Fisiopatologia Respiratoria ed Esercizio Fisico
Articolo
Nell’autunno dell’anno 2016 è stato divulgato l’atteso aggiornamento quinquennale del documento GOLD per il 2017 1. Come per le precedenti uscite il documento ha attratto l’attenzione dell’uditorio pneumologico (e non) mondiale. Gli Autori confermano all’interno del percorso diagnostico la necessità dell’esecuzione di una spirometria semplice con test di broncodilatazione utilizzando il criterio fisso di < 0,7 FEV1/FVC per la definizione di ostruzione e per la conferma della diagnosi di BPCO. Poi la stadiazione della malattia si articola in due passaggi: a) classificazione del grado di ostruzione secondo il valore di FEV1 post-broncodilatatore; b) classificazione clinica della malattia secondo il peso della sintomatologia e la frequenza delle riacutizzazioni. Si chiederebbe però l’avventuroso Simplicissimus (da un romanzo di Hans Jacob Christoffel von Grimmelshausen del 1688): a cosa serve la classificazione del grado di ostruzione se poi la guida per la terapia ed il follow-up si basa unicamente sulla classificazione clinica?
Prendendo spunto da questi elementi riportati nel documento, credo sia opportuno richiamare l’attenzione del lettore sull’importanza del laboratorio di Fisiopatologia Respiratoria nella valutazione dei pazienti con sospetta BPCO, cosa peraltro estendibile poi ad altre patologie (vedi asma e IPF).
Entriamo nella discussione partendo dal criterio fisso di 0,7 del rapporto FEV1/FVC. Il documento conferma la validità di questa soglia fissa nella definizione funzionale della bronco-ostruzione riconoscendo tuttavia, come peraltro noto a tutti, che ciò può portare ad una sovra-diagnosi di BPCO nei soggetti > 55 anni ed una sotto-diagnosi nei soggetti < 45 anni, rispetto ad una soglia basata sul limite inferiore di normalità (Lower Limit of Normal, LLN). La motivazione addotta per continuare a mantenere questo criterio fisso è duplice: a) è semplice e quindi estesamente applicabile; b) non sono disponibili valori di LLN per tutte le popolazioni. Il documento GOLD è e vuole essere un documento “mondiale”, ove necessariamente pesano maggiormente i paesi con minor sviluppo economico, quasi utilizzando un criterio di “triage” da teatro di guerra. Dato però che l’Italia è ancora nel G7 e sono disponibili dei valori teorici per il LLN, credo sia necessario confermarne l’indicazione all’utilizzo al posto del criterio fisso. Questa scelta è particolarmente importante in Paesi come il nostro ove, per l’aumento dell’età media conseguente al miglior tenore di vita (e forse anche al nostro lavoro), ci si trova con una popolazione con elevate percentuali di persone > 65 anni. In queste condizioni, il criterio fisso causerebbe una inutile, drastica sovrastima della prevalenza della BPCO e quindi del numero di pazienti da trattare. Il recente lavoro di Luoto et al. 2 analizza nella popolazione svedese la diversa prevalenza ed incidenza di BPCO ottenibile confrontando i due criteri proposti proprio in una popolazione di soggetti anziani/grandi vecchi (65-100 anni). Nel loro studio si fa notare che l’utilizzo del LLN, calcolato con i recenti GLI 2012, porta non solo a un dimezzamento della prevalenza di ostruzione bronchiale nell’intera popolazione, ma addirittura abbatte l’incidenza di nuovi casi dell’80% nella popolazione sopra i 90 anni. Ciò è confermato anche nella nostra popolazione dallo studio di Guerriero et al. 3. I pazienti sopra i 65 anni sono proprio quelli che maggiormente utilizzano le strutture sanitarie e non credo sia necessario sottolineare ulteriormente l’impatto organizzativo ed economico che può derivare dal “guarire” il 50% dei pazienti cambiando semplicemente un criterio diagnostico funzionale.
Che far diagnosi di BPCO non sia cosa semplice traspare ancora nel documento, quando viene citato il lavoro sulle traiettorie della/e BPCO 4, riportando anche una figura dell’appendice, senza però, a mio parere, trarne le conseguenze fino in fondo. Il lavoro sulle traiettorie, nonostante sia stato pubblicato più di un anno fa, non ha ricevuto l’attenzione che merita. Quest’articolo, riassumendo le casistiche di alcuni grandi studi epidemiologici longitudinali, evidenzia che quasi il 50% dei soggetti con ostruzione (criterio fisso < 0,70) alla fine del periodo di osservazione è rappresentato da persone che non avevano raggiunto nell’età adulta dei valori funzionali nei limiti di norma: quindi, con un’osservazione trasversale, li possiamo etichettare “BPCO” mentre, longitudinalmente, il decremento annuale del FEV1 è sovrapponibile a quello dei soggetti “normali”, il che sembrerebbe alquanto strano per un “BPCO”. Si può quindi concludere che, come ben noto a chi si occupa di fisiopatologia respiratoria, rilevare un’ostruzione fissa alla spirometria semplice non significa automaticamente essere un paziente con BPCO anche se fumatore o ex.
Questo sottolinea, quindi, l’importanza, per poter giungere ad una corretta diagnosi in un soggetto ostruito, di una valutazione funzionale più articolata, con esecuzione anche della misura delle capacità polmonari e della capacità di diffusione. Pari importanza assume anche il follow-up dei pazienti per identificare i soggetti con una funzione polmonare che si deteriora rapidamente rispetto a quelli che rimangono stabili nel tempo, nei quali pertanto l’ostruzione rappresenta forse più una “cicatrice” piuttosto che un segno di malattia attiva. Come sopra detto, si pone l’accento sulla necessità di un approccio funzionale “esteso” al paziente potenzialmente BPCO (ma non solo!), ricorrendo a tecniche/strumenti del laboratorio di fisiopatologia respiratoria relegati impropriamente nella nostra mente a un “secondo livello”: pletismografia, distribuzione della ventilazione, capacità di diffusione. È quindi importante avere dei valori precisi di riferimento per queste misure e, al riguardo, viene sicuramente in nostro aiuto il lavoro di Verbanck et al. 5. In questa pubblicazione vengono esaminati soggetti normali, secondo i recenti teorici GLI 2012, nel range 20-80 anni. Gli Autori sono stati in grado di identificare equazioni di riferimento per alcuni parametri importanti nella diagnostica delle patologie ostruttive e non solo: capacità polmonare totale, rapporto volume residuo/capacità polmonare totale, conduttanza specifica delle vie aeree, indici di disomogeneità di distribuzione della ventilazione come l’indice di clearance polmonare, capacità di diffusione ed altri. Il lavoro conferma anche la forte dipendenza dall’età di tutti questi indici e quindi la necessità di un approccio “LLN” anche per tutte queste misure.
Concludendo, credo sia necessario contrastare la tendenza, oramai più che decennale, di semplificare l’approccio funzionale al paziente respiratorio per necessità più o meno cogenti di “globalizzazione”, contenimento dei costi, “pigrizia mentale”. Per nostra fortuna la letteratura è piena di pubblicazioni che continuano a suffragare la necessità di utilizzare misure di funzionalità respiratoria di “secondo livello”, ma val la pena di ricordare quanto scrivemmo diversi anni fa su Intensive Care Medicine, nel contesto della valutazione funzionale in terapia intensiva, e perfettamente applicabile anche in questo contesto:
“As simple as possible, but not simpler”.
Riferimenti bibliografici
- Global Strategy for the Diagnosis, Management and Prevention of COPD. Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD). 2017. Publisher Full Text
- Luoto JA, Elmstahl S, Wollmer P, Pihlsgard M. Incidence of airflow limitation in subjects 65-100 years of age. Eur Respir J. 2016; 47:379-81.
- Guerriero M, Caminati M, Viegi G. COPD prevalence in a north-eastern Italian general population. Respir Med. 2015; 109:1040-7.
- Lange P, Celli B, Agustí A. Lung-function trajectories leading to chronic obstructive pulmonary disease. N Engl J Med. 2015; 373:111-22.
- Verbanck S, Van Muylem A, Schuermans D. Transfer factor, lung volumes, resistance and ventilation distribution in healthy individuals. Eur Respir J. 2016; 47:166-76.
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