questa condizione consentirebbe nel caso appropriato eventuale terapia sostitutiva con alfa 1 antitripsina umana.
Figure e tabelle
FVC L | FEV1 L | pO2 mmHg | VR L | 6MWT mt | N° R/anno | |
---|---|---|---|---|---|---|
• PRE | 0,85 (39%) | 0,54 (30%) | 61 | 4,21 (260%) | 160 | 8 |
• POST | 1,93 (85%) | 0,65 (34%) | 67 | 1,62 (104%) | 300 | 1 |
Riferimenti bibliografici
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