Polmonite organizzativa criptogenetica: l’essenziale da sapere
Abstract
La polmonite organizzativa (OP) è uno dei principali pattern di risposta del polmone a danni di varia natura (OP reaction-pattern) che si sviluppa negli alveoli e nei bronchioli distali. Può essere secondaria a cause note e condizioni cliniche particolari o idiopatica e in tal caso è definita polmonite organizzativa criptogenetica (cryptogenic organizing pneumonia, COP) e viene classificata tra le polmoniti interstiziali idiopatiche secondo la classificazione ATS/ERS del 2002. Le ragioni di questa scelta classificativa vanno ricercate nella natura idiopatica e nelle caratteristiche cliniche, fisiopatologiche e radiologiche della malattia, assimilabili a quelle delle altre polmoniti interstiziali. Poiché la componente bronchiolare può anche mancare, si tende a sostituire oggi l’acronimo BOOP (Bronchiolitis Obliterans Organizing Pneumonia) con quello di OP. Clinicamente e radiologicamente la malattia può mimare una polmonite batterica. L’aspetto radiologico tipico è rappresentato da addensamenti parenchimali bilaterali, periferici, con broncogramma aereo, spesso associati ad aree di vetro smerigliato. Le opacità parenchimali possono avere carattere migrante o regredire spontaneamente. Esistono poi manifestazioni radiologiche atipiche meno frequenti. Da un punto vista anatomo-patologico il pattern OP è caratterizzato da gettoni endoalveolari ed endobronchiolari di tessuto mixoide lasso. La prognosi è eccellente e la maggior parte dei pazienti risponde rapidamente alla terapia corticosteroidea. In rari casi la malattia può presentarsi con un quadro di insufficienza respiratoria rapidamente progressiva. Le recidive di malattia sono frequenti.
Introduzione
La polmonite organizzativa (Organizing Pneumonia, OP) è una condizione morbosa caratterizzata dallo sviluppo di gettoni di tessuto connettivo lasso all’interno degli spazi aerei distali (alveoli, dotti alveolari e talora bronchioli).
La OP è caratterizzata dallo sviluppo di gettoni di tessuto connettivo lasso all’interno degli spazi aerei distali.
È nota almeno dall’inizio del XX secolo, ma è divenuta un’entità patologica a se stante, con specifici aspetti clinici, radiologici ed anatomopatologici, solo negli anni ’80 1. Per indicarla si utilizza comunemente ma erroneamente anche il termine di bronchiolite obliterante con polmonite in organizzazione (Bronchiolitis Obliterans with Organizing Pneumonia, BOOP): il processo principale è infatti quello della OP mentre la bronchiolite obliterante può essere di accompagnamento ma non è mai l’aspetto anatomo-patologico prevalente.
Eziologia
Si distinguono tipicamente una forma idiopatica di OP (cryptogenic organizing pneumonia, COP) e forme secondarie, che riconoscono specifiche e molteplici cause.
Si distinguono una forma idiopatica di OP (cryptogenic organizing pneumonia, COP) e forme secondarie, che riconoscono molteplici cause.
La forma idiopatica, che è quella di cui ci occuperemo prevalentemente in questo articolo, è inclusa secondo la classificazione ATS/ERS 2002 tra le polmoniti interstiziali idiopatiche 2 (Figura 1).
Le forme secondarie possono svilupparsi come conseguenza di un processo infettivo a carico delle basse vie aeree; in letteratura sono descritti casi di OP secondarie ad infezioni polmonari batteriche di diversa natura (Pneumococco, Legionella, Mycoplasma, Chlamydia, Pseudomonas aeruginosa, ecc.), ma anche secondarie ad infezioni di natura virale (CMV, HIV), fungina o parassitaria. Esistono poi forme iatrogene, “drug-induced” o secondarie a radioterapia. I farmaci più frequentemente coinvolti nello sviluppo di OP sono numerosi ed appartengono a diverse classi farmaceutiche; oltre all’amiodarone, farmaco antiaritmico di uso comune la cui tossicità polmonare è ormai ben nota, si devono ricordare la bleomicina, l’interferon-α, i barbiturici e l’anfotericina B 3. Sembrano poter essere implicati nello sviluppo di patologie interstiziali tra cui la OP anche i farmaci biologici utilizzati nel trattamento dell’artrite reumatoide e più precisamente gli inibitori del TNFα (etanercept, infliximab e adalimumab) 4 5. È relativamente frequente anche lo sviluppo di forme di OP a seguito di trattamenti radianti, in particolare per carcinoma mammario: in pazienti radiotrattate per tumore maligno della mammella l’incidenza di OP è pari al 2,5% circa 6. Recentemente uno studio giapponese ha mostrato una significativa incidenza di OP anche dopo radioterapia stereotassica per NSCLC, pari al 5,2% a due anni 7.
La OP si manifesta frequentemente anche in corso di collagenopatie, rappresentandone talora la manifestazione clinica d’esordio. La dermatomiosite-polimiosite è la malattia del collagene più frequentemente associata ad OP, ma di fatto tutte le malattie reumatiche possono determinare un interessamento polmonare di questo tipo, dall’artrite reumatoide al lupus eritematoso sistemico, alla sclerodermia, alla sindrome di Sjögren 8.
Forme di OP sono descritte infine anche in associazione a malattie intestinali infiammatorie croniche (morbo di Crohn, colite ulcerosa), malattie mieloproliferative (sindrome mielodisplastica, leucemia linfoblastica acuta, leucemia mielomonocitica cronica, ecc.), ipogammaglobulinemia, distiroidismi e poliarterite nodosa.
Anatomia patologica
Da un punto di vista anatomo-patologico la patologia è caratterizzata dalla presenza di formazioni polipoidi di tessuto connettivo lasso che riproducono la forma delle vie aeree periferiche in cui si formano: dotti alveolari e alveoli (OP) e incostantemente bronchioli terminali o respiratori (BO). La componente bronchiolare è sempre minoritaria e può anche mancare ed è per questo che si preferisce denominare la malattia con l’acronimo COP 9.
I gettoni polipoidi sono costituiti da fibroblasti disposti parallelamente tra loro ed elementi infiammatori immersi in una matrice ricca di mucopolisaccaridi (Figura 2).
Nei setti interalveolari è spesso presente un lieve infiltrato infiammatorio cronico linfo-plasmacellulare.
Negli spazi aerei si possono osservare accumuli di macrofagi schiumosi 9.
Il processo si sviluppa a focolai multipli temporalmente omogenei e il tessuto connettivo è ovunque nello stesso stato di maturazione.
L’architettura globale del polmone è conservata.
Le alterazioni istologiche della COP sono reversibili: le formazioni polipoidi vengono ricoperte da epitelio bronchiolare o alveolare e incorporate nei setti con conseguente risoluzione della lesione. La reversibilità è legata ad alcune caratteristiche istopatologiche che includono la capillarizzazione dei gettoni endoalveolari e la predominanza di collagene di tipo III suscettibile ai processi di degradazione. Nelle malattie interstiziali fibrosanti invece, come la UIP, i foci fibroblastici si trasformano in fibrosi densa cicatriziale ricca di collagene di tipo I che contrae il parenchima polmonare conducendo ad un rimodellamento architetturale irreversibile 10.
Alcune caratteristiche anatomopatologiche, quando sono presenti, permettono di escludere una COP e di indirizzare verso altre patologie: un interessamento polmonare diffuso e la presenza di membrane jaline orientano verso un danno alveolare diffuso (DAD), infiltrati neutrofili favoriscono un’infezione o una granulomatosi di Wegener, infiltrati eosinofili in sede interstiziale ed alveolare una polmonite eosinofila cronica, un significativo rimodellamento architetturale con fibrosi densa e favo d’api una UIP (a meno che non si tratti di un reperto focale) 2 11. Trattandosi di una modalità di risposta ad un danno, foci di OP si possono riscontrare come alterazioni di accompagnamento a lesioni polmonari dovute ad altre patologie quali le neoplasie polmonari, i linfomi, le vasculiti come la granulomatosi di Wegener, la polmonite eosinofila e le esacerbazioni acute delle polmoniti da ipersensibilità e della fibrosi polmonare idiopatica. In pazienti con connettivopatie, la OP può coesistere con il pattern NSIP o rappresentare la lesione istopatologica prevalente in particolare nelle dermatomiositi-polimiositi 10.
Clinica
Il sesso maschile e quello femminile sono interessati in ugual misura dalla malattia, l’età media di insorgenza varia tra i 50 e i 60 anni. Si tratta di una malattia non correlata al tabagismo: la prevalenza è doppia nei non fumatori o ex-fumatori rispetto ai fumatori attivi e la percentuale dei non fumatori è più alta nel sesso femminile.
È stata riportata una stagionalità sia nell’insorgenza della malattia (inizio della primavera) che nella ricorrenza delle recidive, ma non ne sono note le ragioni. È stata segnalata anche una forma catameniale.
La presentazione più frequente è quella di una polmonite acquisita in comunità, preceduta da una sindrome similinfluenzale.
Le manifestazioni cliniche sono aspecifiche e per tale ragione la diagnosi è spesso tardiva (6-13 settimane dall’inizio dei sintomi). La presentazione più frequente è quella di una polmonite acquisita in comunità, preceduta da una sindrome simil-influenzale. I sintomi più comuni sono la tosse talora produttiva (90%) e la dispnea da sforzo (80%). Frequenti sono anche i sintomi sistemici quali iperpiressia (60%), calo ponderale (50%), mialgie, artralgie, malessere generale. Meno frequentemente si osservano sintomi quali l’emottisi, il dolore toracico e la dispnea severa ed ingravescente che è in genere indice di forme rapidamente progressive 12 13.
L’obiettività toracica può risultare nella norma o rivelare la presenza di rantoli crepitanti prevalentemente inspiratori.
Quadro funzionale
La maggior parte dei pazienti presenta alle prove di funzionalità respiratoria una sindrome disventilatoria di tipo restrittivo da lieve a moderata.
Un deficit ostruttivo può coesistere in pazienti con storia di tabagismo o con concomitante BPCO (20%).
La capacità di diffusione del CO è ridotta, proporzionalmente al deficit restrittivo.
Più dell’80% dei pazienti presenza ipossiemia a riposo o sotto sforzo che è di solito di lieve entità 12 13.
Dati di laboratorio
In genere si osserva un incremento degli indici di flogosi (70-80%) (VES, PCR e fibrinogeno) con una moderata leucocitosi neutrofilia (50%) ed un incremento della conta piastrinica.
Il lavaggio bronchiolo-alveolare non è diagnostico ma è di supporto alla diagnosi in un adeguato contesto clinico e radiologico. Il BAL mostra un aumento della cellularità totale con un pattern misto caratterizzato da un incremento marcato dei linfociti (> 40%) e più modesto dei neutrofili (10%) e degli eosinofili (5%) (alveolite mista) con riduzione percentuale della popolazione macrofagica 14. Il rapporto CD4/CD8 è ridotto per aumento dei linfociti CD8+. La presenza di un numero elevato di linfociti è un fattore predittivo di buona risposta alla terapia steroidea. Possono essere riscontrati anche macrofagi schiumosi e percentuali aumentate di plasmacellule e mastociti 14 15. L’alveolite mista (aumento dei linfociti CD8, neutrofili e talora eosinofili) non è peraltro specifica di COP e può essere osservata anche in corso di alveolite allergica estrinseca, polmonite interstiziale non specifica e polmoniti da farmaci 16.
Qualora vi sia il sospetto clinico di una sottostante collagenopatia, a completamento degli esami ematochimici più routinari, sarà utile la ricerca di autoanticorpi quali ANA, ENA, Ac anti-DNA, FR e Ac anticitrullina. Sulla scorta della clinica si valuteranno poi ulteriori indagini volte a un miglior inquadramento dell’eventuale patologia autoimmune sottostante (test di Shirmer, capillaroscopia, ecc.).
Radiologia
I pattern HRTC sono l’estrinsecazione sul piano radiologico delle alterazioni istologiche.
Gli aspetti radiologici più tipici e più frequenti di COP sono le aree di addensamento parenchimale e le aree di ground-glass.
Gli aspetti radiologici più tipici e più frequenti di COP sono le aree di addensamento parenchimale e le aree di ground-glass 17.
Pattern HRTC tipico
Nel 60%-90% dei casi di COP si osservano consolidamenti parenchimali multifocali che interessano gli spazi aerei, a margini sfumati, unilaterali o più spesso bilaterali, con distribuzione a chiazze, a prevalente localizzazione periferica, sub-pleurica ma anche peribronchiale. Nel loro contesto si possono osservare broncogramma aereo e talvolta bronchi lievemente dilatati. Sono coinvolti più frequentemente i lobi inferiori.
I consolidamenti sono espressione di polmonite organizzativa caratterizzata da “gettoni“ endoalveolari ed endobronchiali di tessuto fibromixoide lasso che interessa “a macchia” il parenchima polmonare (aree coinvolte si alternano ad aree risparmiate) 18 (Figura 3).
I consolidamenti possono avere nel tempo carattere migrante, comparire in regioni precedentemente risparmiate, possono ridursi di dimensioni ed andare incontro a remissione spontanea. Bisogna prendere in considerazione la diagnosi di COP in pazienti con addensamenti polmonari etichettati precedentemente come focolai di polmonite che non si risolvono o migrano dopo terapia antibiotica.
L’aspetto ad opacità alveolari multiple, seppur tipico, non è esclusivo e patognomonico di COP; la diagnosi differenziale si pone con la polmonite eosinofila cronica, il carcinoma bronchiolo-alveolare, il linfoma, le vasculiti e le infezioni.
Nel 60% dei casi ai consolidamenti parenchimali si associano sparse aree di ground glass attorno agli addensamenti e in un terzo dei casi piccoli noduli centro lobulari a margini mal definiti, spesso peribronchiali 19.
I micro noduli sono lesioni inferiori al cm di diametro a margini mal definiti spesso peribronchiali.
Istologicamente corrispondono ad aree di OP attorno ai bronchioli ripieni di muco circondati da polmone relativamente sano. È l’unico segno presente solo nel 9% dei casi di COP.
Più raramente in associazione agli addensamenti polmonari, si possono osservare opacità lineari lunghe 2-4 cm e con spessore di 1-2 mm che si estendono o in modo radiale lungo i bronchi o parallelamente alla superficie pleurica senza relazione con i bronchi, prevalenti ai lobi inferiori e bilaterali. I due tipi di lesione possono essere presenti contemporaneamente; riflettono la presenza di flogosi localizzata lungo i rami bronchiali segmentali 19.
Pattern HRTC atipico
Lesioni focali uniche o multiple
La COP può manifestarsi anche con un consolidamento focale frequentemente localizzato nei lobi superiori a contatto con la pleura e le scissure o lungo il fascio bronco-vascolare (Figura 4).
Per le focalità nodulari singole si pone il problema della diagnosi differenziale con il carcinoma polmonare.
La diagnosi definitiva richiede il ricorso alla biopsia o alla resezione chirurgica.
Talora nel tempo di latenza tra il riscontro radiologico dell’addensamento polmonare e la procedura diagnostica invasiva, si può osservare la regressione o la migrazione della lesione polmonare suggerendo una natura diversa da quella neoplastica.
L’ipotesi diagnostica neoplastica iniziale può essere avvalorata anche dal quadro clinico caratterizzato da emoftoe, calo ponderale, febbre.
La COP può manifestarsi con grandi opacità nodulari o masse multiple bilaterali di 0,8-5 cm di diametro a margini irregolari e spiculati a localizzazione per lo più periferica (90%).
Sia intorno alle lesioni singole che alle opacità multiple, può coesistere un alone di vetro smerigliato (halo sign) che circonda il nodulo 19.
In presenza di lesioni multiple, la diagnosi differenziale si pone con le metastasi polmonari, il linfoma, le infezioni, la malattia di Wegener e il sarcoma di Kaposi 19.
Lesioni broncocentriche
Si tratta di addensamenti parenchimali bilaterali strettamente peribroncovascolari con distribuzione prevalentemente a carta geografica 19. Poco frequente come unico segno radiologico, è presente nel 33% dei pazienti in associazione alla forma classica.
Segno dell’atollo
Si possono osservare lesioni caratterizzate dalla presenza di un’area centrale di vetro smerigliato circondata da un alone addensativo conformato ad anello. La zona centrale corrisponde istologicamente a flogosi dei setti alveolari con detriti cellulari e la zona addensativa periferica a polmonite organizzata 19. Questo segno radiologico è l’opposto dell’halo sign e per tale ragione è denominato “reversed halo sign” 20; alternativamente si parla di “segno dell’atollo” per il particolare aspetto 21 22 (Figura 5).
Questo segno è poco frequente e può essere considerato suggestivo anche se non esclusivo di COP. È stato infatti riscontrato anche in altre malattie: infettive quali le infezioni fungine e la tubercolosi e non infettive come la sarcoidosi, la granulomatosi di Wegener, il carcinoma bronchiolo-alveolare ed altre ancora 23.
Quadro interstiziale di tipo reticolare
Si osserva un quadro di tipo reticolare sfumato a morfologia poligonale dovuto all’interessamento da parte della malattia delle zone periferiche del lobulo secondario con accumulo di essudato lungo la parete degli alveoli periferici adiacenti ai setti interlobulari con ispessimento degli stessi 19. Sono stati descritti anche aspetti di tipo misto o combinato, con interessamento degli spazi aerei e dell’interstizio 12.
Fibrosi progressiva
Esiste poi una forma aggressiva di COP che rappresenta un’entità a se stante e non l’evoluzione verso la fibrosi della forma più classica di COP 24. Ha una prognosi infausta. Determina una progressiva severa insufficienza respiratoria ipossiemica che spesso necessita di ventilazione meccanica e può condurre rapidamente a morte soprattutto se non si instaura prontamente un trattamento steroideo. Da un punto di vista anatomo-patologico un pattern fibrosante acuto e progressivo con deposito intra-alveolare di fibrina si associa ad aspetti di OP (AFOP, Acute Fibrinous Organizing Pneumoniae) sempre in assenza delle membrane ialine tipiche della DAD 25.
Radiologicamente è caratterizzata da estesa fibrosi con ispessimento irregolare dei setti interlobulari, nettamente prevalente sugli aspetti a vetro smerigliato e addensativi associati fino a configurare un quadro di polmone ad alveare che entra in diagnosi differenziale con quello della UIP 26.
Prima di concludere per OP reticolare o OP rapidamente progressiva, bisogna sempre considerare la possibilità di un errore di campionamento che non ha permesso di individuare la lesione istologica principale indicativa di una patologia per la quale quel quadro tomografico risulta più compatibile.
La presenza di versamento pleurico di modesta entità è piuttosto infrequente ma possibile.
Diagnosi
La OP va sempre sospettata in caso di addensamenti polmonari che non si risolvono dopo multipli cicli antibiotici o di addensamenti polmonari “migranti”, specie se in presenza di noti fattori causali (recente infezione batterica, terapia con amiodarone, terapie radianti, collagenopatie); queste ultime vanno sempre ricercate con attenzione. Nelle forme a presentazione clinica e radiologica “tipica” un fondato sospetto diagnostico può essere formulato anche in assenza di BAL o TBB suggestivi (quando vi siano controindicazioni assolute all’esecuzione della FBS o in caso di campionamenti inadeguati per ragioni diverse); in tali casi si può intraprendere una terapia steroidea sistemica “ex adiuvantibus”: la rapida risoluzione degli addensamenti polmonari avvalorerà l’ipotesi diagnostica iniziale. Una diagnosi di certezza si potrà avere però soltanto andando a dimostrare la presenza di gettoni di tessuto di granulazione costituito da fibroblasti e miofibroblasti negli spazi alveolari e nelle vie aeree più distali. A tal fine può risultare del tutto sufficiente un campione di parenchima polmonare ottenuto mediante biopsia transbronchiale, e le biopsie polmonari chirurgiche andrebbero limitate alle forme atipiche o dubbie. Nelle forme che si presentano con noduli solitari sospetti in senso eteroproduttivo un agoaspirato transtoracico TC guidato è utile più che altro per escludere la presenza di cellule tumorali maligne mentre raramente è utile per la diagnosi di OP, a meno di un elevato sospetto diagnostico. In tali forme la TC/PET non è utile per dirimere le forme afinalistiche neoplastiche poiché è dimostrato in letteratura che anche i consolidamenti polmonari da OP sono PET positivi. Vanno sempre tenute in considerazione poi le forme afinalistiche neoplastiche PET negative 27 28. Come già sottolineato il BAL non presenta aspetti patognomonici nella OP, ma il riscontro di un’alveolite mista è un valido supporto alla diagnosi nell’opportuno contesto clinico. Non va mai dimenticato infine che la OP può essere un aspetto anatomopatologico di “accompagnamento” ad altre condizioni morbose quali neoplasie o vasculiti 29.
Terapia e prognosi
I corticosteroidi determinano generalmente un rapido miglioramento clinico e radiologico nei pazienti affetti da OP, con pressoché completa risoluzione degli addensamenti polmonari.
La dose iniziale consigliata di prednisone è pari a 0,75 mg/kg/die con successivo tapering, sebbene anche dosaggi inferiori siano efficaci. La durata del trattamento non è ben definita, ma è consigliabile almeno un anno di terapia 3.
I corticosteroidi determinano generalmente un rapido miglioramento clinico con pressoché completa risoluzione degli addensamenti polmonari.
Benché l’efficacia degli steroidi nel trattamento della OP sia ben nota, le recidive alla sospensione o anche alla sola riduzione del cortisone sono estremamente frequenti 30, con una percentuale che in letteratura varia dal 13 al 58%. In uno studio retrospettivo pubblicato circa una decina di anni fa da Lazor 31 relativo a pazienti con diagnosi istologica di COP, la percentuale di recidive era pari al 58% e nel 68% dei casi le recidive si presentavano mentre era ancora in corso il trattamento steroideo (in genere prednisone < 10 mg/die). Tra le condizioni identificate quali fattori di rischio per recidiva vi sono innanzitutto il ritardo nella diagnosi e la presenza di elevati valori di γGT e ALP e quindi di moderata colestasi (che si associa in particolare a multiple recidive). Qualora si presentino recidive che rendano necessario il protrarsi della terapia steroidea per lunghi periodi o qualora il paziente presenti comorbilità che limitino o controindichino l’utilizzo del cortisone (diabete mellito scompensato, severa osteoporosi, ecc.) è necessario pensare a trattamenti alternativi.
Una possibile alternativa all’uso dei corticosteroidi è rappresentata dai macrolidi, le cui proprietà antinfiammatorie ed immunomodulanti sono note ormai da tempo e sono già state sfruttate in svariate patologie come l’asma, le bronchioliti, le bronchiectasie e la fibrosi cistica. In particolare è ampiamente dimostrata l’utilità di tali antibiotici nella panbronchiolite diffusa. Diverse segnalazioni in letteratura (essenzialmente case-report) ne dimostrano l’efficacia anche nella OP, sia nelle forme idiopatiche che in quelle secondarie ma non esistono a questo proposito studi clinici controllati. In particolare in un articolo pubblicato su Chest da Stover 32 ormai qualche anno fa sono descritti 3 casi di polmonite organizzativa secondaria a trattamento radiante responsivi a basse dosi di claritromicina. Analogamente si è dimostrata utile nel trattamento della OP l’azitromicina a basse dosi (250 mg 3 volte a settimana) 33. Non vi sono al momento dati conclusivi sui dosaggi e sulla durata del trattamento con macrolidi.
Pochi studi sono stati invece condotti sull’uso di immunosoppressori quali l’azatioprina, la ciclofosfamide o la ciclosporina 34. Le esperienze aneddotiche e personali suggeriscono l’efficacia dell’azatioprina a basse dosi (50-100 mg/die) in associazione allo steroide nelle forme più gravi o per ridurre progressivamente il dosaggio dello steroide nelle forme che richiedono trattamenti prolungati.
È descritta in letteratura anche la non rara spontanea remissione degli addensamenti polmonari.
In conclusione la OP è una patologia che si caratterizza generalmente per una buona prognosi, mostrando una rapida e sensibile risposta alla terapia corticosteroidea sistemica. Di più difficile gestione possono rivelarsi le recidive alla riduzione e/o sospensione della terapia e sono senz’altro necessari studi aggiuntivi volti a dimostrare l’efficacia di trattamenti alternativi allo steroide.
Figure e tabelle
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