Medical Humanities e Pneumologia
Pubblicato: 2015-02-15

Michail Bulgakov, medico e meraviglioso narratore, alle prese con il più grande dei misteri

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Abstract

Un’analisi della vita e delle opere del medico e grandissimo scrittore russo Michail Bulgakov (1891-1940), in particolare del suo capolavoro, il romanzo Il Maestro e Margherita.

Articolo

Michail Bulgakov (1891-1940)

Sul finire egli Anni Sessanta del secolo scorso arrivò in Italia un manoscritto misterioso. Faceva parte della letteratura clandestina dell’Unione Sovietica, la superpotenza comunista che si divideva il possesso del mondo insieme agli Stati Uniti d’America. L’autore era un medico russo, nato a Kiev, in Ucraina, nel 1891 e morto a Mosca quasi in miseria e dimenticato nel 1940. Una morte passata inosservata, alla vigilia dell’invasione nazista della Russia e dello sforzo eroico della popolazione per sopravvivere alla ferocia dell’Operazione Barbarossa voluta da Hitler. Chirurgo di un piccolo ospedale di campagna, Bulgakov aveva lasciato la professione intorno al 1920 per dedicarsi alla letteratura. Dalla sua esperienza di medico in un piccolo ospedale sperduto nella grande pianura russa lo scrittore trasse una serie di racconti, gli Appunti di un giovane medico, che saranno pubblicati solo nel 1963 1.

Nel successivo compiersi di circa un ventennio, fino alla morte prematura nel marzo del 1940 per una forma di nefrite cronica, Bulgakov scrisse alcuni dei suoi libri più importanti, venati di sarcasmo e sfiducia nei confronti dei limiti della scienza e dell’animo umano. Citiamo il romanzo Cuore di cane, la storia di un quadrupede fedele trasformato in uomo attraverso degli impianti ormonali ed il racconto lungo Uova fatali, sui rischi di una ricerca scientifica e biologica incontrollata, mossa unicamente dalla volontà di successo e di potenza 2.

In particolare Cuore di cane si presenta come un apologo sui rischi di una sperimentazione clinica che insegue traguardi privi di qualsiasi direzione etica, cercando di creare un uomo nuovo, prevedibile nei comportamenti e facilmente manipolabile nelle intenzioni. Una valutazione che riguarda anche la ricerca biologica moderna, oltre la Russia stalinista degli anni tra le due Guerre Mondiali. Un cane randagio viene sottoposto dall’illustre clinico Filip Filipovič Preobraženskij, professore di medicina di fama mondiale ed impegnato in una ricerca sul ringiovanimento del corpo umano, ad un trapianto ghiandolare: ipofisi e testicoli donati da un cadavere. Il cane si trasforma progressivamente grazie al trapianto ed inizia a camminare su due zampe, perde la coda, i peli e le unghie. Diventa in grado di parlare, ma utilizza la parola secondo le coordinate del pensiero ereditate dal donatore, un poco di buono morto accoltellato in un’osteria di Mosca. Il cane, di nome Pallino, adopera con compiaciuta frequenza il turpiloquio, tiene un comportamento sopra le righe e sessualmente disinvolto, ma non trascura di citare Marx ed Engels, utilizzando le frasi tipiche della retorica sovietica e di inseguire, da vero cane, i gatti per la casa. La modalità esistenziale irrefrenabile del cane-uomo spingerà il professore a togliergli l’ipofisi umana, intervento che lo riporterà alla condizione canina di normale quadrupede.

L’epoca in cui Michail Bulgakov si era trovato a vivere ed il luogo, la Russia dell’ascesa al potere del dittatore Josif Stalin, non erano i più propizi per uno scrittore che intendesse raccontare liberamente delle storie e descrivere ed argomentare idee ed emozioni. Il manoscritto dell’ultimo e grande romanzo di Bulgakov, il Maestro e Margherita, che venne tradotto in Italia a metà del decennio che vide la nascita del Centro Sinistra di Aldo Moro e di Pietro Nenni insieme alle convulsioni ed inquietudini del Sessantotto, raccontava una storia complessa ed originale 3.

A Mosca, intorno al 1930, uno strano personaggio si aggira lungo i viali di uno dei giardini pubblici più famosi della città. In un caldo giorno d’estate e su di una panchina del Parco o Stagno del Patriarca, il critico Michail Aleksandrovic Berlioz ed il poeta Ivan Nikolaevic Ponyrev discutono intorno all’esistenza storica di Gesù Cristo. Argomentano di religione e di come questa dovesse essere ritenuta il primo ed il più importante degli imbrogli e delle illusioni che il potere somministrasse alla coscienze. Improvvisamente dinanzi a loro compare un misterioso individuo, vestito di tutto punto ed elegantemente di nero, guanti compresi, nonostante la calura. Si tratta del professor Woland, esperto in magia nera ed illusionista di professione. Un personaggio che risulta accompagnato da altre due improbabili figure: un individuo con un eccentrico completo maschile a scacchi e dall’aria allampanata ed un enorme gatto nero, capace di reggersi in piedi sulle zampe posteriori, irrequieto e curioso di ogni novità come tutti i gatti e dotato incredibilmente del dono della parola.

Chi avrà letto il libro di Bulgakov conosce il resto della storia. Il professor Woland non era altri che Satana in persona, sceso tra le strade di Mosca a sincerarsi delle nuove abitudini esistenziali dei moscoviti, liberati dalla ingombrante superstizione della religione grazie all’ideologia atea e comunista al potere. Erano gli anni in cui Stalin faceva radere al suolo la grande cattedrale ortodossa del Cristo Salvatore, al cui posto sarebbe stata poi collocata una grande piscina pubblica all’aperto, una struttura che promuovesse la cura del corpo, perché dell’anima non vi era traccia nel credo professato dalla dittatura. Scelta singolare da parte di un ex-seminarista, quale era stato il dittatore russo negli anni giovanili.

Nel giro di pochi giorni la presenza di Satana per le strade di Mosca provocherà più di qualche scompiglio. Il professor Woland, accompagnato dai demoni del proprio seguito, Behemot, il gatto nero, Azazello, il demone assassino dagli occhi di differente colore l’uno dall’altro, nonché dallo stravagante ed allampanato personaggio di nome Fagotto (Korov’ev), il quale altri non era che l’anima persa di un antico maestro di cappella, ora valletto di Satana, metterà a nudo la perenne natura dell’uomo. Renderà manifesto che sotto la vernice nuova del comunismo permane l’essere umano antico ed egoista, intriso di meschinità e di pregiudizio. Disposto a vendere la propria anima, che si rivela come esistente, a dispetto dell’ideologia atea imperante, al miglior offerente.

Il povero Bulgakov aveva ben donde da recriminare per questo. La polizia del regime lo perseguitava da anni, la censura vagliava con attenzione i suoi lavori e ne leggeva anche i diari. Nel 1930, disperato per la miseria e l’emarginazione dal mondo della cultura ufficiale, aveva dato alle fiamme il manoscritto della prima versione del Maestro e Margherita. Per cosa scrive infatti un autore se non può essere letto da nessuno? Tuttavia il libro, riscritto altre tre volte fino al 1940, è un meraviglioso scrigno di trovate e di storie parallele. Contiene in sé l’amore e la morte, insieme alla storia che tutte le storie giustifica ed in cui ognuno di noi vorrebbe avere un ruolo per trovare una parte rassicurante nella narrazione della propria esistenza.

Nel terrore generato dall’assoluta e violenta essenza del potere, tra le mura della tetra Fortezza Antonia, nel cuore della Gerusalemme al volgere dell’era cristiana, vive il procuratore Ponzio Pilato, l’altro grande protagonista del romanzo. L’uomo che è destinato ad effettuare il più grande degli sbagli ed a compiere il più irreparabile degli errori. Il procuratore soffre di ricorrenti attacchi di emicrania, che lo tormentano ciclicamente 4.

Non ha alcuna fiducia nelle virtù degli uomini. Ha dovuto farsi strada nella burocrazia imperiale grazie all’astuzia ed al cinismo. Si confida e solo parzialmente con un sicario ed informatore di fiducia, il tenebroso Afranio. Non ha amici, tranne un gigantesco cane danese di nome Banga, che lo veglia con una dedizione assoluta e silenziosa che Pilato tanto apprezza. Si troverà, il procuratore, a giudicare un vagabondo e lacero profeta, a nome Yeshua Hanozri, incarcerato perché si sarebbe astenuto dal rendere l’omaggio dovuto alla statua dell’imperatore Tiberio ed avrebbe predicato la rivolta alle regole ipocrite della casta dei sacerdoti del Sinedrio. Tuttavia chi è mai questo trascurabile individuo, avvolto nella propria debolezza e miseria come in un vestito di stracci, se non Gesù Cristo!

Pilato non può riconoscerlo. Troppo fiducioso nello scetticismo generato dalla ragione in cui è stato educato, non può credere che quello straccione sia il signore di un mondo diverso dall’unico che lui conosce e comprende. Un universo animato dalla sopraffazione del forte sul più debole, percorso dalla bramosia della ricchezza, attraversato dalla violenza ed animato dalla menzogna. Durante il dialogo con Yeshua, prima della flagellazione raccontata dai Vangeli, l’Egemone Pilato si accorge che chi gli sta innanzi non è il solito delinquente, un comune agitatore di folle della Giudea. Pilato avverte un rispetto ed una simpatia istintiva per quell’uomo e tuttavia non potrà fare a meno di consegnarlo ai carnefici per la crocifissione, poiché non può rischiare la propria carriera assolvendo uno straccione che si è rifiutato di riconoscere l’autorità della casta sacerdotale che tanta parte ha nel governo del paese sotto le direttive dei Romani. Il grande sacerdote Caifa, nonostante venga sollecitato per ben tre volte da Pilato, conferma l’intenzione del Sinedrio di liberare per la Pasqua il detenuto e delinquente abituale Bar-raban al posto dell’inoffensivo, per il procuratore, Yeshua. La propria codardia, l’aver supposto che un gesto di clemenza avrebbe potuto metterlo in cattiva luce agli occhi dell’imperatore, il non aver saputo opporsi alla volontà del Sinedrio, che egli non condivide, hanno condannato Ponzio Pilato al rimorso per l’eternità.

Quasi venti secoli dopo un altro essere umano ed un altro scrittore, come lo stesso Bulgakov, vive prigioniero di un’angoscia irrisolta, questi è il personaggio del Maestro. Si tratta di un nome che ha ricevuto dalla sua amante, Margherita Nikolaevna, incontrata un giorno di primavera lungo uno dei viali di Mosca con un mazzo di fiori gialli tra le braccia. Margherita rappresenta il dono di un amore assoluto che lo ha compensato solo parzialmente del mancato riconoscimento della propria attività di scrittore:

Il Maestro ha scritto infatti un’opera dedicata alla figura di Ponzio Pilato, che il sindacato degli scrittori comunisti ha bocciato sonoramente, giudicandola diseducativa. Il rifiuto e l’umiliazione conseguente lo hanno spinto alla disperazione, a bruciare l’unica copia del manoscritto in una stufa, ad allontanare il suo grande amore, Margherita ed infine alla follia. La piccola casa, in un seminterrato di Mosca, in cui i due amanti avevano vissuto momenti indimenticabili, è stata sequestrata ed assegnata ad un delatore che ha accusato il Maestro di essere un sovversivo ostile al partito comunista. Internato in manicomio lo scrittore trascorre le giornate nel silenzio, fino all’incontro con il poeta Ivan Ponyrev che abbiamo nominato all’inizio della nostra storia. La discussione con Satana è risultata fatale per il giovane poeta. Il critico Berlioz è morto travolto e decapitato da un tram subito dopo il dialogo sostenuto con il diavolo. Ivan ha cercato inutilmente di raccontare la propria versione dei fatti, ma la polizia stalinista non gli ha naturalmente creduto, perché i gatti, si sa, non possono parlare e non vi era alcun illusionista a nome Woland che soggiornasse in quei giorni negli alberghi di Mosca …

Anche per lui si sono pertanto aperte le porte del manicomio ed è stato dichiarato schizofrenico. Solo Margherita rimane libera, pervasa dalla malinconia dell’amore perduto e dalla disperazione di una vita senza senso. Anche lei incontrerà il diavolo. In cambio di poter rivedere l’amante, accetterà di essere la regina della notte delle streghe, la notte del venerdì santo, in cui le anime dei peggiori criminali della storia escono dalle porte dell’inferno per partecipare al ballo di Satana. Il comportamento dignitoso e forte di Margherita le permetterà di ottenere da Woland la ricompensa agognata. Il Maestro le sarà restituito e così pure una copia del manoscritto con la storia di Ponzio Pilato, rigenerato intatto dalle fiamme in cui era stato gettato.

Non tutto è però in ordine, qualche particolare deve essere ancora sistemato. Il demone Azazello ucciderà i due amanti ricongiunti con un sorso di falerno avvelenato, il vino bevuto a suo tempo dal procuratore della Giudea. Li ucciderà solo per consegnarli ad un’eternità di pace e di serenità, in un luogo senza tempo, una casa di campagna sospesa al di fuori delle dimensioni terrene. Così ha chiesto di provvedere Yeshua allo stesso Satana, perché questo è il destino che è stato riservato allo scrittore ed alla sua amata. Prima però, dopo una cavalcata notturna in compagnia dei demoni, il Maestro ha dovuto adempiere ad un destino più importante. È stato condotto in un luogo solitario, inondato dalla luce della luna, un recesso misterioso in cui Pilato attende da secoli di essere liberato dal proprio rimorso. Unicamente il grande cane Banga è rimasto a fargli compagnia, giacché chi ama deve seguire il destino della persona amata. Finalmente egli può pronunciare le parole che libereranno l’uomo dal rimorso di non aver fatto nulla per salvare la vita del Cristo ed il procuratore della Giudea, il crudele cavaliere Ponzio Pilato, potrà lasciare quella prigione ed incamminarsi lungo una strada segnata dai raggi della luna, discutendo con Yeshua di come tutto non sia stato altro che un incubo, un sogno e di come egli non fosse in fondo che una pedina di un disegno e di una volontà immensamente più ampi della propria.

A somiglianza di un gioco di pazienza, in un immenso puzzle dell’anima umana, le varie storie si ricompongono in un insieme che acquista un significato comprensibile. Un mosaico letterario formato da infinite tessere dorate, come quelli delle chiese ortodosse, splendenti, ma che vengono spesso parzialmente mascherate dai fumi dell’incenso. La ragione dell’uomo non può spiegare ogni cosa, questo è il messaggio principale di Bulgakov, coerente con la grande tradizione narrativa russa. Ripensiamolo ancora oggi, anche in campo medico, davanti alla superficialità di tanti profeti di vite illimitatamente lunghe da un punto di vista temporale e biologico e magari assolutamente povere nei confronti di una valutazione semplicemente umana. Immaginare una diversa medicina è ancora possibile.

Riferimenti bibliografici

  1. Bulgakov M. Appunti di un giovane medico, traduzione di Emanuela Guercetti. BUR: Milano; 1990.
  2. Bulgakov M. Cuore di cane – Uova fatali, traduzione di Serena Prina. Feltrinelli: Milano; 2011.
  3. Bulgakov M. Il Maestro e Margherita, prefazione di Vittorio Strada, traduzione di Vera Drisdo Torino: Einaudi. 1967.
  4. Zayas V, Mainardi F, Maggioni F, Zanchin G. Sympathy for Pontius Pilate. Hemicrania in M.A. Bulgakov’s. The Master and Margarita. Cephalalgia. 2007; 27:63-7.

Affiliazioni

Federico E. Perozziello

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2015

Come citare

Perozziello, F. E. (2015). Michail Bulgakov, medico e meraviglioso narratore, alle prese con il più grande dei misteri. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 30(1), 54-58. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2015-30-10
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