Articolo di revisione
Pubblicato: 2020-08-12

La diagnosi radiologica delle interstiziopatie polmonari fibrosanti. Novità e controversie

Scuola di Specializzazione in Radiodiagnostica, Università degli Studi di Milano, Milano
U.O. di Pneumologia e Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria ed Emodinamica Polmonare, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano
U.O. di Pneumologia e Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria ed Emodinamica Polmonare, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano; Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano, Milano
Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Bologna
U.O. di Pneumologia e Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria ed Emodinamica Polmonare, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano
Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Bologna; U.O. Radiologia, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano
Polmonite Interstiziale Idiopatica Polmonite Interstiziale Usuale Polmonite Interstiziale Non-Specifica Anomalie Interstiziali Polmonari Malattia Polmonare Fibrosante Progressiva Fibrosi Polmonare Idiopatica

Abstract

Molte sono le novità nello studio radiologico delle interstiziopatie polmonari fibrosanti introdotte negli ultimi anni. Il rinnovato interesse deriva anche dalla recente introduzione di nuovi farmaci che si sono dimostrati efficaci nel rallentare il declino funzionale progressivo che caratterizza la più aggressiva di queste patologie, la fibrosi polmonare idiopatica (IPF, Idiopathic Pulmonary Fibrosis). Il ruolo del radiologo e del patologo non è quello di fare diagnosi di IPF, ma di individuare un pattern particolare chiamato polmonite interstiziale usuale (UIP, Usual Interstitial Pneumonia), il cui corrispettivo clinico è per lo più (ma non necessariamente) l’IPF. Dunque, la diagnosi finale delle interstiziopatie polmonari fibrosanti nasce da una valutazione integrata di tutte le evidenze disponibili e dal contributo di più figure professionali (pneumologo, radiologo, patologo e talvolta reumatologo). In questo articolo abbiamo voluto riassumere le novità, le controversie, le difficoltà e gli elementi confondenti che si possono incontrare nel percorso diagnostico di tali patologie.

Interstitial Lung Abnormalities (ILA)

Un primo elemento di novità da valutare con attenzione è l’individuazione delle Interstitial Lung Abnormalities (ILA) 1-4. Si tratta di reperti radiologici interstiziali precoci, subclinici e a bassa estensione, relativamente frequenti nei fumatori o ex-fumatori di età media o avanzata (Fig. 1). La TC torace ad alta risoluzione (HRCT) permette di distinguere forme di ILA non fibrotiche (più frequenti), fibrotiche o miste. Quelle di tipo fibrotico devono essere identificate e monitorate, in quanto possono evolversi in fibrosi polmonare conclamata nel 40% circa dei casi nell’arco di qualche anno 1-4 e poiché rappresentano un fattore indipendente di rischio per lo sviluppo di tumori polmonari. L’individuazione e il monitoraggio di tali reperti sono inoltre di fondamentale importanza per istituire tempestivamente una terapia efficace 5.

Essendo alterazioni precoci in pazienti asintomatici, le condizioni nelle quali tipicamente si possono evidenziare le ILA sono ad esempio lo screening su vasta scala del tumore polmonare in soggetti fumatori asintomatici o lo screening dei parenti di primo grado di pazienti notoriamente affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF).

Un altro esempio di riscontro incidentale di ILA risale a pochi anni fa, quando sono stati studiati retrospettivamente 625 soggetti asintomatici, fumatori e non, sottoposti ad una colonscopia virtuale TC come screening per neoplasie del colon-retto. L’esame, che viene eseguito in decubito supino e prono (quest’ultimo utile per distinguere le ILA dalla densità parenchimale gravitazionale) e comprende nel volume di scansione parte delle basi polmonari, ha portato all’individuazione di ILA nel 2,6% dei soggetti studiati 6. In questa stessa prospettiva, dovrebbero essere riconsiderate le opacità polmonari reticolari postero-basali e periferiche, a estensione limitata, che frequentemente si riscontrano negli anziani asintomatici; tale aspetto, che fino ad alcuni anni fa era considerato una semplice forma di invecchiamento polmonare (ageing lung) potrebbe avere in qualche caso un potenziale evolutivo e quindi essere incluso tra le ILA 7.

Linfoadenomegalie mediastiniche

Un’altra novità è costituita dall’evidenza che, nei pazienti con interstiziopatia fibrosante, la presenza concomitante di linfonodi mediastinici ingranditi, specie a livello del mediastino inferiore, rappresenta un fenotipo aggressivo di malattia, con prognosi negativa (Fig. 2) 8. Considerando che le adenopatie mediastiniche (linfonodi con diametro breve superiore a 1 cm) si possono riscontrare nel 70% dei casi di polmonite interstiziale usuale (UIP, Usual Interstitial Pneumonia), ma anche in forme secondarie come la polmonite da ipersensibilità cronica (CHP, Chronic Hypersensitivity Pneumonitis) e le interstiziopatie legate a malattie collageno-vascolari (CTD, Connective Tissue Disorder), questo aspetto radiologico potrebbe suggerire una prognosi peggiore.

Ispessimento parietale delle vie aeree periferiche

Un significato clinico ancora incerto, ma verosimilmente correlato ad una prognosi peggiore viene attribuito all’aumento progressivo dello spessore di parete delle vie aeree periferiche visibili all’HRCT, reperto che sembra correlarsi con lo sviluppo e la progressione della fibrosi polmonare sia in presenza di ILA che in pazienti con IPF 9. Se confermata, questa osservazione farebbe pensare ad una relazione tra la patologia delle vie aeree e l’evoluzione della interstiziopatia fibrosante.

Tecnica CALIPER

Da anni si parla del ruolo di tecnologie avanzate a supporto del radiologo nel riconoscimento del pattern e nella quantificazione TC dell’estensione delle interstiziopatie fibrosanti 10,11. La tecnica più promettente a tal proposito è considerata il CALIPER (Computer Aided Lung Informatics for Pathology Evaluation and Rating), impiegata sia da sola che nell’ambito di score composti radiologico-funzionali. Il CALIPER, proposto nel 2007 12,13, è ad oggi, almeno nel nostro Paese, a disposizione solo di pochi gruppi di ricerca. Secondo gli Autori che l’hanno proposta, tale tecnica sarebbe pari o addirittura superiore alla valutazione visiva di un radiologo esperto e darebbe risultati migliori di quelli forniti dalla lettura umana nel valutare la progressione radiologica. Ulteriori studi sono ancora necessari, ma la strada verso l’impiego della intelligenza artificiale, in particolare nella forma del deep learning è oggi aperta e sembra promettente; questi strumenti potrebbero raggiungere o addirittura superare la performance degli specialisti e quindi rendersi utili come second reading soprattutto nei centri con minore esperienza 12-16.

Ci sarebbero infine altre potenziali applicazioni del CALIPER, ovvero la possibilità di studiare e quantificare parametri quali volume, tortuosità, eterogeneità dei vasi polmonari. Tuttavia l’utilità e accuratezza clinica in questo campo sono ancora in corso di studio in quanto tali parametri non risultano strettamente correlati con gli indici funzionali che esprimono il danno micro-vascolare (DLco, K CO) 17,18.

Score visivo

Mentre le tecnologie avanzate sono in fase di sviluppo e diffusione, il semplice score visivo, sia pure soggettivo ed esposto ad una certa variabilità inter-osservatore, mantiene la sua utilità nella valutazione longitudinale della gravità ed estensione della interstiziopatia e nella costruzione di indici composti funzionali e radiologici, sia nelle forme UIP/IPF che in altre interstiziopatie fibrosanti 19. Questi indici multidimensionali sembrano più accurati della sola valutazione funzionale, la quale è notoriamente poco sensibile a variazioni clinico-radiologiche relativamente piccole ed in situazioni particolari come nella Combined Pulmonary Fibrosis Emphysema (CPFE), associazione di enfisema e fibrosi o difficilmente riproducibile nella realtà clinica, come avviene per la misurazione della DLco.

Lo score visivo offre risultati più precisi e riproducibili nella valutazione iniziale (baseline) piuttosto che nei confronti evolutivi successivi e trova utilità anche in quelle forme di IPF iniziali, dimostrate istologicamente, dove non sono ancora evidenti deficit funzionali, ma che tuttavia mostrano una progressione clinica, sia pure lenta. In questi casi, la presenza e l’estensione dell’honeycombing in HRCT possono rappresentare un indice precoce di progressione della malattia 20.

Indici quantitativi di perdita di volume

Recentemente, Robbie e coll. 21 hanno rivisitato uno degli aspetti più classici della interstiziopatia fibrosante, cioè la perdita di volume polmonare, proponendo tre indici quantitativi, facilmente misurabili sulle scansioni assiali TC e sulle MPR sagittali:

  1. la distanza tra sterno e aorta ascendente;
  2. l’altezza dei due polmoni, misurata sulla linea medio-claveare dall’apice al diaframma, e rapportata all’altezza del più grande dei somi vertebrali dorsali, per tener conto della corporatura del paziente;
  3. la distanza tra il punto in cui, sulle immagini assiali, la pala inferiore della grande scissura incontra la cupola diaframmatica ed il margine polmonare posteriore (media dei due valori, a destra e a sinistra).

Questi indici quantitativi consentono un monitoraggio più preciso della progressiva perdita di volume che si verifica nella storia naturale delle fibrosi polmonari e potrebbero essere inclusi nel referto radiologico, insieme al diametro delle arterie polmonari centrali (espressione di ipertensione polmonare), alla già citata presenza di adenopatie mediastiniche e ad altri reperti collaterali significativi, come calcificazioni coronariche, fratture vertebrali, ernia jatale 22,23.

Difficoltà diagnostiche e classificative

Nonostante i passi in avanti fatti negli ultimi anni nella conoscenza delle interstiziopatie polmonari fibrosanti, l’approccio a queste malattie resta complesso e non privo di difficoltà interpretative che di seguito verranno discusse.

Fibroelastosi Pleuro-Polmonare (PPFE)

Caso emblematico è quello della fibroelastosi pleuro-polmonare (PPFE, Pleuroparenchymal Fibroelastosis), entità patologica poco conosciuta e che spesso non viene identificata in quanto c’è la tendenza a confondere i tipici pleural caps (Fig. 3) dei lobi superiori con generici “esiti apicali”. La PPFE invece merita di essere individuata e diagnosticata in quanto sembra non essere così rara come si riteneva in passato, è frequentemente evolutiva e può portare al trapianto polmonare soprattutto nelle forme (circa il 50%) in cui si associa ad altre interstiziopatie a preferenziale localizzazione basale (più spesso UIP) 24. In quest’ultima condizione (PPFE-UIP), se non ci si accorge che si è di fronte a due patologie distinte, applicando le nuove classificazioni, sia Fleischner che ATS/ERS 25-27, si rischia di classificare il caso come indeterminate, o inconsistent a causa della distribuzione non classica delle alterazioni reticolari.

Individuazione del pattern UIP

La classificazione internazionale delle fibrosi polmonari, recentemente proposta da varie società scientifiche, è passata da tre categorie radiologiche (UIP definite, possible e inconsistent) a quattro (UIP typical, probable, indeterminate e non consistent with UIP), anche se vi è una tendenza ad unificare le prime due classi 25-28,37,38.

La differenza tra forme typical e probable consiste nel fatto che in queste ultime manca l’honeycombing, pur osservandosi simile distribuzione spaziale dei reticoli, delle aree di deformazione dell’architettura lobulare e delle bronchiectasie “da trazione”. Secondo alcuni Autori, le bronchiectasie avrebbero sostanzialmente lo stesso significato dell’honeycombing e sembrerebbero correlate con la profusione istologica dei foci fibroblastici sia nella UIP/IPF, che in altre interstiziopatie fibrosanti 39. Inoltre, le due classificazioni, Fleischner e ATS/ERS 25-27 non sono del tutto sovrapponibili 40. Secondo la Fleischner Society, per esempio, la diagnosi di UIP/IPF può essere posta senza ricorrere alla biopsia nelle categorie tipica e probabile, mentre la biopsia chirurgica è raccomandata solo in quelle forme probabili in cui le caratteristiche cliniche sono anomale oppure se la HRCT mostra un quadro indeterminate o non consistent con UIP. La classificazione ATS/ERS invece non fa una distinzione tra UIP probable e le categorie meno specifiche, suggerendo di eseguire una biopsia in tutti quei pazienti che non presentano il pattern tipico, dopo una discussione multidisciplinare. Tale indicazione è stata interpretata da alcuni autori come “un mandato per la biopsia chirurgica” 41 anche se si tratta di una raccomandazione conditional. Quando, in accordo con le nuove classificazioni, viene posta una diagnosi radiologica di UIP indeterminate/non consistent, non è possibile comunque escludere del tutto che all’approfondimento bioptico si possa riscontrare un pattern istologico UIP 32,42. Bisogna inoltre considerare che circa il 20% delle interstiziopatie con quadro HRTC non tipico per UIP nel giro di mesi o di pochi anni può evolvere in una UIP tipica e, al contrario, è possibile che la HRCT mostri honeycombing in assenza di un fenotipo progressivo.

Nella individuazione del pattern radiologico UIP tipico, ed in particolare dell’honeycombing, sono possibili falsi negativi come nel caso dell’honeycombing microscopico che è spesso difficilmente distinguibile da aree di ground glass; in questi casi tuttavia la presenza di reticoli e piccole bronchiectasie ci può indirizzare verso la diagnosi di una patologia fibrosante. Sono anche possibili falsi positivi, in cui l’honeycombing viene simulato da estese bronchiectasie post-infettive, meglio riconoscibili in ricostruzioni MIR (Maximum Intensity Projection), o da enfisema para-settale associato ad una variabile quota di fibrosi. Questi ultimi aspetti sono descritti in letteratura con acronimi come: AEF (Air space Enlargement with Fibrosis) o SRIF (Smoking Related Interstitial Fibrosis). Un altro elemento di confusione è l’associazione tra densità gravitazionale in decubito supino ed enfisema para-settale, che può simulare un quadro di ispessimento interstiziale fibrotico con honeycombing. In questi casi è necessaria la scansione in decubito prono che porta alla scomparsa del reperto nelle forme non interstiziali.

Infine, l’eterogeneità spaziale e temporale delle lesioni, considerata la pietra miliare della diagnosi patologica di UIP, in realtà trova un riscontro alla HRCT solo nelle fasi relativamente precoci della IPF, mentre in fase avanzata il quadro diventa molto più uniforme, caratterizzato da honeycombing e bronchiectasie “da trazione” che aumentano progressivamente di estensione.

Nonostante tutti i fattori sopra citati, si ritiene che la HRCT possa portare alla diagnosi di UIP tipica (Fig. 4) nel 50-60% dei casi, evitando di ricorrere all’esame bioptico 29-31, pur ricordando che l’honeycombing non è esclusivo appannaggio della IPF ma si può riscontrare in altre interstiziopatie fibrosanti (ad esempio CHP, NSIP e CTD, ma anche sarcoidosi, polmonite organizzativa in evoluzione fibrotica, etc.) 43.

Tra i patologi l’accuratezza diagnostica e la concordanza inter-osservatore è moderatamente più elevata, pur considerando che nel 20% delle biopsie chirurgiche la diagnosi di pattern UIP viene posta con un basso livello di confidence 32. È poi noto che, dopo una biopsia chirurgica, eseguita su due lobi diversi, nel 12-26% dei casi il patologo può individuare un pattern UIP in un lobo e polmonite interstiziale non specifica (NSIP, Non-Specific Interstitial Pneumonia) nell’altro (forme “discordanti”).

Ruolo della discussione multidisciplinare (MDD)

Nelle forme non tipiche è richiesta la discussione multidisciplinare del caso (MDD) che aumenta notevolmente la confidence diagnostica (fino all’80-90%) 33,34. Nei casi non classificabili nonostante MDD, può essere utile ricorrere ad una classificazione pragmatica basata sulle caratteristiche cliniche e l’andamento nel tempo della malattia (clinical behavior), come proposto da alcuni autori. Sono stati infatti identificati 4 cluster diversi in base ad alcuni parametri clinici riscontrati alla diagnosi (sesso, razza, età, storia di fumo, etc.) che sembrano correlati con il decorso della malattia e la risposta alle terapie 33-35. Infine, l’adozione di un indice fisiologico composito (CPI: derivato dal valore di DLco, FEV e FVC), la gravità delle bronchiectasie “da trazione”, la presenza di honeycombing ed il diametro delle arterie polmonari sarebbero in grado di predire l’evoluzione della malattia 36.

La MDD nei casi non classificabili dovrebbe essere ripetuta nel tempo 44,45 e ciò comporta una revisione della diagnosi clinico-radiologica nella metà circa dei casi, di quella anatomo-patologica (su biopsia chirurgica) nel 20% e una modifica della terapia in più del 40% (working diagnosis).

Progressione di malattia

Altro tema di fondamentale importanza nella valutazione delle interstiziopatie fibrosanti è quello della progressione 46-48 che è classicamente basata sulla clinica e sui test funzionali, dei quali tuttavia si conoscono i limiti. Dal punto di vista radiologico, una più veloce progressione è prevedibile in quei casi in cui, fin dalle fasi iniziali di malattia, si osserva estesa fibrosi, honeycombing, bronchiectasie o bronchiolectasie da trazione. Elementi prognosticamente rilevanti sono anche i segni indiretti di ipertensione polmonare (PH, Pulmonary Hypertension), le già citate adenopatie mediastiniche e l’ernia jatale 23. La progressione può essere valutata con un follow-up HRCT, ma non vi è ancora un accordo sul timing della ripetizione della stessa, considerato anche che è possibile osservare talvolta un peggioramento clinico-funzionale a fronte di un imaging stabile.

Conclusioni

Lo studio delle interstiziopatie fibrosanti è un settore molto complesso della medicina e richiede l’interazione di più figure professionali, basti pensare che entità diverse dalla IPF possono presentare un quadro HRCT di UIP tipica o probabile. Una diagnosi differenziale accurata con la sola HRCT è possibile solo nel 50-60% dei casi, in quanto bisogna considerare anche reperti confondenti come l’AEF e la SRIF e condizioni complesse come la CPFE 49,50 (Fig. 5). Inoltre, molti pazienti con IPF non presentano inizialmente il pattern radiologico UIP tipico e vengono provvisoriamente catalogati come indeterminati o inconsistent, per poi progredire verso un quadro classico.

Siamo quindi di fronte a patologie complesse da diagnosticare, tali da richiedere una competenza specifica ed un costante aggiornamento, in attesa dell’ausilio promettente dell’intelligenza artificiale 14.

Un “effetto collaterale” delle ultime classificazioni è stato quello di catalogare molti casi di interstiziopatia fibrosante come quadri di fibrosi possible 40 e di ridurre il numero delle diagnosi di NSIP, pattern che per il patologo resta comunque il secondo per frequenza dopo la UIP. La tendenza negli ultimi tempi sembra essere quella di classificare (e trattare) direttamente queste forme come UIP/IPF senza eseguire la biopsia chirurgica, riducendo in tal modo l’importanza delle forme secondarie, specie CHP e CTD, che invece si gioverebbero di una diversa terapia.

Senza accorgercene, stiamo forse “cambiando i connotati” delle malattie fibrosanti polmonari e se questo sia un bene o un male è ancora da vedere. Molto lavoro resta ancora da fare e dobbiamo rassegnarci a mantenere una quota di incertezza, almeno fino a quando non avremo più informazioni sulla biologia di queste malattie, con una analisi genomica, associata alla “behavioral analysis”.

Figure e tabelle

Figura 1.ILA (Interstitial Lung Abnormalities) (A-B). Le immagini HRCT assiali, acquisite in decubito supino (A), evidenziano sottili opacità reticolari a distribuzione dorsale sub-pleurica che interessano le basi polmonari bilateralmente; le immagini ottenute in decubito prono, allo stesso livello (B), confermano la presenza di alterazioni reticolari sub-pleuriche bilaterali, escludendo la possibilità di densità gravitazionali.

Figura 2.Linfoadenopatie mediastiniche associate a interstiziopatia fibrosante (A-B). L’immagine HRCT assiale con finestra per parenchima (A) mostra ispessimenti reticolari fibrotici dell’interstizio polmonare e millimetriche cisti aeree, a prevalente distribuzione periferica sub-pleurica. Allo stesso livello, con finestra per mediastino (B), si evidenzia un linfonodo pre-carenale (punta di freccia) aumentato di volume.

Figura 3.PPFE-UIP (Fibroelastosi Pleuro-Polmonare - Polmonite Interstiziale Usuale); caratteristiche HRCT (A-B). Le immagini HRCT, ricostruite su piani coronali a diversi livelli (A, B), evidenziano ispessimenti sub-pleurici bilaterali che interessano prevalentemente gli apici polmonari, con alterazioni fibrotiche del parenchima, condizionanti perdita di volume dei lobi superiori. In sede basale, in particolare a livello dei seni costofrenici, si apprezzano alterazioni fibrotiche del parenchima quali opacità reticolari, bronchiectasie e honeycombing.

Figura 4.Pattern radiologico UIP (Polmonite Interstiziale Usuale) tipica (A-C). Le immagini HRCT assiali delle basi polmonari (A) e le ricostruzioni coronale (B) e sagittale (C) mostrano ispessimenti fibrotici reticolari dell’interstizio polmonare, a prevalente distribuzione sub-pleurica, basale bilaterale, con bronchiectasie da trazione e distorsione dell’architettura parenchimale; si associano multiple piccole cisti aeree in sede basale sub-pleurica, compatibili con honeycombing.

Figura 5.Fibrosi polmonare in combinazione con enfisema, CPFE (A-C). Le immagini HRCT assiali a livello degli apici (A) e delle basi polmonari (B), mostrano alterazioni enfisematose bilaterali con prevalenza ai lobi superiori (A), mentre in sede basale (B) sono visibili opacità reticolari e bronchiectasie da trazione. La ricostruzione coronale (C) evidenzia la distribuzione delle alterazioni enfisematose, prevalenti in sede medio-apicale, e fibrotiche, in sede basale.

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  50. Seeger W, Adir Y, Barberà JA. Pulmonary hypertension in chronic lung diseases. J Am Coll cardiol. 2013; 62:109-16. DOI

Affiliazioni

Eleonora Carlicchi

Scuola di Specializzazione in Radiodiagnostica, Università degli Studi di Milano, Milano

Antonella Caminati

U.O. di Pneumologia e Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria ed Emodinamica Polmonare, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano

Sergio Harari

U.O. di Pneumologia e Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria ed Emodinamica Polmonare, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano; Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità, Università degli Studi di Milano, Milano

Patrizia Fughelli

Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Bologna

Roberto Lipsi

U.O. di Pneumologia e Terapia Semi-Intensiva Respiratoria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria ed Emodinamica Polmonare, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano

Maurizio Zompatori

Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, Bologna; U.O. Radiologia, Ospedale San Giuseppe - MultiMedica IRCCS, Milano

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2020

Come citare

Carlicchi, E., Caminati, A., Harari, S., Fughelli, P., Lipsi, R., & Zompatori, M. (2020). La diagnosi radiologica delle interstiziopatie polmonari fibrosanti. Novità e controversie. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 35(2), 107-114. https://doi.org/10.36166/2531-4920-A026
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