Ruolo della Terapia Intensiva Respiratoria nella pandemia da COVID-19: presente, passato (recente) e futuro
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La grandezza della pandemia da COVID-19 ha esercitato una pressione senza precedenti sui sistemi sanitari mondiali. In Italia la prima trasmissione locale è stata segnalata il 21 febbraio 2020 e ha portato a una catena di infezione che rappresenta uno dei più grandi focolai di COVID-19 al di fuori dell’Asia.
La caratteristica respiratoria dominante dell’infezione da SARS-CoV-2 è l’ipossiemia arteriosa, che supera notevolmente le anomalie della meccanica polmonare (riduzione della compliance) 1.
Un recente studio osservazionale retrospettivo 2 ha mostrato come in Lombardia, la regione italiana più colpita dall’epidemia, nel periodo compreso tra il 20 febbraio e il 18 marzo oltre 1.500 pazienti, con insufficienza respiratoria acuta moderata-severa e diagnosi confermata di COVID-19, abbiano avuto la necessità del ricovero in Terapia Intensiva (ICU). Di questi pazienti l’88% è stato intubato, mentre solo l’11% è stato gestito con un supporto respiratorio non invasivo. Inoltre, dopo 5 settimane dall’ingresso in ICU, la maggior parte di questi pazienti (58%) risultava ancora ricoverata in ambiente intensivo, il 16% era stata dimessa e il 26% dei pazienti era deceduto 2.
Dai dati attualmente disponibili emerge che il tasso di utilizzo della ventilazione meccanica non invasiva (NIV) e di altri supporti respiratori non invasivi nelle ICU è stato molto variabile, oscillando dal 19% (Stato di Washington, Stati Uniti) 3 al 62% (Wuhan, Cina) 4. Le cause di questa variabilità sono molteplici.
Sicuramente nelle prime fasi dell’epidemia l’utilizzo dei dispositivi di supporto respiratorio non invasivo è stato limitato. Infatti, una delle maggiori preoccupazioni riguardanti la loro applicazione clinica ha riguardato la capacità di aerosolizzazione e il rischio di contaminazione da parte degli operatori sanitari. Un’altra potenziale spiegazione di questa eterogeneità risiede nel fatto che, soprattutto in Italia, la maggior parte dei pazienti che ha richiesto un supporto respiratorio è stata gestita al di fuori dell’ambiente intensivo. Ciò ha consentito di far fronte all’aumentata richiesta di assistenza rianimatoria e di limitare l’accesso alle ICU.
In contrasto con altre raccomandazioni, e sulla base dell’esperienza italiana, alcune Società Internazionali hanno fatto circolare un algoritmo di gestione clinica suggerendo l’utilizzo dei supporti respiratori non invasivi quali la CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), gli alti flussi e la NIV nei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV-2. Recentemente uno studio retrospettivo caso-controllo condotto in un ospedale francese ha valutato l’impatto dell’utilizzo della CPAP 5 sul tasso di intubazione di pazienti ricoverati in una Unità Operativa di Pneumologia con competenze sulla ventilazione meccanica. In questo studio monocentrico la CPAP ha ridotto il tasso di mortalità a 7 e 14 giorni rispetto ai controlli, migliorando la prognosi di questi pazienti. Dati non ancora pubblicati di uno studio osservazionale che ha arruolato pazienti COVID affetti da insufficienza respiratoria severa ricoverati in 9 Pneumologie italiane 6 mostrano come l’applicazione di dispositivi respiratori non invasivi al di fuori della ICU sia fattibile ed efficace, nonostante sia associata a un rischio non trascurabile di contaminazione del personale.
Pertanto, appare evidente come in questo scenario lo specialista Pneumologo con capacità di gestione del paziente respiratorio critico abbia avuto un ruolo centrale in collaborazione con le altre figure professionali mettendo a disposizione della comunità competenze specifiche fondamentali per far fronte all’emergenza sanitaria.
Allora, alla luce di questi dati, quale funzione potrà assumere la Terapia Intensiva Respiratoria in futuro? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro. Innanzitutto è necessario più che mai dare dignità al lavoro che da anni conduciamo con fatica. Le poche Terapie Intensive Respiratorie attualmente presenti sul territorio nazionale sono sopravvissute grazie alla caparbietà e al lavoro di chi le gestisce più che ad una chiara consapevolezza della loro utilità e necessità da parte delle Istituzioni locali e nazionali.
È recente il decreto Legge (art. 2 decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34) riguardante le Linee di indirizzo organizzative per il potenziamento della rete ospedaliera per l’emergenza COVID-19. Tale decreto promuove l’incremento dei posti letto e lo sviluppo sul territorio italiano sia del setting intensivo che semintensivo. Ovviamente l’aumento del numero dei posti letto non potrà e non dovrà essere sufficiente. Il piano di riorganizzazione dovrà essere consensuale all’implementazione delle attrezzature, del monitoraggio e della formazione del personale dedicato. La crisi COVID-19 ha chiaramente dimostrato come i caregiver debbano basare le decisioni cliniche su solide conoscenze scientifiche al fine di ottenere il massimo valore dalle risorse disponibili. È per tale motivo che è necessario investire tempo e mezzi affinché l’educazione degli specialisti Pneumologi e dello staff sanitario in generale comprenda improrogabilmente una formazione altamente specifica e qualificata sul tema della ventilazione meccanica, invasiva e non invasiva, e sulle principali tecniche di supporto intensivologico. Infatti, la gestione del paziente critico complesso ricoverato presso i reparti di Terapia intensiva e Sub-intensiva Respiratoria richiede un adeguato bagaglio fisiopatologico e una maturata capacità pratico-applicativa relativamente alle numerose procedure diagnostico-terapeutiche fondamentali in ambiente intensivo.
È altresì importante ricordare la capacità di adeguamento rapido della Terapia Intensiva Respiratoria alle necessità del paziente, inteso come upgrade a livelli assistenziali maggiori quali il livello massimo comprendente il supporto e la gestione dell’insufficienza multiorgano al fine di non ritardare il corretto management del paziente nel setting più adeguato.
In un momento critico come quello attuale, ancora di più che in passato, l’utilizzo ragionato di risorse umane e non, associato alla programmazione della formazione del personale della Terapia Intensiva e Sub Intensiva Respiratoria, contribuirà a fronteggiare e a migliorare la gestione di future emergenze epidemiche, rappresentandone la chiave di un auspicabile successo.
KEY MESSAGES
- La drammatica diffusione della pandemia da COVID-19 ha esercitato una pressione senza precedenti sui sistemi sanitari nazionali.
- Tale crisi ha fatto chiaramente emergere la necessità di specialisti Pneumologi con capacità di gestione del paziente respiratorio critico.
- In un momento critico come quello attuale, l’utilizzo ragionato delle risorse associato alla programmazione della formazione del personale della Terapia Intensiva e Sub-Intensiva Respiratoria, contribuirà a fronteggiare e a migliorare la gestione di future emergenze epidemiche, rappresentandone la chiave di un auspicabile successo.
Riferimenti bibliografici
- Tobin MJ. Basing respiratory management of COVID-19 on physiological principles. Am J Respir Crit Care Med. 2020; 201:1319-20. DOI
- Grasselli G, Zangrillo A, Zanella A. Baseline characteristics and outcomes of 1591 patients infected with SARS-CoV-2 admitted to ICUs of the Lombardy Region, Italy. JAMA. 2020; 323:1574-81. DOI
- Arentz M, Yim E, Klaff L. Characteristics and outcomes of 21 critically ill patients with COVID-19 in Washington State. JAMA. 2020; 323:1612-4. DOI
- Huang C, Wang Y, Li X. Clinical features of patients infected with 2019 novel coronavirus in Wuhan, China. Lancet. 2020; 395:497-506. DOI
- Oranger M, Gonzalez-Bermejo J, Dacosta-Noble P. Continuous positive airway pressure to avoid intubation in SARS-CoV-2 pneumonia: a two-period retrospective case-control study. Eur Respir J. 2020. DOI
- Cosimo F, Facciolongo N, Tonelli R. Feasibility and clinical impact of out-of-ICU noninvasive respiratory support in patients with Covid-19 related pneumonia. Eur Respir J. 2020. DOI
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