Articolo di revisione
Pubblicato: 2015-12-15

Asma e invecchiamento

Pneumologia, Azienda Ospedaliera G. Salvini, Garbagnate Milanese (MI)
Pneumologia, Azienda Ospedaliera G. Salvini, Garbagnate Milanese (MI)
Responsabile Gruppo di Studio AIPO “BPCO, Asma e Malattie Allergiche”, Commissione GARD Ministero della Salute su “Ambiente, Clima e Salute Respiratoria”, Chairman Committee and Task Force on “Air pollution, climate change and allergic respiratory diseases” World Allergy Organization
Asma Invecchiamento Fenotipi

Abstract

Nonostante gli ultrasessantacinquenni siano in aumento in tutto il mondo, i rapporti tra asma e invecchiamento sono stati finora scarsamente investigati. L’impatto dell’asma negli ultrasessantacinquenni (AIE: asthma in the elderly), in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri, è maggiore rispetto alla popolazione infantilegiovanile- adulta; inoltre, l’asma bronchiale nell’anziano viene frequentemente sottodiagnosticata e non adeguatamente trattata. Questo lavoro si propone di riassumere i rapporti, attualmente noti, tra asma e invecchiamento, valutando gli effetti dell’invecchiamento sul sistema immunitario, sull’apparato respiratorio, sul rimodellamento bronchiale e sulla senescenza cellulare. Vengono presi in considerazione, inoltre, l’epidemiologia dell’asma nell’anziano, i fattori di rischio noti, le problematiche diagnostiche e terapeutiche di questa patologia.

Introduzione

Attualmente gli ultrasessantenni rappresentano il 10% della popolazione mondiale e si stima che raggiungeranno 22% nel 2050 1. In Italia, già nel 2010, la popolazione degli ultrasessantacinquenni superava il 20% e raggiungerà il 35% nel 2051. Con l’invecchiamento della popolazione aumenta anche la quota dei soggetti affetti da patologie croniche associate all’età avanzata come le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi, la sindrome metabolica, le malattie neuro degenerative e la BPCO 1 2.

L’asma bronchiale viene considerata solitamente una malattia dell’età infantile-giovanile-adulta, tuttavia l’impatto dell’asma negli ultrasessantacinquenni (AIE: asthma in the elderly), in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri, è maggiore rispetto alla popolazione giovanile; inoltre l’asma bronchiale nell’anziano viene frequentemente sottodiagnosticata e non adeguatamente trattata 2-4.

L’impatto dell’asma negli ultrasessantacinquenni è maggiore rispetto alla popolazione giovanile.

I rapporti esistenti tra invecchiamento e asma sono stati finora scarsamente investigati: in particolare, non esistono studi che permettano attualmente di chiarire come la senescenza sia in grado di modificare la storia naturale dell’asma, i processi di rimodellamento bronchiale e la risposta ai farmaci.

Biologia dell’invecchiamento

Il processo di invecchiamento è la conseguenza dell’accumulo nel corso della vita di molteplici danni cellulari, che portano al progressivo impoverimento cellulare e/o all’accumulo di cellule funzionalmente inefficienti: ciò determina la perdita funzionale d’organo e il quadro di fragilità tipico dell’età avanzata 5 6.

Le diverse teorie formulate per spiegare la causa dell’invecchiamento pongono l’accento su un particolare meccanismo di danno cellulare: 1) Teoria delle mutazioni somatiche: vi è un aumento, legato all’età, dei danni al DNA: la capacità di riparare il DNA è un importante determinante del grado di invecchiamento sia cellulare sia molecolare, ed è connessa con la longevità; 2) Teoria della perdita del telomero: in molti tessuti umani, la capacità di divisione cellulare si riduce con l’aumentare dell’età e correla con la lunghezza del telomero che protegge la porzione terminale dei cromosomi. Lo stress ossidativo ha un grande effetto sulla velocità di riduzione dei telomeri; 3) Teoria mitocondriale e dello stress ossidativo: con l’età si manifesta un incremento dei danni al DNA mitocondriale: conseguenza di ciò è una riduzione della produzione di ATP nei tessuti coinvolti; 4) Accumulo di proteine danneggiate: il turnover delle proteine è essenziale per preservare le funzioni cellulari rimuovendo le proteine in eccesso o danneggiate. Esiste un’alterazione correlata all’età, di questo turnover.

Diversi meccanismi agiscono simultaneamente, nel determinare il processo di invecchiamento (teoria del network).

I diversi meccanismi descritti agiscono simultaneamente, anche se in modo diverso in ogni individuo e tessuto a seconda delle condizioni ambientali e genetiche, nel determinare il processo di invecchiamento (teoria del network) 5.

Meccanismi molecolari dell’invecchiamento

Nel caso in cui si verifichino situazioni di intenso “stress cellulare”, vengono attivati degli specifici sistemi proteici definiti “sensori di stress e di pericolo” o fattori di “repressione tumorale”, come la p53-p21 e la p16, la cui funzione è quella di bloccare i processi di replicazione delle cellule danneggiate, processi che potrebbero favorire il determinarsi di mutazioni, con conseguente aumento del rischio di cancerogenesi. L’arresto della crescita cellulare può essere momentaneo (quiescenza cellulare) al fine di consentire a particolari enzimi di riparare il DNA o definitivo (senescenza cellulare). Il blocco della replicazione cellulare si verifica a seguito della inibizione delle cicline da parte della p21 e della p16. Le cicline sono una famiglia di proteine che, tramite la combinazione con delle chinasi, fanno progredire il ciclo cellulare. Nei soggetti asmatici è stato dimostrato che, nonostante l’impiego di una terapia steroidea, è presente proliferazione delle cellule muscolari lisce bronchiali e che tale proliferazione è legata ad un meccanismo ciclina-dipendente non responsivo all’azione steroidea.

Nel caso in cui il danno cellulare sia particolarmente grave, la p53 avvia direttamente il processo proapoptotico che porta all’auto-distruzione cellulare 6-10. Le cellule senescenti non sono inerti, ma sono metabolicamente attive e resistenti all’apoptosi. Esse sopravvivono a lungo nei tessuti e producono un’aumentata quantità di mediatori pro-infiammatori come: TNFa, IL6, IL8, PAI (inibitore dell’attivatore del plasminogeno), ROS e metalloproteasi (MMP2,3,9 e 12), mantenendo quindi uno stato proflogistico tessutale 7 8.

Effetti dell’invecchiamento sull’apparato respiratorio

Effetti dell’invecchiamento sulla funzione respiratoria

I più importanti effetti dell’invecchiamento, dal punto di vista fisiopatologico, sono 9-11: 1) perdita del ritorno elastico del polmone dovuto a un ampliamento dei dotti alveolari senza rottura dei setti interalveolari, conseguenza di un’alterazione della matrice extracellulare con frammentazione dell’elastina 10-13; 2) aumento della rigidità della parete toracica per calcificazioni delle articolazioni costali 14; 3) aumentata debolezza dei muscoli respiratori causata da fenomeni di atrofia muscolare/sarcopenia 15-17; 4) sviluppo di cifosi conseguenza dell’osteoporosi, che peggiora la capacità contrattile del diaframma (Figura 1).

I più importanti effetti dell'invecchiamento dal punto di vista fisiopatologico sono la perdita del ritorno elastico del polmone, l'aumento della rigidità della parete toracica, l'aumentata debolezza dei muscoli respiratori e lo sviluppo di cifosi.

Questi fenomeni incidono significativamente sui volumi polmonari: la riduzione del ritorno elastico facilita il collasso espiratorio delle vie aeree e provoca un aumento dell’aria che rimane intrappolata a fine espirazione. Con l’età, la parete toracica diventa più rigida, quindi meno compliante, mentre il polmone diviene meno distensibile per riduzione del ritorno elastico: il volume residuo aumenta, dai 20 ai 70 anni, di circa il 50% mentre la capacità vitale diminuisce di circa il 75%. Pertanto la capacità funzionale residua aumenta anch’essa, accrescendo il carico elastico e quindi il lavoro sui muscoli respiratori: per respirare a riposo la spesa energetica di un 60enne ha un incremento del 20% rispetto ad un 20enne 9-11 18 19.

Nel soggetto anziano si modifica il rapporto ventilazione/perfusione perché si modifica il volume di chiusura. Il volume di chiusura è quel volume di riempimento polmonare a livello del quale le piccole vie aeree, delle regioni dipendenti del polmone, iniziano a chiudersi durante la fase espiratoria. Il volume di chiusura aumenta con l’età in quanto si ha una prematura chiusura delle vie aeree terminali, dovuta alla perdita del tessuto di supporto. In particolare con l’avanzare dell’età, il rapporto ventilazione/perfusione incrementa il suo disequilibrio, in quanto aumentano le unità alveolo-capillari che hanno un elevato rapporto (spazio morto fisiologico) e le unità con un basso rapporto (scarsa ventilazione): l’abbassamento della pressione parziale dell’ossigeno nel sangue arterioso riflette questa aumentata eterogeneità del rapporto , ed in particolare, di quelle unità alveolo-capillari con basso causate dall’aumento del volume di chiusura 11.

Nei soggetti anziani si verifica una modesta inibizione del riflesso della tosse e della percezione della broncostruzione e della dispnea con una minore risposta allo stimolo ipossiemico.

Nei soggetti anziani si verifica una modesta inibizione del riflesso della tosse e della percezione della broncostruzione e della dispnea con una minore risposta allo stimolo ipossiemico 10 11. Alcuni lavori hanno dimostrato una maggior risposta broncocostrittrice aspecifica nei soggetti anziani; parimenti hanno evidenziato una minor risposta broncodilatatrice sia per una riduzione dei recettori muscarinici bronchiali (in particolare gli M2 e gli M3) sia, soprattutto, per una disfunzione dei recettori beta-adrenergici 20.

Per quanto riguarda i recettori dei leucotrieni, possiamo dire che gli studi esistenti su soggetti asmatici anziani hanno dimostrato l’efficacia dei farmaci che agiscono come loro antagonisti anche se tale efficacia è minore rispetto ai soggetti giovani, con ciò indicando una loro diminuzione quantitativa e/o qualitativa.

Mitsunobu et al. hanno dimostrato, utilizzando la TAC ad alta definizione, che l’asma nei soggetti anziani non fumatori si associa a diminuzione della densità del parenchima polmonare. Tale riduzione è verosimilmente dovuta all’iperinflazione polmonare. Nell’uomo i dotti alveolari aumentano di diametro con l’età, gli alveoli divengono più ampi e meno profondi. Dopo i 50 anni, una quota di fibre elastiche, localizzate nella regione del bronchiolo respiratorio e degli alveoli, vanno incontro a degenerazione. Come conseguenza, si manifesta una dilatazione dei dotti alveolari e poi degli spazi aerei. Tale allargamento è omogeneo nel contesto del polmone, a differenza di quello disomogeneo che si ha nel classico enfisema. Tali alterazioni cominciano a manifestarsi già dalla terza decade di vita, proseguono linearmente durante tutta la vita e arrivano ad un valore del 25/30% di allargamento degli spazi aerei rispetto al basale in fine vita; sono istologicamente differenti da quelle dell’enfisema in quanto non si ha distruzione delle pareti alveolari, tuttavia causano modificazioni del tutto identiche alla compliance polmonare e quindi aumentano la tendenza delle piccole vie aeree a collassare durante l’espirazione. Inoltre l’allargamento degli spazi aerei causa un appiattimento della superficie alveolare pari a circa il 20% nei settantenni rispetto ai trentenni 11-20.

Nell’asmatico anziano la riduzione di sensibilità recettoriale causa maggiore tolleranza all’ipossiemia e minore percezione della dispnea.

Inoltre, nell’asmatico anziano la riduzione di sensibilità recettoriale causa maggiore tolleranza all’ipossiemia e minore percezione della dispnea e dell’ostruzione rispetto ai più giovani (Figura 2).

Il ruolo della vitamina D nell’asma è controverso: sicuramente elevati livelli di vitamina D prevengono le esacerbazioni di malattia asmatica; tuttavia il ruolo della vitamina D nell’asma dell’anziano è ancora da chiarire completamente.

Effetti dell’invecchiamento sul sistema immunitario (immunosenescenza)

Per immunosenescenza si intende il declino funzionale con l’età del sistema immunitario, sia innato sia adattivo, che provoca un aumento della suscettibilità ai fenomeni infettivi 20 21 e che alcuni autori 22 definiscono immunorimodellamento.

Per immunosenescenza si intende il declino funzionale con l’età del sistema immunitario.

T linfociti: l’atrofia del timo determina una riduzione della produzione di T linfociti naive, che sono i linfociti, maturi, capaci, di fronte allo stimolo antigenico, di dare origine ad un clone di linfociti con la stessa specificità antigenica, del polimorfismo del recettore dei linfociti T (TCR), dell’espansione di nuovi cloni e la loro attivazione. Il numero dei linfociti CD4+ si riduce in proporzione maggiore rispetto ai CD8+, per cui il rapporto CD4/CD8 si inverte. Aumenta, però, il numero dei linfociti della memoria circolanti, a seguito della stimolazione antigenica cronica e della riduzione dei naive, e i linfociti CD8+ CD20 null. La ripetuta replicazione clonale dei T linfociti della memoria e i ROS provocano un progressivo accorciamento del telomero e quindi un aumento dell’espressione degli inibitori delle cicline e il blocco replicativo. I linfociti T senescenti, maggiormente resistenti all’apoptosi, perdono le molecole co-stimolatrici CD28+, riducono la loro capacità di rispondere ai segnali del TCR e quindi la risposta ai singoli antigeni, mentre acquistano nel contempo un’attività NK simile 22 23.

B linfociti: abbiamo una riduzione del numero dei precursori, delle cellule naive e del repertorio, connessa all’involuzione del midollo emopoietico. I linfociti B esprimono una minor quantità di proteine co-stimolatrici CD27-40, quindi sono attivati e proliferano con maggior difficoltà; inoltre producono anticorpi con una minor affinità per l’antigene. L’invecchiamento comporta frequentemente la perdita della tolleranza del self e la comparsa di fenomeni di tipo autoimmune 19 23.

Immunità innata: il numero dei neutrofili rimane invariato, ma l’aumentata concentrazione di IL6 e GMCSF induce una loro maggior resistenza all’apoptosi; inoltre, risulta ridotta la loro capacità di eliminare i batteri nonostante un incremento della produzione di ROS. I macrofagi rimangono invariati come numero, ma la loro capacità di presentare l’antigene e l’espressione di HLAII risulta ridotta; aumenta, invece, nei monociti circolanti, dopo stimolazione con mitogeni, la produzione di citochine pro-infiammatorie (IL1, IL6, TNF-α). L’invecchiamento si associa a un aumento delle cellule NK, ma a un declino della loro attività. Le cellule dendritiche presentano un deficit funzionale (ridotta capacità di fagocitosi e di presentazione degli antigeni) 19 22 24.

Immunità innata-flogosi sistemica: la flogosi cronica è associata al processo di invecchiamento. Diversi lavori dimostrano che il livello sistemico dei mediatori infiammatori, IL6 e TNF-α, è 2-4 volte superiore nei soggetti anziani rispetto a quelli giovani. I soggetti centenari in buona salute hanno un più basso profilo infiammatorio e un più elevato livello di mediatori anti-infiammatori rispetto ai centenari fragili. La flogosi infatti accelera il processo di senescenza dei tessuti, agendo sia come fattore di danno sia riducendo la capacità riparativa 22.

Invecchiamento, senescenza cellulare e asma dell’anziano

Le modificazioni immunologiche e cellulari indotte dall’invecchiamento possono condizionare lo sviluppo dell’“asma dell’anziano” in quanto determinano:

Deficit dell’immunità acquisita

È responsabile di una maggior suscettibilità alle infezioni virali e batteriche che sono importanti fattori di trigger dell’asma, in particolare negli anziani. Infatti nei soggetti anziani, ricoverati per insufficienza cardio-respiratoria acuta e asma, è stata riscontrata un’elevata incidenza di infezioni virali, in particolare provocate da: virus influenzale (A), virus respiratorio sinciziale e metapneumovirus umano 23.

L’infiammazione cronica delle vie aeree è spesso legata all’invecchiamento per attivazione del sistema immunitario e per vera senescenza cellulare.

La minor risposta immunitaria acquisita si associa a maggior propensione a sviluppare infezioni croniche che possono provocare: shift del pattern di produzione citochinica da TH1 a TH2, caratterizzato dal passaggio da una risposta di tipo citotossico, con produzione di Interferon-gamma, IL12, TNF-alfa, ad una risposta di tipo umorale, con citochine quali IL-4, IL-5, IL10 e IL13, attivazione dei macrofagi di tipo M2 (l’attivazione dei macrofagi avviene secondo due principali tipi di programma: l’attivazione infiammatoria classica (M1), i cui stimoli attivanti sono molecole batteriche (LPS) e citochine infiammatorie (IFN-γ), e l’attivazione alternativa (M2), i cui stimoli attivanti sono citochine anti-infiammatorie (IL4 e IL10, TGF-β), immunocomplessi o glucocorticoidi e reazione fibroblastica-fibrotica 20 25, fenomeni associati al rimodellamento bronchiale. La persistenza dell’infezione batterica può inoltre causare un’aumentata produzione di superantigeni che stimolano i B linfociti a produrre IgE policlonali, che rendono i mastociti più sensibili alla degranulazione da stimoli aspecifici 26. I superantigeni stimolano anche la proliferazione dei TH2 e CD8+, riducono la produzione di Treg e aumentano la sintesi di IL17 e IL5 con conseguente infiltrazione eosinofila/neutrofila delle mucose 26. L’infezione cronica, l’azione dei superantigeni, il progressivo deficit della risposta CD4+, la riduzione del repertorio dei TCR e dei linfociti naive potrebbero spiegare la diminuita prevalenza dell’atopia nell’anziano, ma anche il frequente riscontro di soggetti asmatici anziani che, pur in assenza di un chiaro quadro atopico, sono caratterizzati da una flogosi eosinofila e un aumento dei linfociti TH2 a livello mucosale (Figura 3).

Le cellule T regolatorie sono cellule che svolgono attività immunoregolante nei confronti dell’infiammazione. Nei soggetti anziani asmatici il numero di cellule T regolatorie (CD4+CD25highFoxP3+ e CD4+CD25highCD127low) è sostanzialmente uguale al numero presente nei soggetti anziani non asmatici. Tuttavia tali popolazioni cellulari non sono ancora state caratterizzate funzionalmente.

L’attivazione della risposta immunitaria innata

Essa causa un aumento della risposta dei PRRs (pattern recognition receptors) e dei PAR2 (protease activated receptor) 27 28. I PRR sono recettori che servono a riconoscere i “profili” antigenici non self, mentre i PAR2 sono dei recettori di membrana che una volta attivati, da condizioni di danno e di infiammazione, sono in grado di perpetuare l’infiammazione. Ciò determina l’incremento della sintesi di citochine con attività chemiotattica per i neutrofili (GM-CSF, IL8), del IL6 e del TGF-α. L’IL6 deprime l’attività dei Treg e aumenta la produzione di IL17. IL8 e IL17 orientano la flogosi in senso neutrofilo, favorendo lo sviluppo di un fenotipo asmatico di tipo neutrofilo 29. Il mantenimento di uno stato flogistico delle vie aree condiziona, inoltre, una maggior gravità della malattia e una maggior propensione agli episodi di riacutizzazione rispetto all’asma giovanile 3-20.

Senescenza cellulare e rimodellamento bronchiale

Il fenomeno del rimodellamento bronchiale caratterizza la storia naturale dell’asma e della BPCO, in particolare del cosiddetto fenotipo bronchitico cronico in cui è prevalente la patologia delle piccole vie aeree 30 31. Gli asmatici anziani, rispetto ai giovani, presentano un maggior spessore della mucosa bronchiale che è correlato verosimilmente a un maggior grado di rimodellamento 32. L’Unità Epitelio Mesenchimale Trofica (ETMU) ha un ruolo fondamentale nel processo di rimodellamento in quanto il danno dell’epitelio bronchiale provoca un’aumentata produzione di citochine e di fattori di crescita come EGF (epidermal growth factor) e VEGF (vascular endothelial growth factor), un aumento della deposizione di collagene e di matrice extracellulare, ispessimento della membrana basale, attivazione di cellule mesenchimali, che possono differenziarsi in fibroblasti e cellule muscolari lisce 33. È stato descritto un sovvertimento della struttura dell’ETMU nell’asma: in vitro il TGFβ e le proteasi dell’acaro causano un danno/attivazione epiteliale e l’internalizzazione della E-caderina, riducendo così l’adesione delle cellule epiteliali. L’E-caderina è una proteina che mantiene le cellule epiteliali a contatto tra di loro, localizzandosi sulla superficie cellulare. Quindi l'internalizzazione delle E-Caderine, comporta il sovvertimento del tessuto stesso. Tale alterazione può determinare la trasformazione delle cellule epiteliali in cellule mesenchimali e con questa modalità è in grado di contribuire al rimodellamento bronchiale 30 34 35. Freund e Campisi 8 hanno inoltre proposto che le cellule senescenti con fenotipo secretorio (SASP) possono promuovere la trasformazione epitelio-mesenchimale e quindi il rimodellamento tissutale. L’infiammazione cronica è spesso legata all’invecchiamento e gioca un ruolo fondamentale sia in malattie legate alla senescenza sia nell’omeostasi tessutale. L’origine di tale infiammazione cronica non è solo legata ad un’attivazione del sistema immunitario, ma anche al processo di invecchiamento cellulare. Riguarda cellule differenti rispetto a quelle immuni e porta alla produzione di numerosi fattori pro-infiammatori.

Nei fibroblasti e nelle cellule epiteliali in genere, la “vecchiaia cellulare” è accompagnata da un impressionante aumento della secrezione di numerosi fattori di segnale intercellulare, tra cui proteine pro-infiammatorie, citochine, chemochine, metalloproteinasi: tale fenotipo cellulare viene definito SASP: le cellule senescenti acquisiscono un profilo secretorio, rimangono metabolicamente attive e possono quindi alterare il microambiente in cui risiedono: in vitro ormai è acquisito che sono in grado di determinare la mutazione da cellule epiteliali a cellule mesenchimali.

L’esposizione a fattori di danno cellulare come il fumo, gli inquinanti atmosferici e lo stress ossidativo causano senescenza-apoptosi nelle cellule dell’epitelio bronchiale accelerando il fisiologico meccanismo dell’invecchiamento.

L’esposizione a fattori di danno cellulare come il fumo, gli inquinanti atmosferici e lo stress ossidativo causano senescenza-apoptosi nelle cellule dell’epitelio bronchiale accelerando il fisiologico meccanismo dell’invecchiamento e favorendo sia i fenomeni di rimodellamento bronchiale sia lo sviluppo dell’enfisema nei soggetti anziani affetti da asma.

Modificazioni epigenetiche

L’epigenetica, che studia le modificazioni ereditabili dell’espressione genica che si manifestano senza che vi sia un’alterazione diretta a carico della sequenza del DNA, rappresenta uno dei determinanti critici nel processo della senescenza cellulare, regolando diverse funzioni cellulari, inclusa l’infiammazione, la differenziazione dei linfociti TH1 in TH2 e lo sviluppo dei TH17.

Le modificazioni epigenetiche sono rappresentate da: a) modificazioni post-trascrizionali degli istoni (tra cui ricordiamo, come più comuni, acetilazione, metilazione, fosforilazione, ecc); b) variazioni di stato della cromatina (remodelling cromatinico); c) metilazione del DNA: di solito agisce insieme alle modificazioni degli istoni, per attivare o inattivare i geni, influenzando così la struttura e la stabilità della cromatina e quindi la sua accessibilità alla trascrizione; d) modificazioni dei micro-Rna: piccole molecole che riducono l’espressione genica a livello post-trascrizionale.

Le varie linee cellulari linfocitarie mature, ossia TH1, TH2 e TH17 possono shiftare tra di loro: meccanismi epigenetici regolano l’espressione di fattori di trascrizione caratteristici delle diverse linee cellulari, modulando quindi il tipo di infiammazione 36-38.

Nell’asma è stata dimostrata un’aumentata attività dell’istone acetiltranferasi (HATs) e una riduzione dell’istone deacetilasi (HDAC) che aumenta la trascrizione delle citochine pro-infiammatorie. Numerosi fattori di rischio ambientale per l’asma, come l’inquinamento atmosferico, il fumo e le endotossine, inducono modificazioni epigenetiche 39 40.

Le modificazioni epigenetiche possono accumularsi nel corso degli anni aggravando/accelerando la comparsa dell’asma: Sood et al. 39 hanno osservato che i pazienti fumatori asmatici anziani presentano, nelle cellule polmonari, rispetto a fumatori normali della stessa età, un aumento della metilazione dei geni PCDH20 e SULF2. La gravità dell’asma è correlata alla ipermetilazione dei due geni.

Epidemiologia e impatto clinico dell’asma nell’anziano (AIE)

Il più ampio studio condotto sulla prevalenza dell’asma nell’anziano (età > 65 anni) è quello dell’U.S. National Health Interview Survey (NHIS) 40, tramite l’uso di appositi questionari auto-gestiti, con un valore del 6,8%.

È stimabile che in USA gli asmatici affetti da AIE siano circa 2,7 milioni e nel 2030 saranno 4,8 milioni.

Pertanto è stimabile che in USA gli asmatici affetti da AIE siano circa 2,7 milioni e nel 2030 saranno 4,8 milioni. In Europa la prevalenza varia tra il 5,2 e l’11% 2-4. L’incidenza dell’AIE è di 95/100.000 oltre i 65 anni; 103/100.000 tra i 65-74 anni; 58/100.000 oltre gli 85 anni 41. Il tasso di ospedalizzazione nei soggetti asmatici > 65 anni è di 21,1/10.000, superiore a quello dei giovani asmatici. I soggetti anziani hanno una più elevata probabilità di morire per asma rispetto ai giovani. Il tasso di mortalità negli ultrasessantacinquenni è stato di 7,9/100.000 soggetti, 5 volte superiore a quello dei giovani, mentre nel gruppo della popolazione generale è < 2,2/100.000. In conclusione, la morbilità e mortalità dell’AIE è decisamente superiore a quella dell’asma giovanile e verosimilmente l’impatto clinico dell’AIE aumenterà ulteriormente 2 40 41.

Fenotipi dell’asma nell’anziano

Recentemente sono stati descritti numerosi possibili fenotipi dell’asma. I criteri di classificazione adottati sono diversi e possono basarsi sui fattori di scatenamento, sulla gravità, sul tipo di flogosi, sull’età di insorgenza. Anche nell’AIE sono stati descritti due possibili fenotipi: a) l’asma ad insorgenza precoce, in età infantile-adolescenziale e che persiste nell’età avanzata (LSA: long standing asthma); b) l’asma ad insorgenza tardiva (LOA: late onset asthma). Questi due fenotipi hanno diversi fattori di rischio, meccanismi patogenetici, presentazione clinica, decorso clinico e risposta alla terapia 3 (Figura 4).

Patogenesi e fattori di rischio dell’AIE

L’atopia è più comunemente associata con LSA, con prevalenza circa doppia rispetto alla LOA, variando tra il 56-62% rispetto al 0-24% della LOA. L’atopia tende a ridursi con l’età 41-44. Recentemente King et al. 45 hanno dimostrato che nei soggetti anziani, contrariamente ai giovani, la positività ai prick test e il dosaggio delle IgE specifiche non permettono di prevedere la positività al test di provocazione nasale con allergene: quindi, nei soggetti anziani, l’allergia non ha necessariamente un ruolo eziopatogenetico importante nel determinare le manifestazioni nasali e asmatiche.

Il lavoro di Anto et al. 46 conferma ciò, in quanto segnala che i fattori di rischio più importanti per l’asma di nuova insorgenza negli adulti sono: sesso femminile, FEV1 inferiore al predetto, iper-reattività bronchiale, obesità, atopia e allergia nasale, infezioni respiratorie nell’età infantile e storia familiare di asma.

Oltre all’atopia, sia nella LSA che nella LOA, sono importanti le infezioni virali e in particolare nella LOA quelle batteriche. I batteri intracellulari possono persistere nelle cellule e condizionare lo sviluppo della LOA 3-41. Infatti circa il 60% dei pazienti con LOA, nello studio di Bauer 47, ha riportato il primo episodio asmatico dopo un’infezione delle prime vie aeree. Recentemente è stato sottolineato il ruolo dei super-antigeni (batterici e micotici) nell’eziopatogenesi dell’asma intrinseca che costituisce la maggioranza dei soggetti con LOA 26.

Nella casistica della Mayo Clinic 48 più del 32% dei pazienti presenta un’ostruzione non reversibile e una significativa quota di pazienti ha un valore di FEV1 minore del 50% del teorico.

Diversi studi longitudinali e trasversali dimostrano che la durata dell’asma è correlata con il declino della funzione respiratoria e con l’aumento del FRC 49 50. Infatti i soggetti con LSA presentano solitamente un’ostruzione significativamente maggiore di quelli con LOA, anche se, oltre alla durata, un altro fattore determinante per lo sviluppo di un quadro ostruttivo non reversibile è rappresentato dalla gravità dell’asma 3.

Le cause eziopatogenetiche dell’ostruzione non reversibile negli asmatici anziani sono dovute: 1) al rimodellamento bronchiale, in cui può giocare un ruolo oltre alla flogosi cronica anche la senescenza cellulare; 2) allo sviluppo di bronchiettasie e di enfisema, entrambi fenomeni almeno in parte correlati all’invecchiamento.

Problemi diagnostici

Numerosi ostacoli rendono difficile la diagnosi dell’asma bronchiale nell’anziano: scarsa percezione dei sintomi, visite mediche effettuate in ritardo, difficile accesso alle strutture sanitarie, discrepanza tra sintomi e grado della bronco-ostruzione, difficoltà nell’effettuare le prove funzionali respiratorie; inoltre, poiché l’effettivo riconoscimento dell’asma nell’anziano si basa su una diagnosi di esclusione, la diagnosi differenziale deve essere posta tra: BPCO, scompenso cardiocircolatorio, ostruzioni bronchiali tumorali.

Per tali motivi la sottodiagnosi di asma negli anziani, a seconda degli studi, varia tra il 15-40%.

Principale difficoltà diagnostica è la diagnosi differenziale tra asma e BPCO per le ampie aree di sovrapposizione tra le due patologie, definite come overlap syndrome.

L’utilizzo del rapporto fisso FEV1/FVC < 0,7 sovrastima la prevalenza dell’ostruzione: sono in corso studi per valutare l’utilità dell’ossido nitrico espirato e della misura delle resistenze delle vie aeree.

La principale difficoltà diagnostica è la diagnosi differenziale tra asma e BPCO, poiché frequentemente nell’asma dell’anziano esiste un’ostruzione bronchiale scarsamente reversibile/non reversibile, con ampie aree di sovrapposizione tra le due patologie, definite come “overlap syndrome”. Secondo Gibson et al. 5, nei soggetti con oltre 60 anni, la sovrapposizione tra asma e BPCO raggiunge il 40% dei pazienti e l’asma cronico rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo di un quadro funzionale compatibile con la BPCO; si tratta, però, di diversi “fenotipi” accomunati da un quadro spirometrico simile; per tale motivo, è essenziale effettuare una precisa anamnesi supportata dalla raccolta di dati di tipo radiologico, fisiopatologico e bioumorali (Figura 5) 51.

Nell’asma dell’anziano la valutazione dei markers infiammatori nell’espettorato indotto può aiutare la diagnosi. Alcuni studi dimostrano che l’iperresponsività bronchiale correla con il numero di eosinofili nell’espettorato, mentre, durante stimolo bronco-ostruttivo, la riduzione della FVC e del FEV1 correla con il numero dei neutrofili, con la quantità di MMP9, elastasi e IL8.

Comorbilità

L’invecchiamento e la flogosi, polmonare e sistemica, comportano un rischio più elevato di sviluppare alcune comorbilità: patologie cardiovascolari, osteoporosi e neoplasie polmonari. Fattori questi che implicano maggior fragilità del paziente asmatico anziano e che pertanto richiedono una maggior attenzione alle strategie terapeutiche da operare.

Terapia

I fattori che contribuiscono a sottovalutare il trattamento dell’asma dell’anziano sono numerosi: a) non esistono studi controllati che abbiano preso in considerazione solo gli asmatici anziani; infatti un’età maggiore di 65-70 anni e la presenza di comorbilità sono criteri di esclusione negli studi controllati; b) la quasi costante presenza di comorbilità; c) errata diagnosi; d) falsa convinzione che l’asma nell’anziano sia caratterizzata da insufficiente risposta terapeutica; e) difficoltoso accesso alle cure; f) scarsa conoscenza della malattia da parte del paziente e non corretto insegnamento all’uso degli inalatori, tutti fattori che condizionano una bassa compliance alla terapia.

Deve essere prestata la massima attenzione alla scelta dell’inalatore più adatto alle esigenze del paziente.

Le Linee Guida EPR 2007 raccomandano di seguire i seguenti punti per una corretta impostazione terapeutica nei pazienti asmatici anziani: a) necessità di una diagnosi funzionale; b) attenzione ai possibili effetti collaterali dei farmaci: interazioni sistema cardiovascolare- β2agonisti, aggravamento dell’osteoporosi da steroidi; c) diminuita efficacia dei β2agonisti e degli steroidi: a tal fine può essere utile l’associazione tra β2agonisti e anticolinergici e l’impiego degli antileucotrienici. Deve essere inoltre prestata la massima attenzione alla scelta dell’inalatore più adatto alle esigenze del paziente e, a ogni visita, deve essere rivalutato il suo corretto impiego.

Figure e tabelle

Figura 1.Modificazioni anatomo-fisiologiche del polmone dell’anziano.

Figura 2.Effetti dell’invecchiamento: fisiopatologia.

Figura 3.Modificazioni immunitarie nell’invecchiamento.

Figura 4.Fenotipi dell’asma dell’anziano (King et al., 2010 41).

Figura 5.L’ACOS è una patologia dell’età adulta/anziana (da Zeki et al., 2011 51, mod.).

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Affiliazioni

Adriano Vaghi

Pneumologia, Azienda Ospedaliera G. Salvini, Garbagnate Milanese (MI)

Francesco Bini

Pneumologia, Azienda Ospedaliera G. Salvini, Garbagnate Milanese (MI)

Gennaro D’Amato

Responsabile Gruppo di Studio AIPO “BPCO, Asma e Malattie Allergiche”, Commissione GARD Ministero della Salute su “Ambiente, Clima e Salute Respiratoria”, Chairman Committee and Task Force on “Air pollution, climate change and allergic respiratory diseases” World Allergy Organization

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2015

Come citare

Vaghi, A., Bini, F., & D’Amato, G. (2015). Asma e invecchiamento. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 30(6), 316-326. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2015-30-65
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