La Survey sul trapianto polmonare: un’analisi dei dati e un commento
Il trapianto polmonare è un tema della cultura pneumologica che ormai da anni viene inserito in tutti i Congressi internazionali e nazionali dalle Società Scientifiche Pneumologiche, anche se rappresenta un tema di nicchia, sia per la limitata numerosità delle procedure, sia perché la gestione spetta usualmente a pochi specialisti legati a centri di Chirurgia cardio-toracica, dove naturalmente la figura del chirurgo rappresenta l’elemento centrale del programma. Ricordiamo tuttavia che le maggiori indicazioni al trapianto polmonare sono rappresentate da patologie con cui tutti gli pneumologi quotidianamente si devono confrontare (Figura 1).
In realtà nel programma trapianto entra sempre e pesantemente in gioco il ruolo dello pneumologo sia nella fase preparatoria del paziente sia nel follow-up post trapianto.
Purtroppo la numerosità dei trapianti polmonari nel nostro paese è ancora un po’ al di sotto della realtà europea e nord-americana ove spesso singoli Centri riescono ad effettuare un numero di procedure 2-3 volte maggiore rispetto ai Centri italiani. I centri attualmente attivi nel trapianto polmonare in Italia sono 9, un numero ritenuto eccessivo e che porta ad una frammentazione dell’esperienza trapiantologica.
Nel programma trapianto entra sempre e pesantemente in gioco il ruolo dello pneumologo sia nella fase preparatoria del paziente sia nel follow-up post trapianto.
Dobbiamo peraltro ricordare che il nostro Paese, per quanto riguarda le donazioni di organi solidi, si colloca al di sopra della media europea (21 donatori/per milione di popolazione contro 17/pmp della media europea) (Figura 2) mentre per quanto riguarda la donazione del polmone è sensibilmente al di sotto dell’Europa (2/pmp verso 4,8/pmp) (Figura 3); questi dati sono di non facile interpretazione ma sono verosimilmente correlati all’attività rianimatoria nella preservazione dell’organo e del donatore multiorgano in quanto gli intensivisti hanno un ruolo centrale ed un gravoso impegno, assai poco riconosciuto, nelle manovre di preservazione del polmone.
Il nostro Paese per quanto riguarda la donazione del polmone è sensibilmente al di sotto dei dati europei.
La comunità pneumologica trapiantologica si è chiesta se la cultura del trapianto possa essere in Italia meno radicata rispetto ad altri Paesi e se questo possa avere un ruolo nella minore numerosità delle procedure. Nel periodo giugno-settembre 2013 il Gruppo di Studio “Trapianto e Problematiche Chirurgiche” dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri ha condotto una Survey online rivolta ai Centri Pneumologici nazionali con l’obiettivo di far luce sul Trapianto Polmonare in Italia. La Survey ha provato a rispondere a diverse domande ma soprattutto ha cercato di capire e analizzare il rapporto che la pneumologia nazionale ha con il trapianto.
L’organizzazione dei Centri di trapianto prevede un’area (un Day Hospital e/o un ambulatorio) nel quale uno o pochi pneumologi sono dedicati pressoché interamente alla gestione dei pazienti sottoposti alla procedura, per i quali occorre pianificare controlli sia in fase di lista di attesa che in fase di follow-up; i controlli post-trapianto sono piuttosto frequenti nei primi 12-24 mesi ma, anche a distanza di anni, il paziente trapiantato necessita di valutazioni periodiche. La domanda naturalmente è se questo debba essere ancora un compito del Centro di riferimento o se non sia invece un compito dello pneumologo dell’area in cui il paziente risiede, almeno in prima istanza.
L’estensione del network di assistenza è una delle prime ragioni per promuovere e cercare di diffondere la cultura del trapianto al di fuori dei pochi Centri che eseguono questa procedura.
L’estensione del network di assistenza è una delle prime ragioni per promuovere e cercare di estendere la cultura del trapianto al di fuori dei pochi Centri che eseguono questa procedura. Il paziente trapiantato, una volta rientrato a casa, deve avere uno pneumologo che, dopo avere indicato la procedura, sappia individuare e fare un primo screening delle complicanze, oltre naturalmente tenere i collegamenti con il Centro.
Ad oggi in Italia sono stati eseguiti non meno di 2000 trapianti di polmone in soggetti provenienti da tutte le regioni e questo significa che molti pneumologi, in una certa fase della loro attività, hanno dovuto considerare il trapianto come opzione per i loro pazienti.
Stanno emergendo procedure volte ad aumentare il numero di potenziali donatori, come l’ex-vivo lung perfusion.
Inoltre stanno emergendo procedure volte ad aumentare il numero di potenziali donatori, come l’ex-vivo lung perfusion che sfrutta donatori marginali, oltre che aspetti nella gestione del paziente in ventilazione meccanica, come la ventilazione protettiva, per una migliore preservazione del polmone; tutto questo in ultima analisi dovrebbe portare ad un aumento dei trapianti polmonari.
Non dimentichiamo poi che il polmone trapiantato è oggetto di interesse per tutte le branche della pneumologia e favorisce una formazione completa. Per cominciare citiamo il laboratorio di fisiopatologia respiratoria, visto che lo studio della funzione respiratoria deve essere fatto con regolarità e con cadenza molto frequente (significative variazioni del FEV1, del FEF25-75 o della Capacità Vitale possono essere indice di rigetto o complicanza dell’anastomosi bronchiale). Anche le indagini endoscopiche sono da utilizzare frequentemente, sia per monitorare le anastomosi che, soprattutto, per il controllo delle infezioni (batteriche, fungine e virali) e naturalmente per monitorare o diagnosticare il rigetto; come per le malattie interstiziali diffuse anche qui è utile sempre il confronto con un radiologo esperto di “imaging” toracica e con un patologo formato. Non ultimo poi il ruolo molto importante dello pneumologo interventista, in tutte quelle procedure operative assai vitali nella gestione delle anastomosi complicate.
La tipologia degli ospedali della survey include molte strutture di grandi dimensioni.
Come già detto le maggiori indicazioni al trapianto sono rappresentate da 3 grandi patologie: la Broncopneumopatia cronica ostruttiva, la Fibrosi polmonare idiopatica (con alcune altre interstiziopatie) e la Fibrosi Cistica; le prime 2 rappresentano sicuramente un’area di interesse molto comune per qualunque pneumologo.
Nella survey AIPO vediamo che tra le 100 pneumologie che hanno risposto al questionario ben il 78% ha avuto modo di inviare almeno un paziente ad un Centro di trapianto e, nel corso dell’ultimo anno, solo il 23% degli intervistati dichiara di non avere avuto casi potenzialmente candidabili; tra coloro che hanno avuto pazienti potenzialmente candidabili al trapianto quasi la metà (43%) segnala 5 o più casi all’anno, un dato piuttosto importante. La tipologia degli ospedali della survey include molte strutture di grandi dimensioni (il 34% è rappresentato da Aziende Ospedaliere-Universitarie o Ospedali con più di 1000 letti) ma anche strutture più piccole o semplicemente ambulatori pneumologici in contesti internistici o territoriali. Da questo ampio scenario della pneumologia italiana emerge che, anche se in situazioni solo occasionali, è bene conoscere indicazioni e controindicazioni di questa procedura; in effetti la stragrande maggioranza degli intervistati ha dichiarato di conoscere sia le indicazioni (89%) che le controindicazioni (95%). Oltre il 90% degli intervistati ha detto di conoscere anche il “timing” del trapianto; un tema questo di grande importanza dove entra in gioco la necessità di fare una corretta valutazione dell’aspettativa di vita e del rapporto rischio/beneficio derivante dal trapianto; oggi la letteratura è molto ricca di dati e formule che aiutano a fare queste analisi; per la BPCO in particolare ci sono tanti modelli, alcuni ben noti come il BODE index e altri meno noti e conosciuti soprattutto dagli specialisti della procedura, come il “Lung Allocation Score”, che calcola la criticità e quindi la priorità al trapianto, o ancora la formula elaborata da G. Thabut nel 2008, che permette di calcolare se il trapianto offre reali benefici in termini di sopravvivenza rispetto alla terapia medica. Analoghe valutazioni e/o formule esistono per la IPF (per esempio il GAP index) e per la FC. Altro dato interessante è il fatto che la maggior parte dei Centri intervistati (65%) ha avuto occasione di seguire pazienti sottoposti a trapianto e ha avuto quindi rapporti con il centro di riferimento (dai semplici consigli verbali fino all’invio del paziente al Centro per eventuali approfondimenti di diagnosi e/o terapia). Quanto poi al rapporto tra il Centro di trapianto e il Centro che ha inviato il paziente è ben evidente come questo legame sia molto forte e quasi sempre necessario per un confronto tra chi ha avuto in cura il paziente prima del trapianto e chi lo ha trapiantato; l’86% degli pneumologi ha infatti risposto di avere mantenuto contatti regolari con il Centro di riferimento e di essere stato adeguatamente supportato.
Conclusioni
Dall’analisi della nostra survey possiamo concludere che:
- in Italia la cultura del trapianto è più diffusa e radicata di quanto normalmente si pensi;
- l’assistenza dei pazienti trapiantati da parte di pneumologi non dedicati, almeno per le problematiche meno complesse, riduce il carico di lavoro dei Centri e migliora e semplifica la vita dei soggetti sottoposti alla procedura che spesso risiedono lontano dall’Ospedale che ha eseguito il trapianto;
- molti pneumologi hanno interesse e stimolo culturale a migliorare il loro approccio alle complesse problematiche del paziente trapiantato nella filosofia di un network ottimizzato e finalizzato alla gestione terapeutica multistep del paziente pneumologico;
- questo interesse è indubbiamente destinato a crescere soprattutto se i numeri continueranno ad aumentare anche grazie all’ottimizzazione della gestione delle donazioni, dei donatori multiorgano e grazie al recupero di polmoni marginali e, ultimo ma non meno importante, se i Centri sapranno coinvolgere e stimolare i colleghi nella condivisione delle indicazioni, dei risultati e nella gestione di questa relativamente nuova tipologia di pazienti.
Figure e tabelle
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