La “office spirometry” in Medicina Generale - CON
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Si parla ormai da molti anni di “Office Spirometry” intesa come la realizzazione di una curva flusso-volume con strumenti semplici e di pronta disponibilità da eseguirsi direttamente nell’ambulatorio del Medico di famiglia.
“Office Spirometry”: rea-lizzazione di una curva flusso-volume con strumenti semplici e di pronta disponibilità da eseguirsi nell’ambulatorio del Medico di famiglia.
Il razionale di una tale pratica sta nel fatto di poter eseguire un numero di indagini superiori a quelle ottenibili presso i laboratori di fisiopatologia respiratoria e quindi la possibilità di uno screening maggiore della patologia ostruttiva, in particolare. Proprio per tale ragione molte società farmaceutiche hanno sovvenzionato negli anni numerosi progetti atti ad una diagnosi precoce della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) ma i risultati sono stati scadenti e molto spesso neanche pubblicati 1. Il problema di eseguire un esame funzionale respiratorio, anche il più semplice, consiste nella natura stessa di tale esame che è caratterizzato da una serie di limitazioni che derivano dall’operatore, dal paziente, dallo strumento e per finire ma non per ultimo dall’interpretazione dell’esame. I criteri ATS/ERS 2005 per l’esecuzione delle manovre spirometriche, l’interpretazione delle stesse e non da ultimo la gestione degli strumenti è il documento ufficiale che da solo spiega il perché una office spirometry non possa prendere piede o che comunque non esista ancora una sufficiente confidenza con tale procedura da parte del medico di famiglia 2.
Negli ultimi dieci anni sono stati pubblicati diversi lavori che avevano l’obiettivo di “validare” ufficialmente l’esecuzione della spirometria negli ambulatori del medico di medicina generale ed anche dei pediatri. Un lavoro interessante è quello di Zanconato ed al.3 che aveva l’obiettivo di verificare la validità di un esame spirometrico svolto nell’ambulatorio dei pediatri di libera scelta italiani. In questo caso i pediatri seguivano un corso di preparazione con il supporto di pneumologi pediatrici circa l’indicazione e l’esecuzione delle prove funzionali ed il grado di apprendimento veniva anche rivalutato a distanza di tempo. Gli autori hanno evidenziato che i risultati ottenuti sono accettabili ma persiste una serie significativa di esami inaccettabili dal punto di vista tecnico (22%) ed un altro 21% con una interpretazione errata.
La conclusione pertanto è stata che in linea generale è possibile e giustificato eseguire un esame spirometrico negli ambulatori dei pediatri ma che è necessario un approccio integrato con un laboratorio di fisiopatologia respiratoria certificato in quanto gli errori, anche dopo un percorso di formazione sul campo, sono ancora considerevoli.
È possibile e giustificato eseguire un esame spirometrico negli ambulatori dei pediatri ma è necessario un approccio integrato con un laboratorio di fisiopatologia respiratoria.
Un altro lavoro interessante è quello di Walker et al. 4 volto proprio a valutare gli effetti della spirometria nell’ambulatorio del medico di medicina generale nella diagnosi e nella gestione dei pazienti con BPCO. Sono stati studiati dal 1999 al 2003 circa 1.500 pazienti che hanno eseguito spirometria e test di reversibilità con un incentivo economico da parte del General Medical Services (GMS) inglese proprio per ovviare agli scarsi risultati ottenuti in studi simili senza sovvenzioni economiche. È stato individuato il 53% di soggetti con ostruzione delle vie aeree; 235 pazienti con una irreversibilità al test di broncodilatazione, di questi 130 sono stati diagnosticati come BPCO. Secondo le conclusioni di questo lavoro è possibile aumentare la percentuale di diagnosi di ostruzione bronchiale, ribadendo anche l’importanza di eseguire sempre il test di broncoreversibilità per evitare errori di diagnosi e quindi migliorare la appropriatezza prescrittiva nella terapia farmacologica del paziente con BPCO.
Il lavoro di Enright et al. 5 evidenzia come le società scientifiche abbiano incoraggiato i gestori delle cure primarie ad eseguire test spirometrici per la diagnosi della BPCO. Nonostante questo sforzo, il tasso di successo è stato però inaccettabilmente basso. Infatti gli spirometri portatili hanno difetti tecnici che possono causare facilmente errori e sono raramente controllati dal punto di vista della precisione e degli standard di qualità.
Solo quando la spirometria viene eseguita da un tecnico esperto ed il pagamento della prestazione corrisposto sul criterio della qualità, il tasso di successo per adulti e bambini in età scolare può essere alto ed arrivare al 90%, tuttavia il test rimane una sfida per i più piccoli e gli anziani. Tra i problemi emersi si sottolinea che è indispensabile un regolare feedback per il tecnico sui risultati dei test eseguiti.
È indispensabile un regolare feedback per il tecnico sui risultati dei test eseguiti.
Bisogna inoltre ricordare che anche con un spirometro da laboratorio, un paziente capace, e un tecnologo esperto, il medico può comunque commettere un errore di interpretazione dei dati. Il lavoro conclude che l’uso della spirometria nelle cure primarie continuerà ad essere problematico fino a che il test non diventerà di alta qualità e di conseguenza necessariamente legata al rimborso che verrà concesso agli ambulatori di medicina generale. Si definisce poi che l’approccio migliore è comunque quello di valutare il solo FEV1 per uno screening primario atto più ad escludere anomalie delle vie aeree nella maggior parte dei pazienti più che a porre diagnosi di alterazioni funzionali con la necessità di eseguire successivamente studi più sofisticati e tecnicamente più complessi ed eseguibili sono nei laboratori di fisiopatologia respiratoria.
Analizzando quindi la letteratura e confrontandoci con il lavoro che quotidianamente affrontiamo nei nostri ambulatori, laboratorio o degenze, risulta abbastanza evidente come la possibilità di demandare “al territorio”, inteso come l’ambulatorio del medico di famiglia, un esame complesso come quello della funzione respiratoria sia ancora una mera utopia. Come abbiamo visto, solo nel caso vi sia un incentivo economico si riescono ad ottenere risultati almeno accettabili ma comunque non conclusivi e non da soli capaci di portare ad una corretta gestione di pazienti pneumologici ed in particolare delle patologie ostruttive delle vie aeree.
I tempi non sono ancora maturi per una “office spirometry” di qualità utile nella gestione diagnostica terapeutica e di follow up delle malattie croniche ostruttive.
Pertanto mi sembra di poter concludere che i tempi non sono ancora maturi per una “office spirometry” di qualità e soprattutto utile nella gestione non solo diagnostica ma soprattutto terapeutica e di follow up delle malattie croniche ostruttive. Non cito “volontariamente” altre patologie ed in particolare quelle restrittive che non sono a nessun titolo gestibili se non in un “buon” laboratorio di Fisiopatologia Respiratoria di III livello. Sarebbe auspicabile l’implementazione di uno screening primario, con l’utilizzo della spirometria semplice, per escludere la presenza di ostruzione bronchiale ed inviare ad un esame di secondo livello solo i pazienti con accertati difetti ventilatori che andranno poi inquadrati e presi in carico da un centro pneumologico specializzato.
Riferimenti bibliografici
- Enright PL. Office spirometry is 30 years old, but is not mature. Respir Care. 2005; 50:1619-20.
- Miller MR, Crapo R, Hankinson J. General considerations for lung function testing. Series “ATS/ERS Task Force: Standardisation of lung function testing”. Eur Respir J. 2005; 26:153-61.
- Zanconato S, Meneghelli G, Braga R. Office spirometry in primary care pediatrics: a pilot study. Pediatrics. 2005; 116:e792-7.
- Walker PP, Mitchell P, Dlamantea F. Effect of primary-care spirometry on the diagnosis and management of COPD. Eur Respir J. 2006; 28:948-52.
- Enright PL. Should we keep pushing for a spirometer in every doctor’s office?. Respir Care. 2012; 57:146-51.
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