Serie - “Patologia della pleura”
Pubblicato: 2015-02-15

L’ecografia del torace nella patologia pleurica

UOC Pneumologia, Spedali Civili, Brescia
Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università degli Studi di Brescia
Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università degli Studi di Brescia
Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università degli Studi di Brescia
UOC Pneumologia, Spedali Civili, Brescia
Pleura Ecografia Ultrasuoni Toracentesi Toracoscopia

Abstract

Solamente negli ultimi anni gli pneumologi hanno iniziato ad considerare l’utilità dell’ecografia toracica nello studio delle malattie pleuriche e polmonari, apprezzando la maneggevolezza e la versatilità di questo strumento. In effetti, gli ultrasuoni permettono di visualizzare facilmente la pleura che appare come una linea ecogena, brillante e regolare al di sotto delle strutture della parete toracica. L’ecografia toracica è un valido aiuto nella valutazione, differenziazione e follow-up dei versamenti pleurici, dell’empiema, dello pneumotorace, dell’emotorace e degli ispessimenti pleurici. Inoltre l’impiego degli ultrasuoni è divenuto obbligatorio durante l’esecuzione delle procedure invasive. Permettono, infatti, di identificare il miglior punto dove eseguire una toracentesi o posizionare un drenaggio toracico, evitando di danneggiare organi toracici o addominali. Per di più, permettendo un accurato studio della pleura, gli ultrasuoni hanno reso possibile eseguire la toracoscopia medica anche in assenza di liquido pleurico senza dover ricorrere allo pneumotorace preparatorio. Infine, l’ecografia è utile come guida per le biopsie di ispessimenti pleurici, di noduli/masse polmonari o di qualsiasi altro tessuto (ad esempio linfonodi durante la stadiazione del tumore polmonare). Oggigiorno, quindi, gli pneumologi non possono più astenersi dall’utilizzo dell’ecografia pleurica nella gestione delle malattie pleuriche. Un utilizzo sempre più diffuso degli ultrasuoni non potrà che migliorare la pratica clinica e ridurre il rischio di complicanze durante le procedure invasive.

Introduzione

Per troppo tempo il torace non è stato esaminato con gli ultrasuoni per l’erronea convinzione che aria e tessuto osseo impedissero l’acquisizione di informazioni utili relegando quindi l’ecografia ad un ruolo marginale e sporadico. Di fatto intere generazioni di pneumologi sono cresciute senza alcuna nozione in questo specifico campo delegando la fase diagnostica alla sola radiologia tradizionale e ai radiologi, fatta eccezione forse per l’uso dell’amplificatore di brillanza impiegato in broncologia e per i prelievi citologici transparietali. Da alcuni anni invece l’uso dell’ecografo nelle moderne Pneumologie è sempre più diffuso e le nuove generazioni sono sempre più interessate e preparate al suo impiego quotidiano. È proprio la patologia pleurica quella che più di tutte può trarre beneficio dagli ultrasuoni.

Storicamente lo studio del versamento pleurico è stato la prima applicazione in cui l’ecografia si è dimostrata superiore alla radiografia poiché capace di individuare piccole quantità di liquido, inoltre l’ultrasonografia si è dimostrata un’affidabile e sicura guida per la toracentesi 1.

L’uso dell’ecografo nelle moderne Pneumologie è sempre più diffuso e la patologia pleurica quella che più di tutte può trarre beneficio dagli ultrasuoni.

A questo efficace e semplice utilizzo si sono poi aggiunte altre applicazioni quali l’individuazione dello pneumotorace, lo studio degli ispessimenti pleurici, del diaframma, del parenchima polmonare e delle masse/opacità periferiche e mediastiniche, oltre che all’utilizzo durante le biopsie 2.

Anatomia e fisiologia ecografica della pleura

Per lo studio della pleura e del torace in generale vengono abitualmente impiegate sonde lineari ad alta frequenza (7,5-12 MHz) e sonde convex con più alta penetrazione tissutale ma con minore definizione (3,5-5 MHz).

Per lo studio della pleura e del torace vengono abitualmente impiegate sonde lineari ad alta frequenza e sonde convex con più alta penetrazione tissutale ma con minore definizione.

Le prime sono le più adatte per lo studio della parete e della pleura mentre le seconde sono insostituibili per i versamenti e per una visione panoramica più estesa. Non c’è bisogno di ecografi di ultima generazione, macchine anche datate vanno benissimo. Il paziente può essere studiato in qualsiasi posizione, esattamente come siamo abituati a fare con il fonendoscopio 3.

Nel sano la pleura è individuata ecograficamente come una linea iperecogena denominata appunto linea pleurica situata immediatamente al di sotto delle coste e dei muscoli intercostali. Essa è a tutti gli effetti un artefatto essendo l’espressione del profondo scalino sonoro tra il tessuto della parete e l’aria contenuta nel polmone. La linea pleurica è la prima struttura da individuare una volta appoggiata la sonda sulla cute. Sia in obliquo (tra le coste) che in longitudinale (perpendicolare alle coste). Nel sano essa appare sottile (0,2-0,5 mm), brillante, regolare, senza discontinuità e non sono differenziabili il foglietto parietale da quello viscerale (Figura 1). Da essa partono inequivocabilmente tutti i segni di malattia, scompare negli addensamenti ma non nello pneumotorace, diventa irregolare e “sporca” nelle malattie dell’interstizio. Sempre dalla linea pleurica partono le cosiddette linee B che se numerose individuano per esempio un sovraccarico idrico. Durante la ventilazione è possibile apprezzare il cosiddetto sliding sign, segno ecografico dello scivolamento del parenchima polmonare lungo la parete toracica. Esso è maggiormente apprezzabile alle basi in posizione seduta (fino a 5 cm di escursione), si affievolisce spostandosi verso gli apici, scompare nello pneumotorace, in presenza di aderenze, di aree atelettasiche, nei pazienti pneumonectomizzati e dopo pleurodesi.

Il versamento pleurico, lo pneumotorace, gli ispessimenti pleurici

Il versamento pleurico è sicuramente la patologia che più si presta allo studio ultrasonografico.

Il versamento pleurico è la patologia che più si presta allo studio ultrasonografico.

Sia nella diagnostica che come guida nelle procedure è senza dubbio superiore alla radiologia tradizionale. Minime quantità, anche inferiori ai 10 ml, possono essere individuate e campionate. La sonda preferibile è quella convex che offre una panoramica della cavità molto dettagliata. Il liquido si presenta come ipo/anecogeno, si appoggia sull’emidiaframma che diventa anch’esso soggetto studiabile nel dettaglio anatomico e funzionale. Il versamento quando cospicuo comprime il polmone verso l’ilo costringendolo a “nuotare” e ad assumere forme e volumi variabili; quando diviene massivo può determinare atelettasie e invertire la fisiologica convessità del diaframma (segno equiparabile allo sbandamento mediastinico all’Rx). L’ecografia aiuta altresì nella diagnosi differenziale fra versamento libero e saccato anche qualora queste raccolte siano presenti in sedi atipiche quali quelle anteriori paramediastiniche o quelle posteriori sottoscapolari. Molti metodi e formule sono stati proposti per quantificarne ecograficamente il volume, tutti utili e nessuno pratico. Il migliore forse è quello di classificarne la quantità in minima se la sonda lo individua in un solo spazio intercostale, moderata se visibile in due contigui e massiva se è presente in tre o più (Figura 2). L’ecogenicità del liquido poi aiuta nell’orientamento diagnostico. Se anecogeno può essere indifferentemente un trasudato o un essudato (Figura 3A), se omogeneamente ecogeno in genere è essudatizio ricco di proteine, di emazie (versamento siero-ematico) o di lipidi (chilotorace). Negli essudati corpuscolati si può anche trovare il cosiddetto “hematocrit sign” ovvero uno strato iperecogeno nella porzione più declive del versamento (Figura 3B). La pleurite parapneumonica è contraddistinta da plurime saccature (non identificabili tramite TC) che progressivamente si infittiscono e il cui contenuto diviene sempre più denso e a maggiore ecogenicità (Figura 3C). L’empiema invece lo si sospetta quando la sacca è unica, rigida e omogeneamente iperecogena, a volte punteggiata da spot diffusi biancastri (Figura 3D). L’emotorace infine si presenta con ecogenicità mista, non omogenea, con zone anecogene miste a grumi iperecogeni più o meno organizzati (coaguli). Da ricordare infine la possibilità di riuscire ad individuare raccolte controlaterali anche minime che configurano versamenti espressione di malattie sistemiche quali lo scompenso cardiaco o l’idrotorace epatico.

Altra patologia di interesse quotidiano è lo pneumotorace che l’ecografia individua e studia nel dettaglio. Sono tre i segni da ricercare per individuarlo. Il primo e il più importante è l’assenza dello sliding sign. Con sonda lineare si mappa tutta la superficie pleurica anche se particolare attenzione va posta allo studio dei quadranti antero-superiori dove l’aria libera notoriamente si raccoglie. La linea pleurica è ferma, non scivola, mancano i normali artefatti del parenchima aerato, alcune volte sono presenti fittissimi echi di riverbero ravvicinato che si spingono in profondità. Nello pneumotorace non sono mai presenti le linee B (secondo segno). Il terzo segno è rappresentato dai lung points che non sono altro che i punti in cui la scansione ecografica identifica il passaggio fra polmone fisiologicamente a parete (sliding sign) e aria in cavo pleurico (linea pleurica fissa). Quanto più sono distanti tanto più lo pneumotorace è esteso. Il vantaggio di individuare con altissima sensibilità uno pneumotorace è innegabile in quei malati ricoverati nelle terapie intensive ma torna utilissimo anche nelle nostre Pneumologie dove è una malattia frequente, misconosciuta e potenzialmente pericolosa e molte volte conseguenza dei nostri interventi invasivi (biopsie transbronchiali, agobiopsie transparietali, posizionamento di CVC).

Ultima patologia che vogliamo affrontare in questa breve rassegna sono gli ispessimenti pleurici, diffusi o parcellari. Di scarso impatto epidemiologico ma di difficile inquadramento clinico essi sono facilmente individuati con gli ultrasuoni e si presentano come un nastro più o meno spesso, anecogeno o solo tenuamente ecogeno, subito al di sotto della parete (Figura 4). La sonda lineare consente di misurarne lo spessore oltre che di studiare l’eventuale infiltrazione della parete e il suo insinuarsi nel parenchima. Molte volte è difficile differenziare il minimo versamento dall’ispessimento poiché ambedue anecogeni; la diagnosi differenziale può essere posta ricordandosi che gli ispessimenti pleurici sono insensibili alla gravità, quindi rimangono immodificati al variare del decubito del paziente contrariamente a quanto avviene con i versamenti pleurici.

Pneumologia interventistica eco-guidata

L’ecografia del torace trova la sua più grande utilità clinica nella guida per la corretta esecuzione della toracentesi e per il posizionamento dei drenaggi pleurici di qualsiasi calibro e in qualsiasi sede 4.

L’ecografia del torace trova la sua più grande utilità clinica nella guida per la corretta esecuzione della toracentesi e per il posizionamento dei drenaggi pleurici.

Negli ultimi anni inoltre è divenuta indispensabile anche come approccio preliminare alla toracoscopia e sta sostituendo la TC come guida alla biopsia delle lesioni pleuriche e polmonari periferiche.

Per l’esecuzione di toracentesi e/o il posizionamento di un drenaggio toracico, gli ultrasuoni consentono senza dubbio l’identificazione della sede migliore per l’esecuzione della procedura permettendo di misurare in “real time” la quantità, la profondità, le caratteristiche del versamento, la distanza del parenchima polmonare, i rapporti con il diaframma e con gli organi/vasi vicini. Le strategie sono fondamentalmente due: la prima e la più utilizzata è quella di individuare con la sonda il punto migliore e procedere poi a mano libera, mentre la seconda prevede la continua visualizzazione dell’ago durante la sua introduzione in parete. Quest’ultima è decisamente più elegante ma non aggiunge nulla in termini di sicurezza ed è da consigliare solo in presenza di modestissime quantità di liquido. L’ago o meglio la sua punta può essere costantemente visualizzata anche durante la fase di drenaggio del liquido, consentendo di mantenerla lontana da bersagli “iatrogeni” quali il polmone/fegato/milza/cuore (Figura 5A). Altro gradino di sicurezza è offerto dalla possibilità di localizzare con la funzione doppler le arterie intercostali e la mammaria che essendo spesso variabili nel loro decorso possono così essere evitate (Figura 5B). In presenza di versamenti massivi è buona norma non introdurre l’ago in prossimità del diaframma con la convinzione così di essere più efficaci perché la sua risalita man mano che procede la manovra andrà precocemente a otturarlo, la sede migliore è il punto di mezzo tra il diaframma e il punto più alto in cui il liquido è visibile. I vantaggi poi in presenza di saccature e sepimentazioni fibrinose sono ancora maggiori e facilmente intuibili. Tutti questi benefici in termini di sicurezza hanno portato a non più sconsigliare la toracentesi eco-guidata nei pazienti in terapia anticoagulante o con doppia anti-aggregazione 5. Per di più la toracentesi sotto guida ecografica può essere eseguita posizionando il malato in differenti decubiti e questa sua versatilità la rende insostituibile nelle rianimazioni e nelle terapie intensive dove il decubito supino obbligato crea enormi difficoltà. Va da sé che il tasso di pneumotorace post-procedura è molto inferiore e che anche l’edema da riespansione, seppur raro, può essere prevenuto e precocemente individuato.

Tutto quello che è stato finora detto vale anche per il posizionamento del drenaggio toracico. Le linee guida internazionali più seguite hanno da tempo recepito l’assoluta utilità della guida ecografica proponendola come indispensabile 6. Mettere un drenaggio senza tale appoggio è ormai da considerarsi scorretto, i rischi di mal posizionamento e di lesione di organi vitali toracici e sottodiaframmatici sono praticamente assenti; l’efficacia altissima. Non solo i piccoli cateteri di cui esiste una discreta letteratura ma anche i trocar più grandi (24-28F) trovano nell’ecografia un momento preparatorio fondamentale. Nei versamenti infettivi poi, notoriamente plurisaccati, nascosti a volte tra lembi di parenchima adeso alla parete, l’approccio ecografico è assolutamente obbligatorio e necessario permettendo la bonifica delle camere più voluminose e indicando la successiva condotta terapeutica come per esempio l’instillazione di agenti fibrinolitici o il ricorso a punture evacuative in sacche non drenate. E in tutto questo l’ecografia si è dimostrata superiore alla TC notoriamente incapace di vedere le sepimentazioni all’interno dei versamenti infettivi. Da ultimo va sottolineata la possibilità di seguire il decorso del drenaggio all’interno della cavità pleurica una volta posizionato.

Anche la toracoscopia di conseguenza non può che trarre beneficio dall’impiego degli ultrasuoni. La tecnica classica e consolidata prevede il ricorso ad uno pneumotorace preparatorio indotto in genere con aghi smussi il giorno precedente o immediatamente prima dell’esame. L’ecografia può sicuramente sostituire tale abitudine rendendo l’esame più facile e sicuro e consentirne l’esecuzione anche in presenza di cavi minimi e difficili da raggiungere.

L’ecografia può sostituire lo pneumotorace preparatorio alla toracoscopia rendendo l’esame più facile e sicuro anche in presenza di cavi minimi e difficili da raggiungere.

Gli ultrasuoni inoltre forniscono ulteriori informazioni preliminari utili poi durante l’esame quali la presenza di masse e/o aderenze da evitare durante l’introduzione del trocar, il coinvolgimento del diaframma, lo stato del parenchima polmonare, l’ecogenicità del materiale presente e la sua eventuale sepimentazione.

Ma l’ecografia dimostra tutta la sua modernità in quelle situazioni in cui si impone lo studio della superficie pleurica in assenza di liquido. L’attenta analisi dello scorrimento polmonare tramite la mappatura attenta ed estesa dello sliding sign fornisce preziose informazioni sulla collassabilità del polmone e sulla fattibilità di una ricognizione endoscopica efficace. Se presente, lo sliding autorizza un ingresso prudente per via smussa con introduzione del mandrino senza arrecare danno al polmone e con l’immediata formazione di una camera pleurica idonea all’esplorazione e alle successive biopsie 7. Inoltre l’ecografia consente di monitorare la riespansione polmonare dopo l’esame nonché di controllare, nei versamenti infettivi, il decorso delle sacche residue qualora la toilette toracoscopica non sia risultata completa e di diagnosticare l’eventuale malposizionamento del drenaggio.

Anche dopo pleurodesi un buon esame ecografico può fornire informazioni preziose sulla sua efficacia e tenuta nel tempo.

Le biopsie transcutanee della pleura e del parenchima polmonare periferico sempre più vengono eseguite con l’aiuto dell’ecografo.

E per ultimo un accenno meritano anche le biopsie transcutanee della pleura e del parenchima polmonare periferico che sempre più vengono eseguite con l’aiuto dell’ecografo. Tre infatti sono i bersagli toracici che possono essere aggrediti correttamente ed efficacemente con il sostegno degli ultrasuoni: le lesioni della parete toracica, quelle pleuriche, dai noduli agli ispessimenti estesi o parcellari, e le lesioni polmonari periferiche a contatto con la parete. Da non trascurare poi la grande utilità in corso di stadiazione delle neoplasie polmonari: con l’eco guida si possono eseguire biopsie di linfonodi del collo o del cavo ascellare o di tumefazioni individuate con TC o PET. L’approccio è “real time” semplice e preciso, veloce e privo di rischi sostanziali. Tutti gli aghi possono essere utilizzati, dai semplici Menghini a punta affilata (21-18 G) ai più “aggressivi” trancianti di vario calibro (14-18-21G) che consentono di estrarre frustoli idonei per l’esame istologico. L’accoppiamento ago-sonda permette la costante visualizzazione del percorso mentre la punta raggiunge l’obiettivo. L’impiego di guide dedicate che consentono di fissare l’ago alla sonda rende la procedura più semplice; una volta prescelto l’angolo di ingresso, indirizzano al bersaglio tramite un percorso predeterminato. Tale approccio non richiede particolare esperienza ma è limitato dalla fissità del dispositivo ago-sonda. Essendo infatti la cassa toracica protetta dalle coste, si può essere impossibilitati a raggiungere la lesione per la rigidità dell’insieme. Più difficile, ma una volta imparata più redditizia, è la tecnica free hand, a mano libera, dove piccoli aggiustamenti indipendenti dell’inclinazione dell’ago e della sonda permettono quasi sempre la buona riuscita della manovra. Quest’ultima richiede un buon grado di esperienza per mantenere contemporaneamente sia l’ago che la lesione nel fascio di visualizzazione ultrasonografico. Sicuramente la velocità rappresenta uno dei vantaggi dell’approccio con gli ultrasuoni alle biospie transtoraciche. L’efficacia è simile a quella con le altre tecniche di imaging, la TC in primo luogo, ma il tempo di persistenza dell’ago nella lesione è di gran lunga inferiore con guadagno in tollerabilità e complicanze. L’ecografia infine permette di individuare immediatamente eventuali complicanze post-procedura quali lo pneumotorace. La resa diagnostica, in mani esperte, supera il 90% 8 9.

Conclusioni

L’ecografia ormai è diventata insostituibile nello studio e nella gestione delle malattie pleuriche. I versamenti, gli ispessimenti, i noduli/masse della sierosa sono l’ideale campo di applicazione degli ultrasuoni. Lo pneumologo moderno non può ignorarne l’esistenza e sempre di più dovrà imparare a interagire con essa. L’ecografo, macchina versatile, leggera, trasportabile, ed economicamente vantaggiosa, dovrebbe essere sempre disponibile nelle nostre corsie. Ricordiamo e sottolineiamo il fatto che non siano necessari dispositivi di ultima generazione. La sua presenza fisica deve essere da stimolo poi a costruire, su modelli stranieri ormai consolidati 10, delle Pleural Unit dove medici particolarmente dedicati ed eco-competenti gestiscano la patologia della pleura in tutta la sua interezza, dalla diagnosi al follow-up.

Figure e tabelle

Figura 1.Scansione con sonda lineare in un soggetto sano. Ben visibile la linea pleurica al di sotto della parete toracica.

Figura 2.Quantificazione ecografica del versamento pleurico (per la descrizione vedere il testo). Per ogni quadro presente scansione ecografica esemplificativa.

Figura 3.Classificazione ecografica dei versamenti pleurici. A versamento anecogeno, B versamento complesso non settato, C versamento complesso plurisettato, D versamento iperecogeno.

Figura 4.Ispessimento pleurico.

Figura 5.A: immagine ecografica in corso di toracentesi, visibile la punta dell’ago (indicato) nel liquido, in basso il parenchima polmonare, sulla destra il diaframma. B: Immagine doppler dei vasi intercostali.

Riferimenti bibliografici

  1. Joyner CR, Herman RJ, Reid JM. Reflected ultrasound in the detection and localization of pleural effusion. JAMA. 1967; 200:399-402.
  2. Joachim Reuβ. Sonographic imaging of the pleura: nearly 30 years experience. European Journal of Ultrasound. 1996; 3:125-39.
  3. Soldati G, Copetti R. Seconda edizione. Edizioni Medico-Scientifiche: Torino; 2012.
  4. Havelock T, Teoh R, Laws D, Gleeson F. Pleural procedures and thoracic ultrasound: British Thoracic Society pleural disease guideline 2010. Thorax. 2010; 65:ii61-76.
  5. Patel MD, Joshi SD. Abnormal preprocedural international normalized ratio and platelet counts are not associated with increased bleeding complications after ultrasound-guided thoracentesis. AJR Am J Roentgenol. 2011; 197:W164-8.
  6. Salamonsen M, Ellis S, Paul E. Thoracic ultrasound demonstrates variable location of the intercostal artery. Respiration. 2012; 83:323-9.
  7. Marchetti G, Valsecchi A, Indellicati D. Ultrasound guided medical thoracoscopy in the absence of pleural effusion. Chest. 2014. DOI
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  9. Hallifax RJ. Physician-based ultrasound-guided biopsy for diagnosing pleural disease. Chest. 2014; 146:1001-6.
  10. Hooper C, Gary Lee YC, Maskell N. Setting up a specialist pleural disease service. Respirology. 2010; 15:1028-36.

Affiliazioni

Giampietro Marchetti

UOC Pneumologia, Spedali Civili, Brescia

Alberto Valsecchi

Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università degli Studi di Brescia

Sabrina Arondi

Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università degli Studi di Brescia

Federico Quadri

Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università degli Studi di Brescia

Marco Trigiani

UOC Pneumologia, Spedali Civili, Brescia

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2015

Come citare

Marchetti, G., Valsecchi, A., Arondi, S., Quadri, F., & Trigiani, M. (2015). L’ecografia del torace nella patologia pleurica. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 30(1), 25-31. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2015-30-05
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