Toracoscopia medica
Abstract
La Toracoscopia Medica (TM) ha superato i cento anni della sua storia. La prima pubblicazione sistematica sulla possibilità di esplorare il cavo pleurico usando un endoscopio (cistoscopio modificato) risale al 1910. La TM prevede il passaggio di un endoscopio attraverso la parete toracica offrendo al clinico una “finestra” per la visualizzazione diretta del cavo pleurico e la campionatura bioptica della pleura. Eseguita principalmente da pneumologi, in sala endoscopica, con paziente in respiro spontaneo per la diagnosi, stadiazione ed eventuale pleurodesi delle malattie della sierosa, sia benigne che maligne, la TM ha ad oggi significativamente ridotto le indicazioni della biopsia pleurica a cielo coperto. La TM inoltre, se precocemente eseguita, può brillantemente risolvere le infezioni del cavo, siano essi essudati parapneumonici pluriloculati che empiemi ed è considerata il gold standard per la diagnosi della pleurite tubercolare. Scopo del nostro contributo è quello di descrivere conoscenze consolidate e novità nell’ambito della TM come l’utilizzo di strumenti più piccoli e versatili, l’uso dello studio ecografico pre-esame, le novità in campo anestesiologico, l’identificazione della patologia pleurica neoplastica iniziale (autoflorescenza, Narrow-Band Imaging) fino ad arrivare ad un cenno sulle potenziali indicazioni terapeutiche (pleurodesi e sbrigliamento infezioni cavo pleurico); una serie di punti fermi nati da tanti anni di attività appassionata sulla patologia pleurica.
Articolo
La Toracoscopia Medica (TM) ha superato i cento anni della sua storia. Molto più di un secolo, infatti, da quando Samuel Gordon comunicava di aver esplorato per la prima volta in vivo il cavo pleurico di una bimba di 11 anni colpita da empiema cronico con l’aiuto di un cistoscopio inserito in una fistola pleuro-cutanea. Esperienza isolata ma significativa, seguita poi dal massiccio contributo dell’internista svedese Hans Christian Jacobaeus che nel 1910 pubblicò il primo lavoro sistematico in cui descrisse la possibilità di utilizzare un cistoscopio di 6 mm di diametro per esaminare le cavità sierose, pleurica e peritoneale 1 2. La storia della TM prende poi due strade: fino agli anni ’50 è stata usata in gran parte per la cura della tubercolosi nel perfezionamento del pneumotorace terapeutico attraverso lisi aderenziale e poi in una fase moderna dove viene riscoperta la sua grande vocazione diagnostica 3.
Oggi la toracoscopia medica, che sempre di più ha ridotto le indicazioni alla biopsia pleurica a cielo coperto 4, viene eseguita principalmente da pneumologi, in sala endoscopica, con paziente in respiro spontaneo per la diagnosi, stadiazione ed eventuale pleurodesi delle malattie della sierosa, sia benigne che maligne, primitive e secondarie.
La toracoscopia medica viene eseguita principalmente da pneumologi in sala endoscopica, per la diagnosi, stadiazione ed eventuale pleurodesi delle malattie della sierosa con paziente in respiro spontaneo.
Le biopsie ottenute offrono diagnosi dettagliate e nettamente superiori in resa rispetto a quelle transtoraciche, sia TC che eco-guidate. La toracoscopia medica inoltre, se precocemente eseguita, può brillantemente risolvere le infezioni del cavo, siano esse essudati parapneumonici pluri-loculati o empiemi, aspecifici o tubercolari. Anche nella diagnosi della pleurite tubercolare la TM rappresenta il gold standard diagnostico moderno 5-7. Ancora discusso il suo ruolo nella gestione del pneumotorace spontaneo, conteso con la VATS eseguita dal chirurgo 8.
Di converso, le controindicazioni assolute all’esame sono poche e comuni alla broncoscopia diagnostica (grave ipossiema, IMA recente, aritmie, terapia anticoagulante o alterazioni della coagulazione, scompenso cardiaco in atto) 9.
Scopo del nostro contributo non è quello di rivisitare la toracoscopia medica (in letteratura esistono eccellenti rassegne e testi a riguardo) quanto tracciarne un profilo moderno e aggiornato individuando punti fermi e novità, quali l’utilizzo di strumenti più piccoli e versatili, l’uso dello studio ecografico pre-esame, le novità in campo anestesiologico, le diverse modalità di rilevazione della patologia pleurica neoplastica iniziale (autoflorescenza, Narrow-Band Imaging) fino ad arrivare ad un cenno sulle potenziali indicazioni terapeutiche (pleurodesi e sbrigliamento infezioni cavo pleurico); una serie di punti fermi nati da tanti anni di attività appassionata sulla patologia pleurica.
Strumenti
La toracoscopia deve essere eseguita in sterilità in una sala di endoscopia dotata della strumentazione endoscopica e delle attrezzature di monitoraggio-rianimazione, in presenza di due operatori e di un infermiere addetto all’assistenza tecnica e video (Figura 1).
La toracoscopia deve essere eseguita in sterilità in una sala endoscopica dotata delle attrezzature di monitoraggio-rianimazione, in presenza di due operatori e di un infermiere.
Per eseguire la TM sono generalmente utilizzati toracoscopi rigidi che permettono un’ottima visione e manovrabilità all’interno dello spazio pleurico. Ne esistono vari modelli con trequarti, ottiche e pinze bioptiche dalle dimensioni e caratteristiche tecniche differenti 10 11 (Figura 2).
Dopo l’individuazione del punto di accesso si pratica l’anestesia locale, si incide la cute con il bisturi lungo lo spazio intercostale e si divaricano i tessuti sottocutanei e i muscoli intercostali con le forbici a punta smussa o con il Klemmer fino ad arrivare allo spazio pleurico. A questo punto si introduce il trequarti attraverso il quale vengono inserite le ottiche per esplorare la cavità pleurica, una volta individuate le lesioni da studiare si procede all’esecuzione delle prese bioptiche. Se necessario si procede alla deloculazione o alla pleurodesi. Al termine della toracoscopia deve essere posizionato un drenaggio toracico (generalmente da 24 French) per permettere la riespansione del polmone ed il controllo di eventuali perdite ematiche (Figura 3).
Toracoscopio semirigido
Da alcuni anni è disponibile anche un toracoscopio a punta flessibile che aiuta la manualità di chi è già abituato con i normali broncoscopi.
Diametro esterno di 7 mm, 22 cm la parte rigida prossimale e 5 la flessibile in punta, flessione fino a 160°, canale operativo di 2,8 mm, ottima strumentazione accessoria, possibilità di pleurodesi con talco e minime pulizie del cavo (Figura 2).
Numerose esperienze ne consigliano l’utilizzo, la letteratura è robusta, la maneggevolezza innegabile, più agevole raggiungere le zone anteriori, apicali e le scissure.
Da contro i costi dello strumento, l’esclusività monomarca con relativo processore e sorgente luce, l’acquisizione delle biopsie che richiede tempi più lunghi rispetto al toracoscopio rigido e infine la dimensione dei campioni ottenuti che sono decisamente più piccoli, seppur con un’ottima resa diagnostica.
Da alcuni anni è disponibile anche un toracoscopio a punta flessibile che aiuta la manualità di chi è già abituato con i normali broncoscopi.
In alcuni mesoteliomi dove servono prelievi estesi e profondi, la piccola pinza del semirigido mostra i suoi limiti. Noi crediamo che questo strumento sia, come le mini-ottiche, da impiegare come accessorio, indicato nella stragrande maggioranza dei casi ma non in tutti, da avere solo affiancato al rigido classico 10-12.
Minitoracoscopia
Sulla scorta di esperienze soprattutto ginecologiche e laparoscopiche, le mini-ottiche vennero inserite nel torace per la prima volta a fini meramente diagnostici nel 1998 da due chirurghi canadesi che si servivano di strumenti da 2 mm ed una pinza per biopsie introdotti attraverso due piccole incisioni da 3 mm (Figura 4). Negli anni successivi questo mini approccio è stato applicato anche in toracoscopia medica, assestandosi sull’uso di ottiche da 3 mm che raggiungono il compromesso di una buona illuminazione per una esplorazione completa del cavo ed una elevata resa diagnostica. Il mini toracoscopio possiede un corollario di strumenti adeguato comprendente pinze bioptiche, forbici, aghi lunghi, palpatori, alcuni dotati di attacco per elettrobisturi. Agevole anche se più laboriosa la instillazione di talco così come sono mediamente più lunghi del 20% i tempi di esecuzione. Alcune volte è necessario convertirla in un esame classico 13 14.
Durante la minitoracoscopia è possibile esplorare adeguatamente tutta la superficie della sierosa, eseguire plurime biopsie su di essa e staccare le aderenze pleuriche. Alla fine della procedura viene posizionato un piccolo drenaggio 8F (3 mm circa di diametro). La minitoracoscopia è particolarmente adatta in pazienti con un versamento pleurico di piccole dimensioni o in presenza di spazi intercostali stretti; può inoltre essere usata come apripista prima dell’introduzione di ottiche più grandi e trova infine indicazione elettiva nel sospetto di pleurite tubercolare dove anche biopsie minute sono più che sufficienti per una diagnosi esatta.
La minitoracoscopia è adatta in pazienti con un versamento pleurico di piccole dimensioni o in presenza di spazi intercostali stretti.
I limiti stanno sicuramente nella fragilità dello strumentario, nella dimensione delle biopsie (Figura 5), che soprattutto nel mesotelioma, possono non essere sufficienti a sottoclassificarlo istologicamente, nell’obbligo di ricorrere a piccoli drenaggi post-procedura inopportuni per esempio dopo pleurodesi 15.
Tecniche
Ecografia pre-esame
Classicamente il giorno prima dell’esame viene indotto uno pneumotorace sotto controllo fluoroscopico e tale impostazione è tuttora seguita nella maggior parte delle pneumologie. Ciò permette di raggiungere in sicurezza il cavo pleurico durante l’esame il giorno successivo, evitando il rischio di danni iatrogeni parenchimali. Il sito d’ingresso è standardizzato sul quinto o sesto spazio intercostale lungo la linea ascellare medio/anteriore.
Lo studio ultrasonografico consente di identificare il migliore punto di ingresso attraverso il quale il cavo pleurico può essere raggiunto in sicurezza, lontano da aderenze.
Da alcuni anni sempre di più si ricorre all’ecografia che con le classiche sonde convex (3,5-5 MHz) e lineare (7,5-12 MHz) permette di studiare la parete toracica e individuare il punto d’ingresso previa valutazione delle caratteristiche del versamento, per accertarne la presenza, valutarne la quantità, la posizione di eventuali saccature (Figura 6). Gli ultrasuoni hanno infatti enorme sensibilità nell’individuare la presenza di fibrina (non visibile alla TC) discernendo gli essudati parapneumonici dall’empiema. Massima attenzione viene rivolta anche alle aderenze pleuriche, agli ispessimenti, ai noduli ed alle masse 16.
Lo studio ultrasonografico consente di identificare il migliore punto di ingresso attraverso il quale il cavo pleurico può essere raggiunto in sicurezza, lontano da aderenze.
Grazie agli ultrasuoni inoltre è ora possibile indurre il pneumotorace preparatorio anche in assenza di liquido, direttamente sul tavolo endoscopico, per lo studio di ispessimenti, noduli o masse della cornice pleurica. La ricerca dello scorrimento pleurico (sliding sign) fatto con sonda lineare a paziente seduto, mappando i quadranti medio-inferiori dell’emitorace “malato”, individua con facilità aderenze e ostacoli, e se presente dimostra inequivocabilmente la libertà del polmone a collassare rendendo l’esplorazione efficace e sicura. Il cavo potrà essere raggiunto direttamente con il mandrino, usando la via smussa oppure con ago di Boutin inducendo in pratica un pnt eco-guidato 17 18.
Anestesia
Novità anche in campo anestesiologico. In questi anni sempre più centri ricorrono all’aiuto di un anestesista in sala endoscopica e l’esame viene eseguito in sedazione profonda, con il paziente in respiro spontaneo, ottenuta con midazolam o, sempre più spesso, con propofol. In letteratura i dati riguardanti il miglior farmaco da utilizzare sono contrastanti. Tutto questo garantisce oltre alla evidente miglior tolleranza da parte del paziente l’esecuzione di biopsie più estese e profonde e una più attenta ed estesa deloculazione nelle infezioni così come la nebulizzazione di talco alla fine dell’esame senza dolore. Da sottolineare un migliore controllo delle eventuali complicanze intra-operatorie quali per esempio intercorrenti desaturazioni dovute all’ipoventilazione indotta.
Viene comunque sempre praticata anestesia locale con iniezione di anestetico (mepivacaina) nella cute, sottocute, muscoli della parete toracica e pleura parietale, utile quando il paziente si risveglierà con l’obbligatorio drenaggio 19 20.
Autofluorescenza
L’autofluorescenza in toracoscopia medica è anch’essa una proposta relativamente nuova ereditata dalla più consolidata esperienza broncoscopica per scoprire le anormalità pleuriche soprattutto in fase “early”. Solo in pochissimi casi le metastasi pleuriche e il mesotelioma sono state individuate con l’autofluorescenza invece che con luce bianca. Anche se la tecnica può portare alla scoperta di un maggior numero di tumori pleurici non aggiunge nulla alla già elevata resa diagnostica dell’endoscopia classica.
Anche se l’autofluorescenza può portare alla scoperta di un maggior numero di tumori pleurici non aggiunge nulla alla già elevata resa diagnostica dell’endoscopia classica.
Altro limite è la necessità di una luce considerevole che può essere fornita da un’ottica almeno di 1 cm, essendo scuro il campo con il classico toracoscopio da 7 mm. Forse in futuro potrà giocare un ruolo sulla precisa definizione dei margini chirurgici, quando la chirurgia del mesotelioma avrà un impatto migliore sulla sopravvivenza. Quello che è certo è che tuttora non ha un ruolo standard e definito nella toracoscopia medica routinaria. Altro tentativo di aumentare la resa diagnostica è quello della Narrow-Band Imaging che sfrutta la alterazione morfologica e di densità capillare tipica dei tumori tramite filtri ottici che individuano e/o escludono lunghezze d’onda della luce. Tecnologia anch’essa ereditata dalla broncologia, ma che per ora non ha alcuna applicazione clinica pleurica standardizzata 21 22.
Criobiopsie
Sempre di più sta prendendo piede il ricorso alla criobiopsia nella diagnosi broncologica delle pneumopatie interstiziali diffuse e non solo e sulla scorta di questo giustificato entusiasmo si comincia ad eseguirle anche sulla pleura, attraverso in genere il canale operativo del semirigido.
Le biopsie con criosonda sono decisamente più estese (media 10 mm) e profonde di quelle eseguite con pinza normale, altamente diagnostiche sulle pleure dure e lardacee.
I numeri non sono cospicui anche se i risultati interessanti: le biopsie con criosonda sono decisamente più estese (media 10 mm) e profonde di quelle eseguite con pinza normale, altamente diagnostiche sulle pleure dure e lardacee. Esiste un lavoro che confronta anche le criobiopsie eseguite con pinza del semirigido con quelle della pinza rigida da 3 mm inserita nel toracoscopio da 10 mm, volume della biopsia nettamente a favore di quest’ultimo. Non esistono contributi di confronto con pinza a doppio cucchiaio del toracoscopio di Boutin che rimane comunque a tutt’oggi la strategia di prelievo più idonea e per ora insuperabile 23.
Indicazioni terapeutiche
Pleurodesi
La pleurodesi toracoscopica non ha subito profondi cambiamenti metodologici negli anni ed il talco viene nebulizzato nella camera esattamente come lo faceva Bethune nel 1935. La discussione verte invece sul timing della procedura: al termine dell’esame se macroscopicamente neoplastico oppure usarla solo una volta acquisita la certezza istologica? Noi preferiamo la prima condotta per praticità e velocità, ricorrendovi in un secondo tempo solo nei casi dubbi, statisticamente rari. Alcune volte la nebulizzazione endoscopica può risultare insufficiente e si ricorre a successiva instillazione di “slurry” anche se non esistono dimostrazioni dell’efficacia della ripetizione. Altra lezione imparata dal tempo è quella della pleurodesi nella patologia benigna, pratica anni fa usata sovente e che ora invece è riservata a patologie di nicchia, quali per esempio la yellow nail syndrome o la Meigs, oppure nello scompenso cardiaco refrattario a terapia medica tradizionale.
Consolidata la sicurezza del talco con granulometria adeguata, non si vedono per ora valide alternative al suo impiego 24 25.
Infezioni
Il ricorso alla sedazione permette all’endoscopista un esame più confortevole e manovre più complesse e prolungate. Inoltre l’ecografia pre-esame fornisce una mappa precisa e dettagliata delle sacche e dei rapporti fra loro, se sono in comunicazione o isolate, dove sono esattamente localizzate, la diversa consistenza del liquido, anecogeno o purulento, ma soprattutto ci indica precocemente il timing della toracoscopia che si riassume in un unico concetto: quanto prima la si fa tanto più sarà efficace e definitiva, con minor rischio di complicanze e ricorso alla chirurgia. L’esame diventa indispensabile, oltre che per l’aspirazione del materiale purulento, anche per lo sbrigliamento delle sepimentazioni di fibrina eseguito sia con il traumatismo diretto dell’ottica che con la pinza. L’obiettivo è quello di creare una camera unica perfezionando poi il lavoro con un drenaggio adeguato (in genere trocar 20-24 F doppia via) e successivi lavaggi con urokinasi.
La toracoscopia medica, rispetto al solo posizionamento del drenaggio, consente sia la rimozione della fibrina che la sua analisi microbiologica, nonché biopsie multiple per escludere neoplasie.
Per la toilette è indicata un’ottica almeno di 7 mm dotata della pinza a doppio cucchiaio che oltre alla versatilità diagnostica, se chiusa, diventa un ottimo strumento per lo scollamento della pleura parietale e viscerale.
La toracoscopia medica, rispetto al solo posizionamento del drenaggio, consente sia la rimozione della fibrina che la sua analisi microbiologica, nonché biopsie multiple per escludere neoplasie 5. Da non dimenticare che la toracoscopia rappresenta il gold standard nella diagnosi della pleurite tubercolare.
Conclusioni
La toracoscopia medica nelle diagnosi delle pleuropatie è ormai una pratica consolidata. Vicino a inarrivabili percentuali di diagnosi eseguite, che nelle casistiche più numerose raggiungono livelli del 95%, si aggiungono quote di sicurezza e tollerabilità altissime.
La toracoscopia medica nelle diagnosi delle pleuropatie è una pratica con percentuali di diagnosi eseguite fino al 95% e quote di sicurezza e tollerabilità altissime.
Noi crediamo che la diagnosi del versamento pleurico, dalla radiografia alla biopsia ove necessario, spetti allo specialista pneumologo il quale deve possedere la competenza per eseguirla. Troppe volte ancora si delega al chirurgo la gestione delle pleuropatie, troppo poche pneumologie la eseguono routinariamente (in Italia circa il 30%). Vicino a gruppi all’avanguardia vi sono numerose realtà dove si aspetta, si eseguono ancora vetuste terapie ex-juvantibus, si ricorre a pleurodesi tardive ed inefficaci 26 27.
L’ecografia routinaria nelle mani dello pneumologo, vera grande rivoluzione degli ultimi anni, ci aiuta nella selezione e nel timing della procedura, la rende più sicura e appetibile, spaventa meno e dovrebbe gradualmente aumentarne la diffusione 18.
Le novità sono sporadiche e di scarso impatto clinico se si esclude il ricorso sempre più diffuso alla presenza di un anestesista in sala endoscopica che in sedazione profonda o neuroleptoanalgesia rende l’esame ancora più “facile” e l’utilizzo di strumenti endoscopici più piccoli e versatili.
Tanto ancora c’è da lavorare sulla gestione toracoscopica dei versamenti infettivi dove molte volte la sola toracentesi o anche il drenaggio non sono sufficienti a bonificare la camera e una toilette precoce invece raggiunge con relativa facilità tale risultato.
Un traguardo ancora da raggiungere è l’ulteriore abbattimento delle percentuali delle diagnosi istologiche delle cosiddette “pleuriti aspecifiche” che all’innegabile contributo “di esclusione” lasciano sempre il dubbio di precoci lesioni precancerose misconosciute.
La toracoscopia medica è inoltre sicura, con complicazioni simili se non inferiori a quelle di una semplice toracentesi; le controindicazioni solo in un piccolo numero di malati. Insomma se ce ne fosse ancora bisogno la raccomandazione è quella di ricorrervi sempre di più, sempre più precocemente, con competenza ed entusiasmo 9. Solo così da specialisti ci riapproprieremo del nostro ruolo insostituibile di protagonisti della diagnosi e cura della patologia pleurica che ormai impatta nei nostri reparti quasi come la BPCO e più dell’asma!
Figure e tabelle
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