Il ruolo dei Consorzi Antitubercolari nella lotta alla Tubercolosi
Premessa
Già nel corso del XIX secolo ben prima della scoperta dell’agente eziologico della tubercolosi, annunciata da Robert Koch il 24 marzo del 1882, numerosi personaggi avevano proposto soluzioni che a vario titolo potessero contenere il dilagare della malattia. Tra le varie situazioni è opportuno ricordare la fondazione a Londra nel 1841 del “Brompton Hospital for Consumptives”, mentre nel 1853 Giuseppe Barellai proponeva la cura balneare per gli ammalati di tisi. Nel 1855 Edward Trudeau edificava il primo sanatorio antitubercolare negli Stati Uniti. Nel 1858 Biagio Gastaldi proponeva il soggiorno in montagna per i malati di tubercolosi, mentre l’anno successivo Hermann Brehmer fondava il primo sanatorio a quota collinare e nel 1868 Alexander Spengler istituiva un sanatorio a Davos nelle Alpi svizzere. Queste ed altre iniziative dimostrano il fervore nei confronti di quello che allora si poteva definire veramente una forma di “male assoluto” ed a tal proposito basta riandare ad alcuni passaggi di taglio epidemiologico contenuti nel discorso di Robert Koch per capire le terribili ricadute della malattia sulla popolazione generale.
Nel 1901 venne inaugurato a Milano un Dispensario antitubercolare e nel 1906 a Genova venne aperto un altro Dispensario antitubercolare con una evidente vocazione rivolta al territorio.
Si deve sottolineare, peraltro, che le varie iniziative sopra citate proponevano quasi sempre soluzioni di tipo ospedaliero, mentre è importante segnalare che nel 1901 venne inaugurato a Milano un Dispensario antitubercolare, sostenuto da un’Associazione privata e nel 1906 a Genova venne aperto un altro Dispensario antitubercolare con una evidente vocazione rivolta al territorio 1. Nel 1912 si inaugurò a Milano il Dispensario antitubercolare di Via S. Vittore, questa volta comunale ed è interessante notare come il regolamento per il suo funzionamento, varato nel 1920, prevedesse che si svolgessero, oltre alle attività tradizionali, anche altre di tipo epidemiologico ed altre ancora dedicate alla profilassi, al controllo dei familiari dei malati, a visite periodiche programmate, ad indagini di tipo sociale estese anche all’ambito domestico. Il tutto articolato su un sistema collaudato tale da garantire una uniformità di prestazioni fornite da personale qualificato 2.
Certamente la situazione clinica ed epidemiologica anche nella prima parte del secolo XX offriva aspetti drammatici che travalicavano la bontà delle iniziative intraprese pur osservandosi una tendenza ad un miglioramento nel corso degli anni. Vero è che la mortalità per tubercolosi nel primo ventennio del secolo passa da 186/100.000 a 142/100.000 per tutte le forme di tubercolosi polmonare ed extrapolmonare, mentre per le sole forme polmonari si era passati da 129 a 106/100.000. Calcoli opportuni e conseguenti proiezioni avevano consentito di valutare che, se non vi fosse stata la prima guerra mondiale, nel 1925 la mortalità generale sarebbe stata invece che di 150/100.000 di 125/100.000 per scendere ancora nel 1929 a 121/100.000. È corretto sottolineare che mentre la mortalità generale negli anni considerati era scesa del 23%, quella per tubercolosi era diminuita solo del 9% 3. L’analisi epidemiologica dell’epoca esula dal semplice dato numerico e getta una luce importante su altri elementi quali le fasce di età più colpite rappresentate da quella pediatrica e da quella compresa tra i 25 ed i 35 anni in analogia con l’allarme già lanciato da Robert Koch nella sua allocuzione del 24 marzo 1882. Risulta quindi evidente come la tubercolosi minasse soprattutto il futuro della società e del paese stesso. Elementi aggiuntivi contribuivano a fornire una fotografia più completa della tubercolosi negli anni ’20 ed infatti si precisava che i grandi centri urbani erano interessati in misura particolare soprattutto se paragonati a quelli rurali, ma forse una scarsa applicazione delle norme sulle notifiche potrebbe aver alterato questo dato. Inoltre le categorie più esposte sarebbero state quelle che vivevano e lavoravano in ambienti chiusi probabilmente per la maggiore facilità al contagio reciproco dovuta alla convivenza con le fonti bacillifere. Da notare che la denuncia della causa di morte era obbligatoria in Italia in forza della Legge Sanitaria del 1888 e proprio per l’attenzione che a livello politico poneva il problema della tubercolosi già nel 1925 si richiamava il ruolo che i medici condotti avrebbero dovuto svolgere in favore di un’azione epidemiologica che contribuisse a segnalare le zone a maggiore o minore densità di malattia. Purtroppo gli strumenti dell’epoca non consentivano analisi attendibili circa la morbosità che veniva di solito ricavata sulla base della mortalità attraverso un indice che comunque non ha mai fornito dati soddisfacenti. La denuncia di malattia era all’epoca obbligatoria solo in alcune circostanze quali i cambiamenti di residenza, la convivenza in comunità o la morte.
Nascita dei Consorzi Antitubercolari
A dimostrazione della preoccupazione che il problema tubercolosi creava in ambito pubblico si ricorda il decreto Luogotenenziale del 4 Aprile 1918 n. 483 che segnò la nascita di un organismo denominato Comitato Provinciale Antitubercolare presieduto dal Prefetto che poneva le basi per iniziative molto più organiche parte delle quali espresse nella Legge del 24 Luglio 1919 n. 1382 che si può considerare come base indispensabile dell’ordinamento dei futuri Consorzi dove già si intravedono gli abbozzi della lotta contro la tubercolosi.
Il decreto Luogotenenziale del 4 Aprile 1918 n. 483 segnò la nascita di un organismo denominato Comitato Provinciale Antitubercolare presieduto dal Prefetto base indispensabile dell’ordinamento dei futuri Consorzi.
Ancora più precise sembrano le norme contenute nel R.D. del 30 Dicembre 1923 n. 2889 nel cui contesto si parla di Consorzio con l’indicazione di un ambito territoriale che comprendeva la Provincia ed i Comuni a cui si aggiungeva la partecipazione di associazioni di volontariato.
Alla Provincia veniva attribuito anche il compito di garantire l’assistenza laddove i Comuni non se ne fossero potuti far carico. Oltre a tutto le disposizioni dell’epoca prevedevano la concessione di mutui fino a 45 milioni di lire da utilizzare entro il 1927, ma a tutto il 1925 vi erano state richieste per soli 14 milioni. Da notare che già in quelle disposizioni non ancora raccolte in modo organico nella Legge istitutiva dei Consorzi Provinciali si insisteva sul decentramento delle attività nell’ambito del territorio anche se, forse a causa di una certa carenza di norme specifiche, si era registrata una configurazione a macchia di leopardo. Si giunse così al 1927 quando venne licenziata la Legge n. 1276 intitolata “Provvedimenti per la lotta contro la Tubercolosi”. Si trattava di un ordinamento snello che constava di 10 articoli ognuno dei quali conteneva uno sviluppo abbastanza scarno. Il 13 Gennaio 1928 veniva emanata una circolare applicativa nel cui contesto si proponeva un modello di statuto con la codifica dei dettagli organizzativi e delle relative attività. Già nell’articolo 1 si ribadiva l’estensione territoriale in ambito provinciale, il coordinamento di tutte le attività di cura di profilassi e di assistenza anche economica, ponendo in essere la disposizione armonica dei programmi anche di propaganda e la messa in funzione di tutte le opere esistenti, segnalando al Prefetto, responsabile dell’intera istituzione, eventuali manchevolezze ed irregolarità. Si raccomandava anche di agire in modo organico affinché venissero mobilitate tutte le risorse necessarie alla prevenzione ed al contenimento della tubercolosi facendo capo alle istituzioni locali allo scopo individuate. Si ribadiva altresì che il Consorzio assumesse la figura di ente morale e si consentiva, previa approvazione da parte del Ministro dell’Interno e dopo aver sentito i Consigli provinciali dei sanitari e le Giunte provinciali interessate, di attuare anche opere comuni tra due Consorzi che intendessero collaborare su progetti condivisi (art. 2).
Il Consorzio inglobava tutti i Comuni della Provincia ed era prevista la partecipazione a vario titolo di Congregazioni di carità, Associazioni private, Istituti di Previdenza e di quelli di Assicurazione.
Il Consorzio inglobava tutti i Comuni della Provincia ed era prevista la partecipazione a vario titolo di Congregazioni di carità, Associazioni private, Istituti di Previdenza e di quelli di Assicurazione così come anche organizzazioni finanziarie e commerciali collocate nel territorio provinciale. Veniva altresì stabilito che vi fosse una Giunta esecutiva che comprendeva un Presidente, un Vice Presidente e 5 Membri possibilmente residenti nel territorio della Provincia. Oltre a questi personaggi venivano designati come componenti il Medico Provinciale ed un membro del Consiglio Provinciale di sanità (art. 4). L’art. 5 prevedeva che entro il 31 Ottobre venisse presentato il bilancio alla Prefettura per l’approvazione ed una copia doveva essere inviata al Ministero dell’Interno.
Tutto quanto fosse spettato al Consorzio sia in opere murarie sia in beni mobili sia in termini di personale avrebbe dovuto essere garantito dalla Provincia che avrebbe dovuto svolgere anche il servizio di cassa e di tesoreria. Più avanti si affermava che i ricoveri per tubercolosi, fatti salvi i casi di urgenza fossero ordinati dal Presidente del Consorzio o da un suo delegato. Le spese inerenti il ricovero sarebbero state anticipate e comunque garantite dal Consorzio stesso e si prevedeva che i reparti destinati ad accogliere questo genere di malati disponessero di locali separati destinati all’isolamento ed era fatto obbligo inoltre di ricevere comunque detti malati anche se non disponessero di un domicilio di soccorso (art. 8). L’art. 9 prevedeva che la Cassa depositi e prestiti fosse autorizzata a concedere quei mutui che fossero ritenuti necessari allo sviluppo delle attività collegate alle funzioni del Consorzio. Con l’occasione venivano prorogati i termini per la richiesta di questi finanziamenti che come si è visto in precedenza non erano stati utilizzati in misura congrua. L’ultimo articolo abrogava un articolo del R. decreto del 30 Dicembre 1923 già citato in precedenza.
Con il regolamento attuativo si definirono meglio le funzioni di queste strutture soprattutto in rapporto alla istituzione di una rete dispensariale dislocata in modo razionale nel territorio.
Con il varo del regolamento attuativo si definirono meglio le funzioni di queste strutture soprattutto in rapporto alla istituzione di una rete dispensariale dislocata in modo razionale nell’ambito del territorio. Oltre a ciò vennero predisposti dei preventori destinati soprattutto al soggiorno di soggetti in età pediatrica, spesso contatti di forme morbigene, localizzati all’interno stesso della provincia od anche lontano, ma in aree climaticamente favorevoli. Analogamente si organizzarono colonie estive dove bambini e ragazzi appartenenti a classi sociali meno abbienti potessero trovare un supporto adeguato di cure, nutrizione ed assistenza. In alcuni casi vi furono Consorzi che predisposero la costruzione di sanatori per il ricovero vero e proprio di malati di tubercolosi. Naturalmente l’impiego di personale definito “esperto”, selezionato attraverso corsi specifici, garantiva un’azione complessa che, prescindendo dagli aspetti prettamente sanitari, si sviluppava in modo organico indirizzandosi sia alle famiglie, sia alla popolazione, in particolare alle fasce più fragili, ma anche alle scuole ed agli altri ambienti di lavoro. Basti citare l’azione di propaganda che veniva istituzionalmente prevista dal regolamento istitutivo. Volendo leggere tale iniziativa in modo ampio si può riconoscere sia un ovvio panegirico nei confronti del Regime a cui in ogni caso si doveva la creazione dei Consorzi, ma anche un’opera di informazione, corredata talvolta da aspetti formativi, assolutamente utile per la popolazione ed in particolare per quelle figure, come ad esempio gli insegnanti, destinate a svolgere funzioni pubbliche di riferimento.
Organizzazione dei Consorzi
Ovviamente l’organizzazione interna variava in funzione del carico di lavoro che a sua volta era rapportato al bacino di utenza ed alle afferenze provenienti dai Dispensari periferici il cui numero variava a seconda dell’area provinciale coperta. In generale si prevedevano una serie di funzioni che potevano essere svolte sia nella sede centrale sia in quelle periferiche. Esse si possono così riassumere:
- Accertamenti In sede centrale si era in grado di provvedere ad indagini più analitiche sia sul piano radiologico, sia su quello laboratoristico. A loro volta i Dispensari potevano contare su strutture dotate di un minimo di attrezzatura radiologica e laboratoristica, destinata quest’ultima soprattutto alla ricerca del bacillo di Koch nell’espettorato, mentre le sedi centrali avevano in dotazione anche centri mobili basati su automezzi, provvisti di schermografi ed in grado di spostarsi nei centri minori e più disagiati per espletare indagini di prevenzione connesse anche con una iniziale attività di Medicina del Lavoro. L’attività dispensariale era garantita quanto meno da un medico, da un’assistente sanitaria e da un tecnico di radiologia. La componente laboratoristica, anche per il semplice esame dell’espettorato, veniva svolta ove possibile da personale infermieristico non sempre presente in sede periferica, ma sicuramente attivo in ambito centrale. A ciò si aggiungevano le indagini di tipo preventivo che venivano indirizzate su persone che avrebbero potuto essere contatti di forme morbigene oppure portatrici di forme diffusive basate soprattutto su inchieste svolte dalle assistenti sanitarie e sulla esecuzione di test tubercolinici nelle fasce di popolazione indicate dalle disposizioni di legge. Tra le varie categorie si ricordano gli alunni delle scuole, gli insegnanti, gli alimentaristi, le reclute, i contatti di forme morbose, ecc.
- Assistenza domiciliare Questa veniva assicurata sia ai malati, una volta dimessi o comunque in trattamento domiciliare, sia alle famiglie. Il tutto veniva corredato da indagini di igiene ambientale e dalla cura delle pratiche amministrative e burocratiche necessarie per garantire al malato ed alla famiglia la maggior semplificazione nell’accesso ai provvedimenti previsti dalla legge. Oltre a queste funzioni se ne affiancavano altre che valutavano l’opportunità di affidare i minori ai preventori o alle colonie estive. Tutto questo avveniva a partire dal 1928!!!
- Le responsabilità dei vari interventi erano stabilite secondo una struttura piramidale che faceva capo ad un Direttore il quale a sua volta si riferiva ad organi superiori, come si è già avuto modo di illustrare.
Dopo pochissimi anni dal varo e dall’applicazione della legge istitutiva dei Consorzi si registravano già risultati inaspettati per quanto riguarda i ricoveri per tubercolosi nelle varie strutture a ciò preposte. Senza entrare nei dettagli si può affermare che nel biennio 1929-1930 si era assistito ad un aumento del numero dei ricoveri nei sanatori, negli ospedali speciali, nei reparti ospedalieri dedicati alla tubercolosi e nei preventori, mentre era drasticamente crollato il numero dei ricoveri in altri luoghi di cura.
Nel biennio 1929-1930 si era assistito ad un aumento del numero dei ricoveri nei sanatori, negli ospedali speciali, nei reparti ospedalieri dedicati alla tubercolosi e nei preventori.
Il significato attribuibile a questo andamento riflette il fatto che era passato ampiamente il messaggio secondo il quale la tubercolosi andava affrontata e curata in luoghi dedicati dove si poteva trovare la migliore esperienza disponibile e ciò avveniva attraverso un filtro altamente selettivo affidato a personale medico e non medico operante nei Consorzi. Alla base di ciò figuravano altre importanti caratteristiche che favorivano l’azione specialistica riassumibili nell’accesso libero e gratuito alle strutture ambulatoriali, nella possibilità di ottenere in tempi molto rapidi una diagnosi spesso esauriente, nella distribuzione gratuita dei farmaci, sia pure quelli dell’epoca, nell’istituzione e nella prosecuzione della collassoterapia a quei tempi vero pilastro del trattamento della tubercolosi e, sul piano statistico-epidemiologico, fulcro poi delle decisioni di politica sanitaria locale e nazionale, la raccolta dei dati epidemiologici riguardanti mortalità, morbosità ed indici tubercolinici.
L’organizzazione consortile ha rappresentato da quel momento e per molti anni a venire un vero pilastro in quella che giustamente veniva definita “Lotta contro la Tubercolosi”.
Un altro elemento che non può essere sottaciuto riguarda l’istituzione dell’assicurazione obbligatoria sancita con la Legge del 27 Ottobre 1927. Essa prevedeva la copertura nei confronti della tubercolosi per tutte le persone assicurate contro l’invalidità, la vecchiaia oltre che per la gente di mare. Per i malati e per i famigliari si prevedevano rispettivamente ricoveri in centri di cura specializzati e provvedimenti economici adeguati. Facevano eccezione impiegati ed assimilati con 800 lire di stipendio mensile, dipendenti di enti pubblici, mezzadri ed affittuari agricoli. Per queste categorie, in caso di ricovero, avrebbe provveduto il Consorzio.
La storia ed il ruolo di queste strutture è stato oggetto in seguito di una trasformazione, espressione dei mutamenti che hanno marcato non solo l’evolversi dei tempi ma anche quello della disciplina.
La storia ed il ruolo di queste strutture è stato oggetto in seguito di una trasformazione, espressione dei mutamenti che hanno marcato non solo l’evolversi dei tempi ma anche quello della disciplina che ha progressivamente riconosciuto nuovi campi allargando le proprie frontiere. Si può immaginare che siano state proprio quelle caratteristiche di liberalità nell’accesso e lo sviluppo snello ed informale delle procedure che abbiano favorito l’avvicinamento di malati che non fossero stati colpiti da tubercolosi ma che fossero invece interessati da altre patologie a porre progressivamente i Consorzi al passo con i tempi ed a vivere in modo completo il transito verso la Pneumologia. Ovviamente lungo questo percorso si sono chiusi via via i Dispensari periferici, laddove si fosse verificata questa necessità, ma la vera svolta avvenne con l’avvento della Legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978.
Le disposizioni in essa contenute, improntate, per quanto riguarda l’apparato respiratorio ad una grave miopia, avevano di fatto molto limitato il ruolo dello specialista tisio-pneumologo nei confronti delle malattie di interesse pneumologico arrivando anche a negare il ruolo ancora molto incisivo della tubercolosi per non parlare poi di quelle pneumopatie e broncopneumopatie che cominciavano ad affermarsi ed erano meritevoli di provvedimenti di prevenzione, diagnosi precoce e cure adeguate per le quali solo personale veramente formato avrebbe potuto conferire. A tutto ciò si aggiunga la progressiva espansione delle neoplasie che veniva acquisendo aspetti aggressivi.
Ci si chiede quindi cosa sia accaduto delle strutture preesistenti e soprattutto quali trasformazioni si siano verificate tenuto conto che realisticamente non aveva comunque senso mantenere l’intera organizzazione dei Consorzi Provinciali Antitubercolari che si poteva considerare ormai superata. Era invece molto importante adeguare proprio l’esperienza accumulata alla nuova realtà epidemiologica attrezzando un filtro territoriale che fungesse da una parte da freno ad un eccesso di ricoveri ospedalieri e dall’altro garantisse prestazioni che potessero essere svolte in ambito ambulatoriale sgravando ancora una volta le funzioni ospedaliere da compiti più consoni ad altri ambienti. Nell’ottica quindi delle disposizioni di Legge integrate dalle decisioni dei vari Comitati di Gestione, più o meno illuminati e dalle competenze più o meno approfondite od anche semplicemente reali dei loro componenti, si sono registrati destini diversi che sono andati dalla scomparsa totale, all’accorpamento con altri servizi distrettuali, all’integrazione con altri servizi in ambito ospedaliero, fino al mantenimento strutturale con funzioni estese alle nuove esigenze di una pneumologia moderna. Si era creata quindi la possibilità di aprire in modo organico alle esigenze della Medicina generale che si potessero interfacciare al contempo con quelle dell’ospedale e dell’Università laddove questa fosse stata presente.
Strutture importanti al passo con l’evoluzione clinica ed epidemiologica della disciplina sono state conservate e si sono riproposte alla comunità come riferimenti per la possibilità di accedere in modo rapido e semplice a prestazioni di ordine diagnostico e terapeutico.
Nei casi di strutture importanti soprattutto in sedi di rilievo nelle quali si erano intraprese per tempo iniziative od attività innovative al passo con l’evoluzione clinica ed epidemiologica della disciplina, queste ultime sono state conservate e si sono riproposte alla comunità come veri riferimenti per la possibilità di accedere in modo rapido e semplice a prestazioni di ordine diagnostico e terapeutico che abbracciassero almeno come primo approccio l’intera gamma delle malattie respiratorie, tubercolosi ovviamente compresa. Naturalmente per non disperdere l’enorme patrimonio di conoscenze accumulato nel corso del tempo sul piano del sociale sarebbe utile, ancora ora, che venisse proposta agli utenti, pur nell’ambito di un approccio clinico tradizionale, anche un’estensione agli aspetti che avevano contribuito a qualificare in modo originale i Consorzi. Si possono quindi indicare sommariamente le seguenti linee programmatiche:
- Inserimento dell’ex Consorzio nell’attività polispecialistica con una integrazione con discipline affini con cui condividere il lavoro anche di ordine epidemiologico. Questa soluzione fornirebbe alle Aziende sanitarie il polso di una gran parte della situazione suggerendo gli spunti per una programmazione che conti su riscontri immediati.
- Varo di attività di vario genere in funzione delle risorse disponibili. A titolo di esempio è utile citare quelle in campo allergologico, in campo riabilitativo, nella diagnosi funzionale respiratoria di base, nell’assistenza domiciliare orientata in varie direzioni, da quella in corso di insufficienza respiratoria con la gestione della ossigenoterapia a lungo termine e della ventilazione meccanica domiciliare in stretta collaborazione con le strutture ospedaliere prescrittrici, a quella oncologica, anche questa in accordo con gli specialisti oncologi e psicologi. In alcune strutture si sono anche avviate in modo proficuo altre attività quali lo studio di primo livello sui disturbi del sonno e si sono aperti Centri per la disassuefazione tabagica.
L’elenco potrebbe essere anche più lungo perché come si è detto le risorse disponibili non sono omogenee su tutto il territorio e quindi gli sviluppi possono essere stati diversi da un Centro all’altro, ma esso vuole semplicemente indicare in quali direzioni ci si possa eventualmente muovere.
In definitiva quindi la lunga e meritoria storia che i Consorzi Provinciali Antitubercolari hanno recitato può continuare a riproporsi in modo efficace e moderno.
Figure e tabelle
Riferimenti bibliografici
- Riva MA. “Dal mal sottile alla Tubercolosi resistente. Un secolo di sanatori in Valtellina”. Grafiche Rusconi: Bellano; 2012.
- Besozzi G. “Evoluzione nel territorio”. Relazione tenuta “Tubercolosi: una malattia sociale”.. Milano; 2012.
- Del Bue A. “La tisiologia nella pratica medica”. Dir.. 1933.
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