Pneumopatie Infiltrative Diffuse e Patologia del Circolo Polmonare
Abstract
Anche il 2018, come gli anni che lo hanno preceduto, è stato testimone di innumerevoli pubblicazioni di importante rilievo nel panorama internazionale che hanno contribuito sia ad arricchire le nostre conoscenze che ad orientare e standardizzare il nostro operato nella pratica quotidiana mediante la stesura di documenti ufficiali, come le linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT 2018 per la diagnosi della fibrosi polmonare idiopatica
(IPF). (...)
Anche il 2018, come gli anni che lo hanno preceduto, è stato testimone di innumerevoli pubblicazioni di importante rilievo nel panorama internazionale che hanno contribuito sia ad arricchire le nostre conoscenze che ad orientare e standardizzare il nostro operato nella pratica quotidiana mediante la stesura di documenti ufficiali, come le linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT 2018 per la diagnosi della fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Inoltre, una particolare attenzione è stata rivolta al ruolo delle comorbilità che frequentemente riscontriamo nei soggetti con pneumopatia infiltrativa diffusa e che ne determinano un importante impatto su prognosi e gestione, tra le quali la neoplasia polmonare e l’ipertensione arteriosa polmonare.
Le nuove linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT 2018 per la diagnosi di IPF: a step forward or back?
Le linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT per la diagnosi della IPF del 2011 hanno rappresentato un cruciale passaggio nella gestione di tale patologia, prefiggendosi l’ambizioso obiettivo di standardizzare il più possibile l’approccio diagnostico in un contesto caratterizzato da un’elevata eterogeneità e complessità. Tuttavia, la presenza di alcune criticità nell’effettiva applicabilità nella pratica clinica dell’algoritmo diagnostico proposto dagli Autori ha fatto sì che si creasse una grande aspettativa per l’aggiornamento delle stesse, il quale è stato pubblicato nel settembre 2018 1. Come nel precedente documento del 2011, è stata utilizzata la metodologia Grading of Recommendations, Assessment, Development, and Evaluation (GRADE) per rispondere, tramite revisione sistematica della letteratura, ad una lista di key question riguardanti punti cruciali del work-up diagnostico di tale patologia, definiti come tali dal panel di esperti di diverse discipline coinvolti. In assenza di concordanza di almeno un 70% tra i votanti, non risultava possibile formulare una raccomandazione, concludendo quindi con una “non raccomandazione”, concettualmente molto diversa da una raccomandazione positiva, condizionale o negativa.
Per quanto riguarda le categorizzazioni radiologica ed istologica, esse sostanzialmente riprendono a grandi linee le classificazioni a quattro categorie, proposte nel White paper della Fleischner Society.
La classificazione dei possibili quadri TC prevede quattro pattern in cui vengono distinti distribuzione ed elementi patologici: UIP, probable UIP, indeterminate UIP, alternative diagnosis. In termini di “features”, le prime due categorie risultano sostanzialmente sovrapponibili rispettivamente al pattern definite UIP e possible UIP, ma in termini di distribuzione si specifica come, seppur prevalentemente a localizzazione basale e subpleurica, in alcuni casi questa possa essere eterogenea ed occasionalmente diffusa. Inoltre, nel pattern probable UIP si specifica come possano essere presenti anche circoscritte aree di vetro smerigliato. Nel pattern alternative diagnosis confluiscono, invece, quei quadri altamente suggestivi per patologie alternative (consolidazioni, diffuse aree di vetro smerigliato “puro”, diffuse attenuazioni a mosaico con intrappolamento aereo, nodulazioni e cisti) con prevalente distribuzione alle porzioni superiori o medie del polmone e localizzazione peribroncovascolare con risparmio subpleurico. Infine, i quadri non classificabili in nessuna delle suddette categorie ricadono nel pattern indeterminate for UIP, nel quale rientrano anche le Interstial Lung Abnormalities (ILA). Le implicazioni pratiche di questa nuova categorizzazione, in particolare dell’introduzione del pattern probable, nell’approccio diagnostico del paziente, differiscono in parte da quelle proposte nel White paper, nel quale, in presenza di un quadro clinico tipico per IPF (età > 60 anni, sesso maschile, assenza di elementi clinici suggestivi di forme secondarie), l’acquisizione di tessuto polmonare non è considerata necessaria per formulare la diagnosi di IPF con un buon grado di confidenza. Nelle linee guida ATS/ERS/JRS/ALAT 2018, in presenza di pattern probable, si raccomanda ancora di eseguire un approfondimento istologico nella maggior parte dei pazienti, pur specificando, però, che in un contesto clinico suggestivo l’indicazione o meno a biopsia rimanga comunque a discrezione del clinico.
Più rilevanza, rispetto al passato, viene attribuita al ruolo del lavaggio broncoalveolare, a cui viene riservata una sezione dedicata, al termine della quale il panel di esperti “suggerisce” di effettuare tale procedura nella maggior parte dei casi, seppur sulla base di evidenze di bassa qualità (raccomandazione condizionale). Con la stessa forza di raccomandazione, ovvero condizionale e basata su evidenze di scarsa qualità, viene suggerita l’esecuzione della biopsia polmonare chirurgica, che rimane l’attuale gold standard per l’acquisizione di tessuto polmonare. Una NON raccomandazione, ovvero nessuna posizione né contro né a favore, viene invece assunta nei confronti di metodiche di approccio meno invasive, come la biopsia transbronchiale e la criobiopsia transbronchiale. In particolare, riguardo a quest’ultima, si sottolinea come, pur essendo una metodica promettente, ci siano ancora da chiarire alcuni aspetti relativi al profilo rischio/beneficio in centri meno esperti e alla standardizzazione della procedura. Tuttavia, è importante evidenziare che, a differenza della biopsia transbronchiale, il ruolo diagnostico della criobiopsia transbronchiale è supportato da una rilevante mole di dati pubblicati in letteratura, sintetizzati in diverse meta-analisi. Come testimoniato anche da registri europei real-life, tale metodica è, infatti, attualmente ampiamente diffusa in Italia e in Europa, ovviamente in centri con un’adeguata esperienza in pneumologia interventistica.
Per la prima volta viene menzionato l’utilizzo nella pratica clinica dei principali biomarcatori sierici (MMP-7, SPD, CCL-18, KL-6) a scopo diagnostico, concludendo che non è attualmente raccomandato, data l’assenza ad oggi di dati convincenti in merito a validazione e accuratezza. Come nel precedente documento del 2011, l’approccio diagnostico multidisciplinare viene, infine, sintetizzato prediligendo ancora una modalità “tabellare”, nella quale le diverse combinazioni dei pattern clinici e morfologici vengono incasellate in una griglia dedicata con annessi asterischi che rimandano ad ulteriori scenari, con l’ambizioso proposito di racchiudere la vasta eterogeneità di presentazione di questa proteiforme, ed ancora misteriosa patologia.
La verifica dell’effettiva applicabilità o meno di queste linee guida nella pratica clinica, principale critica mossa al precedente documento, sarà presto in grado di fornirci una risposta concreta all’iniziale quesito che ci siamo posti: passo avanti, indietro o, forse, nessuno dei due?
L’importanza delle comorbilità: IPF e neoplasia polmonare
L’insorgenza di neoplasia polmonare in pazienti affetti da IPF è un’evenienza relativamente frequente e con un significativo impatto prognostico e gestionale, sia nel breve che nel lungo termine. Età avanzata e fumo di sigaretta sono riconosciuti fattori di rischio per l’insorgenza di entrambe le patologie, ma alla base di questa associazione sono state avanzate diverse ipotesi patogenetiche, che chiamano in causa pathway molecolari comuni, tra cui alterazioni genetiche e epigenetiche, ritardata apoptosi, riduzione delle comunicazioni intercellulari e attivazione anomala delle vie di trasduzione intracellulari del segnale. I pazienti affetti da IPF, infatti, presentano un rischio almeno cinque volte maggiore di sviluppare una neoplasia polmonare rispetto alla popolazione generale, con dati di prevalenza estremamente eterogenei a seconda degli studi (3-48%). Al fine di produrre una sintesi qualitativa e quantitativa di quanto presente in letteratura sul tema, Ali Reza Jafari Nezhad e Mohammad Hossein YektaKooshali, ricercatori del ILD Research Centre dell’Università di Rasht (Iran), hanno condotto un’esaustiva revisione sistematica, pubblicata su PLoS ONE nell’agosto 2018 2.
Dalla selezione degli articoli, condotta secondo le linee guida PRISMA, sono stati estrapolati 35 studi, che includono dati relativi a più di 130.000 pazienti affetti da IPF, di cui circa 6.000 con concomitante neoplasia del polmone. Riassumendo le evidenze presenti in letteratura, viene stimata una prevalenza di tumore al polmone pari al 13,5%, confermando la significativa eterogeneità fra i singoli studi, soprattutto in base alla collocazione geografica (2,7% in Gran Bretagna, 48,2% in Giappone). Come atteso, i principali predittori sono risultati essere sesso maschile ed esposizione al fumo di sigaretta (rischio 9 volte superiore). Altra importante sintesi riguarda la caratterizzazione della patologia tumorale in corso di IPF, confermando la presenza di significative differenze rispetto alla popolazione non affetta da IPF, in termini di istotipo e localizzazione. Per quanto riguarda il sottotipo istologico, il carcinoma squamocellulare rappresenta l’istotipo più frequente (37,8%), seguito dall’adenocarcinoma (30,8%), dal carcinoma polmonare a piccole cellule (20,48%), dal carcinoma neuroendocrino a grandi cellule (5,2%) e infine dal carcinoma adenosquamoso (4,8%). La neoplasia si sviluppa generalmente nelle aree periferiche del polmone, prevalentemente ai lobi inferiori e nel contesto del parenchima fibrotico, confortando l’ipotesi che vede la neoplasia come esito della lesione proliferativa bronchiolare preneoplastica nel contesto delle alterazioni honeycombing.
Questo lavoro, pur gravato dai limiti metodologici di ogni strumento di ricerca secondaria (ovvero, l’essere strettamente dipendente dalla qualità degli studi inclusi), rappresenta un importante primo passo verso una più esaustiva caratterizzazione di una problematica tutt’altro che irrilevante che ci troviamo frequentemente a fronteggiare nella pratica clinica in assenza, ad oggi, di evidenze scientifiche e raccomandazioni condivise. Molte sono, infatti, le questioni ancora aperte in merito alla strategia diagnostico-terapeutica ottimale in questo contesto, stimando il rischio/beneficio di determinati interventi in base allo stadio di entrambe le patologie, in modo da migliorare prognosi e qualità di vita. Si auspica al più presto la creazione di una rete collaborativa tra centri specializzati sul territorio per standardizzare i protocolli diagnostico-terapeutici e garantire ad ogni paziente l’accesso alle cure ritenute best practice.
Work-up diagnostico dell’ipertensione arteriosa polmonare associata a Interstitial Lung Disease (ILD): tempo per una standardizzazione?
È noto come anche l’insorgenza di ipertensione arteriosa polmonare abbia un rilevante impatto prognostico in corso di pneumopatie infiltrative diffuse fibrosanti. Sebbene l’ecocardiografia sia lo strumento più diffuso per lo screening in questo gruppo di pazienti, discordanze sono spesso state evidenziate tra i dati ottenuti con tale metodica e il cateterismo cardiaco destro, che è a tutt’oggi il gold standard per la diagnosi di ipertensione polmonare. Keir et al. hanno arruolato consecutivamente, dal 2006 al 2012, 225 pazienti affetti da ILD in cui veniva sospettata la presenza di ipertensione polmonare su base ecocardiografica, che venivano, quindi, successivamente sottoposti ad una più completa valutazione, incluso il cateterismo cardiaco destro (RHC). In accordo con le raccomandazioni ESC/ERS, la velocità di rigurgito tricuspidalico (TRV) è stata considerata come valore per la stratificazione del rischio di ipertensione polmonare: elevato, se > 3,4 m/s, intermedio se tra 2,9 e 3,4 m/s e basso se < 2,8 m/s. I risultati ottenuti al RHC sono stati poi revisionati in base alle probabilità pre-test stimate. Complessivamente, nei soggetti con un valore di TRV > 3,4 m/s è stata riscontrata l’ipertensione polmonare nell’86% dei casi. Tuttavia, nel gruppo considerato come a basso rischio (TRV < 2,8 m/s), l’ipertensione polmonare era presente ben nel 40% dei casi, evidenziando come in un’ampia percentuale di pazienti l’ipertensione polmonare potrebbe essere misconosciuta. Pertanto, risulta mandatorio validare al più presto strumenti di screening compositi che tengano in considerazione multipli parametri clinici e funzionali, date le implicazioni prognostiche e le possibili implicazioni terapeutiche, alla luce delle possibili terapie di combinazioni con vasodilatatori ad oggi in fase di sperimentazione.
Riferimenti bibliografici
- Raghu G, Remy-Jardin M, Myers JL, American Thoracic Society, European Respiratory Society, Japanese Respiratory Society, Latin American Thoracic Society. Diagnosis of idiopathic pulmonary fibrosis. An official ATS/ERS/JRS/ALAT clinical practice guideline. Am J Respir Crit Care Med. 2018; 198:e44-e68.
- Jafari Nezhad A, YektaKooshali MH. Lung cancer in idiopathic pulmonary fibrosis: a systematic review and meta-analysis. PLoS One. 2018; 13:e0202360.
- Keir GJ, Wort SJ, Kokosi M. Pulmonary hypertension in interstitial lung disease: limitations of echocardiography compared to cardiac catheterization. Respirology. 2018; 23:687-94.
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