Ruolo della criobiopsia polmonare transbronchiale nel work-up diagnostico delle pneumopatie infiltrative diffuse
Abstract
L’introduzione di nuovi presidi farmacologici nella terapia della fibrosi polmonare idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis, IPF) ha ulteriormente accresciuto l’importanza di una accurata diagnostica differenziale delle Pneumopatie Infiltrative Diffuse (PID). La diagnosi di IPF è un processo complesso che, in accordo alle più recenti Linee Guida, richiede una valutazione multidisciplinare del caso con il coinvolgimento dello pneumologo, del radiologo e del patologo. La biopsia polmonare chirurgica (Surgical Lung Biopsy, SLB), che è attualmente ancora considerata il gold standard nei casi in cui sia richiesta una valutazione istologica, è gravata da costi e da rischi non irrilevanti. Inoltre molti soggetti, in considerazione dello stadio avanzato di malattia e/o dell’età e/o della presenza di comorbilità non è candidabile per una procedura chirurgica. In questo contesto è stata di recente proposta la biopsia polmonare transbronchiale con criosonda (Transbronchial Lung Cryobiopsy, TBLC) come valida alternativa di campionamento, con risultati vantaggiosi in termini di rapporto rischio-efficacia. In questo lavoro riportiamo la nostra esperienza sulla TBLC impiegata nel percorso diagnostico delle PID, valutandone la resa diagnostica e la sicurezza in un campione di 50 pazienti. La resa diagnostica è stata globalmente dell’88% e gli eventi avversi sono stati limitati a pneumotorace in 10 pazienti e a modesto/moderato sanguinamento nella maggioranza dei casi, senza conseguenze cliniche rilevanti. I nostri dati, in accordo a quanto riportato in letteratura, confermano che la TBLC dovrebbe essere considerata come primo strumento di prelievo nei casi che richiedono una verifica istologica, riservando l’approccio chirurgico nell’eventualità che il tessuto ottenuto per via transbronchiale non sia dirimente.
Introduzione
Con il termine Pneumopatie Infiltrative Diffuse (PID) si definisce un gruppo estremamente eterogeneo di patologie polmonari che, pur rappresentando entità cliniche ben definite, con prognosi ed opzioni terapeutiche differenti, condividono specifiche caratteristiche cliniche, funzionali e radiologiche.
Alla luce dei recenti progressi in ambito terapeutico 1 la distinzione tra fibrosi polmonare idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis, IPF) e le restanti PID risulta di cruciale importanza, pur presentando diverse criticità in quanto, secondo le linee guida ATS/ERS, si rende spesso necessario un approccio multidisciplinare integrato che coinvolga pneumologi, radiologi ed in casi selezionati anche patologi 2.
Il work-up diagnostico delle PID, infatti, comprende accurata anamnesi, esame obiettivo, test di funzionalità respiratoria, tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT), lavaggio broncoalveolare e, se necessario, un prelievo di tessuto polmonare.
In questo contesto, il ruolo della biopsia convenzionale transbronchiale è limitato ad identificare patologie quali la sarcoidosi, la linfangite carcinomatosa e la polmonite organizzata criptogenetica (Cryptogenic Organizing Pneumonia, COP) poiché le esigue dimensioni dei prelievi, il tasso di artefatti da schiacciamento e l’alta probabilità di campionare zone maggiormente centrolobulari, consentono raramente di individuare correttamente più complessi ed eterogenei quadri morfologici 3. Questo è il motivo per cui le attuali linee guida raccomandano ad oggi la biopsia polmonare chirurgica (Surgical Lung Biopsy, SLB) come gold standard diagnostico quando è necessaria una valutazione patologica 3 4.
La SLB è gravata da apprezzabili costi e rischi, con un tasso di mortalità del 2-6% entro 90 giorni, ancora più alto nei pazienti con un pattern istologico di UIP.
Tuttavia, la SLB è gravata da apprezzabili costi e rischi, con un tasso di mortalità del 2-6% entro 90 giorni, ancora più alto nei pazienti con un pattern istologico di Usual Interstitial Pneumonia (UIP) 5. Altre possibili complicanze postoperatorie includono infezioni, perdite aeree prolungate, insufficienza respiratoria e, in circa il 50% dei pazienti, dolore continuativo a 7-12 mesi in corrispondenza del prelievo chirurgico 3.
Inoltre, a causa di età avanzata, comorbilità, severità di malattia ed insufficienza respiratoria, una discreta proporzione di soggetti non risulta effettivamente eleggibile a tale procedura.
La criobiopsia polmonare transbronchiale è stata recentemente proposta come metodica diagnostica alternativa per acquisire materiale istologico, in quanto caratterizzata da un’elevata accuratezza ed un ottimo profilo di sicurezza.
In questo contesto, la criobiopsia polmonare transbronchiale (Transbronchial Lung Cryobiopsy, TBLC) è stata recentemente proposta come metodica diagnostica alternativa per acquisire materiale istologico, in quanto caratterizzata da un’elevata accuratezza ed un ottimo profilo di sicurezza 6-11.
L’utilizzo della criotecnologia in pneumologia interventistica risale al 1977 con applicazione dedicata prevalentemente alle disostruzioni bronchiali, mentre solo più recentemente il suo impiego è stato esteso anche all’acquisizione di tessuto parenchimale polmonare e bronchiale 12.
Tale tecnologia agisce secondo il principio di Joule-Thomson, in accordo al quale un gas compresso, rilasciato con flusso ad elevata velocità, si espande rapidamente creando temperature estremamente basse all’estremità di una sonda, con conseguente adesione del tessuto in contatto con essa. Ad oggi, il gas più comunemente impiegato per il raffreddamento è il diossido di carbonio. Sono disponibili criosonde con due diversi diametri (1,9 mm e 2,4 mm), il tempo di congelamento varia da 3 a 6 secondi, la distanza ottimale della punta dalla pleura è ritenuta di circa 10-20 mm, ed i prelievi bioptici, ottenuti in un numero variabile tra 2 e 6, vengono generalmente posti in soluzione salina e fissati in formalina 4 10.
Nella maggior parte degli studi la resa diagnostica è risultata superiore o uguale al 70%, indipendentemente dal criterio utilizzato per definire il campione diagnostico; il profilo di sicurezza è stato caratterizzato da un mortalità trascurabile (0,1%).
Complessivamente, nella maggior parte degli studi la resa diagnostica è risultata superiore o uguale al 70%, indipendentemente dal criterio utilizzato per definire il campione diagnostico (sia l’identificazione di un pattern istologico specifico o la diagnosi finale al termine della discussione multidisciplinare), ed il profilo di sicurezza è stato caratterizzato da un mortalità trascurabile (0,1%) 6.
Di seguito, riportiamo la nostra esperienza in merito al ruolo della TBLC nell’algoritmo diagnostico delle PID, in termini di resa diagnostica e sicurezza.
Materiali e metodi
Tutti i pazienti afferenti alla nostra SOD dal febbraio 2015 al novembre 2016, con età superiore ai 18 anni, per i quali era posta indicazione ad approfondimento bioptico per l’inquadramento diagnostico di una PID, venivano sottoposti a TBLC in assenza delle seguenti controindicazioni: coagulopatia, instabilità emodinamica, severa ipossiemia e compromissione funzionale di grado severo.
L’indicazione a TBLC veniva posta con pattern HRCT di ILD “possible UIP” o “Inconsistent with UIP”, in assenza di elementi clinico-laboratoristici sufficienti per porre diagnosi alternative.
In particolare, l’indicazione a tale procedura veniva posta per pazienti con pattern HRCT di ILD definito come possible Usual Interstitial Pneumonia (UIP) o Inconsistent with UIP, in assenza di elementi clinico-laboratoristici sufficienti per porre diagnosi alternative, in accordo con le linee guida internazionali 1.
Per ciascun paziente, sono stati registrati in apposita scheda i seguenti dati anamnestici e clinici: età, genere, storia di esposizione tabagica, anamnesi remota e prossima dettagliata con particolare attenzione all’esposizione ambientale, lavorativa e farmacologica, esame obiettivo, esami di laboratorio e test di funzionalità polmonare.
La procedura è stata eseguita mediante intubazione con tracheoscopio rigido in anestesia generale (propofol e remifentanil e.v.) con paziente in respiro spontaneo. La criosonda (lunghezza 90 cm, diametro 2,4 mm), introdotta attraverso il canale del broncoscopio flessibile, a sua volta inserito nel broncoscopio rigido, era spinta sotto guida fluoroscopica perpendicolarmente alla parete toracica ad 1 centrimetro dalla pleura (Figura 1). Era quindi attivato il processo di congelamento mediante diossido di carbonio per circa 6 secondi, al termine dei quali si estraevano broncoscopio flessibile e criosonda con annesso tessuto polmonare all’estremità. Il campione adeso alla criosonda era poi rimosso e posto in formalina. La Figura 2 mostra tre prelievi bioptici ottenuti con criosonda, delle dimensioni di circa 1 cm. Data l’elevata insorgenza di sanguinamento lieve-moderato in seguito al prelievo bioptico, un catetere palloncino per occlusione (Fogarty), preventivamente posizionato in corrispondenza dell’orifizio del segmento sottoposto a campionamento, veniva insufflato non appena estratto il broncoscopio per prevenire possibili stravasi di sangue nell’albero bronchiale.
Al termine di ogni procedura, al fine di verificare l’eventuale comparsa di pneumotorace, era eseguita una radiografia del torace di routine, anche in assenza di sintomi e segni suggestivi.
I casi erano, quindi, discussi nel contesto del team multidisciplinare, tenendo in considerazione elementi anamnestici, clinici, radiologici ed istologici al fine di raggiungere una diagnosi finale con livello più elevato di confidenza possibile.
Risultati
In un periodo di tempo compreso tra Febbraio 2015 e Ottobre 2016, un totale di 50 pazienti è stato sottoposto a TBLC. Le principali caratteristiche cliniche e funzionali dei pazienti sono presentate nella Tabella I.
Complessivamente, l’età media è risultata pari a 60 anni (range 32-76 anni), la maggioranza dei pazienti era di sesso maschile con pregressa o corrente abitudine tabagica. Dal punto di vista funzionale, i valori medi di capacità vitale forzata (Forced Vital Capacity, FVC), volume espiratorio massimo nel primo secondo (Forced Expiratory Volume in 1 second, FEV1) e della diffusione del monossido di carbonio (Diffusion Lung CO, DLCO) erano rispettivamente pari a 72% (range 34-121), 75% (range 36-113) e 35% (range 22-75).
Complessivamente, sono stati ottenuti mediamente 4 prelievi bioptici per paziente (range 2-7) e la dimensione media dei singoli frammenti è risultata pari a 6,9 mm (range 5-11). I prelievi sono stati effettuati a livello del lobo inferiore sinistro nel 43% dei soggetti, del lobo inferiore destro nel 30%, del lobo medio nel 12%, del lobo superiore destro nell’10% e del lobo superiore sinistro nel 5%.
La resa diagnostica è risultata pari all’88%, in quanto è stato possibile identificare un pattern istologico specifico in 44 pazienti, mentre per i restanti 6 soggetti il prelievo bioptico non ha consentito di riconoscere un quadro morfologico definito.
I pattern istologici identificati sono riassunti in Tabella II. In particolare, il pattern UIP, definito in accordo con le attuali linee guida, è stato riscontrato in 18 soggetti (Figura 3 A-B).
L’insorgenza di pneumotorace si è verificata in 10 pazienti (20%), generalmente nelle 12 ore successive alla procedura, ad eccezione di un singolo caso in cui l’evento è insorto dopo circa 24 ore. L’entità dello pneumotorace è stata tale da richiedere il posizionamento di un tubo di drenaggio toracico in 5 pazienti. La durata media dell’ospedalizzazione è risultata pari a 5 giorni nei soggetti in cui è intercorso pneumotorace, mentre è stata di 2 giorni per i rimanenti soggetti.
Seppur un sanguinamento di entità lieve-moderata sia intercorso nella maggioranza dei pazienti, non si è verificato alcun episodio di sanguinamento severo, definito come causa di instabilità emodinamica o respiratoria, e tutti gli episodi sono stati controllati mantenendo inflato il palloncino con cessazione spontanea in tempi variabili tra 1 e 5 minuti.
Nessun decesso e nessun episodio compatibile con esacerbazione acuta si sono verificati a 30 giorni dalla procedura.
Discussione
Il presente lavoro si configura come ulteriore conferma del promettente ruolo della TBLC nel work-up diagnostico delle pneumopatie infiltrative diffuse, sia in termini di resa diagnostica che di profilo di sicurezza.
La resa diagnostica nella nostra esperienza è risultata eccellente, essendo pari all’88%.
La resa diagnostica nella nostra esperienza è risultata eccellente, essendo pari all’88%. Tale risultato appare in linea con i dati della letteratura, i quali mostrano come la resa diagnostica sia superiore al 70% nella maggior parte degli studi, con un valore pari all’81% da sintesi meta-analitica 6.
Il profilo di sicurezza è risultato più che accettabile, se confrontato con i dati relativi alle complicanze correlate alla biopsia polmonare chirurgica.
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, nella nostra esperienza è risultato più che accettabile, soprattutto se confrontato con i dati relativi alle complicanze correlate alla biopsia polmonare chirurgica, gravata da una mortalità pari al 3,6% e da un incrementato rischio di esacerbazione acuta.
Nessun decesso, nessuna esacerbazione acuta e nessun episodio di sanguinamento di grado severo sono intercorsi nel periodo immediatamente successivo alla procedura.
In particolare, nella nostra casistica nessun decesso, nessuna esacerbazione acuta e nessun episodio di sanguinamento di grado severo sono intercorsi nel periodo immediatamente successivo alla procedura (entro 30 gg). Tuttavia, in una discreta proporzione di pazienti, si sono verificati eventi avversi come pneumotorace e sanguinamento di grado lieve-moderato. La frequenza di insorgenza di pneumotorace nella nostra casistica è risultata pari al 20%, lievemente superiore al dato meta-analitico riportato in letteratura (6%) 6. In questo senso, sono stati recentemente identificati alcuni fattori che sembrerebbero configurarsi come significativi predittori dell’insorgenza di pneumotorace, classificabili come intrinseci, cioè legati a caratteristiche cliniche del soggetto, o procedurali, cioè legati ad aspetti connessi all’esecuzione della tecnica in sé.
Tra gli elementi clinici, potenziali predittori includono la presenza di un sottostante pattern morfologico UIP e di un aumentato score di fibrosi a livello dei lobi inferiori alla HRCT, mentre tra gli aspetti procedurali, la frequenza di insorgenza di pneumotorace sembrerebbe correlare inversamente con la crescente esperienza dell’operatore, e direttamente con la presenza di frammenti pleurici nel campionamento (Ravaglia et al. in press).
L’alta incidenza di pneumotorace nella nostra casistica potrebbe essere imputabile in parte all’elevata prevalenza del pattern istologico UIP ed in parte alla curva di apprendimento.
L’alta incidenza di pneumotorace nella nostra casistica potrebbe essere, quindi, imputabile in parte all’elevata prevalenza del pattern istologico UIP in questi soggetti (36% dei casi), considerando che quest’ultimo risultava essere presente mediamente nel 20% della popolazione inclusa nella meta-analisi sopra citata, ed in parte alla curva di apprendimento, in quanto la frequenza di insorgenza di pneumotorace è risultata superiore nei primi 25 pazienti.
L’entità dello pneumotorace è stata tale da richiedere il posizionamento di un drenaggio toracico nella metà dei pazienti e tale complicanza ha condizionato una durata media di ospedalizzazione di 5 giorni. Complessivamente, quindi, considerando l’intera casistica, solo il 20% dei pazienti ha sviluppato un evento avverso tale da prolungare l’ospedalizzazione, mentre nel restante 80% dei soggetti, la durata del ricovero è risultata pari a 2 giorni.
Un sanguinamento di entità lieve-moderata si è verificato nella maggior parte delle procedure, ma nessun episodio è risultato di grado severo, verosimilmente, grazie anche all’utilizzo preventivo del Fogarty. Pertanto, è importante sottolineare come l’utilizzo di un bloccatore bronchiale profilattico sia altamente raccomandato per ridurre e limitare gli episodi di sanguinamento, che rappresentano una complicanza frequente e potenzialmente seria.
Tale procedura, quindi, seppur non esente da rischi, appare caratterizzata da un profilo di sicurezza decisamente più favorevole di quello della biopsia polmonare chirurgica, la quale, d’altra parte, offre una resa diagnostica maggiore. Tuttavia, nel recente studio prospettico di Tomassetti et al. 13 viene dimostrato come, nel contesto della discussione multidisciplinare, gli elementi istologici ottenuti in corso di TBLC o di biopsia chirurgica contribuiscano in maniera simile al raggiungimento della diagnosi finale. Va sottolineato che le due procedure non andrebbero considerate come necessariamente alternative o mutualmente esclusive, ma piuttosto come due approcci sequenziali di uno stesso algoritmo diagnostico.
TBLC e biopsia chirurgica non andrebbero considerate come necessariamente alternative o mutualmente esclusive, ma piuttosto come due approcci sequenziali di uno stesso algoritmo diagnostico.
Infatti, in questo contesto, la TBLC potrebbe configurarsi come step diagnostico iniziale, riservando la procedura chirurgica alla minoranza dei casi in cui non sia stato possibile identificare uno specifico pattern istologico con l’approccio transbronchiale. Anche nello scenario peggiore in cui la TBLC risulti non diagnostica nel 25% dei casi, rendendo, quindi, necessario il ricorso all’approccio chirurgico in questi pazienti, il rischio finale di mortalità risulterebbe comunque significativamente inferiore a quello che si avrebbe sottoponendo tutti i pazienti a SLB 6.
La biopsia transbronchiale mediante criosonda si configura come metodica diagnostica iniziale meno invasiva che consente di ridurre morbilità e mortalità legate all’approccio chirurgico, garantendo una buona resa diagnostica.
In conclusione, la biopsia transbronchiale mediante criosonda si configura come metodica diagnostica iniziale meno invasiva che consente di ridurre morbilità e mortalità legate all’approccio chirurgico, garantendo una buona resa diagnostica, anche per entità cliniche più complesse e meno diffuse, come ad esempio la fibroelastosi pleuroparenchimale. Tuttavia, rimangono da definire aspetti tecnici rilevanti, come il numero ottimale di biopsie da ottenere, l’utilità di campionare diversi segmenti o anche diversi lobi, il tempo di raffreddamento e il diametro della criosonda, al fine di standardizzare la procedura 10. Inoltre, è importante sottolineare come gli incoraggianti dati relativi a resa diagnostica e profilo di sicurezza di tale procedura derivino da studi condotti in centri di pneumologia interventistica con elevata esperienza nel settore e con risorse adeguate alla gestione di eventuali complicanze, rappresentate principalmente da sanguinamento lieve-moderato ed insorgenza di pneumotorace nelle 24 ore successive all’esame.
Figure e tabelle
Caratteristica | Pazienti (n = 50) |
---|---|
• Sesso (M/F) | 31/19 |
• Età media (range) | 60 (32-76) |
• Abitudine tabagica Non fumatore Fumatore/ex fumatore | 3119 |
• FEV1 media % teor. (range) | 75 (36-113) |
• FVC media % teor. (range) | 72 (34-121) |
• DLCO media % teor. (range) | 53 (22-75) |
Pattern | Pazienti (n = 50) |
---|---|
• UIP | 18 (36%) |
• HP | 11 (22%) |
• NSIP• RB-ILD/DIP• Sarcoidosi | 5 (10%)4 (8%)3 (6%) |
• PPFE | 3 (6%) |
• Non diagnostici | 6 (12%) |
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