Caso clinico
Pubblicato: 2015-10-15

Fibroelastosi pleuroparenchimale familiare diagnosticata mediante criobiopsia polmonare

SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona
SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona; Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche
SOD Anatomia Patologica, AOU Ospedali Riuniti, Ancona
Anatomia Patologia Azienda Policlinico, Modena
SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona
SC Universitaria Malattie dell’Apparato Respiratorio, AOU Ospedali Riuniti, Foggia; Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia
SC Universitaria Malattie dell’Apparato Respiratorio, AOU Ospedali Riuniti, Foggia; Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia
SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona; Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche
Fibroelastosi pleuroparenchimale Pneumopatie infiltrative diffuse Criobiopsia transbronchiale

Abstract

La fibroelastosi pleuroparenchimale idiopatica (PPFE), di recente inclusa nella classificazione delle pneumopatie interstiziali idiopatiche (IIPs), è una rara condizione patologica caratterizzata da fibrosi pleurica e fibroelastosi parenchimale adiacente, con predominante ma non esclusiva localizzazione alle zone superiore del polmone. Tale patologia può insorgere in un contesto di familiarità o essere associata a condizioni come infezioni ricorrenti, trapianto, pregresse chemioterapie o malattie del tessuto connettivo. Sebbene non vi sia ancora un consenso definito sui criteri diagnostici, l’accertamento della malattia richiede l’identificazione su biopsie tissutali degli aspetti morfologici consistenti con la PPFE. La biopsia chirurgica è in grado di fornire campioni tissutali adeguati, ma la procedura, gravata da significativi rischi di morbilità e mortalità, non può essere proposta a tutti i soggetti per condizioni quali l’età avanzata, la severità della malattia condizionante insufficienza respiratoria e la presenza di comorbilità. In questo contesto, la criobiopsia polmonare transbronchiale è stata di recente proposta quale metodica alternativa alla biopsia chirurgica nelle malattie polmonari diffuse, dimostrando una buona resa diagnostica e un eccellente profilo di sicurezza. Riportiamo il caso di una giovane donna con una storia familiare di fibrosi polmonare idiopatica e di artrite reumatoide, diagnosticata affetta da PPFE mediante criobiopsia polmonare transbronchiale.

Introduzione

La fibroelastosi pleuroparenchimale (PPFE), recentemente inserita nella nuova classificazione ATS/ERS tra le forme interstiziali idiopatiche (IIPs) 1, è una rara entità clinica ad eziologia sconosciuta caratterizzata da accumulo interstiziale di fibre elastiche prevalente nelle regioni subpleuriche dei lobi polmonari superiori. Il quadro radiologico è caratterizzato da ispessimento e consolidazioni subpleuriche bilaterali prevalenti ai lobi superiori associate a bronchiectasie da trazione e perdita di volume.

La fibroelastosi pleuroparenchimale (PPFE) è una rara entità clinica ad eziologia sconosciuta caratterizzata da accumulo interstiziale di fibre elastiche prevalente nelle regioni subpleuriche dei lobi polmonari superiori.

È stata descritta per la prima volta e definita con tale acronimo da Frankel et al. nel 2004, e complessivamente, in letteratura, ad oggi, sono stati riportati unicamente 25 casi di PPFE con diagnosi istologica mediante biopsia chirurgica od esame autoptico 2-6. Analoghi aspetti morfo-radiologici erano già stati precedentemente identificati nella popolazione giapponese da Amitani et al., e denominati con il termine di fibrosi polmonare idiopatica dei lobi superiori (IPULF) 7.

Sono state riportate forme idiopatiche isolate e forme familiari, quest’ultime prevalenti nelle giovani donne, nelle quali la patologia appare essere più aggressiva.

Condizioni associate includono infezioni polmonari ricorrenti, trapianto di midollo osseo o di organo solido, malattie autoimmuni, e trattamenti chemioterapici.

La prognosi è infausta con un decorso clinico rapidamente progressivo e, non essendo ad oggi disponibile nessun trattamento specifico, il trapianto polmonare rappresenta attualmente l’unica opzione terapeutica.

Nonostante non esista ancora un consenso riguardo ai criteri diagnostici, l’indagine istologica rappresenta una componente fondamentale ai fini di un corretto inquadramento.

Riportiamo di seguito un caso di PPFE in cui la diagnosi istologica è stata acquisita mediante criobiopsia polmonare.

Caso clinico

Una donna di 47 anni, non fumatrice, con familiarità per fibrosi polmonare idiopatica (IPF) (Figura 1) ed artrite reumatoide, giungeva alla nostra osservazione per dispnea da sforzi lievi e tosse stizzosa da circa un anno, in assenza di esposizione professionale o domiciliare ad inalanti tossici. Quali comorbilità, si segnalava unicamente lieve reflusso gastroesofageo.

All’ingresso, l’esame obiettivo evidenziava crepitii inspiratori bibasali velcro-like, e le prove di funzionalità respiratoria documentavano deficit ventilatorio restrittivo di grado moderato (FVC: 1,84 L pari al 62% del teorico) con severa riduzione della DLCO (40% del predetto). Nella norma l’emogasanalisi a riposo con lieve desaturazione al 6MWT (saturazione minima 94%).

La TC del torace ad alta risoluzione evidenziava marcato ispessimento dell’interstizio settale ed intralobulare a carico delle porzioni subpleuriche dei lobi superiori, ed in misura minore dei lobi inferiori, associato a consolidazioni parenchimali con bronchiolectasie contestuali a distribuzione subpleurica e parascissurale bilateralmente (Figura 2).

La presenza di un pattern radiologico inquadrabile come “inconsistent UIP secondo le linee guida ATS/ERS del 2011 8, e la negatività delle indagini volte ad identificare eventuale secondarietà del quadro clinico (sierologia autoimmunitaria completa e precipitine sieriche), ponevano indicazione all’esecuzione di un approfondimento bioptico. Venivano, quindi, eseguite multiple criobiopsie polmonari sotto guida fluoroscopica, in sedazione profonda ed intubazione mediante broncoscopio rigido. La criosonda (lunghezza 90 cm, diametro 2,4 mm) veniva inserita all’interno del broncoscopio flessibile, ed una volta posta perpendicolarmente rispetto alla parete toracica a circa un centimetro dalla pleura, veniva attivato il processo di congelamento mediante diossido di carbonio per circa 4 secondi, al termine dei quali, si procedeva all’estrazione rapida e decisa del broncoscopio flessibile e della criosonda, con annesso tessuto polmonare all’estremità. Data l’elevata insorgenza di sanguinamento lieve-moderato in seguito al prelievo bioptico, un secondo operatore inseriva immediatamente un altro broncoscopio, al fine di controllare l’eventuale perdita ematica mediante le abituali manovre broncoscopiche con l’utilizzo, se necessario, del palloncino tipo Fogarty per l’occlusione bronchiale. Complessivamente, venivano acquisite 4 criobiopsie polmonari (area media 46 mm2) a livello del lobo inferiore sinistro, in assenza di significative complicanze, ad eccezione di un moderato sanguinamento controllato con manovre aspirative ed istillazione di acqua fredda.

Al termine della procedura compariva una modesta falda di pneumotorace sinistro risoltosi con trattamento medico conservativo senza ricorrere al posizionamento di drenaggio toracico.

Il quadro istologico, in assenza di significativi artefatti da congelamento, evidenziava diffuso sovvertimento dell’architettura polmonare per la presenza di tessuto fibroelastosico interstiziale interessante sia il parenchima sia la pleura viscerale, associato a modesto infiltrato linfocitario e foci di metaplasia bronchiolare dell’epitelio alveolare (lambertosi), compatibile con fibroelastosi pleuroparenchimale (Figura 3).

Data l’assenza, ad oggi, di una terapia farmacologica di fondo in grado di modificare la storia naturale della malattia, la giovane età della paziente, ed il quadro funzionale già moderatamente compromesso, si poneva indicazione a valutazione per candidabilità a trapianto d’organo bilaterale.

Discussione

Il presente caso clinico evidenzia come la PPFE possa presentarsi nel contesto di un background familiare di IPF, e come sia possibile identificarne il relativo pattern morfologico, indispensabile per un corretto inquadramento diagnostico, mediante criobiopsia polmonare.

La PPFE può presentarsi nel contesto di un background familiare di IPF ed è possibile identificarne il relativo pattern morfologico mediante criobiopsia polmonare.

Nonostante tale patologia sia stata formalmente riconosciuta come entità a sé stante e classificata tra le forme interstiziali idiopatiche, è noto come in letteratura siano stati anche descritti casi associati ad alcune condizioni patologiche, casi familiari, e casi nei quali coesisteva un pattern UIP, sia radiologico che istologico, prevalentemente ai lobi inferiori 6. Se la coesistenza di entrambi i pattern rappresenti una diversa risposta riparativa ad un insulto infiammatorio cronico nel contesto di un background patogenetico comune tra PPFE e IPF, o se invece siano da considerare come entità cliniche a se stanti, rimane ancora oggetto di discussione 9. Un contributo in questo senso ci deriva da un recente studio di Oda et al., nel quale veniva condotta un’analisi retrospettiva relativa a 110 pazienti con diagnosi di IPF e pattern UIP alla biopsia polmonare chirurgica, al fine, in primis, di identificare la prevalenza di un pattern istologico e radiologico compatibile con PPFE in questi pazienti, e successivamente di valutare se l’eventuale coesistenza delle due condizioni avesse un impatto sulla sopravvivenza. Complessivamente, 9 pazienti presentavano un pattern sia radiologico sia istologico compatibile con PPFE. Rispetto ai pazienti IPF/UIP, i soggetti PPFE/UIP si caratterizzavano per un ridotto indice di massa corporea (BMI) ed una più alta incidenza di pneumotorace e pneumomediastino.

È noto come i pazienti affetti da PPFE abbiano una maggiore predisposizione all’insorgenza di pneumomediastino e/o pneumotorace spontaneo.

Infatti, è noto come i pazienti affetti da PPFE abbiano una maggiore predisposizione all’insorgenza di pneumomediastino e/o pneumotorace spontaneo, probabilmente in relazione alla presenza di fibre elastiche che rendono la pleura meno resistente alle forze di trazione e quindi più facilmente lacerabile. La sopravvivenza mediana nei due gruppi è stata rispettivamente 31,5 mesi nei pazienti PPFE/UIP e 82,1 mesi nei pazienti IPF/UIP. Seppur tale dato non abbia raggiunto la significatività statistica, e la presenza di un riconosciuto fattore predittivo di mortalità come il ridotto BMI possa rappresentare un fattore confondente, tale differenza nella sopravvivenza non appare affatto trascurabile. Gli autori concludevano quindi che i risultati riportati supportavano l’ipotesi della PPFE/UIP come patologia a se stante distinta dall’IPF/UIP 10.

Tuttavia, il limitato campione in esame e la natura retrospettiva dello studio, non consentono di giungere ad un’univoca interpretazione, ed in questo contesto si inscrive il caso da noi riportato. Il padre della paziente era, infatti, affetto da IPF con quadro radiologico definito UIP, che, come noto, non richiede approfondimento bioptico, in quanto sottintende un consensuale pattern istologico. È noto come, fino al 50% circa dei casi di pneumopatie interstiziali familiari (FIP), differenti fenotipi radiologici ed istologici siano descritti tra i diversi componenti della stessa famiglia, suggerendo l’ipotesi che possano essere espressione di una variabile interazione tra un comune background genetico ed ambiente. Inoltre, il fatto che la nostra paziente non presentasse al momento un pattern UIP non esclude che tale pattern non si possa manifestare in futuro, dato che non sono ad oggi disponibili dati riguardante l’evoluzione nel tempo dei differenti pattern per definire quale si manifesti per primo.

Al di là di tutte le possibili speculazioni, appare chiaro come sia indispensabile la conduzione di studi prospettici di ampie dimensioni che consentano di meglio caratterizzare il meccanismo patogenetico, alla base di tale patologia, anche nelle diverse espressioni fenotipiche sporadiche, familiari, con pattern patologici coesistenti, al fine di identificare al più presto un possibile target terapeutico.

Un altro importante messaggio del presente lavoro riguarda il potenziale ruolo della criobiopsia transbronchiale polmonare nel work-up diagnostico delle pneumopatie infiltrative diffuse. Seppur la biopsia polmonare chirurgica rappresenti ancora ad oggi il gold standard per la diagnosi, l’invasività di tale procedura ed i conseguenti rischi che ne derivano (mortalità a 90 giorni 2-6%) ne limitano fortemente la diffusione, dato che viene effettuata solo nel 10% dei pazienti con quadro radiologico “possible/inconsistent UIP”, nei quali l’approccio bioptico sarebbe raccomandato per una diagnosi definitiva.

La biopsia transbronchiale mediante criosonda potrebbe configurarsi come metodica diagnostica alternativa meno invasiva che consente di ridurre morbilità e mortalità legate all’approccio chirurgico.

In questo contesto, la biopsia transbronchiale mediante criosonda potrebbe configurarsi come metodica diagnostica alternativa meno invasiva che consente di ridurre morbilità e mortalità legate all’approccio chirurgico, garantendo una buona resa diagnostica, anche per entità cliniche più complesse e meno diffuse come la PPFE. D’altra parte, è importante sottolineare che gli incoraggianti dati relativi alla resa diagnostica ed al profilo di sicurezza di tale procedura derivano da studi, seppur estremamente eterogenei tra loro in termini metodologici e procedurali, comunque condotti in centri di pneumologia interventistica con elevata esperienza nel settore e con risorse tecniche adeguate alla gestione di eventuali complicanze, rappresentate principalmente da lieve-moderato sanguinamento ed insorgenza di pneumotorace nelle 24 ore successive all’esame.

Figure e tabelle

Figura 1.Tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT) del padre della paziente affetto da fibrosi polmonare idiopatica, compatibile con UIP pattern.

Figura 2.Tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT) della paziente con riscontro di marcato ispessimento interstiziale settale ed intralobulare a carico delle porzioni sub-pleuriche dei lobi superiori ed in misura minore degli inferiori, associato a consolidazioni parenchimali con bronchiolectasie contestuali bilateralmente.

Figura 3.Istologia; a,b) ematossilina eosina; c,d) elastica Van Gieson: diffuso sovvertimento dell’architettura polmonare per la presenza di tessuto fibroelastosico interstiziale interessante sia il parenchima sia la pleura viscerale associato a modesto infiltrato linfocitario e foci di metaplasia bronchiolare dell’epitelio alveolare (lambertosi).

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Affiliazioni

Federico Mei

SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona

Martina Bonifazi

SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona; Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche

Francesca Barbisan

SOD Anatomia Patologica, AOU Ospedali Riuniti, Ancona

Giulio Rossi

Anatomia Patologia Azienda Policlinico, Modena

Lina Zuccatosta

SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona

Donato Lacedonia

SC Universitaria Malattie dell’Apparato Respiratorio, AOU Ospedali Riuniti, Foggia; Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia

Maria Pia Foschino Barbaro

SC Universitaria Malattie dell’Apparato Respiratorio, AOU Ospedali Riuniti, Foggia; Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia

Stefano Gasparini

SOD Pneumologia, AOU Ospedali Riuniti, Ancona; Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2015

Come citare

Mei, F., Bonifazi, M., Barbisan, F., Rossi, G., Zuccatosta, L., Lacedonia, D., Foschino Barbaro, M. P., & Gasparini, S. (2015). Fibroelastosi pleuroparenchimale familiare diagnosticata mediante criobiopsia polmonare. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 30(5), 289-293. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2015-30-56
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