Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare
Articolo
La capacità organizzativa ed il prestigio dell’European Respiratory Society (ERS) hanno permesso, nel corso del 2014, di avere un panorama aggiornato della Pneumologia Riabilitativa (PR) in Europa e nel mondo. Il responsabile del gruppo di studio ERS sulla PR, M. Spruit ha infatti pubblicato sull’European Respiratory Journal i risultati di un questionario composto da 12 domande molto semplici rivolto principalmente ai membri dell’ERS (Gruppo PR ed Assemblea non medici). La survey dimostra che numerose caratteristiche (la selezione dei pazienti, il setting, il team, le modalità di trattamento e di valutazione dei risultati) dei programmi di PR attuati nel nostro Paese sono simili a quelle del resto d’Europa. Vi sono invece alcuni ostacoli professionali ed organizzativi in cui la PR in Italia si discosta da quella Europea. Questi sono stati oggetto della lettera di commento a tale survey che abbiamo scritto come esperti Italiani in PR 1. In primo luogo ancora oggi vi sono grandi differenze nella distribuzione geografica dei Centri di PR in Italia. La disomogenea distribuzione si associa ad una carenza numerica in generale, perlomeno se rapportiamo la disponibilità di programmi di PR con la folla di potenziali utenti (pensiamo solo ai BPCO!). Vi è poi una carenza anch’essa storica di figure di riferimento, cioè di operatori sanitari, medici e non medici, esperti di PR. Crescente è la necessità che le Scuole di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Respiratorio prendano in maggior considerazione la PR come materia da insegnare agli Specializzandi, magari anche con stages nei centri di PR. Per i fisioterapisti la disattenzione cronica ed imperdonabile delle Scuole prima e dei Corsi di Laurea ora sulla PR hanno fatto in modo che il “Fisioterapista Respiratorio” assomigli ancora oggi ad una “mosca bianca”. Ultimamente però la Università di Milano in collaborazione con l’ARIR (Associazione dei Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria) hanno proposto un Master in PR, e già vi sono brillanti allievi di tale Scuola che praticano la PR in molti Centri.
L’ultimo ma probabilmente il più insidioso degli ostacoli che impediscono ai pazienti di accedere alla PR è rappresentato dalla longa manus dei fisiatri. In alcune Regioni ci troviamo oggi a dover spiegare ai nostri pazienti che debbono (per poter essere accolti in un Programma di PR) sottostare ad una visita fisiatrica, come se lo pneumologo non fosse in grado di riconoscere quale paziente si gioverebbe della PR. In un Sistema Sanitario che seguisse una logica e che soprattutto stesse al passo con i tempi confrontandosi con il resto d’Europa (dove i fisiatri non hanno alcun ruolo nella PR) un problema del genere non sarebbe mai potuto sorgere. AI PO ha già lavorato e continuerà a farlo per cercare di porre rimedio a questo errore che alcune Amministrazioni hanno perpetrato a danno dei pazienti respiratori. Il danno è quello di affidare i destini dei pazienti respiratori a chi come il fisiatra ospedaliero medio che si è sempre occupato delle patologie di sua competenza non ha la esperienza e la professionalità necessarie per poter esprimere giudizi clinici motivati, giudizi clinici che però hanno valore decisivo (pollice verso o meno) per la possibilità del paziente di praticare la PR.
Tornando ad argomentazioni cliniche vorrei segnalare due trials sulla PR a mio parere molto importanti. Il primo, pubblicato sul prestigioso British Medical Journal, tratta della riabilitazione in occasione di una riacutizzazione di una malattia cronica respiratoria (comprendente per la maggior parte BPCO, ma anche asma, bronchiettasie ed interstiziopatie) 2. Sono stati inclusi nel trial 389 pazienti suddivisi in due gruppi, di cui uno oltre al trattamento usuale (che comunque comprendeva già fisioterapia al letto) veniva sottoposto ad un trattamento riabilitativo precoce (entro 48 ore dall’ingresso in ospedale) ed individualizzato consistente in riallenamento alla resistenza ed alla forza ed elettrostimolazione muscolare. Dopo la dimissione veniva prescritto un programma domiciliare di riallenamento. I risultati mostrano che non vi erano differenze tra la riabilitazione precoce ed il trattamento usuale per quanto riguarda le ri-ospedalizzazioni. Gli Autori concludono che la PR precoce durante una riacutizzazione è inefficace! Vi sono molte osservazioni da fare su questo trial. Che il trattamento usuale di una riacutizzazione negli ospedali del Regno Unito comprenda fisioterapia al letto è un fatto che si differenzia molto dal nostro SSN. Ma soprattutto questo fattore rende tutto il lavoro di Greening e coll, difficilmente interpretabile perché confronta due tipi di fisioterapia e non, evenienza a mio parere molto più comune almeno in Italia, fisioterapia verso non fisioterapia. La durata del ricovero e conseguentemente del trattamento era comunque molto breve (pochi giorni) ed alla dimissione il paziente non veniva trasferito ad un programma di PR ma dimesso e “seguito” telefonicamente a domicilio. Con tutto ciò, vi erano comunque dei segnali positivi nel gruppo PR: una migliore performance fisica specie in chi poi non si è nuovamente ricoverato e la tendenza a stare allettato per meno giorni. Mio commento conclusivo sull’argomento è che talvolta ... un bel tacer non fu mai scritto! In altre parole solo il prestigio degli Autori ha permesso la pubblicazione sul BMJ di un trial a mio parere mal disegnato e che quindi può portare a considerazioni errate. La PR immediatamente dopo la fase acuta di una riacutizzazione, ricordiamo, è evidence based nel ridurre la mortalità ed i nuovi ricoveri.
Infine parliamo di uno studio clinico sulle interstiziopatie polmonari (ILDs) 3. Sono stati seguiti 44 pazienti, di cui la metà con IPF, di media gravità funzionale. Essi sono stati valutati per quanto riguarda gli effetti a breve ed a lungo (6 mesi) termine della PR. Il test del cammino (6MWT) risultava migliorato subito dopo ed a 6 mesi di distanza dalla PR, e così accadeva anche nella maggioranza dei pazienti per gli indici di dispnea, qualità di vita e depressione. Questo semplice lavoro, che raggruppa tre diversi Centri di PR, sembra confermare da un lato i miglioramenti che si osservano nei pazienti immediatamente dopo PR ma aggiunge anche un dato sempre di segnale positivo che si realizza sei mesi dopo la PR. È noto che le Linee Guida sulla IPF prevedono almeno un tentativo all’approccio alla PR. Ma d’altra parte le casistiche non solo Italiane ma Internazionali vedono i pazienti con ILDs come una sparuta minoranza tra coloro che accedono alla PR. Il maggior pregio di questo lavoro è quello quindi di richiamare la nostra attenzione come pneumologi alla necessità di offrire ai pazienti con ILD, specie a coloro che hanno (ancora) un quadro funzionale accettabile la chance della PR, per il semplice fatto che anche in questa tipologia di pazienti la PR può riuscire a migliorare le prestazioni fisiche, i sintomi, la qualità della vita ed il corredo depressivo che a ciò si accompagna.
Riferimenti bibliografici
- Balbi B, Ambrosino N, Lazzeri M. Pulmonary rehabilitation in Italy: professional barriers to overcome. Eur Respir J. 2014; 44:1382-3.
- Greening NJ, Williams JEA, Hussain SF. An early rehabilitation intervention to enhance recovery during hospital admission for an exacerbation of chronic respiratory disease: randomised controlled trial. BMJ. 2014; 349:g4315.
- Ryerson CJ, Cayou C, Topp F. Pulmonary rehabilitation improves long-term outcomes in interstitial lung disease: a prospective cohort study. Respir Med. 2014; 108:203-10.
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