La refertazione dei test di funzionalità respiratoria: verso un linguaggio comune
Premessa
Tra le indagini strumentali più utilizzate in Pneumologia vi sono certamente le prove di funzionalità respiratoria (PFR). Il loro impiego è fondamentale in molte situazioni, tra le quali particolarmente: il percorso diagnostico di molte malattie respiratorie (broncopolmonari e toraciche); la definizione della gravità della condizione patologica; la misura dell’efficacia dell’intervento terapeutico; il follow-up; la definizione dell’invalidità.
Obiettivo
L’obiettivo primario del Documento è: standardizzare le PFR e la loro definizione; definire l’esistenza e l’entità di una eventuale compromissione della funzione; determinare la compatibilità con i sintomi e più generalmente con il quadro clinico; contribuire a generare un’ipotesi diagnostica quando questa non sia stata ancora formulata.
Destinatari
I destinatari del Documento sono: i tecnici che eseguono le PFR*; i medici specialisti Pneumologi che refertano le PFR; gli Pneumologi, i Medici Specialisti di altre discipline e i Medici di Medicina Generale; le Istituzioni Sanitarie (Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie Integrate, ASL, competenti autorità regionali).
Introduzione
Il Documento ERS/ATS 2005 1 sulla standardizzazione delle PFR ha rappresentato un importante passo in avanti verso una maggiore uniformità nella loro esecuzione ed interpretazione. Pur tuttavia, nella pratica clinica, continuano a sussistere problematiche e incertezze in relazione al “layout” dei dati e ad alcuni aspetti interpretativi, con importanti ricadute pratiche sulle modalità di refertazione.
Nella pratica clinica, continuano a sussistere problematiche e incertezze in relazione al “layout” dei dati e ad alcuni aspetti interpretativi, con importanti ricadute pratiche sulle modalità di refertazione.
Va segnalato come l’obiettivo primario del Documento fosse la standardizzazione degli accertamenti funzionali e della loro definizione, prescindendo da connotazioni cliniche. Sembra invece ragionevole ritenere che la valutazione funzionale respiratoria non possa prescindere dalle caratteristiche cliniche della persona, avendo come obiettivo, oltre che definire l’esistenza e l’entità di una eventuale alterazione della funzione, anche determinarne la compatibilità con i sintomi e più generalmente con il quadro clinico o contribuire a generare una ipotesi diagnostica quando questa non sia stata ancora formulata.
L’omogeneità e la facile interpretabilità del referto costituiscono un elemento altrettanto importante quanto la correttezza dell’esecuzione tecnica. Prove funzionali perfette sul piano dell’esecuzione rischiano di essere difficilmente interpretabili se le modalità di refertazione variano in base al medico che le referta e se non sono “comprensibili” sia per i Medici di Medicina Generale che per gli Specialisti di altre discipline.
Qui si descrive una proposta per uniformare i criteri interpretativi e, per quanto possibile, la modalità di esposizione dei dati. L’applicazione di quest’ultimo aspetto può essere più difficoltosa a seconda delle diverse realtà locali, tenendo conto della difformità dei software impiegati e dei diversi sistemi informatici ospedalieri ed extraospedalieri per l’acquisizione dei dati. È quindi prevedibile una certa flessibilità di applicazione delle raccomandazioni contenute in questo documento, in relazione alle possibili differenze nelle realtà locali.
Organizzazione del referto
Considerazioni generali
Le proposte di refertazione messe a punto in questo documento riguardano la spirometria semplice (volumi polmonari mobilizzabili), la misura completa dei volumi polmonari (spirometria globale), della diffusione del monossido di carbonio (DLCO), il test di broncodilatazione farmacologica e quello di broncostimolazione aspecifica con metacolina.
La refertazione deve contenere dati utili e facilmente interpretabili. Questo presuppone l’esposizione di un numero limitato di parametri e la capacità di interpretarli correttamente. L’operatore deve avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per una corretta e “fine” interpretazione della prova.
La refertazione deve contenere dati utili e facilmente interpretabili e l’operatore deve avere a disposizione tutte le informazioni necessarie per una corretta e “fine” interpretazione della prova.
Inoltre, nelle realtà dove non sia possibile avere a disposizione un medico sempre presente in laboratorio, sarebbe opportuno disporre di un questionario che potrebbe essere compilato dall’operatore. Il questionario dovrebbe contenere domande sul motivo dell’esame, le malattie di cui la persona sa di essere portatrice, la sintomatologia presente, l’esposizione al fumo ed altri inquinanti, le esposizioni professionali, i farmaci assunti e la durata dell’assunzione. Il dato funzionale dovrebbe essere valutato nel contesto clinico della singola persona e l’interpretazione della refertazione dovrebbe consentire una rapida identificazione degli aspetti concordanti o discordanti tra clinica e funzione misurata. La refertazione dovrebbe infine rispondere, come “prodotto” di un laboratorio, a tutte le caratteristiche usualmente richieste dalla certificazione dei laboratori.
A tal fine si propone di rendere evidenti i dati fondamentali (i.e: in grassetto i parametri principali): Capacità Vitale lenta (VC), Volume Espirato massimalmente nel 1° secondo (FEV1), FEV1/VC, Capacità Polmonare Totale (TLC), Capacità di Diffusione alveolo-capillare del CO (DLCO). Capacità Vitale forzata (FVC), FEV1/FVC, Capacità Funzionale Residua (FRC - diluizione di He/washout Azoto/pletismografia), Volume Residuo (RV) e Capacità Inspiratoria (IC) dovrebbero essere lasciati in minore evidenza poiché di minore rilevanza ai fini interpretativi (Figura 1). Sono marcati in questo modo i parametri essenziali, per evitare che parametri minori etichettati come patologici generino la convinzione di una patologia di cui in realtà non vi è riscontro.
È importante segnalare che nel referto è necessario riportare il grafico della capacità vitale lenta e della curva flusso-volume.
Il referto può essere suddiviso in 3 sezioni fondamentali (la prima e la seconda di competenza del tecnico, la terza di competenza del Medico):
Prima sezione
Nella prima sezione troviamo, in ordine: l’intestazione del laboratorio e i dati identificativi dell’esame con codici univoci; i dati identificativi ed antropometrici della persona; l’abitudine tabagica; il quesito e le notizie cliniche che accompagnano la richiesta di prove funzionali; l’eventuale convalescenza da recenti episodi infiammatori delle vie aeree.
Seconda sezione
I dati numerici dei parametri funzionali indagati espressi in valori assoluti ed in percentuale del teorico (o del valore basale per i test di broncostimolazione farmacologica); la sezione deve comprendere i valori medi teorici dei singoli parametri ed il loro intervallo di confidenza; occorre segnalare con un asterisco le alterazioni ritenute clinicamente significative.
Questa sezione deve essere corredata da note tecniche apposte dal tecnico e deve comprendere sempre: le condizioni di esecuzione (libero da farmaci attivi sul calibro bronchiale, in terapia broncodilatatrice, in terapia cortisonica, ecc.); la posizione di esecuzione dell’esame (seduto, supino, ecc.); la collaborazione ottenuta dalla persona nell’esecuzione delle manovre funzionali (valutando anche il picco di flusso - PEF); la presenza di eventuali condizioni limitanti (i.e: anamnesi di pnx spontaneo recidivante che ha imposto limitazioni alle manovre forzate, atteggiamento antalgico, presenza di sondino naso gastrico, necessità di busti ortopedici non rimovibili); il nome del tecnico che ha eseguito la prova ed eventuali note.
Terza sezione
Comprende due sottosezioni.
La prima riporta: la terapia in atto, nel caso in cui sia ritenuta dal medico responsabile, un elemento importante per la corretta valutazione clinica della persona; la descrizione completa del quadro funzionale osservato senza l’uso di acronimi o simboli non specificati; una notazione sulla attendibilità della prova (basata insieme sulle linee guida ERS/ATS 2005) e gli eventuali limiti imposti alla prova stessa dalle condizioni specifiche in cui la prova è stata eseguita e desumibile dalle sezioni precedenti.
La seconda riporta: 4. l’integrazione di eventuali commenti o conclusioni di carattere clinico; 5. il confronto con gli esami precedenti (se disponibili); 6. le eventuali indagini di approfondimento che si propongono al curante per un corretto inquadramento della persona; 7. la tempistica di un follow-up, quando necessario; 8. la firma del Medico.
Analisi e interpretazione
Spirometria semplice
Per l’esecuzione dell’esame e la sua interpretazione va fatto riferimento rispettivamente a “Standardization of Spirometry” 2 ed a “Interpretative strategies for lung function tests” 3 pubblicate dalla task force ATS/ERS nel 2005.
Per l’esecuzione dell’esame e la sua interpretazione va fatto riferimento rispettivamente a “Standardization of Spirometry” ed a “Interpretative strategies for lung function tests” pubblicate dalla task force ATS/ERS nel 2005.
La scelta delle equazioni è fondamentale ai fini della definizione del quadro funzionale; sono in realtà disponibili in letteratura più di 300 equazioni di riferimento per la spirometria, senza contare le numerose equazioni non pubblicate ma ugualmente impiegate in diversi strumenti di misura.
Spesso tale scelta è operata in automatico, nella pratica quotidiana di molti laboratori, dagli strumenti computerizzati attualmente in commercio: vengono in genere impiegate equazioni diverse per diverse fasce di età, senza peraltro rendere esplicita tale scelta. Un limite di molti programmi di analisi forniti con gli strumenti è costituito dall’estrapolazione dei dati di normalità a soggetti non ricompresi nelle fasce di età da cui sono state costruite le equazioni; un altro problema importante è rappresentato dall’utilizzo di punti di “switch” automatici e costanti per passare dalle equazioni per l’età pediatrica a quelle per i soggetti adulti (i.e. 18 anni) 4. Tali problemi impongono sicuramente una attenzione maggiore alla selezione dei corretti valori di riferimento e una maggiore chiarezza nella loro indicazione nei report degli esami spirometrici.
I valori teorici più comunemente usati in Italia sono gli ERS ’93 5. Tali equazioni di normalità sono il risultato della rielaborazione di dati derivati da differenti indagini precedentemente condotte su campioni di popolazione selezionate con metodiche non omogenee, comprendenti per la maggior parte soggetti che avevano una età compresa tra i 18 e i 70-75 anni: la rappresentatività rispetto alla popolazione europea è limitata dal criterio epidemiologicamente non corretto di campionamento, dalla difformità delle metodiche di selezione e di rilevazione dei dati e dalla estrapolazione dei valori normali ottenuti da queste equazioni ai soggetti di età maggiore, non rappresentati adeguatamente nei campioni studiati. Inoltre, i diversi studi che hanno originato queste equazioni si fondano su misure in soggetti le cui caratteristiche antropometriche sono diverse dalle attuali: l’altezza media dei soggetti era sicuramente minore dell’attuale, così come è ragionevole ritenere che siano cambiati BMI, attività fisica, abitudini comportamentali. Occorre quindi ricordare che i valori di riferimento ERS 93 sono probabilmente sottostimati in particolare per le donne e per gli ultrasettantenni: nel confronto percentuale con questi valori si rischia di sottostimare la presenza di alterazioni o di attribuire valori percentuali di molto al di sopra del 100% nei normali. Il Documento ERS-ATS 2005 conclude che non vi siano attualmente teorici adeguati per la popolazione europea.
Occorre ricordare che i valori di riferimento ERS 93 sono probabilmente sottostimati in particolare per le donne e per gli ultrasettantenni.
Peraltro, considerare omogenea la popolazione europea potrebbe essere di per sé una forzatura, essendovi caratteristiche antropometriche assai diverse per le popolazioni delle differenti nazioni. Del tutto recentemente la ERS task-force (ERS Global lung Function Initiative) 6 ha pubblicato le equazioni per i valori di riferimento di FEV1, FVC ed il loro rapporto (FEV1/FVC) su un ampio campione multietnico europeo, che permette di tener conto delle specifiche caratteristiche etniche della persona ed è relativo ad un intervallo di età (3-95 anni) coerente con la popolazione generale. Le caratteristiche del campione studiato sono sicuramente più adatte a rappresentare la popolazione attuale dell’Europa in cui i fenomeni migratori hanno portato variazioni notevoli nella composizione delle popolazioni nazionali. Si raccomanda di prendere in considerazione queste equazioni e di confrontarle con i teorici in uso per verificarne l’eventuale futura implementazione. Si ricorda tuttavia come queste sono limitate a due soli parametri e come non siano disponibili attualmente equazioni per la Capacità Vitale lenta con i parametri da essa derivati e per i flussi espiratori forzati, così come per i volumi statici, la Capacità Polmonare totale e gli indici derivati. Nel frattempo, in assenza di soluzioni migliori, è opportuno, nella refertazione, tenere conto dei limiti dei valori teorici ERS 93.
La spirometria semplice permette di diagnosticare una compromissione ventilatoria di tipo ostruttivo, e di sospettare una compromissione ventilatoria di tipo restrittivo o misto.
Si parla di “compromissione ventilatoria di tipo ostruttivo” quando il rapporto FEV1/VC sia minore del limite inferiore di confidenza: la gradazione di gravità della compromissione in senso ostruttivo viene operata sulla base del FEV1 (diminuzione percentuale rispetto al valore teorico) solo quando la compromissione funzionale è limitata all’ostruzione (non è applicabile alle sindromi miste, nelle quali la riduzione di FEV1 va valutata al netto della componente restrittiva).
Il Documento ATS/ERS indica una suddivisione della compromissione funzionale in cinque livelli di gravità: Mild > 70%, Moderate 60-69%, Moderately severe 50-59%, Severe 35-49%, Very severe < 35% del valore teorico. Si propone qui di adottare una gradazione “semplificata” della compromissione funzionale, definendo tre soli livelli di gravità: lieve, media, elevata.
Si propone qui di adottare una gradazione “semplificata” della compromissione funzionale, definendo tre soli livelli di gravità: lieve, media, elevata.
% del valore teorico | Stadiazione | Stadiazione | % del valore teorico | |
---|---|---|---|---|
> 70% | Mild | Lieve | ≥ 80% | |
60-69% | Moderate | Media | 50-79% | |
50-59% | Moderately severe | |||
35-49% | Severe | Elevata | < 50% | |
< 35% | Very severe |
Questo scostamento dal Documento ERS/ATS è fondato essenzialmente su due motivi: nella lingua italiana la differenza semantica tra “mild” e “moderate” (lieve e moderato) è più sfumata che nella lingua anglosassone e genera ambiguità una suddivisione su tre gradi appare più semplice e leggibile.
Si è cercato di evitare aggettivi con connotati di impatto emotivo negativo come “grave” o “severo”.
La gradazione è stata definita sulla base del fatto che una compromissione in cui è dimezzata (< 50%) la funzione polmonare appartiene in ogni caso al grado estremo della scala.
Una spirometria correttamente eseguita dovrebbe comprendere l’esecuzione delle curve inspiratorie che permette di evidenziare le ostruzioni delle alte vie e di escludere che le anomalie registrate sulla curva espiratoria siano condizionate da alterazioni delle vie aeree superiori.
L’interpretazione della spirometria comporta anche la valutazione di una serie di reperti che non contribuiscono a costituire i tipici quadri ostruttivo, restrittivo o misto, ma che possono essere utili soprattutto allo specialista pneumologo per meglio configurare la situazione funzionale della persona. La proposta è di fornire tali informazioni in aggiunta alla diagnosi principale. Si riportano qui di seguito, quali esempi, alcuni quadri meritevoli di segnalazione a cui ovviamente possono esserne aggiunti altri (Figura 2): la “morfologia a ‘dente di sega’ nella curva flusso volume”: oscillazioni periodiche del flusso, di solito non > di 300 ml, che si verificano a intervalli regolari nella metà della FVC, nell’inspirio o nell’espirio (esempio); l’ostruzione delle vie aeree superiori e centrali: come da indicazioni ERS ATS 2005; la presenza di una brusca caduta del flusso espiratorio oltre il 50% del picco di flusso – punto di inflessione che deve cadere entro il primo 25% della FVC – con la rimanente parte della FVC con flusso quasi appiattito intorno a 0.2 l/s e curva inspiratoria normale: l’insieme dei reperti suggerisce una “eccessiva collassabilità delle vie aeree” (vedi Figura 2) una estrema riduzione del Volume di Riserva Espiratoria (ERV < 10% del teorico) che potrà essere segnalata come “assenza del volume di riserva espiratoria”.
Volumi polmonari
La task force ATS/ERS ha riassunto in “Standardisation of the measurement of lung volumes” 7 gli aspetti metodologici della misurazione dei volumi polmonari. Va ricordato in particolare come la misura dei volumi sia influenzata dalla metodica a seconda delle condizioni patologiche in cui viene applicata.
I metodi più comunemente utilizzati sono di 2 tipi: la tecnica pletismografica (pletismografo corporeo a variazione di pressione o di volume) e la tecnica in cui sia utilizzata la diluizione o il wash-out di un gas (He, N2). Il primo metodo (determinazione di FRC con metodo pletismografico, indicato più spesso con l’acronimo TGV) è preferibile in tutti quei casi in cui sia sospettata la presenza di ostruzione ed in cui siano presumibilmente presenti distretti ad elevata costante di tempo. In questi soggetti il valore di FRC determinato con le altre metodiche potrebbe essere sensibilmente sottostimato. Un confronto tra i valori determinati con i due tipi di misurazione (pletismografico e con diluizione/eluizione dei gas) potrebbe essere utile qualora si intendesse quantificare il volume dello spazio aereo funzionalmente escluso o quasi escluso dalla comunicazione con l’albero bronchiale (bolle, aree ad alta costante di tempo).
Lo studio dei volumi polmonari permette di diagnosticare una compromissione funzionale di tipo restrittivo, ma è altresì importante nella definizione corretta di un quadro ostruttivo ogni qualvolta VC e/o FVC non siano nei limiti della norma: una riduzione di VC, con volumi statici aumentati e TLC per lo meno conservata, può essere spiegata dall’ostruzione, non essendovi alcuna componente restrittiva.
Si parla in generale di “compromissione ventilatoria di tipo restrittivo” quando la TLC sia diminuita oltre il limite inferiore di confidenza (vi sono quadri che tuttavia non sono così certi, nonostante soddisfino questa condizione generale).
Si parla in generale di “compromissione ventilatoria di tipo restrittivo” quando la TLC sia diminuita oltre il limite inferiore di confidenza.
Nel caso si esegua la sola spirometria semplice, senza determinazione dei volumi statici, la compromissione ventilatoria di tipo restrittivo può essere solo sospettata sulla base di una diminuzione oltre il limite inferiore di confidenza della VC o della FVC, a patto che l’indice di Tiffenau (IT: FEV1/VC) sia nella norma o solo lievemente compromesso rispetto all’entità della diminuzione della VC. Si propone in questo caso di riportare nelle conclusioni: “reperto apparentemente compatibile con una compromissione ventilatoria di tipo restrittivo di grado…: una definizione certa richiede la misurazione dei volumi statici”.
Quando alla restrizione non sia associata una componente ostruttiva, si potrà definire l’entità della alterazione funzionale sulla base dei tre livelli già impiegati per l’ostruzione, utilizzando ancora FEV1 come parametro di riferimento (la sua riduzione rispecchia quella di VC, essendo IT conservato). Una analisi a parte meritano i quadri funzionali in cui siano ridotti i soli volumi statici e quelli in cui sono i soli volumi mobilizzabili ad essere significativamente diminuiti, in presenza di un IT sostanzialmente normale: è vero che TLC è ridotto ma il quadro non rappresenta quella “concorde riduzione di tutti i volumi” cui si fa tradizionalmente riferimento quando si parla di compromissione di tipo restrittivo. In particolare, la riduzione dei soli volumi statici è spesso presente in persone cardiopatiche in compenso labile o scompensate, mentre la riduzione dei soli volumi mobilizzabili è spesso presente in soggetti affetti da malattie neurologiche o neuromuscolari. In questi casi è più corretto definire il quadro con “riduzione isolata dei volumi statici compatibile con” (riportando la descrizione del quadro clinico).
Del tutto recentemente, due degli autori che avevano collaborato alla stesura della task force ATS/ERS 2005 hanno pubblicato un lavoro dal titolo “PFT Interpretative Strategies: American Thoracic Society/European Respiratory Society 2005 Guideline Gaps” dove hanno ripreso, tra gli altri, un punto importante che riguarda la definizione del termine “Pattern non-specifico” 8. Tale “pattern” è caratterizzato dalla presenza di diminuzione della FVC in presenza di un rapporto FEV1/FVC e di una TLC nella norma o prossimi ad essa e sembra presentarsi nel 10-15% degli adulti che afferiscono ad un laboratorio di fisiopatologia respiratoria 9. Diverse sono le condizioni cliniche che possono determinare questo particolare “pattern” funzionale: può essere l’espressione di una ostruzione bronchiale a carico delle vie aeree più periferiche, di un enfisema panlobulare, primitivo (definibile con relativa certezza solo con la determinazione dei volumi statici), di una condizione di obesità. Studi prospettici 10 non hanno fornito strumenti che consentano di identificare la sua genesi sulla base della sola rilevazione puntuale dei parametri spirometrici. Per una migliore interpretazione del “Pattern non-specifico” è comunque necessario eseguire un test di broncodilatazione farmacologica.
Va infine tenuto presente che una diminuzione della Capacità Vitale in presenza di un rapporto FEV1/VC e di volumi statici nella norma può anche essere espressione di una collaborazione non ottimale nell’esecuzione delle manovre volontarie massimali. Anche per questo particolare pattern sarebbe opportuna una descrizione dell’alterazione con una ipotesi causale (i.e.: “diminuzione dei volumi mobilizzabili compatibile con…”).
Nel caso di compromissione mista (sia ostruttiva che restrittiva) va dato un giudizio su quale sia prevalente. Per il momento si ritiene si debba lasciare alla discrezione dell’esaminatore il criterio di valutazione.
Nel caso di compromissione mista (sia ostruttiva che restrittiva) va dato un giudizio su quale sia prevalente. Per il momento si ritiene si debba lasciare alla discrezione dell’esaminatore il criterio di valutazione.
Una possibilità consiste nel definire la componente restrittiva del FEV1 sulla base dell’entità di diminuzione della TLC. Va sempre tenuto presente che l’ostruzione è in generale, soprattutto nelle persone affette da BPCO, disomogenea, con conseguente disomogeneità della eventuale iperinsufflazione secondaria. Ne consegue che, nello stesso polmone, possono esservi aree iperinsufflate insieme a territori fibrotici. Quando TLC sia nella norma o prossima ad essa, questa possibilità va considerata nell’interpretazione dei dati, utilizzando la formula della “compromissione ventilatoria di tipo misto con probabile iperdistensione alveolare relativa”, anche se va mantenuta la formula dubitativa non esistendo al momento la possibilità di una definizione certa sulla base dei soli dati funzionali.
Diffusione del CO
Il riferimento per il test di diffusione alveolo-capillare del CO è il documento ATS/ERS del 2005 11. In questo documento gli autori hanno deciso di utilizzare come parametro di valutazione la Capacità di diffusione (DLCO).
Il riferimento per il test di diffusione alveolo-capillare del CO è il documento ATS/ERS del 2005. In questo documento gli autori hanno deciso di utilizzare come parametro di valutazione la Capacità di diffusione (DLCO).
DLCO/VA (o KCO) non entra nella stadiazione di gravità. La nozione che DLCO/VA corregge DLCO per la riduzione di VA è fisiologicamente scorretta perché DLCO/VA non è costante quando VA cambia. Il termine KCO riflette più accuratamente l’effettiva fisiologia polmonare: misura l’efficienza dello scambio nel volume alveolare disponibile 12 13.
L’esame dovrebbe essere eseguito in assenza di correzione di O2 e pertanto, se clinicamente possibile, si dovrebbe sospendere l’ossigenoterapia almeno 10 minuti prima di eseguire l’esame. Inoltre la persona non deve aver fumato da almeno 12 ore e diversamente dovrebbe essere segnalato nel referto il tempo intercorso dall’ultima sigaretta fumata.
Se si devono eseguire più test ravvicinati devono intercorrere almeno 4 minuti da una manovra all’altra per far sì che i gas respirati siano completamente eliminati.
Nel documento ATS/ERS non viene indicata una griglia di severità per la refertazione della DLCO. Nel successivo “Interpretative strategies for lung function tests” 3 viene proposta una suddivisione in 3 livelli di gravità così definiti 14: Alterazione DLCO (% teor) Lieve < 80% e ≥ 60% Media < 60% e ≥ 40% Elevata < 40%
L’eventuale correzione per i valori di emoglobina e carbossiemoglobina deve venire segnalata nel commento del tecnico e, qualora ritenuta di rilievo sul piano clinico, nell’interpretazione.
Test di broncodilatazione farmacologica
Per il test di broncodilatazione, il farmaco di norma utilizzato è il Salbutamolo alla dose di 400 mcg (4 puffs da 100 mcg) MDI (metered-dose inhaler), con la rilevazione della risposta al farmaco dopo almeno 15 minuti. Qualora si volesse testare un farmaco anticolinergico o l’associazione beta-agonista-anticolinergico questo dovrebbe essere segnalato, riportando la dose di farmaco impiegata ed il tempo di rilevazione della risposta funzionale.
Le definizioni più classiche della risposta al farmaco fanno riferimento al criterio della “reversibilità dell’ostruzione” e sono riassumibili sostanzialmente in tre quadri.
Le definizioni più classiche della risposta al farmaco fanno riferimento al criterio della “reversibilità dell’ostruzione” e sono riassumibili sostanzialmente in tre quadri: “risposta significativa al test di broncodilatazione”: quando vengano soddisfatti i criteri di positività ERS-ATS 2005 (incremento di FEV1 e/o FVC >12% del valore basale e di almeno 200 ml in valore assoluto); “risposta significativa al test di broncodilatazione con ‘marcata reversibilità’”: sono soddisfatti i criteri di positività ERS-ATS ma con un aumento del FEV1 in valore assoluto > 400 cc (la “elevata dilatazione” rende più probabile la diagnosi di asma in presenza di un quadro clinico compatibile: il cut off dei 400 cc è un valore empirico comunque citato in alcune linee guida); “risposta non significativa al broncodilatatore”: quando la risposta non soddisfi i criteri di positività ATS-ERS 2005 di cui al punto 1.
Accanto a queste andrebbero tuttavia considerate anche risposte diverse, maggiormente descrittive, sicuramente meno certe ma più adatte a definire la risposta al farmaco nei soggetti non asmatici: è utile impiegare formule quali “la somministrazione di farmaco...modifica il quadro funzionale” descrivendo poi in che modo sia modificato. Una attenzione particolare va sicuramente attribuita alla risposta “in volume” al farmaco broncodilatatore: miglioramento di VC, FVC, Capacità Inspiratoria (IC) e/o volumi statici dopo broncodilatatore in assenza di variazioni significative del FEV1.
Una nota andrebbe sempre aggiunta quando sia registrata una ostruzione in cui non sia presente una risposta positiva al test di broncodilatazione in presenza di un quadro clinico di asma bronchiale o broncopneumopatia cronica ostruttiva. Al termine del referto andrebbe sempre ricordato che la non positività del test di broncodilatazione non è un motivo di esclusione della terapia broncodilatatrice, essendo rilevata dopo somministrazione in acuto, e che comporta la necessità di controlli successivi, dopo adeguati periodi di trattamento congruo.
Test di stimolazione bronchiale aspecifica con metacolina
Il riferimento per il test di stimolazione bronchiale con metacolina è il documento ATS del 1999 15. Il requisito minimo per l’applicabilità dei criteri di refertazione proposti è il protocollo di somministrazione della Metacolina, a raddoppio nell’erogazione delle dosi.
Il riferimento per il test di stimolazione bronchiale con metacolina è il documento ATS del 1999. Il requisito minimo per l’applicabilità dei criteri di refertazione proposti è il protocollo di somministrazione della Metacolina, a raddoppio nell’erogazione delle dosi.
Eventuali deviazioni dal protocollo standard dovranno essere riportate in maniera esplicita.
Per l’interpretazione del test con metacolina (criteri di gravità dell’iperreattività) non vi sono pareri univoci quando il risultato è espresso in termini di dose provocativa. Le metodiche di somministrazione della metacolina possono inoltre variare da centro a centro.
Nel referto andrà sempre indicato il metodo di erogazione della metacolina (aerosol dosimetrico o continuo ecc), la dose iniziale, l’ultima dose somministrata e la PD calcolata. È importante che venga sempre riportata anche la terapia broncodilatatrice somministrata al termine dell’esame.
I valori riportati nel prossimo paragrafo sono stati scelti sulla base della maggior parte degli studi riportati in letteratura.
L’inclusione della FVC tra i parametri di valutazione del test è giustificata dall’opportunità di riconoscere quelle persone nelle quali il broncospasmo comporta anche una importante perdita di volume polmonare. L’iperreattività bronchiale viene valutata in base alla PD20 FEV1: PD20FEV1 Definizione della risposta: < 0,4 mg Presenza di iperreattività bronchiale allo stimolo farmacologico aspecifico di grado elevato 04-08 mg Presenza di iperreattività bronchiale allo stimolo farmacologico aspecifico di grado medio 08-1,6 mg Presenza di iperreattività bronchiale allo stimolo farmacologico aspecifico di grado lieve > 1,6 mg Non è stata evidenziata iperreattività bronchiale allo stimolo farmacologico aspecifico
Nell’interpretazione andrebbero segnalate 1) la comparsa di una importante sintomatologia dispnoica o di una importante obiettività toracica qualora la prova fosse negativa 2) una eventuale caduta > 20% della FVC (“significativa caduta della capacità vitale forzata durante il test”) 3) la comparsa di tosse stizzosa.
Nelle note al test andrebbero segnalate, per i pazienti risultati negativi, le variazioni di FEV1 maggiori della normale variabilità intraindividuale del parametro. Qualora il quadro clinico fosse suggestivo per asma ma il test si dimostrasse negativo sarebbe consigliabile la ripetizione dell’esame misurando le resistenze delle vie aeree con metodica pletismografica quale parametro di riferimento e considerando come indice di risposta positiva un loro aumento oltre il 50% del valore basale.
Va infine ricordato come, per tutti questi esami funzionali, che comportano una collaborazione attiva della persona nell’esecuzione di manovre con più o meno grande componente volontaria, l’attendibilità dei dati sia un giudizio congiunto del tecnico che esegue l’esame e del medico che le referta. Inoltre, qualora l’attendibilità fosse parziale o nulla, avendo questo fatto ripercussioni importanti sull’interpretazione clinica dei risultati, dovrà essere riportata nel referto in modo sintetico ma chiaro.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
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