Pneumopatie Infiltrative Diffuse e Patologia del Circolo Polmonare
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L’anno 2014 era stato segnato dalla novità epocale dei due studi registrativi che per la prima volta avevano documentato l’efficacia di due diverse molecole nel trattamento della Fibrosi Polmonare Idiopatica. Nel 2015 non ci sono state novità di grande impatto concernenti la terapia delle interstiziopatie e delle patologie del circolo polmonare, ma numerosi studi, per lo più post-hoc analysis, pooled-analysis e studi di real-life, hanno ampliato e confermato i risultati dei grandi trials clinici.
Uno degli studi più interessanti è stato pubblicato da Oldham et al., per la IPF-net statunitense 1. La novità non è tanto nei risultati, che non avranno a breve una ricaduta nella pratica clinica, ma nelle nuove prospettive di approccio alla terapia della IPF che lo studio apre. Dopo l’insuccesso dello studio PANTHER che ha documentato l’inefficacia della NAC (N-Acetil-Cisteina) nella terapia della IPF, ci si è chiesti se questa molecola, nota anche per le proprietà antiossidanti, potesse avere un ruolo terapeutico almeno in un sottogruppo di pazienti affetti da IPF. Gli Autori dello studio hanno ipotizzato che i polimorfismi dei geni TOLLIP e MUC5B potessero modificare l’effetto della terapia immunosoppressiva e della terapia antiossidante nella IPF, e hanno valutato l’effetto della terapia con NAC nei pazienti portatori di diversi polimorfismi genici (SNPs): TOLLIP rs5743890/rs5743894/rs5743854/rs3750920 e MUC5B rs35705950. Hanno condotto un’analisi multivariata (regressione di Cox) seguita da analisi di sopravvivenza genotipo-stratificata utilizzando un end-point composito costruito con trapianti, ricoveri, progressioni (calo > 10% della FVC). Dopo stratificazione per genotipo rs3750920, la terapia NAC si è rilevata associata ad una significativa riduzione del rischio (HR, 0,14; 95% CI, 0,02-0,83; p = 0,03) nei soggetti con un genotipo TT, ma un aumento non significativo del rischio (HR, 3,23; 95% CI, 0,79-13,16; P = 0,10) in quelli un genotipo CC. I risultati sono stati poi validati in una coorte indipendente IPF. Questo studio dimostra che la NAC può essere una terapia efficace per i pazienti affetti da IPF con rs3750920 (TOLLIP) genotipo TT, potrebbe essere dannosa in quelli con un genotipo CC. La raccomandazione che ne segue è che bisognerebbe condurre uno studio clinico prospettico genotipo-stratificato per valutare l’efficacia della NAC nei pazienti affetti da IPF. Questo studio apre l’orizzonte alla “teranostica” nella IPF, cioè alla medicina personalizzata che utilizza le nuove tecnologie, per poter personalizzare la scelta terapeutica. La genetica e la biologia molecolare stanno prepotentemente invadendo il campo della diagnosi e della terapia della IPF, e la medicina personalizzata soprattutto attraverso l’analisi farmacogenomica, si ritiene che permetterà in futuro di personalizzare la strategia terapeutica e l’utilizzo dei farmaci. Questo studio ne rappresenta un primo, importante esempio.
Nel 2015 si è inoltre aperta una vivace e profonda discussione, senza precedenti storici, sulla necessità di esplorare nuove tecniche mini-invasive nella diagnosi delle pneumopatie infiltrative diffuse (PID). Nell’ultimo decennio sono state pubblicate diverse serie di casi, per lo più poco numerose e monocentriche, che hanno cercato di descrivere le possibili complicanze della biopsia polmonare chirurgica, (SLB), nella diagnosi delle PID. Gli studi che hanno esplorato la mortalità post chirurgica nelle PID sono circa una cinquantina, condotti in almeno 20 paesi diversi. Le differenze negli end-point, nella selezione dei casi, nel tipo di procedura chirurgica (open vs video-toracoscopia) e negli outcome-measures (30 giorni mortalità vs altro periodo del “post-operatorio” vs altro) limitano molto la possibilità di fare un confronto tra gli studi, e le stime di mortalità sono molto variabili, dallo 0 al 34%. Hutchinson et al. 2 per la prima volta quest’anno hanno affrontato questo tema in maniera strutturata. Gli autori hanno rivisto i dati del registro nazionale americano, Nationwide Inpatient Sample (NIS), di 33.022 biopsie polmonari chirurgiche effettuate negli Stati Uniti per tipizzazione di PID, tra il 2001 ed il 2011, stimando che negli USA vengano eseguite circa 12.000 biopsie polmonari chirurgiche l’anno per tipizzare le PID, circa due terzi (66,3%) delle quali in regime di elezione. Demograficamente vi è una omogenea prevalenza di SLB tra i sessi (maschi 48%) ed una lieve prevalenza di SLB nei soggetti con meno di 65 anni (61%). La mortalità post-operatoria intraospedaliera (decessi avvenuti dopo l’intervento e prima della dimissione) è risultata del 6,4% (95% CI 6,1%-6,7%), per un totale di 9.700 decessi. La mortalità dopo interventi chirurgici eseguiti in regime elettivo è risultata significativamente inferiore rispetto a quella delle biopsie eseguite in regime di urgenza (rispettivamente 1,7%, 95% CI 1,5%-1,9%, N = 1.695, vs 16,0%, 95% CI 15,2%-18,8%, N = 7.796). Sono stati identificati sei principali fattori di rischio di mortalità post-operatoria: il sesso maschile, l’età, le comorbilità, la biopsia chirurgica a cielo aperto, la diagnosi di Fibrosi Polmonare Idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis, IPF) o interstiziopatia relata a patologie autoimmuni (connective tissue disease relate interstitial lung disease, CTD-ILD). La mediana di ospedalizzazione è stata stimata essere di 5 giorni (range tra 0 e 308 giorni), anche questa di maggior durata per i pazienti che venivano sottoposti a biopsia in regime d’urgenza (12 giorni), piuttosto che dopo intervento elettivo (3 giorni). Nel 30% dei casi ci sono state complicanze. Le più comuni sono state: pneumotorace post-operatorio (8,7%), collasso polmonare (6,4%), polmonite (5,8%), versamento pleurico (3,2%), insufficienza respiratoria (3,1%). Altre più rare hanno compreso la polmonite associata alla ventilazione e il danno polmonare acuto associato alla trasfusione nel 2,0%, la insufficienza respiratoria ventilatore dipendente (1,8%), l’insufficienza renale acuta (1,7%), le complicanze emorragiche (lacerazioni, emorragia ed ematomi) nel 1,7%, e l’enfisema sottocutaneo (1,1%). Pur riconoscendo i limiti metodologici dello studio, in particolare il fatto di essere retrospettivo, basato sui codici registrativi ICD-9 e chirurgici, e condotto negli USA quindi i dati potrebbero non essere generalizzabili ai paesi europei, non possiamo ignorarne le importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto appare chiaro che le biopsie polmonari chirurgiche in regime non elettivo vanno seriamente ponderate e se possibile evitate ogni qualvolta non siano ritenute indispensabili. Inoltre questo studio apre la necessità di una profonda riflessione sul rapporto rischio-beneficio della biopsia chirurgica nella diagnosi delle PID, specie nei pazienti con fattori di rischio elevati (es. età comorbilità, ecc.).
Particolarmente sfavorevole lo scenario chirurgico nella diagnosi di IPF, che rappresenta di per sé un fattore di rischio indipendente di mortalità post operatoria, nonché per il fatto che i pazienti sono in ben oltre la metà dei casi maschi anziani e con comorbilità. Proprio in questa patologia le attuali linee guida prevedono la necessità di eseguire la biopsia chirurgica sia nelle possible-UIP che nelle inconsistent-UIP alla HRCT del torace, e si stima che si ratti di almeno della metà dei casi. Per evitare o minimizzare il ricorso alla biopsia polmonare chirurgica in questa popolazione particolarmente a rischio di complicanze post-operatorie si aprono diverse ipotesi di lavoro per la comunità scientifica. La prima sarà ridefinire i criteri clinico-radiologici in base ai quali selezionare i casi in cui la biopsia polmonare chirurgica sia altamente informativa e quindi valga veramente la pena di correre il rischio atteso. La seconda è identificare metodiche bioptiche meno invasive e quindi meno pericolose rispetto alla biopsia chirurgica, ma ugualmente informative nel percorso diagnostico multidisciplinare delle PID. La terza strategia che auspichiamo per il futuro è identificare markers molecolari che possano essere target di terapie più efficaci rispetto a quelle che abbiamo oggi e che possano essere dosati in maniera non invasiva, in particolare su sangue periferico.
Al momento l’approccio bioptico mini-invasivo sembra l’opzione più realisticamente realizzabile a breve termine. Il nostro gruppo 3 ha pubblicato nel 2015 uno studio che dimostra che nell’ambito della discussione multidisciplinare di PID, in particolare quando si ipotizza una IPF, la biopsia transbronchiale con criosonda fornisce informazioni diagnostiche sovrapponibili a quelle della biopsia polmonare SLB. Abbiamo selezionato 117 casi di pazienti affetti da PID. Tutti i casi erano stati sottoposti a biopsie polmonari: 58 criobiopsie e 59 erano SLB. Due pneumologi (A.U. Wells e U. Costabel), due radiologi (N. Sverzellati e A. Carloni) e due patologi (G. Rossi e A. Cavazza) hanno rivisto i casi registrando in modo sequenziale le loro impressioni diagnostiche individuali e di gruppo (cioè dopo discussione multidisciplinare) ed i loro livelli di confidenza. I casi venivano presentati in otto step in cui venivano aggiunte in maniera sequenziale le informazioni clinico-radiologiche, BAL, bioptiche e di follow-up. Abbiamo registrato un aumento statisticamente significativo della confidenza diagnostica dopo l’aggiunta del dato istologico ottenuto dalla criobiopsia, sovrapponibile a quello ottenuto con la SLB (prevalenza di casi di IPF diagnosticati con alta confidenza IPF, rispettivamente nel gruppo criobiopsia e SLB aumentava dal 29 al 63%, p = 0,0003 e dal 30 al 65%, p = 0,0016). L’accordo globale inter-osservatore nella diagnosi IPF era simile per entrambi gli approcci (criobiopsia kappa complessiva 0,96; SLB kappa complessiva 0,93). La IPF è stata la diagnosi più frequente senza differenze statisticamente significative tra i due gruppi (50% e 39% nel gruppo criobiopsia e SLB, rispettivamente; p = 0,23). Dopo l’aggiunta dell’informazione istopatologica il 17% dei casi nel gruppo criobiopsia e il 19% dei casi nel gruppo SLB, per lo più iNSIP e HP, sono stati riclassificati IPF. Possiamo concludere che la criobiopsia transbronchiale è un nuovo metodo di biopsia polmonare mini-invasivo che ha un impatto significativo sulla confidenza diagnostica nella diagnosi multidisciplinare di ILD, sostanzialmente sovrapponibile a quello della SLB ed è quindi utile nella diagnosi multidisciplinare di IPF. Questo lavoro fornisce un razionale robusto per studi futuri che indagheranno l’accuratezza diagnostica e la sicurezza della criobiopsia rispetto alla SLB. Un recente studio di confronto tra criobiopsia e SLB ha già documentato che la criobiopsia riduce significativamente la mortalità e le complicanze rispetto alla biopsia polmonare chirurgica.
Gli studi sopramenzionati aprono la strada ad una diagnosi sempre più raffinata, e sempre meno invasiva delle PID, che alla luce dei dati discussi pare fortemente auspicabile.
Riferimenti bibliografici
- Oldham JM, Ma SF, Martinez FJ. TOLLIP, MUC5B, and the response to N-acetylcysteine among individuals with idiopathic pulmonary fibrosis. Am J Respir Crit Care Med. 2015; 192:1475-82.
- Hutchinson JP, Fogarty AW, McKeever TM, Hubbard RB. In-hospital mortality following surgical lung biopsy for interstitial lung disease in the USA: 2000-2011. Am J Respir Crit Care Med. 2015.
- Tomassetti S, Wells AU, Costabel U. Bronchoscopic lung cryobiopsy increases diagnostic confidence in the multidisciplinary diagnosis of idiopathic pulmonary fibrosis. Am J Respir Crit Care Med. 2016; 193:745-52.
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