BPCO, cuore sinistro e malattie cardiovascolari: meccanismi fisiopatologici ed eziopatogenetici - Parte 1
Abstract
La BPCO rappresenta un’importante causa di morte. Numerose comorbilità concorrono a determinare ciò: tra di esse in particolare quelle cardiovascolari. La BPCO e la malattia cardiovascolare non sono semplicemente un’associazione casuale né il comune fattore eziopatogenetico, il fumo di sigaretta, è sufficiente a spiegare la loro associazione. Vi è evidenza ormai che le comorbilità della BPCO si presentino in clusters, a livello tale da poter definire un fenotipo di BPCO, caratterizzato dalla prevalenza di comorbilità cardiovascolari. In questo articolo verranno valutati quelli che sono i rapporti fisiopatologici esistenti tra BPCO e disfunzione cardiovascolare, con particolare riferimento all’azione dell’iperinsufflazione polmonare sul ritorno venoso, sulla funzione del cuore destro e del cuore sinistro, sulle resistenze vascolari polmonari e sulla interdipendenza dei due ventricoli. Ci occuperemo poi dell’azione della flogosi sistemica, che causa danno tissutale, favorisce l’apoptosi cellulare, produce iper-coagulazione e comporta inoltre aumentata aggregazione piastrinica con eventi protrombotici, formazione della placca aterosclerotica e conseguenze ischemiche a cui possono aggiungersi danni al muscolo cardiaco. Tratteremo infine dell’ipertono simpatico, che è presente nella BPCO così come in altre malattie croniche e che concorre alla patogenesi delle comorbilità che la caratterizzano.
Introduzione
La BPCO rappresenta attualmente la quarta causa di morte nel mondo e sarà, a breve, la terza causa di morte; all’elevata mortalità nella BPCO contribuiscono la presenza delle comorbilità e tra queste in particolare quelle cardiovascolari (CV). Attualmente disponiamo di ampie dimostrazioni che i soggetti affetti da BPCO hanno un rischio 2-4 volte superiore rispetto alla popolazione di controllo di sviluppare malattie cardiovascolari 1-4. La BPCO pertanto si connota come un possibile fattore di rischio indipendente per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari anche se attualmente né la BPCO né la misura della funzione respiratoria sono incluse nella valutazione del rischio cardiovascolare.
La BPCO si connota come un possibile fattore di rischio indipendente per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari.
L’impatto socioeconomico della BPCO 5 e della sua comorbilità cardiovascolare è considerevole 6: i pazienti affetti da BPCO devono eseguire, mediamente, il doppio di visite mediche per problemi polmonari e di tipo cardiovascolare: nel Lung Health Study 7 il 42% dei ricoveri ha visto come causa eventi cardiovascolari. Le comorbilità della BPCO causano oneri economici significativi, con aumenti sia delle spese mediche dirette sia dei costi indiretti. Nell’ambito delle comorbilità associate alla BPCO, quella cardiovascolare sembra porsi al secondo posto, dopo le polmoniti, sia come costi diretti sia indiretti 8.
Già il Lung Health Study 7 ed il Busselton Health Study 9 avevano dimostrato che per ogni 10% di diminuzione del FEV1 la morbilità cardiovascolare aumenta dal 14% al 28% e gli eventi coronarici non fatali del 20%. La metanalisi di Sin et al. 10 effettuata su 80.000 soggetti conferma che la riduzione della funzione respiratoria rappresenta, di per sé, un importante fattore di rischio per la mortalità cardiovascolare indipendentemente dal fumo, dall’ipertensione, dal livello di colesterolo totale: fattori di confondimento che possono essere comuni alle due condizioni cliniche.
Più recentemente Lee et al. 11 hanno dimostrato che il rischio cardiovascolare, valutato con score di Framingam, è maggiore nei pazienti con BPCO rispetto ai controlli ed aumenta con la gravità della BPCO (6,7 nei normali; 10 nella BPCO lieve; 15,9-14,9 in quella moderata e grave) e il rischio di sviluppare BPCO aumenta con l’aumentare dello score di rischio cardiovascolare globale.
Che la coesistenza tra BPCO e comorbilità cardiovascolare non sia un fenomeno casuale o dovuta unicamente alla presenza di fattori di rischio comuni come il fumo è confermato anche dalla teoria matematica dei network che dimostra che le comorbilità nella BPCO si presentano in cluster di morbilità che sono il risultato della predisposizione genetica in combinazione con la sommatoria dei danni e degli stress biologici ambientali subiti dall’organismo. Infatti nella mappa visuale che rappresenta l’associazione tra malattie (human disease network) è dimostrabile una stretta vicinanza tra BPCO e malattie cardiovascolari 12.
Le comorbilità nella BPCO tendono a presentarsi in cluster.
Anche utilizzando un approccio di tipo clinico Lowe et al. 13 hanno dimostrato che le comorbilità nella BPCO tendono a presentarsi in cluster. Lo studio condotto su 213 pazienti utilizzando le tecniche di analisi di regressione non parametrica ha consentito di definire 5 sottofenotipi clinici uno dei quali caratterizzato dalla prevalente comorbilità cardiovascolare.
Nella Figura 1 sono rappresentati i diversi fattori che possono spiegare la stretta associazione tra BPCO e malattie cardiovascolari: infiammazione sistemica, accelerata senescenza, attivazione ed aumento del tono simpatico, fattori meccanici connessi all’iperfinsufflazione polmonare, ipossiemia, errati stili di vita come il fumo e l’inattività fisica, modificazioni epigenetiche e comuni polimorfismi genetici. Trattasi di fattori tra loro eterogeni e che possono giocare un ruolo diverso in ogni soggetto, sia in senso quali-quantitativo sia nella successione temporale, quindi una precisa determinazione dell’impatto di ogni singolo fattore, così come delle numerose interconnessioni, non è attualmente possibile.
Nella Figura 2 è schematizzata una possibile ipotesi etiopatogenetica unitaria formulata da Decramer 3 nella quale sono sottolineati ruoli e interazioni tra (a) fattori ambientali modificabili come: fumo, dieta, inattività, riacutizzazioni, (b) processi intrinseci alla BPCO ed alle malattie cardiovascolari: invecchiamento e genetica, (c) singole patologie intese come cofattori di rischio: obesità, diabete, ipertensione o come il risultato dei suddetti fattori etiopatogenetici: BPCO, IMA/coronaropatie, aterosclerosi. Il quadro delineato è forse eccessivamente semplificativo, ma può ritenersi utile per un primo approccio al problema.
Per ragioni di brevità in questo articolo tratteremo in particolare degli effetti dell’iperinsufflazione polmonare sulla funzione cardiaca, della stiffness arteriosa come indicatore di danno vascolare precoce nella BPCO e nelle malattie cardiovascolari mentre si rinvia, per i fattori etiopatogenetici più noti, ad altre revisioni.
Flogosi sistemica
Uno dei meccanismi più noti e studiati che potrebbe agire da nesso causale tra la BPCO e le malattie cardiovascolari è rappresentato dalla presenza nei soggetti con BPCO di una flogosi minima persistente sistemica che potrebbe promuovere e/o accelerare fenomeni dell’aterosclerosi vascolare 3. Tale ipotesi è schematizzata nella Figura 2.
Un analogo modello è stato proposto per spiegare l’elevata incidenza di malattie cardiovascolari in pazienti affetti da patologie croniche infiammatorie sistemiche come le collagenopatie.
La causa della flogosi sistemica nella BPCO non è imputabile solo ad una diffusione dei mediatori dal polmone ma è un fenomeno multifattoriale.
Rispetto alle prime revisioni sull’argomento 14, i lavori più recenti sottolineano come la causa della flogosi sistemica nella BPCO non sia imputabile solo ad una diffusione dei mediatori dal polmone ma sia un fenomeno multifattoriale, conseguente a numerose concause ambientali quali il fumo, l’inquinamento atmosferico, le riacutizzazioni, le comorbilità come ad esempio l’obesità e condizioni cliniche associate come l’ipossiemia 2 3. La flogosi sistemica oltre a provocare un danno tissutale può interferire con i programmi di mantenimento/riparazione d’organo e favorire l’apoptosi cellulare come pure indurre una riduzione delle cellule progenitrici dell’epitelio vascolare.
Profonda modificazione dei fattori della coagulazione si verifica nei pazienti affetti da BPCO in cui è presente uno stato iper-coagulativo.
Un altro effetto molto importante per le complicanze cardiovascolari è la profonda modificazione dei fattori della coagulazione che si verifica nei pazienti affetti da BPCO in cui è presente uno stato iper-coagulativo 15. Sono infatti aumentati i livelli circolanti del complesso trombina/antitrombina III (TAT), del fibrinopeptide A (FPA), dell’inibitore dell’attivatore tissutale del plasminogeno (t-PA-1), del trombossano e della β-tromboglobulina (marker di attivazione piastrinica). Recentemente è stato dimostrato che flogosi e coagulazione sono tra loro strettamente interconnesse. La flogosi è infatti responsabile di uno stato iper-coagulativo causato dalla soppressione dei fattori anticoagulanti (antitrombina III, t-PA, proteina C) e da un aumento dei fattori della coagulazione e dei prodotti piastrinici pro-infiammatori (ligando CD40, platelet factor 4, RANTES, trasforming growth factor-β, IL-1β). I derivati del processo della coagulazione, a loro volta, sono in grado di attivare le cellule infiammatorie con diversi meccanismi. Il fibrinogeno e la fibrina stimolano i toll-like receptor 4 presenti sulle cellule mononucleate mentre la trombina attiva i PPARs (protease activated receptor) espressi dai monociti, dagli endoteli, dai fibroblasti e dalle piastrine. L’attivazione dei suddetti recettori aumenta la produzione di citochine pro-infiammatorie (TNF-α, IL-1β) che amplificano l’infiammazione ed i processi pro-coagulativi, ad esempio riducendo la tromboglobulina e quindi l’attivazione della proteina C. HIF-1 (hypoxia-inducible factor-1), sintetizzato in seguito all’ipossia, provoca un aumento dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno tessutale (t-PA-1), una diminuzione dell’attivatore del plasminogeno (PA-1) ed un’accresciuta sintesi di eritropoietina che incrementa l’ematocrito. Tutti questi fenomeni assieme ad una aumentata aggregabilità piastrinica favoriscono gli eventi pro-trombotici. Inoltre lo stato pro-coagulativo ha un ruolo favorente la formazione della placca aterosclerotica ed aggrava le conseguenze ischemiche della sua rottura.
Anche la performance del muscolo cardiaco risente negativamente di elevati livelli di flogosi sistemica: infatti sperimentalmente il TNF-α riproduce le caratteristiche cliniche salienti dello SCC quali: la comparsa di edema polmonare, la depressione della contrattilità cardiaca, la desensibilizzazione dei β-recettori e il rimodellamento cardiaco associato a fenomeni di ipertrofia-dilatazione delle fibrocellule muscolari e alla neo-deposizione della matrice connettivale 16. Inoltre il TNF-α attiva le metalloproteasi e riduce il rapporto tra MMP/TIMP del collagene cardiaco così da provocare una profonda riorganizzazione della struttura miocardica che favorisce i fenomeni dilatativi 17.
Nell’uomo diversi studi epidemiologici hanno dimostrato una significativa associazione tra livelli di citochine (TNF-α, IL-6) e classe, gravità e prognosi negativa dello SCC 16.
Iperisufflazione polmonare e patologia cardiovascolare
L’iperinsufflazione polmonare ha delle importanti conseguenze meccaniche sulla funzione cardiaca determinando come esito finale una riduzione della performance del ventricolo sinistro e della gittata cardiaca, quindi l’iperisufflazione è da considerarsi un importante fattore di rischio e aggravamento delle patologie cardiovascolari ed in particolare dello SCC.
L’iperisufflazione è da considerarsi un importante fattore di rischio e aggravamento delle patologie cardiovascolari ed in particolare dello SCC.
Per spiegare queste conseguenze è necessario descrivere brevemente la fisiopatologia di questo fenomeno ed in particolare gli effetti dell’iperinsufflazione (a) sul ritorno venoso (VR) e sul cuore; (b) sul letto vascolare intra-polmonare; (c) sull’interdipendenza ventricolare.
Fisiopatologia: effetti dell’iperinsufflazione polmonare sul ritorno venoso (VR) e sul cuore
Nella Figura 3 sono rappresentate le curve del ritorno venoso e quelle di Starling. Quando la RAP (pressione dell’atrio destro) aumenta, il VR si riduce progressivamente fino ad arrestarsi quando la RAP raggiunge la Pms (pressione sistolica media); mentre il VR aumenta quando la RAP si riduce ed è massimo quando la RAP è circa zero (punto di flusso limitazione). Il VR aumenta anche quando si verifica un incremento del volume ematico stressante (volume stressante è uguale al volume totale sottratto del volume non stressante, dove il volume non stressante è definito come il volume che riempie il sistema venoso senza modificare la pressione ed è circa 25% del volume ematico totale) o una riduzione della compliance venosa. Quindi il gradiente pressorio che guida il sangue dalla periferia all’atrio è definito dalla differenza tra la pressione media sistemica (Pms), che è analoga alla RAP al punto di zero flusso, e la RAP (VR = Pms-RAP/Rv: Rv resistenza venosa); a sua volta la Pms è funzione del volume ematico totale, del tono vascolare periferico e della distribuzione del volume plasmatico. La relazione tra la pressione in atrio destro di fine diastole, che rappresenta il pre-carico, e la gittata cardiaca è descritta dalle curve di Frank-Starling. Poiché in condizioni di stazionarietà la gittata cardiaca è uguale al VR, il punto in cui i due sistemi sono in equilibrio è rappresentato dal punto di intersezione tra le due curve (punto A Figura 3). Dato che l’atrio è una struttura notevolmente compliante, la RAP riflette le variazioni in ITP (pressione intra-toracica o Ppl): ogni aumento del volume polmonare determina un aumento della RAP ed una conseguente riduzione del ritorno venoso a seguito della riduzione del gradiente pressorio. La RAP può aumentare anche in seguito alla compressione esterna operata dal polmone iperinflato che riduce la compliance dell’atrio destro per aumento della compressione sulla fossa cardiaca. Proporzionalmente all’aumento della ITP anche la curva della funzione cardiaca si sposta verso destra così da mantenere la stessa relazione tra pressione transmurale e gittata cardiaca (linea tratteggiata Figura 3). Postulando che la Pms non si modifica, si determinerà un nuovo punto di equilibrio tra gittata cardiaca e curva del ritorno venoso, più in basso, sulla curva del ritorno venoso stesso (punto C Figura 3). Come risultato il gradiente venoso diminuisce, si riduce il riempimento dell’atrio destro (RV) e conseguentemente il riempimento del ventricolo destro (VD) e del ventricolo sinistro (VS). In definitiva l’aumento dell’ITP determina: una diminuzione del VR all’atrio dx e del volume di riempimento diastolico (pre-carico) del VD e di conseguenza quello del VS. La riduzione del pre-carico del VS riduce la pressione trans-murale del VS e quindi la tensione di parete del VS che provoca una riduzione della gittata cardiaca.
Un possibile meccanismo di compenso è rappresentato dall’aumento della Pms che può essere ottenuta con un aumento del volume stressante per aumento della stimolazione simpatica (vedi il paragrafo aumento del tono simpatico nella BPCO) o del volume circolante (infusione di liquidi) così da garantire il mantenimento del ritorno venoso. Il punto di equilibrio si sposta quindi verso valori di aumentata gittata cardiaca (punto D, Figura 3). Un altro importante fattore che riduce il ritorno venoso, conseguente all’iperinflazione polmonare è rappresentato, oltre che dalla compressione polmonare sulla fossa cardiaca, dalla compressione sulla vena cava inferiore.
Effetti dell’iperinsufflazione polmonare sul cuore destro
La capacità di pompa del cuore destro dipende dal riempimento del ventricolo destro (VD), dal precarico, dalla contrattilità del VD e dalla pressione contro cui il VD deve espellere il sangue, quindi dalla compliance ed impedenza del circolo polmonare. L’iperinsufflazione non solo riduce il precarico e la distensibilità del VD ma aumenta anche il post carico che è funzione del volume di fine diastole del VD, della pressione di fine sistole del VS ma soprattutto delle resistenze vascolari polmonari.
Effetto dell’iperinsufflazione polmonare sul letto vascolare intra-polmonare
Le resistenze polmonari variano notevolmente a seconda del volume polmonare (Figura 4). I vasi intra-alveolari (le piccole arterie polmonari, venule e capillari) che risiedono nei setti inter-alveolari, sono privi di muscolatura liscia e la loro geometria è fortemente influenzata dalla pressione alveolare quindi la loro resistenza aumenta progressivamente con l’aumento del volume residuo (VR). Invece le resistenze dei vasi extra-alveolari (vene e arterie polmonari di grosso calibro) sono presenti negli spazi interstiziali, risentono della pressione ivi presente che è inferiore a quella intratoracica (ITP). Quando il volume polmonare si riduce, passando da TLC a VR, si riducono le forze di trazione presenti nell’interstizio determinando il collasso dei vasi ivi residenti, i vasi di maggior calibro, il che provoca un aumento delle loro resistenze; pertanto le resistenze vascolari di grosso calibro sono massime a VR e minime a TLC, mentre si verifica il contrario per i vasi intra-alveolari. Le resistenze vascolari totali rappresentano la somma di quelle intra ed extra alveolari e sono massime a VR ed a TLC mentre si riducono quando il polmone raggiunge la capacità funzionale residua (FRC). Pertanto l’iperinsufflazione polmonare mantenendo iperespanso il polmone aumenta, attraverso l’incremento delle resistenze vascolari polmonari, il post carico del VD. Oltre ad un effetto meccanico l’aumento delle resistenze vascolari polmonari, nel paziente con BPCO avanzata, è conseguente anche alla vasocostrizione ipossica.
Effetti dell’iperinsufflazione polmonare sull’interdipendenza ventricolare
Attualmente sia il VD che il VS sono intesi come facenti parte di un’unica entità funzionale, infatti sono tra loro strettamente interdipendenti in quanto condividono lo stesso spazio pericardico e la fossa cardiaca, numerosi fasci di fibrocellule ed il setto interventricolare. Quindi tutte le condizioni che provocano una modificazione della funzione di un ventricolo influenzano anche la performance dell’altro. Ad esempio, un aumento di volume del VD ed uno spostamento del setto verso sinistra, come si verificano a seguito dell’aumento delle resistenze polmonari o durante l’inspirazione, provocano una riduzione della compliance del VS (aumento della stiffness), del pre-carico del VS e della gittata del VS (Figura 3).
In sintesi l’iperinsufflazione polmonare ha come conseguenze: (a) un aumento delle PVR (resistenze vascolari polmonari) e del post-carico del VD; (b) una riduzione del ritorno venoso all’atrio dx e del pre-carico del VD, direttamente, per compressione sulla vena cava inferiore e sull’atrio dx che ha come effetto un aumento della RAP, indirettamente, per la diminuzione della dimensione e dei volumi telediastolici delle camere cardiache, in particolare del VS e quindi una riduzione del pre-carico del VS; (c) un aumento della pressione pericardica che determina un incremento della interdipendenza ventricolare ed una riduzione della distensibilità del VD (prevalente) e del VS.
Evidenze sperimentali
A conferma di ciò, numerosi lavori 18-21 hanno dimostrato, con diverse metodiche strumentali, una stretta associazione tra gravità dell’enfisema e riduzione della performance ventricolare sinistra.
Numerosi lavori hanno dimostrato una stretta associazione tra gravità dell’enfisema e riduzione della performance ventricolare sinistra.
Jorghensen et al. 15, utilizzando il cateterismo cardiaco, hanno osservato che i soggetti con grave enfisema (FEV1 medio di 700 ml e VR maggiore del 250%) presentano, rispetto ai controlli, una significativa riduzione dell’indice cardiaco basale (-25%), dello stroke volume (-32%) del VS e dell’indice dell’area tele-diastolica del VS (EDAI -33%), mentre gli indici di funzione sistolica sono conservati; a conferma di queste osservazioni utilizzando la risonanza magnetica cardiaca lo stesso gruppo ha confermato che le dimensioni di fine diastole e la performance del VS e VD dei soggetti con grave enfisema sono ridotte a causa della riduzione del pre-carico biventricolare e dell’ipovolemia intratoracica conseguente all’iperinsufflazione polmonare; infatti il volume ematico intratoracico (ITBV) è ridotto del 35%, il volume ventricolare di fine diastole destro e sinistro del 20%, l’indice cardiaco del 20% e l’indice di stroke volume di ben il 40% 19. Utilizzando invece l’ecografia cardiaca, Watts et al. 20 hanno dimostrato in 138 pazienti affetti da BPCO (GOLD 1-4) che l’iperinflazione statica, dimostrata da un rapporto IC/TLC < 0,25, correla inversamente con la dimensione delle camere cardiache e che i pazienti con un rapporto IC/TLC < 0,25 hanno una significativa riduzione del riempimento del VS rispetto ai pazienti con IC/TLC > 0,25: la riduzione del riempimento del VS correla con la diminuzione della distanza percorsa nel 6MWT, quindi la gravità dell’iperinsufflazione correla con la riduzione delle dimensioni cardiache e la performance fisica. Utilizzando l’ecocardiografia e la TAC per quantizzare l’entità dell’enfisema in un lavoro particolarmente interessante per l’elevata numerosità della casistica (2816 pz) Barr et al. 21 hanno confermato che la percentuale dell’enfisema ed il grado dell’ostruzione correlano inversamente con la riduzione del volume diastolico, della massa del VS, dello stroke volume e della gittata cardiaca, mentre la frazione di eiezione del VS resta invariata.
La resezione polmonare aumenta le dimensioni del VS di fine diastole e migliora la funzione ventricolare.
A conferma di queste osservazioni Jorghensen et al. 22 hanno dimostrato che la resezione polmonare aumenta le dimensioni del VS di fine diastole e migliora la funzione ventricolare.
Sregolazione autonomica ed ipertono simpatico
La disfunzione del sistema nervoso autonomo è una complessa condizione clinico-patologica caratterizzata da un ipertono simpatico che complica il decorso di diverse malattie croniche come l’ipertensione arteriosa, il diabete, lo SCC, determinando un significativo aumento della morbilità e mortalità cardiovascolare. Diverse evidenze sperimentali come: l’aumento della frequenza cardiaca a riposo, la riduzione della variabilità della frequenza cardiaca, la sregolazione dei barocettori e chemocettori, l’aumento dell’attività nervosa simpatica muscolare (MSNA) e l’aumento delle catecolamine circolanti, supportano l’esistenza di un ipertono simpatico anche nella BPCO; sempre nella BPCO è stata inoltre dimostrata una stretta correlazione tra frequenza cardiaca a riposo e il rischio della mortalità cardiovascolare 23 24. Le cause dell’ipertono simpatico sono molteplici e sono riconducibili alla presenza di: (a) un processo infiammatorio locale e sistemico, infatti la stimolazione del parasimpatico, nel ratto, attenua la risposta flogistica alle endotossine e nell’uomo è stata dimostrata una correlazione tra grado di flogosi ed iperattività simpatica; (b) l’ipossiemia che aumenta la risposta dei chemorecettori e la MSNA; (c) lo stress ossidativo; (d) inattività fisica; (e) un fattore sottovalutato ma tipico del paziente con BPCO sono le ampie variazioni pressorie intratoraciche. Queste sono trasmesse al cuore ed ai grandi vasi così da stimolare i barocettori che determinano un aumento della scarica simpatica verso il cuore, provocando un’intensificazione della scarica simpatica verso il cuore, causando un aumento della frequenza cardiaca e provocando un effetto vasocostrittore nei vasi periferici. Tali effetti possono verificarsi in particolare nei pazienti con elevata iperinsufflazione polmonare e durante le fasi di riacutizzazione. A loro volta tutti questi fattori determinano: disfunzione autonomica cardiaca, disfunzione endoteliale, aumento della stiffness della parete arteriosa, sovraccarico ed ipertrofia ventricolare sinistra. Tutti fattori che aumentano sostanzialmente il rischio di aritmie e le comorbilità cardiovascolari. La disfunzione autonomica ed un relativo aumento del tono simpatico rappresentano inoltre un fattore etiopatogenetico che può aggravare il fenomeno della cachessia e la riduzione della massa muscolare sia nella BPCO che nello SCC avanzato ed inoltre modulano, contrariamente allo stimolo colinergico, in senso pro-infiammatorio l’attività macrofagica 23 24.
Figure e tabelle
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