Articolo di revisione
Pubblicato: 2015-10-15

Ecografia del parenchima polmonare: fatti o artefatti?

SOC Medicina, Area Funzionale Omogenea Medica, Pneumologia, Presidio Ospedaliero San Luca, ULSS 18 Rovigo, Trecenta (RO)
UOC Pneumologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”, Roma
UOC Pneumologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”, Roma
OS Pronto Soccorso, Medicina e Chirurgia d’Urgenza, P.O. della Valle del Serchio, Lucca
Ecografia polmonare Linee B Sindrome interstiziale Consolidamento Polmonite

Abstract

L’ecografia della patologia pleurica è basata su uno studio anatomico, mentre l’esame finalizzato all’analisi del parenchima polmonare è spesso legato all’interpretazione di un quadro artefattuale. In particolare, in condizioni normali, è visibile esclusivamente la superficie polmonare poiché l’interfaccia pleurica costituisce uno specchio per gli ultrasuoni impendendone una interazione con le strutture intrinseche del parenchima polmonare normo aerato. In condizioni patologiche, la progressiva perdita di aria da parte del parenchima polmonare si manifesta in quadri ecografici come la sindrome interstiziale e il consolidamento alveolare che, inquadrati nel contesto clinico, possono essere indicativi della patologia in atto. La conoscenza dei fenomeni fisici alla base della formazione delle immagini ed una corretta interpretazione dei quadri ecografici correlati alla clinica consentono di utilizzare in modo proficuo la metodica nella diagnostica e nel follow up della patologia parenchimale polmonare.

Introduzione

L’ecografia si basa sulla possibilità degli ultrasuoni di penetrare strutture con simile impedenza acustica e costruire immagini anatomiche attraverso l’interpretazione degli “echi” che tornano al trasduttore. Questa è la ragione principale per cui l’applicazione dell’ecografia allo studio del torace è sempre stata limitata allo studio dei versamenti pleurici, delle masse o dei consolidamenti affioranti alla pleura, e delle strutture cardiovascolari.

Nella pratica clinica, sta diventando sempre più utile perfezionare il ruolo dell’ecografia per la valutazione del polmone ancora aerato.

Tuttavia, nella pratica clinica, sta diventando sempre più utile perfezionare anche il ruolo dell’ecografia per la valutazione del polmone ancora aerato, nonostante la notevole differenza di impedenza acustica tra aria e tessuto/liquidi impedisca agli ultrasuoni di penetrare oltre la pleura viscerale.

La propagazione dei suoni nel mezzo è infatti funzione dell’impedenza acustica, correlata alla densità del mezzo ed alla velocità di propagazione del suono in esso. Quando il fascio ultrasonoro attraversa mezzi contigui con impedenza diversa, una quota di energia meccanica viene riflessa in funzione della differenza delle rispettive impedenze acustiche. La riflessione dell’onda ultrasonora a livello della discontinuità tra due mezzi con impedenza acustica differente è alla base della generazione di interfacce acustiche.

Allo studio ultrasonografico, la parete toracica e il polmone aerato si comportano in maniera molto diversa in quanto le loro impedenze acustiche sono molto diverse. Conseguentemente l’interfaccia acustica che si genera a livello del piano pleurico (linea pleurica), in presenza di parenchima polmonare aerato, ha un comportamento assimilabile ad un riflettore acustico speculare, riflettendo gran parte dell’energia di insonazione. Pertanto, durante l’esame ecografico di un polmone normale, lo spazio sottopleurico rappresentato dalla macchina non corrisponde alla vera ecostruttura dell’organo, e lo studio ecografico pleuro–parenchimale di un polmone ancora sufficientemente aerato non può essere morfologico, consentendo solamente stime dinamiche (della pleura) e analisi di eventuali artefatti.

La sindrome interstiziale ecografica comprende una condizione particolare in cui l’interazione acustica sui primissimi strati pleuro-parenchimali determina fenomeni acustici che si esplicano con la produzione di artefatti verticali, definiti “linee B”.

La sindrome interstiziale ecografica comprende una condizione particolare del polmone in cui l’interazione acustica sui primissimi strati pleuro-parenchimali non determina una semplice riflessione “a specchio”, ma una serie di fenomeni acustici che si esplicano con la produzione di artefatti verticali, definiti convenzionalmente nella visualizzazione B-mode “linee B” 1.

La presenza e/o la confluenza di questi artefatti verticali - linee B a differente concentrazione e “white lung” (campo polmonare completamente bianco con o senza linee B e senza artefatti orizzontali da riverbero) - definisce pertanto una “rottura” acustica dello specchio pleurico che caratterizza, appunto, la sindrome interstiziale ecografica 2.

Natura degli artefatti verticali

La descrizione originale di questi artefatti si riferiva a immagini simili ai “ring down” visibili in addome, e dovuti a fenomeni di interazione acustica su di un substrato acquoso compreso tra bolle aeree con distribuzione tetraedrica, come spesso accade all’interno di anse intestinali. L’ipotesi originale della risonanza non fu successivamente dimostrata, ma fenomeni simili furono osservati anche nel polmone in condizioni particolari 3.

Nel 1997 si iniziò a parlare di “comet tail artifacts” in polmoni patologici (con edemi) con una descrizione puramente qualitativa: “artefatto da riverberazione, iperecogeno, con origine stretta, che si espande come un raggio laser fino al margine (inferiore) dello schermo” 4. Tali artefatti vennero messi in relazione con riflessioni e riverberi generati all’interno di strutture anatomiche come setti interlobulari o intralobulari (con distanze sostanzialmente fisse tra loro) ispessiti da condizioni patologiche. Questa ipotesi era limitata dal fatto che “comet tail artifacts” erano visibili anche in soggetti con TC polmonari caratterizzate da ground glass 4.

La definizione del comet tail artifact è rimasta la stessa per molti anni in quanto la loro origine fisica non è stata sufficientemente studiata. In tempi più recenti, questo tipo di artefatto, caratteristico dell’insonazione ecografica di materiali bollosi (schiume) e dei polmoni con interstizio ispessito, è stato denominato Linea B 1, per assonanza con la linea B di Kerley della radiologia tradizionale del torace con interstiziopatia di tipo settale.

Dal punto di vista metodologico, le linee B sono state valutate nei diversi studi con sonde, con frequenze e con modalità di scansione differenti. Ciò non ha favorito la comprensione accurata di questi fenomeni. Infatti quello che appare con un tipo di sonda non è la stessa cosa di ciò che si manifesta impiegandone un altro tipo. È anche ipotizzabile, ed in parte dimostrabile, che tali interazioni siano dipendenti anche dalla lunghezza d’onda utilizzata 5 6.

Comunque sia, non può essere messo in dubbio che le linee B siano artefatti. Infatti esse non rappresentano alcuna struttura anatomica normalmente presente nel polmone normale o patologico. Inoltre, immagini simili alle linee B possono essere riprodotte “in vitro” insonando substrati schiumosi come phantoms di poliuretano imbibito in cui la linearità strutturale non è presente e dove gli artefatti si producono in funzione della sua porosità 7.

In base a queste osservazioni ed anche a precedenti studi di bioacustica 8 è stato possibile agevolare lo sviluppo di nuovi campi di ricerca.

È stato infatti dimostrato 9 che anche il polmone sano può produrre tali artefatti verticali se opportunamente “deflato” a livelli non fisiologicamente raggiungibili. Ne deriva che una riduzione di porosità, ovvero l’aumento di densità del parenchima polmonare di tipo “funzionale”, può determinare un’interruzione acustica della linea pleurica con l’abolizione dell’effetto speculare.

Pertanto, nella nostra interpretazione, le linee B segnalano una variazione di densità periferica, cioè una minor porosità del polmone. Di conseguenza, il limite della produzione di linee B (e di “white lung”) è la densità critica che genera l’addensamento. L’addensamento puro ha una densità molto vicina a 1 g/mL. Il polmone fisiologicamente aerato e sano ha una densità di 0,15 g/mL.

La patologia parenchimale polmonare che provoca un aumento di densità del polmone è idonea a produrre differenti concentrazioni di linee B.

La patologia parenchimale polmonare che provoca un aumento di densità del polmone, sia che essa faccia perdere aria al polmone, sia che aumenti il contenuto solido dell’organo, o ambedue gli effetti, è idonea a produrre differenti concentrazioni di linee B, che indicano quindi uno stato ancora aerato, ma iperdenso, preconsolidativo, del polmone 9.

È quindi ipotizzabile che la variazione dell’organizzazione “spugnosa”, cioè della rete geometricamente e matematicamente analoga ad una schiuma che caratterizza il polmone patologico, ma anche quello normale, nelle sue componenti di pieno e di vuoto, sia alla base della produzione di una famiglia di artefatti analizzabili e utilmente differenziabili.

Indubbiamente, gli spazi aerei periferici (PAS) sono idonei alla produzione di artefatti acustici. Essi sono ricoperti da un sottile strato fluido associato ad un film di surfactante. Si ipotizza che tali strutture si organizzino in bolle che conferiscono stabilità e espandibilità ai PAS come in una schiuma dinamica ed elastica 10 11.

Inoltre, le teorie sull’isteresi polmonare non isotropica, intesa come una sequenziale apertura o chiusura dei PAS durante l’espansione o il collasso del parenchima si adattano perfettamente a tale visione 12 13. La forma e il numero di questi viene infatti a variare in funzione del volume polmonare. Durante il collasso, la riduzione del volume dei PAS, il cambiamento di forma verso strutture non sferiche, la chiusura di alcune unità e il ripiegamento delle pareti alveolari e dei setti interalveolari determinano una modificazione della loro geometria 14.

Dunque anche in un polmone sano ma deflato, così come nei casi di patologia parenchimale polmonare, possono attuarsi disomogeneità e irregolarità del riflettore pleurico tali da diventare “visibili” dagli ultrasuoni in funzione della loro lunghezza d’onda 15, ed essere espresse dalla macchina come artefatti verticali o white lung.

Esistono più tipi di possibili “generatori” di artefatti verticali riconducibili tutti ad una condizione locale di polmone iperdenso pre-consolidato.

In conclusione, esistono più tipi di possibili “generatori” di artefatti verticali riconducibili tutti ad una condizione locale di polmone iperdenso pre-consolidato 16:

  1. ridotta aerazione e porosità periferica (chiusura di alveoli e collasso di spazi aerei periferici);
  2. aumento del contenuto tissutale del parenchima con sovvertimento della geometria dei PAS;
  3. aumento del contenuto di acqua parenchimale con imbibizione dei setti alveolari e organizzazione bollosa dell’aria intra-alveolare;
  4. singoli o multipli setti alveolari, interlobulari e/o intralobulari ispessiti;
  5. micronodulia, irregolarità pleuriche e microaddensamenti sub pleurici.

Ciascuna di queste alterazioni è in grado di aprire discontinuità acustiche e “rompere” lo specchio pleurico determinando fenomeni ecografici artefattuali verticali. Esiste dunque un limite concreto nella definizione complessiva e generica di questi artefatti come “linee B”, come espresso nell’ultima consensus conference internazionale 1. Non secondariamente, una correlazione precisa tra tipo di artefatto e patologia sottostante amplierebbe notevolmente il potere diagnostico dell’ecografia polmonare 16.

Caratteristiche e applicazioni cliniche della sindrome interstiziale ecografica

Lo studio degli artefatti verticali viene ampiamente utilizzato nella pratica clinica come indice “in vivo” di polmone patologico 16-18.

Questi artefatti posseggono un’eccellente specificità e sensibilità nell’intercettare i casi di polmone patologico. Essi si associano con una sensibilità praticamente assoluta con pattern radiografici TC di pneumopatia infiltrativa diffusa, ground glass e micronodulia sub pleurica.

Tuttavia, essi sono solamente “errori” di macchine ecografiche che interpretano delle interazioni acustiche. Attualmente siamo in grado di abbozzare solo una teoria riguardante la genesi di questi artefatti e non sappiamo quale sia la frequenza migliore o la sonda migliore per rilevarle o, anche, la macchina migliore per farle apparire in modo inequivocabile 6 16. Infatti sarebbero necessarie macchine pensate per interpretarli direttamente e non ecografi costruiti per indagare la propagazione di ultrasuoni in mezzi acquosi 19.

Le sindromi interstiziali ecografiche possono essere classificate sulla base dell’estensione in focale e diffusa.

La sindrome interstiziale focale è rilevabile topograficamente solo in corrispondenza di aree limitate di alterazioni pleuro-parenchimali patologiche.

La sindrome interstiziale focale è rilevabile topograficamente solo in corrispondenza di aree limitate di alterazioni pleuro-parenchimali patologiche, in particolare in 16:

  1. polmoniti interstiziali focali;
  2. aree disventilatorie;
  3. flogosi localizzata (infarti e contusioni polmonari);
  4. aree disventilate in prossimità di addensamenti flogistici e/o consolidamenti di altra natura (neoplasie, atelettasie, ecc. …);
  5. altre alterazioni pleuro–parenchimali circoscritte (esiti cicatriziali, aree fibrotiche localizzate, ecc. …).

Se l’estensione è diffusa e bilaterale allora dobbiamo distinguere un aspetto omogeneo o un aspetto disomogeneo (con aree di risparmio) degli artefatti verticali.

Alla distribuzione ecografica degli artefatti verticali va associato necessariamente lo studio della linea pleurica che può apparire liscia, sottile e regolare oppure ispessita, rugosa e irregolare.

Nella sindrome interstiziale diffusa distinguiamo 2 pattern: sindrome interstiziale diffusa omogenea con linea pleurica liscia, sottile e regolare, sindrome interstiziale diffusa disomogenea con linea pleurica ispessita, rugosa e irregolare.

Nella sindrome interstiziale diffusa distinguiamo 2 pattern:

  1. sindrome interstiziale diffusa omogenea con linea pleurica liscia sottile e regolare, artefatti verticali con origine puntiforme e con aspetto brillante e conservato (pattern A);
  2. sindrome interstiziale diffusa disomogenea con linea pleurica ispessita rugosa e irregolare, artefatti verticali di aspetto grossolano e origine non puntiforme, aspetti di white lung patchy con sliding sing molto ridotto (pattern B).

Infine, occorre considerarne anche il gradiente di concentrazione in senso apico-caudale o ventro-dorsale e soprattutto associare il pattern al quadro clinico presente nel paziente.

Così un quadro di pattern A con maggiore interessamento delle regioni caudali e dorsali per ragioni gravitarie, ma comunque omogeneamente presente, associato ad un quadro clinico acuto, può essere indicativo di edema polmonare cardiogenico 16.

Un pattern di tipo B con un non chiaro gradiente apico-caudale o ventro-dorsale, che può essere associato a multipli addensamenti sub pleurici e/o a chiare aree di risparmio con caratteristiche, associato ad un quadro clinico acuto o in setting intensivi in pazienti settici, può essere indicativo di edema polmonare non cardiogenico 16 20.

Un pattern di tipo B con chiara prevalenza nelle regioni basali dove le aree di risparmio possono essere meno e con prevalenza di micro addensamenti sub pleurici e linea pleurica fortemente irregolare ed ispessita (“ad acciottolato”), associato ad una sintomatologia cronica ingravescente o subacuta può essere indicativo di pneumopatia infiltrativa diffusa fibrosante 16.

Se presente honeycombing possono essere presenti aree di risparmio con pattern pseudo normale o grossolani artefatti verticali originanti dalla disposizione tetraedrica delle lesioni bollose cistiche.

Va ribadito che ciascuna diagnosi sospetta va posta integrando le informazioni che provengono dall’ecografia pleuro-polmonare a quelle provenienti dall’ecografia cardiovascolare e dalle valutazioni cliniche obiettive, nel processo indiziario che caratterizza l’approccio medico alla diagnosi.

Consolidamenti alveolari

A differenza della sindrome interstiziale ecografica, la comprensione della genesi delle immagini nei consolidamenti alveolari è immediata, dal momento che in questi l’aria è assente o molto minoritaria rispetto alla componente solida, o comunque accentrata in strutture bronchiali profonde.

Con l’assenza di aria negli spazi alveolari il parenchima polmonare assume un aspetto diffusamente ipoecogeno e compatto, simile al fegato.

Con l’assenza di aria negli spazi alveolari determina la scomparsa del tipico quadro artefattuale, con il parenchima polmonare che assume un aspetto diffusamente ipoecogeno e compatto, simile al fegato, consentendo di osservarne aspetti anatomici come la vascolarizzazione e le diramazioni dell’albero bronchiale 6.

All’interno del parenchima polmonare possono essere visibili spot iperecogeni indicativi di tracce d’aria residua con localizzazione variabile, comunque sufficientemente dispersa in modo da non mascherare l’ecostruttura del tessuto. In caso di mantenuta pervietà delle vie aeree, l’aria presente nell’albero bronchiale genera un disegno arboriforme iperecogeno, chiamato, per analogia ai quadri TC, broncogramma aereo, che in alcuni casi si modifica durante gli atti respiratori generando un segno noto come “broncogramma aereo dinamico”, dimostrando in tal modo la pervietà bronchiale prossimale 16 (Figura 2). Questo quadro ecografico è osservabile in molti casi di polmonite. Se il quadro consolidativo è invece determinato da un’ostruzione a monte delle vie aeree, il parenchima ipoecogeno presenterà una progressiva riduzione nel tempo dell’ecogenicità dell’aria, fino ad esserne completamente privo. Di conseguenza le diramazioni bronchiali, prive di aria e ripiene di secrezioni assumono un aspetto ipoecogeno-anecogeno, e vengono definite “broncogramma fluido” 21 (Figura 3). Tale aspetto patologico si osserva in alcune atelettasie.

Uso dell’ecografia nelle polmoniti

Premesso che lo studio ecografico del parenchima polmonare è limitato alla superficie e, di conseguenza, alle alterazioni patologiche che entrano in contatto con la pleura, risultano visibili all’ecografia solo le polmoniti a contatto con la pleura viscerale, quindi in teoria non tutte le lesioni intraparenchimali sono accessibili allo studio ecografico.

Una diagnosi ecografica di polmonite è possibile nel 92% dei casi con una valutazione topografica, dimensionale e qualitativa, che risulta utile al successivo follow-up.

Comunque, una diagnosi ecografica di polmonite è possibile nel 92% dei casi 22. In particolare, una recente metanalisi ha preso in esame tutti gli studi che hanno valutato la resa diagnostica dell’ecografia nelle polmoniti, mostrando che la metodica ha una sensibilità (94%) e una specificità (96%) elevate, sebbene tutti gli studi siano stati effettuati da operatori esperti 23.

Quando visibile in ecografia, della polmonite è possibile eseguire con una valutazione topografica, dimensionale e qualitativa, parametri che risultano utile al successivo follow-up:

  1. dimensioni: si possono misurare i diametri trasverso, longitudinale e profondo della lesione, al fine di valutarne le variazioni in estensione nel tempo e valutare se l’estensione sia lobare, segmentaria, focale o multifocale;
  2. topografia: per facilitare il follow-up è utile fornire coordinate precise sulla localizzazione della polmonite, utilizzando come riferimenti le linee anatomiche del torace e gli spazi intercostali. Poiché a volte l’interessamento flogistico può coinvolgere l’intero lobo o segmento, si può identificare la struttura anatomica interessata dal processo flogistico;
  3. aspetto qualitativo: un consolidamento focale, non esteso anatomicamente ad un lobo o ad un segmento, appare come un’area ipoecogena di aspetto irregolare, circondata da sindrome interstiziale perilesionale (Figura 4) che rappresenta una zona di disventilazione circostante il consolidamento. Se il consolidamento alveolare non è ancora avvenuto in modo completo, si può osservare, nell’area di competenza del lobo o segmento, una sindrome interstiziale con linee B tendenti alla confluenza associate ad una linea pleurica irregolare, eventualmente alternata a piccoli consolidamenti periferici. Se il distretto anatomico coinvolto è in fase consolidativa, è visualizzabile in toto e risulta esplorabile quasi fino all’ilo, mettendo in evidenza le strutture vascolari e bronchiali (Figura 5). Può talvolta essere osservabile un versamento pleurico metapneumonico a camicia che si limita allo sfondato costofrenico. Il differente aspetto ecografico delle polmoniti, sulla base delle più recenti teorie 9, sembra essere dovuto a diversi stati di aerazione del parenchima, di conseguenza non è presente alcuna correlazione tra il pattern ecografico e il fattore eziologico. A conferma di questo, uno studio recente 24 non ha trovato concordanza tra Rx torace ed ecografia nella diagnosi di polmonite interstiziale o lobare.

Nel follow-up il miglioramento clinico delle polmoniti è osservabile in ecografia poiché il processo di guarigione avviene in genere in senso centrifugo (dall’ilo alla pleura) ed è osservabile fino a completa aerazione del parenchima, valutando ad ogni controllo le modificazioni dimensionali e qualitative. Man mano che la flogosi si risolve, il parenchima viene riabitato da aria che, pertanto genera artefatti che progressivamente sostituiscono l’area consolidata. Con la completa aerazione del parenchima periferico riappare la linea pleurica sulla superficie polmonare associata a numerose linee B che, progressivamente si riducono in numero fino a scomparire lasciando spazio al normale pattern artefattuale del polmone aerato.

I vantaggi dell’ecografia nella diagnostica delle polmoniti sono dovuti alla facile reperibilità e al basso costo della metodica, utilizzabile anche al letto del paziente e in condizioni critiche.

I vantaggi dell’ecografia nella diagnostica delle polmoniti sono dovuti alla facile reperibilità e al basso costo della metodica, utilizzabile anche al letto del paziente e in condizioni critiche, consentendo di evitare il ricorso a radiazioni ionizzanti quando potenzialmente dannose, come nelle donne in gravidanza 25 e nei bambini 24 26. Lo svantaggio principale è senz’altro l’impossibilità di studiare rare lesioni non superficiali.

Uso dell’ecografia nelle atelettasie

Le atelettasie ostruttive polmonari presentano un pattern ecografico consolidativo che, a differenza delle polmoniti, non si modifica nel tempo, è solitamente privo di broncogrammi aerei dinamici, prevalendo eventualmente broncogrammi fluidi 27, ma presenta anche una progressiva scomparsa dell’aria intraparenchimale residua che viene assorbita. Il lobo interessato dall’atelettasia appare piccolo, parenchimatoso, omogeneo, e pulsa per trasmissione del movimento cardiaco 16. La interfaccia ecogena della pleura viscerale è attenuata o assente. Le strutture mediastiniche, i lobi contigui ed il diaframma sono attratti verso il lobo atelettasico. L’identificazione di questo quadro patologico pone indicazione ad approfondimento diagnostico endoscopico al fine di valutare, ed eventualmente trattare la causa dell’atelettasia. Risolta l’ostruzione, si osserva in genere un rapido rispristino della ventilazione alveolare e del normale quadro artefattuale.

Nei casi di atelettasia di natura neoplastica è possibile a volte osservare la presenza di masse o aree necrotiche all’interno del lobo atelettasico.

Nei casi di atelettasia di natura neoplastica è possibile a volte osservare la presenza di masse o aree necrotiche all’interno del lobo atelettasico (Figura 3). In questi casi l’omogeneità strutturale della lesione viene persa.

Aspetti atelettasici di tipo compressivo compaiono anche in caso di versamenti. In tal caso l’aerazione può essere in parte mantenuta, l’interessamento può essere solamente marginale, sopradiaframmatico o superficiale e, naturalmente, il versamento è evidente e la sua evacuazione permette la riespansione del polmone.

Consolidamenti di altra natura

Aspetti di parenchima solido che affiorano alla pleura viscerale, quindi evidenti all’ispezione ecografica, sono espressione anche di malattie neoplastiche, granulomatose, macronodulari, alveolitiche, infartuali 28 e, non ultimo, dell’ARDS 20 29 30. Tutti questi casi assumono caratteristiche di lesioni solide, quindi quantificabili in termini dimensionali, di ecostruttura, margini, vascolarizzazione, contenuto aereo residuo e potenziale infiltrativo parietale. Ovviamente, la loro visibilità ecografica è consentita solamente dall’affioramento superficiale che, se nelle polmoniti è quasi costante, in molti di questi casi è solo occasionale.

Infatti, le neoplasie polmonari sono ben caratterizzabili e biopsiabili se evidenti all’ecografia, ma va ricordato che solamente una parte dei tumori polmonari periferici ha un contatto pleurico viscerale, esposto alle scansioni ecografiche.

È possibile sottoporre a qualsiasi tipo di indagine ecografica o ecoguidata solamente lesioni neoplastiche affioranti sulla pleura esplorabile.

Pertanto, è possibile sottoporre a qualsiasi tipo di indagine ecografica o ecoguidata solamente lesioni neoplastiche affioranti sulla pleura esplorabile. Ciò vale anche per molti casi di lesioni non neoplastiche/non polmonitiche, ma produttive.

L’ARDS invece è sempre ben indagabile e monitorabile con l’ecografia. Trattandosi di un edema non cardiogeno, disomogeneo, con componenti consolidative/atelettasiche declivi e con aspetti marcati di ipoventilazione gravitazionale, è ben caratterizzabile sia in termini di componenti artefattuali (e linee B) antideclivi di tipo non cardiogeno (Pattern di tipo B) 20, che di consolidamenti variamente aerati e reclutabili posti in posizione declive. La reclutabilità dei consolidamenti nell’ARDS può essere vantaggiosamente stimata in ecografia attraverso la comparsa degli artefatti aerei in seno ai consolidamenti stessi con le opportune manovre ventilatorie e/o broncoscopiche 31.

Conclusioni

L’ecografia del parenchima polmonare si avvale di concetti che solo in parte appartengono al dominio dell’ecografia tradizionale. Solamente nelle patologie del polmone che escludono l’aria dal tessuto, o quantomeno ne riducono sensibilmente la sua percentuale superficiale, i criteri morfologici dell’ecografia possono essere applicati. Nella patologia interstiziale, il concetto di sindrome interstiziale ecografica esige un’interpretazione meno immediata, basandosi sull’analisi di artefatti e di una dinamica (ancora poco quantificabile) che è riferita al movimento reciproco di pleura viscerale e parietale. Questo duplice aspetto deve essere compreso e comunque perfezionato da una terminologia che dovrà essere adeguata e giustificata dal substrato in analisi (la patologia in atto, funzionale o organica). Presupposto a ciò è la comprensione della base fisica degli artefatti polmonari che è assolutamente carente.

Altrettanto necessaria è la puntualizzazione dei vantaggi e dei limiti dell’ecografia del parenchima polmonare. Attualmente questa indagine non invasiva e a basso costo, ha un ruolo valido come completamento dell’esame obiettivo del torace e nel monitoraggio bedside di situazioni cliniche già definite, senza ricorrere all’uso delle radiazioni ionizzanti. I limiti dell’esame sono che il consolidamento è una finestra acustica solo quando raggiunge la pleura viscerale esplorabile. Le polmoniti e le atelettasie sono pertanto diagnosticabili, ma questo non si verifica ovviamente nelle neoplasie centrali e periferiche coperte da parenchima aerato. La patologia interstiziale, che esige analisi di artefatti, è diagnosticabile e monitorabile nel tempo laddove raggiunga il piano sottopleurico esplorabile. Dall’evidenza attuale risulta che la stragrande maggioranza degli edemi cardiogeni e non, e delle malattie interstiziali diffuse del polmone, soddisfa questa caratteristica.

Figure e tabelle

Figura 1.Sulla sinistra sindrome interstiziale ecografica di tipo cardiogenico, sulla destra sindrome interstiziale ecografica di tipo pneumogenico.

Figura 2.Polmonite a carico dei segmenti postero-inferiori del lobo inferiore con broncogrammi aerei ad aspetto arboriforme e minimo versamento pleurico metapneumonico a camicia. L’aria presente nel parenchima più centrale genera artefatti verticali a ring-down.

Figura 3.Caso di atelettasia del lobo superiore destro di cui l’esame ecografico bedside ha rapidamente definito la causa: è presente una voluminosa massa ilo-mediastinica ipoecogena che determina ostruzione del bronco lobare superiore. È possibile osservare i bronchi privi di aria come linee anecogene (broncogrammi fluidi).

Figura 4.Piccola area consolidativa subpleurica di natura flogistica caratterizzata da sindrome interstiziale perilesionale dovuta a parziale aerazione dell’area circostante l’addensamento.

Figura 5.Polmonite del segmento anteriore del lobo superiore: con l’esame ecografico si delimitano agevolmente i confini anatomici della polmonite (P) inclusa tra aree di parenchima normoaerato (L) riuscendo ad identificare il segmento interessato.

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Affiliazioni

Alessandro Zanforlin

SOC Medicina, Area Funzionale Omogenea Medica, Pneumologia, Presidio Ospedaliero San Luca, ULSS 18 Rovigo, Trecenta (RO)

Andrea Smargiassi

UOC Pneumologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”, Roma

Riccardo Inchingolo

UOC Pneumologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico “A. Gemelli”, Roma

Gino Soldati

OS Pronto Soccorso, Medicina e Chirurgia d’Urgenza, P.O. della Valle del Serchio, Lucca

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2015

Come citare

Zanforlin, A., Smargiassi, A., Inchingolo, R., & Soldati, G. (2015). Ecografia del parenchima polmonare: fatti o artefatti?. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 30(5), 264-272. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2015-30-53
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