Piano terapeutico: istruzioni per l’uso
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Sempre più frequentemente lo pneumologo si imbatte durante la sua pratica clinica in un modulo: il Piano Terapeutico (PT).
Dapprima limitato alla prescrizione di farmaci “di nicchia” (es. per asma steroido-resistente) il PT si va estendendo. Non è ovviamente un fenomeno limitato alla Pneumologia ma quando arriva ad interessare prescrizioni molto comuni (quotidiane!) come i broncodilatatori nella BPCO, è certo che non passa inosservato tra gli pneumologi.
Per prima cosa cos’è un PT? Io lo definirei una prescrizione dettagliata. Infatti nel modulo di solito sono richiesti: a) dati anagrafici del paziente, b) dati identificativi dello pneumologo, c) dettagli del processo diagnostico, d) dettagli sulla prescrizione.
Ho detto che si tratta per lo pneumologo di una novità, ma ciò non è del tutto vero. Se pensiamo alle prescrizioni di ossigenoterapia e di ventiloterapia, perlomeno in alcune regioni, sono PT molto più dettagliati (e quindi richiedono più tempo per essere compilati) rispetto ad altri PT relativi a farmaci.
Quali sono le implicazioni della necessità del PT?
Quelle che paiono più interessare gli amministratori sono quelle economiche. Essi vedono nel PT un deterrente, un meccanismo atto a scoraggiare la prescrizione. Si parla molto ultimamente di appropriatezza. Non credo che chi tra gli amministratori ed i politici interpreta il PT come un deterrente alla prescrizione di farmaci ritenuti costosi abbia coscienza del fatto che tale provvedimento di fatto pone in atto un taglio lineare che prescinde, almeno in parte dalla appropriatezza. Mettendo un “ostacolo” alla prescrizione del farmaco/presidio A, si sa fin dall’inizio che accanto ad una quota di soggetti che non avevano bisogno/indicazione alla prescrizione vi sarà inevitabilmente una quota (forse maggiore) di pazienti che avrebbero l’indicazione alla prescrizione A, ma che non l’avranno comunque.
Mentre è difficile giustificare una prescrizione inappropriata, mi pare ancora più difficile giustificare una non prescrizione a discapito di un paziente che ne avrebbe avuto l’indicazione clinica.
Infatti a mio parere l’implicazione più importante per gli pneumologi relativa alla necessità dei PT anche per farmaci con i LABA/LAMA è nell’assunzione di responsabilità nella nostra pratica professionale.
Compilando il PT lo pneumologo infatti certifica una diagnosi, spiega come vi è giunto e certifica che per quel paziente con quella diagnosi vi è l’indicazione a quel trattamento.
Di più. Se il paziente ha bisogno di quel trattamento DEVE andare dallo specialista (d’accordo, vale anche per l’internista) per averlo prescritto.
Non si tratta quindi di solo un “pezzo di carta in più”, ma è un pezzo di carta che potrebbe portare un valore aggiunto. Sta a noi valorizzarlo per quello che può diventare, al di là dell’intento degli amministratori.
Fanno così molti nostri colleghi. I cardiologi ad esempio: sicuramente vi sarà anche chi si lamenta della necessità di compilare i PT. Ma i nuovi anticoagulanti (tutti con PT) stanno egualmente rimpiazzando i “vecchi” farmaci antagonisti della vitamina K.
Nel mio campo, la Riabilitazione, i fisiatri hanno costruito la loro reputazione e conquistato un ruolo proprio sulla necessità della compilazione del PT per la riabilitazione, tutta la riabilitazione compresa anche quella respiratoria, mi riferisco al PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE (PRI), obbligatorio in alcune Regioni.
Per tutti questi motivi penso che gli pneumologi, invece di “mugugnare” perché devono compilare i PT dovrebbero saper cogliere le opportunità che essi ci offrono. Quelle di dare rilevanza nel SSN al ruolo dello pneumologo e di rafforzare i legami con i MMG ed i pazienti. Certamente non riuscirà a svolgere questo ruolo da solo, ma il tanto vituperato PT potrebbe essere un tassello di mosaico che può portare lo pneumologo a recitare un ruolo più importante nel nostro SSN.
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